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Autore: shana8998    22/04/2024    0 recensioni
Alanie è l'apoteosi di tutto ciò che non dovrebbe fare una brava ragazza.
Elizabeth è l'acqua cheta, timida e introversa, alla perenne ricerca di se stessa.
Lucas è spavaldo, sicuro di sé.
Keiran è l'opposto di tutti e tre.
L'unica cosa che condividono è l'ultimo anno di liceo, per lo meno, fino a quando le loro vite si ritroveranno ingarbugliate l'una all'altra.
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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  1.

 

Alanie.

 

Una spinta.

Un’altra.

Un’altra ancora. Un grugnito.

Guardo il suo orologio da polso mentre sono ancora a pancia in giù stesa per metà sulla cattedra dell’aula di Biologia.

I miei complimenti Professor Edward Having, questo Lunedì, ha impiegato ben due minuti e trentacinque prima di venire. Un vero record se consideriamo che lo scorso Lunedì la terza spinta non c’è mai stata. Ammetto che la cosa mi ha deluso un po’. Un bel po’, ma oggi ha rimediato stupendomi con ben due minuti e mezzo. Clap clap. Un applauso, se lo è meritato.

Quando la smette di tenermi i polsi e non sento più il suo peso dietro la schiena, mi sollevo dal legno della cattedra e corro con le dita ai bottoni della camicetta che indosso affrettandomi ad infilarli nelle asole.

Mi abbasso la gonna sulle cosce e raccolgo la borsa da terra.

«Già te ne vai?», domanda. Lo vedo allacciarsi i polsini della camicia celeste.

«Ho lezione.»

Appoggio le mani al bordo della cattedra e mi volto per guardarlo meglio. 

«Fisica o matematica?».

So già dove vuole arrivare quando nomina le uniche due materie insegnate da uomini.

«Fisica», dico ammiccando «Perché?».

I suoi occhi cerulei si sollevano nella mia direzione.

Piega le labbra in un mezzo sorrisetto, mi raggiunge e agguanta le mie mani nelle sue.

«Potresti farmi ingelosire…», mormora contro la mia pelle mentre mi bacia sul collo.

Caro Edward Having mi piacerebbe tanto raccontare a sua moglie di come potrebbe farla ingelosire il fatto che lei si scopi le sue alunne, magari la questione le desterebbe lo stesso interesse che dimostra nel voler sapere se ho altre liason con qualche suo collega.

«Ma davvero?», cinguetto.

Chissà perché certi uomini sono così idioti da pensare che qualche scopata con una ragazza all’ultimo anno di liceo valga più di un matrimonio. E chissà perché questo stronzo mi ha detto di avere una moglie solo dopo due mesi e mezzo che scopiamo.

«Davvero.».

La sua fede mi scintilla sul dorso della mano e come ci cade lo sguardo un moto di stizza mi pervade dalla testa ai piedi. Quest’imbecille ha anche due figli piccoli che lo aspettano a casa!

«Ok,ok.», dico sfuggendo alla presa delle sue mani. Gli metto le mie sul petto e lo spingo delicatamente lontano da me. «Devo proprio andare, professor Having.».

Fa una smorfia «Era da un po’ che non mi chiamavi così. Noi ci conosciamo da tanto, se c'è qualcosa che non va puoi dirmelo.»

Io e te, caro Edward, non ci conosciamo affatto. Io e te scopiamo ancora solo perché ti trovo attraente a quarant'anni dentro quella giacca scura da finto uomo d’affari che indossi. E adesso con quello sguardo da cerbiatto impaurito, con la paura di perdere il tuo giocattolino preferito stampata in faccia, non venirmi a supplicare di trattarti come prima, perché come prima non torneremo mai più.

«Non c'è nulla che non va, Edward», dico con un tono che so suscitargli la pelle d’oca dietro il collo.

Gli schiocco uno dei miei sorrisi più smaglianti e poi volto i tacchi aprendo la porta dell’aula.

Lui esce sempre qualche secondo dopo di me, anche ora, come ogni Lunedì, con la valigetta colma di compiti in classe stretta in una mano e lo sguardo severo. Oggi però, con la mano destra si raddrizza il colletto della camicia come se non sopportasse il contatto con la pelle.

