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Autore: Ortensia_    24/04/2024    0 recensioni
Yūji, Nobara, Megumi, Tsumiki e Junpei sono in viaggio per godersi una vacanza. È ormai notte quando si ritrovano sulla strada desolata indicata dal navigatore e l’auto si ferma senza dare più segni di vita.
Non c’è proprio nessuno sulla strada, non un’anima a cui chiedere aiuto.
È una situazione al limite del paranormale. Il fatto che stia per piovere e che l’unico riparo nel raggio di chilometri sia una casetta fatiscente in mezzo al bosco pare l’inizio di un horror e Nobara non manca di incarnare la parte dell’amica terrorizzata e, nella convivenza forzata che li aspetta, anche quella della ficcanaso che insinuando implicazioni sentimentali e sessuali fra gli altri conviventi non fa altro che infilare spiacevoli pulci nelle orecchie e creare situazioni che altrimenti non si verificherebbero.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Fushiguro Megumi, Fushiguro Tsumiki, Itadori Yuji, Kugisaki Nobara, Yoshino Junpei
Note: AU | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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10. Ma dico io… non poteva capitarci un bonazzo con una bella auto?!
「─────────────────────────────── ˗ˋˏ ˎˊ˗ ───────────────────────────────」







    Il gattino aveva riacquistato un po’ di vigore mangiando il pane, ma la farina stava per finire. Avevano bisogno di qualcosa di più sostanzioso, cucciolo compreso, ecco perché quella mattina erano usciti tutti e cinque, decisi a spingersi molto oltre rispetto a dove erano arrivati Yūji e Tsumiki durante le escursioni mattutine.
    Prima di addentrarsi nella sterpaglia, Tsumiki aveva fatto l’ennesimo tentativo e aveva girato le chiavi nel cruscotto nella speranza di ricevere un segno di vita dall’auto. Gli altri quattro, che la aspettavano fuori, non si sorpresero dello scoraggiante silenzio.
    Tsumiki chiuse la portiera con un sospiro. Stava per lamentarsi quando udì un cigolio, e lo sentirono anche gli altri, perché tutti girarono il viso nella stessa direzione.
    «Cosa…?» Nobara mise a fuoco, cercando qualcosa sull’orizzonte della strada.
    «Quello è…?» Megumi non credette ai suoi occhi quando vide spuntare il dorso bianco di un camioncino oltre la curva della strada.
    «Non può essere un’allucinazione di massa, vero?» domandò Tsumiki.
    «Ehi!» Nobara si stava già sbracciando a bordo strada. «Ehi, siamo qui!»
    Subito dopo, anche gli altri la raggiunsero agitando le braccia per attirare l’attenzione del guidatore.
    Il camioncino li superò a tutta velocità, lasciandoli tremendamente delusi e più disperati di prima.
    «Maledizione!» Nobara agitò il pugno in aria, cominciando a corrergli dietro. «Torna qui, idiota!»
    A poco a poco, il camioncino cominciò a rallentare sempre di più. Nobara si fermò quando lo vide arrestarsi, rimanendo a guardarlo con rinnovata speranza.
    Il camioncino cigolò di nuovo. Come un’enorme bestia metallica in procinto di risvegliarsi da un lungo sonno, ondeggiò in uno spasmo scricchiolante prima di riprendere a muoversi in una lenta e rumorosa retromarcia.
    Nobara indietreggiò fino a raggiungere gli altri, che come lei osservavano il mezzo con crescente inquietudine. Tsumiki distolse lo sguardo quando sentì grugniti acuti provenire dal suo interno, evitandosi lo spettacolo di una fila di musi di maiale protesi oltre le feritoie laterali.
    «Oh cazzo» Megumi non riuscì a trattenersi quando il guidatore abbassò il finestrino, e a dire il vero anche Yūji e Junpei dovettero sforzarsi di mantenere un certo autocontrollo per non sobbalzare alla vista di quella faccia.
    Tsumiki, che era appena tornata a guardare, rabbrividì.
    «Ha la faccia cucita?» chiese Nobara senza il minimo tatto, guardando gli amici alla ricerca di conferme. «Ma dico io… non poteva capitarci un bonazzo con una bella auto?! Ovviamente no! Dovevamo beccarci lo spaventapasseri!»
    «Nobara» Tsumiki le strattonò il braccio per farla tacere.
    «Mi scusi, signore» Itadori prese coraggio e mosse un paio di passi verso il camioncino, «abbiamo un problema con la nostra auto, per caso ha i cavi della batteria?»
    Il tizio con la faccia cucita dispiegò le labbra in un sorriso tirato, sinistro. «I cavi?» ripeté con voce serafica, passandosi la lingua sul labbro inferiore. «No, ma se saltate su posso portarvi in città.»
    «Che?!» sbraitò Nobara. «Senti, cretino, non penserai mica di farci viaggiare insieme ai maiali! Senti che puzza… bleah!»
    «Nobara, ti prego…!» Tsumiki, ormai completamente aggrappata al suo braccio, la supplicò a bassa voce, impaurita dalla possibile reazione di quell’uomo inquietante.
    «Non credo abbiate altra scelta, no?» li incalzò lui quasi cantilenando.
    Nobara lo guardò con espressione disgustata, per poi esalare un sospiro rassegnato. «Che facciamo? Andiamo?»
    «Non se ne parla» fu Junpei a rispondere per tutti. A Nobara bastò la sua espressione per ammutolire.
    «Hai presente quello di cui avevi tanta paura quando siamo arrivati qui?» le domandò lui. «Beh, eccolo lì. Se fossimo in un horror, quello sarebbe l’assassino.»
    «Ho ricevuto più insulti in cinque minuti che nel resto della mia vita» rise languidamente l’uomo, che ancora li guardava seduto al posto di guida.
    «Piuttosto che andare con lui muoio di stenti qui» disse Megumi.
    Anche Itadori si convinse a lasciar perdere e tornò indietro.
    «Forza, ragazzi» piuttosto che uscire dal posto di guida, l’uomo si spostò sul sedile del passeggero e aprì la portiera dall’altra parte, schermando la propria figura dietro al camioncino una volta sceso. «Saltate su… o vi faccio salire io.»
    Un’auto sfrecciò accanto al mezzo, inchiodando con un rumore assordante.
    Il camioncino vuoto copriva la scena, così i cinque ragazzi restarono a osservarlo con il fiato sospeso.
    «Oh, mi scusi!» una voce femminile si levò subito dopo lo stridore della frenata, «stavo per investirla! Tutto bene?»
    Non udirono la risposta di faccia cucita, perché le ruote dell’auto stridettero nuovamente sull’asfalto.
    La macchinina rossa si accostò proprio dietro al camioncino e la donna si affacciò dal finestrino, la sigaretta stretta fra le labbra e la mano alzata in cenno di saluto. I volti dei cinque ragazzi si illuminarono immediatamente.
    La donna scese, soffiando il fumo con indifferenza. «La mia auto è omologata per cinque» guardò alla sua sinistra, rivolgendosi all’uomo dalla faccia cucita, «quindi se vuole prendersi uno dei ragazzi in sacrificio posso cederglielo.»
    «Mamma!» la ammonì subito Junpei.
    «Già, sì, uno è mio figlio, quindi temo proprio di non poterglielo lasciare» aspirò il fumo con gli occhi socchiusi, sorridendo quando scostò la sigaretta dalle labbra, «allora, preferisce i maschietti o le femminucce?»
    Il tizio borbottò qualcosa e risalì sul camioncino sbattendo la portiera per comunicare il suo disappunto, quindi sfrecciò via a tutta velocità, sollevando un turbinio di polvere che scompigliò i capelli dei presenti.
    La donna lo guardò andare via con espressione indifferente, poi si strinse nelle spalle. «Beh, vorrà dire che uno di voi dovrà restare qui…»
    «Mamma…!»
    Nagi Yoshino sorrise ai ragazzi mentre spegneva il mozzicone sotto la scarpa, poi fece loro l’occhiolino. «Scherzo! Ho portato i cavi!»







