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Autore: Padmini    19/04/2024    0 recensioni
Il Professor Charles Xavier ha vissuto una vita lunga e piena di gioie ma anche di dolori, i suoi poteri gli permettono di entrare nella mente delle altre persone, ma il suo corpo lo frena.
Se potesse avere una seconda possibilità e l'occasione di essere di nuovo felice?
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Raven Darkholme/Mystica
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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7. Vecchio mio


Era trascorso qualche giorno, Erik e Raven inizialmente non sembravano intenzionati a trasferirsi ma Charles riuscì a convincerli e, nell’attesa che i due li raggiungessero, iniziò a preparare gli studenti all’arrivo degli inaspettati ospiti. La prima da cui iniziò fu proprio Wanda, durante uno dei loro incontri.

“Penso che sia ora di interrompere i nostri incontri” gli disse quel giorno.

Charles la osservò prima di parlare, ebbe la tentazione di leggerle nel pensiero, ma la scacciò in fretta.

“Posso chiederti il motivo?”

“Be’ …” iniziò lei, a disagio “Non ho l’età di uno dei suoi studenti, avrei dovuto imparare a gestire i miei poteri molto tempo fa e credo che sia ora di imparare a camminare con le mie gambe. Inoltre …”

Wanda sembrò esitare.

“Con me puoi parlare, Wanda” la rassicurò Charles.

“In ogni caso sa già a cosa sto pensando” disse lei, arrossendo.

“No, non lo so.” rispose lui “Non uso i miei poteri in questi momenti. Non oserei mai. Però lo posso intuire. A per caso a che fare con ciò che è successo la notte scorsa?”

Wanda divenne, se possibile, ancor più rossa.

“è così, giusto?” le chiese.

Wanda annuì.

“Capisco il motivo per cui tu voglia allontanarti” le disse “Invece ti vorrei invitare a restare. Ciò che è successo la scorsa notte è molto grave ma mi ha portato a prendere una decisione: ci alleeremo con tuo padre. Verrà a vivere qui. Ovviamente, sapendo ciò, sei libera di restare o di andartene.”

Wanda rimase a bocca aperta per lo stupore.

“Davvero mio padre verrà qui?” chiese “Davvero?”

“Davvero.” le rispose lui sorridendo “Oggi pomeriggio lo dirò anche agli altri studenti. Sarà un po’ strano averlo qui, ma si abitueranno.”

Wanda esitò ancora.

“Chiedi pure” la incoraggiò lui “Vuoi sapere perché gli ho proposto un’alleanza proprio ora?”

Wanda annuì.

Charles non rispose subito, ci pensò a lungo, infine annuì.

“Molto bene.” disse, alzandosi in piedi “Lo saprai. Stasera, quando Erik e Raven saranno qui, dovremo iniziare a discutere del problema e sarà allora che te ne parlerò in modo più approfondito. Per ora” disse, guardando l’orologio “Credo che sia ora di andare a mangiare.”

 

Il pomeriggio era trascorso in un lampo, Charles aveva quasi dimenticato che entro poche ore sarebbero arrivati Erik e Raven e che sarebbero rimasti. Solo quando guardò l’ora e si rese conto che mancava poco, troppo poco. Aveva atteso anni quel momento, temendo che non sarebbe mai arrivato, invece era giunto e ora si sentiva impreparato.

Stava pensando a cosa dire quella sera, la sua mente fu invasa da mille pensieri e ricordi, tanto che non si accorse, nel frattempo, erano arrivati, si accorse della loro presenza solo quando entrarono nell’edificio.

Sistemò rapidamente i documenti che stava guardando e uscì dalla stanza, diretto verso l’ingresso, dove trovò Hank che già stava parlando con Erik e Raven.

Subito Charles si sentì a disagio, da tempo non provava una sensazione simile, ma in quel momento si sentiva come se si trovasse nel posto sbagliato e al momento sbagliato.

“Charles!” lo salutò Erik “è ancora strano vederti così, ma è un piacere sapere che almeno puoi camminare.”

Raven, come al solito, non rispose, si limitò a sorridere, ma non con con quel ghigno denigratorio che sfoggiava di solito, sembrava un sorriso sincero, lo stesso che gli avrebbe rivolto sua sorella.

“Benvenuti” disse “Sarete stanchi, vi faccio vedere ora la vostra stanza, poi potremo …

Raven lo interruppe ridendo.