Cos’è? Senti ancora la voglia che ti scalpita nei pantaloni, Signor Having? Sei nervoso, vero? Si che lo sei. Molto probabilmente la vita intima con tua moglie si è spenta come la fiamma di una candelina e ti sei ritrovato costretto ad andare a letto con una liceale. Chissà, magari all’inizio nemmeno ci provavi gusto, era un gioco, come masturbarsi in auto davanti ad un video porno…Ma guardati ora. Hai la fronte imperlata di sudore e da come stai guardando ripetutamente l’orologio, come se non leggessi affatto l'ora, deduco che ti sia appena reso conto che oggi è solo Lunedì e manca una settimana intera prima che tu possa svuotare il pesciolino di nuovo.

Gli lancio un’altra occhiata lasciva. La rabbia per essere venuta a conoscienza della verità è scemata dopo un paio di settimane. Se non fosse ancora il mio sollazzo del Lunedì, quest’uomo per me sarebbe insignificante. Qualche volta lo guardo e mi sento in imbarazzo per lui. Spesso ha provato ad accennare al fatto che potremmo vederci dopo le lezioni, fuori dalla scuola. Ha un appartamento fuori città, una «Villetta di campagna da poco ristrutturata» che ha detta sua vale la pena sfruttare un po’. Ovviamente ho declinato l’invito. Non puoi dirmi dopo due mesi che sei sposato e hai due figli solo perché mi vedi troppo coinvolta, per poi chiedermi di uscire da queste quattro mura solo quando ti accorgi che il mio modo di fare è cambiato. Non puoi.  Non devi.
Continuo a camminargli davanti ancheggiando e di tanto in tanto mi giro a guardarlo per vedere se i suoi occhi sono ancora su di me. Se sono ancora smaniosi. Lo sono. 
Mi passo una mano sul fianco lentamente, viro la direzione e scivolo verso un gluteo, poi sempre piu in basso verso l'orlo della gonna. Deglutisce. Mi guarda. Sorride malizioso. 

 Un paio di ragazzi mi passano accanto parlottando tra di loro. Con la nonchalance che mi distingue, li ignoro e continuo a camminare. Mi volto nuovamente solo quando sono fuori dal loro campo visivo. Come immagino, l’espressione di Having cambia da smaniosa a glaciale in un batter d’occhio.

«Buongiorno professor Having.», dicono i due.

Lui si limita a fare un cenno con la testa, io sghignazzo sotto i baffi. 

Un attimo prima di intercettare con lo sguardo la porta della sala mensa, le nostre strade si dividono. Lui scende la gradinata sulla destra, io proseguo.

C’è un po’ di rammarico nel mio petto. Rammarico, perché prima che lui mi confidasse di essere sposato ero veramente felice; non che credessi di trasferirmi da lui e avere una vita coniugale serena e spensierata, ma speravo in…Qualcosa.

Peccato che abbia rovinato tutto gelando i miei sentimenti.

Scosto l’anta della porta e un vociare mi assale. 

La sala mensa è straborda di gente. Penso che tutta la scuola si sia riunita qui per mangiare le porcherie che ci propina il servizio ristoro di questo posto.

Georgia mi vede e fa un cenno con la mano. Non ho fame, quindi non mi accosto per niente alla fila davanti al bancone dei piatti caldi, né ai vassoi da portare a tavola. La raggiungo e mi accascio, letteralmente, a sedere sulla panca di legno agganciata a quelli che sembrano osceni tavoli da pic-nic blu e gialli. Un regalo dal nostro nuovo preside.

I suoi occhi scuri piombano sul mio viso. Sospira e mima un’espressione eloquente «Di nuovo?».

«Di nuovo.», rispondo tirando fuori il cellulare dalla borsa.

«Ha due figli, Ally.».

La scruto oltre il bordo del mio telefono «Il suo matrimonio è alla deriva.».

«Ha quarant’anni!», gracchia.