    Non appena il motore dell’auto di Tsumiki si accese, Nagi alzò il pollice sorridendole da dietro il parabrezza.
    «Come hai fatto a trovarci?» le domandò Yūji mentre Tsumiki usciva dall’auto per unirsi ai festeggiamenti di Nobara e Junpei.
    Nagi sorrise. «Tuo fratello. È venuto da me disperato perché non riusciva a rintracciarti, così ho localizzato la tua chiamata.»
    Itadori si illuminò. «Oh! Choso!»
    «Beh, non so come siate finiti qui, ma sono contenta che stiate bene» replicò lei. «E poi» aggiunse con un sorrisino, «vedo che finalmente vi siete fidanzati.»
    «C-che?» Itadori la guardò sorpreso.
    «Tu e mio figlio» Nagi lo squadrò solo per un istante, un sorriso di approvazione a incresparle le labbra. «E perfino Megumi e Tsumiki, vero?»
    «Ma… ma come fai a saperlo?!» le domandò Yūji, più ammirato che inquietato dalla prontezza con cui aveva indovinato. «Non sarai mica una strega?!»
    «Ohi, a chi hai dato della strega? Sono ancora una bella donna» lo ammonì lei.
    «Quando sarò grande voglio essere figa come tua madre, Junpei!» esclamò Nobara, strappando una risata compiaciuta a Nagi.
    «Ma tu sei già grande, Kugisaki» osservò Megumi.
    «Sta’ zitto, Fushiguro.»
    Tsumiki e Junpei scoppiarono a ridere all’espressione imbronciata di Megumi.
    «Forza» la madre di Junpei batté le mani per attirare la loro attenzione, «questo posto mi mette i brividi, prendete i bagagli e andiamocene, vi guido io!»