“Sembri un perfetto concierge” disse “Ma non dormiremo nella stessa stanza, preferiremmo avere due stanze separate.”

Charles sgranò gli occhi, sorpreso.

“Voi due non …” iniziò, poi si schiarì la voce “Molto bene. Erik, tu dormirai nella stanza che avevo fatto preparare per voi. Raven, tu dormirai nella mia stanza.”

La mutaforma alzò un sopracciglio.

“Sarà solo per questa notte” disse “Io dormirò altrove.”

Erik e Raven si scambiarono uno sguardo.

“Per noi va bene.” disse lui.

Charles si sentiva terribilmente a disagio, così decise di cambiare argomento.

“I ragazzi cenano alle otto” disse, guardando l’ora “Voi fate come preferite, la cucina è a vostra disposizione. Non vi servirà una guida” aggiunse poi “Conoscete la casa. Erik” disse poi, rivolto al suo vecchio amico “Seguimi. Ti mostrerò solo la tua stanza, poi potrai arrangiarti.”

Raven non se lo fece ripetere due volte e, raccolto il suo borsone, si diresse verso la stanza di Charles.

Fino a quel momento Hank non aveva parlato, ma lanciò un’occhiata a Charles per fare in modo che si mettesse in contatto telepatico con lui, ma Charles era distratto e non lo notò. Sospirando, decise di seguire i due che nel frattempo si erano avviati.

I tre proseguirono in silenzio fino alla camera che avevano preparato, entrando trovarono due letti e un arredamento semplice ma accogliente.

“Sembra una stanza d’albergo” commentò Erik.

“Potrai arredarla a tuo piacimento” rispose Charles “Valuta tu se ne varrà la pena.”

Il tono di Charles era passivo aggressivo e Erik lo notò subito.

“Qualcosa non va, amico mio?” gli chiese, intuendo il suo disagio.

“Sei qui perché abbiamo un problema in comune” rispose Charles “Più tardi ne pareremo con calma anche con gli altri.”

Detto questo, gli voltò le spalle e se ne andò.

“Perdonalo” disse Hank a Erik “è molto stressato.”

Erik non rispose, gli fece l’occhiolino ed entrò nella sua stanza per sistemarsi.



 

Era sera, tutti avevano cenato, gli studenti si erano ritirati nelle loro stanze e quasi tutte le luci erano ormai spente. Nello studio di Charles c’erano lui, Hank, Erik, Raven, Jean, Ororo, Scott e Logan.

“Sappiate che voi due” iniziò Logan, rivolgendosi a Erik e Raven “Siete qui solo perché vogliamo tenervi d’occhio.”

“Ti ringrazio, Wolverine” gli rispose Erik “è un onore essere tenuto d’occhio da te, ma non immagino che sia questo il motivo reale, vero Charles?”

Charles, che fino a quel momento aveva cercato di restare calmo, sospirò profondamente.

“è anche quello il motivo, Erik” gli disse “Ciò che hai fatto in quel magazzino …”

“Ci ha fatto guadagnare tempo” intervenne Raven “Hai visto i loro progetti, cosa hanno intenzione di fare! Non vorrai nasconderti davanti all’evidenza!”

“No, non ho intenzione di nascondermi” rispose lui “Ciò che ho visto è grave ed è imperativo trovare una soluzione e che sia una soluzione a lungo termine. L’aver distrutto quei dispositivi ci ha fatto guadagnare tempo, è vero, ma a quale prezzo? Questo attacco ha gettato fango sulla reputazione dei mutanti, cosa per la quale tu hai contribuito notevolente negli ultimi anni” concluse, non senza una vena polemica nella voce.

“Quindi quale sarebbe il tuo piano?” chiese Erik “Portare pazienza? Avere fiducia in quelle scimmie?”

“No.” rispose Charles secco “Dobbiamo pianificare una strategia che ci permetta di usare questa tecnologia contro di loro, togliere loro ogni credibilità, ma per fare questo abbiamo bisogno di muoverci con attenzione e lungimiranza, tu Erik sembri un elefante in una cristalleria.”

Erik e Raven risero, tutti gli altri li guardarono male.

“Hai ragione, vecchio mio, anche se ormai non posso più chiamarti vecchio.” ammise Erik “Mi conosci, so che non sono fatto per le mezze misure, ma stavolta voglio fidarmi di te … se tu ti fiderai di me. Di noi.” aggiunse, guardando Raven.