Lancio gli occhi al cielo «Sono i due minuti più entusiasmanti di tutto il Lunedì.».

A quell’affermazione gloglotta una risata a metà fra il divertito e l’incredulo che un attimo dopo esplode fragorosa.

«Ci metto più tempo a bere un caffè.», afferma bevendo un sorso di succo d’arancia, quando realizza la questione dei due minuti.

Rido, «Stronza, non darmi spago!», e le do un buffetto sulla mano. Il bicchiere nel suo pugno si inclina per un attimo e un po’ di succo le si rovescia sulle dita. 

Mentre si sta asciugando le mani con un tovagliolo i suoi occhi intercettano qualcosa dietro le mie spalle.

«Ew… Guarda chi arriva…» dalla smorfia di disgusto e dal tono della sua voce deduco che l’ombra dietro di me è quella di Patience Goldwing, fondatrice del gruppetto Quelle brave ragazze e portastendardo di tanti altri appellativi che non sto qui ad elencare. Figlia del facoltoso imprenditore Anderson Goldwing creatore e fondatore della Goldwing Apartment, (un complesso di appartamenti fuori città), nonché grande benefattore del nostro liceo. 

Ho già detto Goldwing? 

Ovviamente sua figlia è la stella cometa sull’albero di Natale per il corpo docenti. L’intoccabile, la prediletta. Per noi è solo imparentata con Attila il flagello di Dio.

«Derrick», dice arricciando le labbra perfettamente coperte di Gloss, «Ti prego…Acconciati quei capelli.». 

Il povero Derrick in questione è un tipo smilzo, occhialuto e molto introverso che Patience non guarderebbe mai con vero interesse. Piuttosto lo farebbe per gioco. Per farcelo credere.

Lui avvampa. Si passa una mano fra i capelli e abbassa lo sguardo.

Sposto i miei occhi chiari su Georgia. La mia espressione dice tutto.

«Che vuoi farci…», sospirà, «La porterà d’oro…».

La sfilata di ragazzi pronti a riempirsi lo stomaco con pollo precotto e panini al bacon continua a scorrermi accanto, vedo Elizabeth Watson. Nascosta dietro la sua montatura spessa e il suo caschetto rigorosamente pari, stringe il vassoio tra le dita come se temesse di perderlo da un momento all’altro. Perché sa di perderlo da un momento all'altro..

Mi sorpassa. Passano un paio di minuti, forse quattro, poi qualcosa si infrange sul pavimento seguito da un «Whoo» di stupore e qualche risata.

Ci risiamo...



 

Elizabeth.

 

Il purè di patate mi gocciola dalle lenti degli occhiali. Ho il maglioncino cosparso di salsa al pomodoro e il succo d’arancia persino dentro le mutande. Quella stronza lo ha fatto di nuovo.

Mi è passata accanto e ancor prima che me ne potessi accorgere ha rovesciato il vassoio che avevo tra le mani con uno schiaffo.

Perché non mi lascia stare? Perché ce l’ha con me?

Passo un dito sulle lenti per tornare a vedere.

Stanno ridendo tutti. Ho gli occhi di mezzo liceo addosso. Mi sento sprofondare. E’ così tanta la vergogna che sono paralizzata al centro del corridoio della mensa come un’ebete.

Mi viene da piangere ma non lo faccio. Se scoppio in lacrime come una bambina quella serpe ne gioirà.

«Dovresti stare più attenta Elise…», cinguetta Patience fingendo dispiacere.

Abbasso la testa e mi rendo conto che le spalle tremolano.

Sto per piangere ne sono certa.

«Si, perché non guardi dove metti i piedi! Per poco non mi finiva del pomodoro sulle scarpe.», dice un’altra delle brave ragazze mentre controlla minuziosamente il suo paio di sneaker immacolate ruotando la caviglia a destra e sinistra.

«Starò più attenta», dico in un filo di voce. Magari, se mi trovano inoffensiva la smettono.

Patience fa un passo avanti e mi scruta sollevando il mento. Gli occhi le si riducono a due fessure «Come hai detto?», sibila.

«Starò…», mi trema la voce «più attenta.».