Charles lo guardò, lo osservò attentamente e lo stesso fece con Raven. Non usò i suoi poteri, cercò di leggere il loro linguaggio del corpo. Qualcosa dentro di lui gli diceva di non fidarsi, di rinchiuderli da qualche parte e togliersi per sempre il peso di doversi preoccupare per loro, invece sospirò e annuì.

“Mi fido.” disse “Cercherò di procurarci un incontro con il Presidente degli Stati Uniti il più presto possibile. Non possiamo perdere tempo con intermediari, dobbiamo parlare con lui.”

“Credi davvero che ti riceverà?” chiese Erik.

“Mi deve un favore.” rispose Charles “Ora che abbiamo chiarito le basi di questa alleanza potete andare a dormire … o fare quello che volete. Buonanotte.”

Detto questo, Charles uscì dalla stanza e andò a rifugiarsi in biblioteca.

Appena arrivato si chiuse la porta alle spalle, avrebbe dormito lì, aveva voglia di addormentarsi seduto in poltrona leggendo un libro, aveva bisogno di distrarre la mente, si sarebbe preoccupato dei problemi il giorno dopo.

 

Il Presidente sembrava nervoso, osservava Erik e Charles con malcelata impazienza.

“Mi chiedo cosa ci sia di così importante per voi per farmi sprecare tempo prezioso. Ora parlate, avete cinque minuti.”

Charles, seduto di fronte alla scrivania accanto ad Erik, intuì che stava per alzarsi con scopi non proprio pacifici, così gli posò una mano sul braccio per farlo calmare.

“Non sappiamo quanto di ciò che stiamo per dirle le sia già noto” iniziò Charles “Ma abbiamo scoperto che una nota azienda di sistemi di sicurezza, la Securtech ...”

“Quella che lui ha devastato non meno di un mese fa?” chiese il Presidente in tono polemico.

La mano di Charles si strinse di più sul braccio di Erik.

“Esatto, proprio quella.” rispose “Lei sa cosa stavano producendo? Sa cosa il signor Lensherr ha distrutto?”

“No” rispose con sincerità lui “Avrebbero dovuto presentarmi i loro progetti una settimana dopo, non ho idea di cosa si trattasse e da allora non abbiamo più avuto comunicazioni, immagino che stiano terminando di sistemare i danni.”

Charles sospirò di sollievo, al pensiero che invece quei dispositivi erano andati distrutti.

“Si tratta di sensori” spiegò Charles “Sensori che possono individuare il gene X nei mutanti.”

Il Presidente sembrò illuminarsi di gioia.

“In questo modo si potrebbero identificare senza problemi! Potrei darli in dotazione alla polizia! Installarli negli edifici pubblici! Tutto ciò è ...”

“ … esattamente ciò che stiamo cercando di evitare.” concluse Charles, seriamente “Tutto ciò è folle!”

“Perché dovrebbe esserlo?” chiese lui “I mutanti ...”

“Hanno il diritto, come chiunque altro, di restare anonimi, di non essere schedati e di non essere discriminati, Signor Presidente.” disse Erik, senza riuscire a reprimere la rabbia.

“Esatto.” concordò Charles “Ha idea di cosa si scatenerebbe se questi dispositivi venissero prodotti e usati?”

“Una guerra” rispose Erik “Una guerra che è già in corso ma che sarebbe ancor più sanguinosa.”

“I mutanti sono pericolosi!” esclamò il Presidente, che sembrava spaventato e arrabbiato e indicò Erik “Lui ne ha dato prova da tempo immemore! Io devo difendere i miei cittadini! Non posso permettere che i mutanti seminino il terrore!”

Erik era livido per la rabbia, Charles seppe mantenere il controllo.

“I suoi cittadini sono i normali esseri umani ma anche i mutanti” spiegò con calma e pazienza, come se si trovasse di fronte a uno dei suoi studenti “Deve tutelare i diritti di tutti, mutanti compresi. Lei dice che i mutanti sono pericolosi perché Erik lo è, ma lo sa perché? Perché è stato discriminato! Prima come ebreo e poi come mutante! Sono l'odio e la discriminazione a portare alle guerre! Certo, non sono ingenuo, so che questi sentimenti fanno parte dell'uomo e che niente e nessuno potrà mai estirparli completamente, ma lei” disse, alzandosi e puntandogli addosso un dito accusatore “Lei dovrebbe essere colui che difende i suoi cittadini! Lei non dovrebbe fomentare l'odio! Lei dovrebbe agire per la convivenza pacifica! Se non è in grado di fare questo” concluse, senza celare il disprezzo nello sguardo e nella voce “Può lasciare il posto a chi ne sarebbe in grado!”

Erik era basito, non aveva mai visto Charles così combattivo e la cosa gli piacque molto.

Il Presidente aveva ascoltato tutto con crescente rabbia e, nonostante fosse consapevole del fatto che Charles avesse detto cose giuste, si alzò in piedi e premette un pulsante sulla scrivania. Nel giro di pochi secondi le porte ai loro fianchi si aprirono ed entrarono delle guardie armate.

“Tipico di voi sciocchi homo sapiens” commentò Erik “Noi siamo venuti in pace e voi non esitate ad usare la violenza.”

“Sapete cosa fare.” disse il Presidente.

Tutto accadde in pochi istanti, gli uomini appena entrati spararono verso Charles e Erik, il quale però fermò le pallottole in volo.

“SCIOCCHI!” gridò “PENSAVATE DI POTER RIVOLGERE QUELLE STUPIDE ARMI DI METALLO CONTRO DI ME? IL SIGNORE DEI METALLI?”

Erik controllò le pallottole e le puntò verso coloro da cui erano partite.

“Volete giocare, eh? Giochiamo!”

“NO! ERIK! NO!” gridò Charles “NON è COSì CHE POSSIAMO OTTENERE UN DIALOGO!”

“Non possiamo nemmeno parlare con chi non vuole ascoltare, vecchio mio!” rispose lui, senza distogliere lo sguardo dal Presidente, paralizzato dal terrore.

“Ti prego, ragiona …” lo implorò Charles.

Charles gli afferrò il braccio, ma Erik sembrava posseduto dalla rabbia, stava controllando i proiettili, avrebbe sicuramente ucciso tutti, ma era talmente concentrato che non si rese immediatamente conto che nel frattempo erano arrivate altre guardie armate, che spararono a entrambi. Colto alla sprovvista, Erik non perse il controllo sui proiettili puntati contro le guardie e semplicemente deviò quelli che avevano appena sparato.

Tutto accadde in pochi istanti. Charles era in piedi, al suo fianco, Erik sentì un grido strozzato, si voltò mentre perdeva il controllo sui proiettili puntati contro le fronti delle guardie, che caddero a terra.

La giacca di Charles si stava rapidamente tingendo di rosso, alcuni proiettili che aveva distrattamente deviato lo avevano colpito; Charles cadde in ginocchio ed Erik lo afferrò prima che cadesse steso a terra.

“No …” mormorò “No … è TUTTA COLPA VOSTRA! è SOLO COLPA VOSTRA!”

A Charles sembrò di essere tornato indietro nel tempo, in quella spiaggia a Cuba, ma stavolta non aveva una tuta protettiva, le pallottole gli avevano procurato gravi lesioni interne, sentì il sangue risalire l’esofago e uscire dalla gola; tutti i suoni, compresa la voce di Erik, divennero ovattati.

Il tempo iniziò a scorrere in modo anomalo, tutto sembrò essere accelerato, le voci, i suoni, l'odore del suo sangue, tutto era confuso in un vortice di sensazioni diverse, poi tutto svanì nel buio.

Gli sembrò che fossero passati pochi istanti, forse in realtà erano trascorse ore, non avrebbe saputo dirlo. Dove si trovava? Di certo non nello Studio Ovale, allora dove? Nemmeno in ospedale, quindi … dove?

“Ben svegliato.”

Una voce familiare lo portò alla realtà, era Erik, seduto accanto al suo letto a Westchester. Era a casa. Charles gli sorrise, era vivo, era al sicuro, ma … cos'era quella sensazione? Quella sensazione così familiare, che aveva imparato a dimenticare? Gli avevano sparato, sapeva di non potersi muovere troppo, ma quando ordinò al suo cervello di muovere i piedi per verificare che fosse tutto a posto qualcosa andò storto, dal basso ventre in giù non sentiva più nulla, aveva perso completamente la sensibilità e la possibilità di muoversi.

“Mi dispiace, Charles” disse “Jean ha fatto del suo meglio, ma la colonna vertebrale era irrimediabilmente danneggiata ...”

Charles impallidì, tutto il mondo sembrò crollargli addosso ancora una volta, in preda al panico, gridò.








 
   
 
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