Si sporge verso di me con il viso e sussurra «Alza la voce, non ti sento».

Mi trema il labbro inferiore.

Un singulto.

«Starò…».

Una lacrima scivola sulla mia guancia.

«Starò...»

All’improvviso sento i piedi di una panca tintinnare sul pavimento.

«Lo fa…Lo fa!», dice qualcuno dall’altro lato della stanza. Faccio appena in tempo a sollevare lo sguardo e…

 

Lucas.

 

E…Sbam! Dritto in faccia. Alanie Scott è una vera fuori di testa e io amo vedere le scazzottate fra donne. Non so cosa le scatti dentro quel cervellino ammantato di capelli castani ma questa è la terza volta in un mese che si prende a botte con Patience in sala mensa e io ho un biglietto gratis per il paradiso grazie a lei.

Che darei per farle sfogare quella furia sotto le coperte…

«Strappale la maglietta!», grida Tom lanciandosi contro la mia schiena con tutto il peso mentre esulta come un pazzo. Anche lui ama le risse tra donne. Tette al vento, guance rosse…Potrebbe essere l’inizio di uno di quei porno che mio cugino Spencer nasconde in garage, ora che ci penso.

Resto seduto a godermi la scena. Gambe leggermente divaricate, avambracci ben esposti così che tutti possano vedere quanti e quali muscoli ho allenato nonché la spasa di tatuaggi che si avviluppano fino alle spalle. Mai si dica che io non sia al top in ogni circostanza. 

«La maglietta! La maglietta!», grida ancora il mio amico quasi disperato quando vede che Allie si attorciglia la coda di Patience in una mano e la tira anziché strapparle gli indumenti.

«Devo venirla a strappare io?!».

«Calmati amico», sghignazzo.

Lui mi guarda come se mi fosse spuntata una terza testa sulla spalla. 

«Calmarmi?», spalanca i palmi delle mani e con un gesto eloquente mi indica la scena «Questa è la terza volta che si prendono a botte e io non ho ancora avuto la fortuna di vedere le poppe di Patience Goldwing.»

Se è proprio una questione di vita o di morte…

Tiro un lungo sospiro «E va bene…Animiamo la situazione…».

Mi sollevo dalla panca e con furtiva eleganza mi infilo nella bolgia di ragazze strepitanti mentre si soffiano come gatti. Schivo un paio di unghiate feline e qualche coda svolazzante, sguiscio dietro Patience e…

«Su la maglietta!», esordisco vittorioso.

Qualcuno scatta una foto. Un paio di ragazzi del primo anno applaudono. 

«Sei un grande, amico!», Esulta Tom mentre mi manda numerosi baci con le mani.

Lei grida come un’oca e mi spinge le chiappe dritte dritte sui gioiellini di famiglia facendomi piegare dal dolore.

«Sei un coglione Graham!», ringhia abbassandosi di colpo la maglietta.

«Oh, avanti Patty,», dico allargando le mani « Hai delle tette bellissime…Persino Keiran le voleva vedere…»

 

Keiran.

 

Questa è una giungla non un posto di culto per studio, corpo e mente come dice lo stendardo all’ingresso del complesso studentesco.

Non so cosa affligga queste persone, ma prendersi a botte durante la pausa pranzo o denudare una ragazza solo per far contento un amico è veramente da incoscienti. Nonché da idioti.

«Non me ne frega niente delle tue tette Patty.», dico, raccogliendo la lattina di Sprite dal tavolo e mandando giù un sorso.

Le guance di Patience si irradiano come se stesse andando a fuoco, poi si gonfiano e appare un broncio vistosissimo. Devo averla offesa. 

Mi fissa. Ancora. Ancora.

«Dici così solo perché non te le farei mai toccare.».

Si, sicuramente l’ho offesa.

La ragazza che ha scatenato l’ennesima rissa per l’ennesima volta all’ora di pranzo fa un passo avanti. L’aria strafottente stampata in faccia «Nemmeno Mister Silenzio ti apprezza.».
La mia attenzione si catalizza subito su di lei, tanto che non rispondo nemmeno a Patience.
«Fanculo Alanie!». Che grazia Miss Patience.
Comunque tornando al "Mister Silenzio"...
La tipa con il dito medio alzato che fa la linguaccia a Patience e mi ha appena soprannominato Mister Silenzio si chiama Alanie.

Mio Dio, mi sono beccato uno sfottò da una specie di orangotango incazzato e con i capelli lunghi. Bene.

La fisso a lungo. Un bel viso, occhi chiari, un sorriso perfetto colorato dal vinaccio del rossetto che indossa. La camicetta bianca che porta la rende anche più femminile di quello che è, eppure, c’è qualcosa in lei di disturbante. Forse è il suo modo di fare che mi infastidisce. 

E’ irriverente. 

Volgare.

Fa un uso improprio del sarcasmo e…Delle mani soprattutto.

Direi che è proprio il genere di persona che non frequenterei mai e poi mai.

  Per un momento la tormenta sembra passata. Nonostante siano volate ciocche di capelli e cover di cellulari invadono il pavimento, devo dire che non ci sono stati feriti. I miei complimenti ragazzi, nemmeno questa volta sarete espulsi.

Sbadiglio.

Questo imprevisto mi farà saltare l’ora di equitazione delle sei se non mi do una mossa a tornare in aula.

«Dove credi di andare, Keiran!».

La voce gracchiante di Patty mi raggiunge come un ceffone sulla guancia destra. Mi volto, il culo a mezz’aria sulla panca.

La guardo interrogativo «In…Classe?».

«In classe? Tu mi hai umiliata!».

Oh no. No, no. Io non ti ho umiliata è solo che tu hai una cotta per me e io, invece, sono attratto da te come una balena lo è dal plancton. Ti scoperei, si, ma per sopravvivere alla fame.

Mi schiarisco la voce. «Umiliata?».

Lei aggrotta la fronte e stringe i pugni. 

«Ah!», dico come se avessi colto al volo un'intuizione, «Ci sei rimasta male per la questione delle tette…».

Bingo.

I suoi occhi fanno uno scatto impercettibile e gli angoli della bocca le si rilassano tiepidamente.

Aspetta delle scuse. Si se le aspetta, sono sicuro.

Socchiudo le palpebre e cerco di ricaricare il serbatoio della pazienza «Ti chiedo scusa.», dico in un respiro «E’ stato davvero maschilista da parte mia denigrare le tue…», gliele indico, «…amiche.».

Adesso però dacci un taglio, Patty.

Dovresti essermi grata che a differenza di altri - tipo l’ex capitano della squadra di snorkeling- non ti abbia sedotta e abbandonata, ma abbia nutrito del rispetto per te e la tua integrità. Non capisco perché voi donne vi ostiniate a gettare via palate di dignità per le attenzioni di una persona X che magari fra qualche mese non vi piacerà nemmeno più.

«Ti sei salvato in calcio d'angolo…».
Si perché, altrimenti? Che sarebbe successo? 

Volta di scatto il mento sospirando un «Mh» offeso, poi gira i tacchi e si allontana.

«Certo, amico…», mormora Tom sollevandosi con gli avambracci sul tavolo, il naso nella mia direzione ,«…che te la puoi pure dare una svegliata con le tipe, eh!».

Non posso credere che l'abbia detto proprio lui che...Vabbé lasciamo stare.

Graham torna verso il tavolo. Mani in tasca, andatura fiera. Cavernicolo.

«C’è chi se l’è data per tutti e due.», lo indico.

Graham che arriva a discorso chiuso non capisce e ci guarda inebetito, Tomas sbuffa, io raccolgo le mie cose e me ne vado.
Ad un passo dalla libertà...
«Si può sapere cos'è questa bolgia?!». Il vicepreside Philp O'Maila spunta da dietro la porta della mensa seguito da quattro inservienti. La fronte corrucciata, il viso paonazzo di un rosso vivo stemperato solo dai suoi baffi ingialliti. Si caracolla al centro della stanza e ci osserva ingrugnendo ancora di più la faccia.

«Tutti in presidenza, subito!»

Come non detto...

 

   
 
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