    Quando lungo la strada comparirono le prime abitazioni, il cellulare di Itadori cominciò a trillare all’impazzata.
    «Centodue chiamate?!» esclamò. «E… e cinquantatré messaggi!»
    «Choso?» domandò Junpei con una risatina nervosa.
    «Beh, era molto preoccupato» osservò Nagi mentre si accostava dietro un’auto ferma al semaforo.
    «Mamma! Mi hai chiamato duecento volte?!» Junpei strabuzzò gli occhi di fronte alla notifica appena apparsa sullo schermo.
    Nagi scoppiò a ridere. Una risata liberatoria che la portò a estrarre una nuova sigaretta dal pacchetto. «Beh, ero preoccupata anche io!»
    «Non fumare in macchina!»
    «Che pizza, Junpei! Vi ho salvato il culo, una sigaretta potresti anche concedermela!»
    «Non se ne parla!»
    Vedendoli litigare come erano soliti fare nelle serate in cui si fermava a cena da loro, Yūji si rilassò contro il sedile con un sorriso, sorriso che si trasformò in una sonora risata quando sentì Choso gridare: “Sei vivo!” fra le lacrime non appena rispose alla sua centotreesima chiamata. Per quanto gli riguardava, era già a casa.







    Per quanto ammirata dalla madre di Junpei, Nobara aveva scelto di andare con Tsumiki così che potesse prendersi cura del gattino durante il viaggio. Ad avere bisogno di aiuto in quel momento, però, era più che altro Megumi, perché il cucciolo gli era salito addosso e si era aggrappato alla sua spalla con tutte le unghie.
    «E staccati!» Nobara lo tirava, ma lui proprio non voleva saperne di lasciare Fushiguro, che imprecava per quelle unghiette sottili conficcate nella pelle.
    «Ma che succede lì dietro?» Tsumiki sbirciò solo per un istante attraverso lo specchietto retrovisore, determinata a non perdere di vista l’auto rossa di Nagi che li precedeva.
    «Ho del pane nella borsa» disse poi, non riuscendo a trattenere una risata.
    «Non è divertente!» protestò Megumi mentre Nobara si affrettava a recuperare il cibo dal sedile davanti.
    Non appena avvertì l’odore del pane, il gattino balzò giù da Megumi e salì sulle gambe di Nobara, lusingandola con una serie di miagolii acuti.
    «Oh! Ma quanto sei carino!» gongolò lei.
    «Sì, una creatura del demonio» borbottò Megumi, massaggiandosi la spalla. «Lo sapete che Yoshino e Itadori si sono messi insieme?» disse poco dopo.
    Nobara lo guardò a occhi spalancati. «Cosa?! E tu come lo sai?!»
    «Dio, Megumi, sembri Nobara» commentò Tsumiki.
    «Eh? E con questo cosa vorresti dire?!» si ritrovarono a protestare all’unisono i due passeggeri.
    «Beh, sembra che per una volta siate d’accordo su qualcosa» ridacchiò soddisfatta Tsumiki.
    All’improvviso, il cellulare di Nobara cominciò a trillare. «Eh? C’è di nuovo rete?» lo controllò subito, sorridendo allegramente nel vedere quante chiamate e messaggi aveva ricevuto dalle amiche.
    «Io ho solo un messaggio…» constatò Megumi con espressione indifferente. Nel mentre, anche il cellulare di Tsumiki trillò.
    «Controlli anche il mio?» gli chiese lei.
    «Sì» Megumi lo recuperò dalla sua borsa, dando un’occhiata alla notifica. «Anche tu hai solo un messaggio.»
    Con il suo cellulare nella destra e quello di Tsumiki nella sinistra, aprì gli SMS in simultanea.
    «Gojo mi scrive: “Compri una bottiglia di latte appena torni?”… e a te scrive: “Di’ a Megumi di comprare una bottiglia di latte.”» sfiatò, mettendo via i cellulari. «Vedo che è molto preoccupato per noi.»
    Tsumiki continuò a guidare in silenzio, poi, le labbra increspate in un sorrisetto tirato, disse qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di sentir uscire dalla sua bocca: «Beh, vorrà dire che quando torneremo a casa gliela faremo pagare.»






ɴᴏᴛᴇ ᴀᴜᴛʀɪᴄᴇ
Se solo Nobara fosse scesa (da sola) nello scantinato, forse ciò di cui aveva tanta paura, fosse questo un killer, uno spirito malefico o chissà quale altra creatura partorita dalla sua immaginazione, l’avrebbe assassinata e senza tutte le sue insinuazioni e i suoi interventi non sarebbe mai accaduto nulla fra Megumi e Tsumiki e fra Yūji e Junpei… ma non è questo il caso, quindi… grazie Nobara??
Ebbene, siamo giunti alla fine di questa mia piccola pazzia! Alla fine sono contenta di averla scritta perché ho avuto modo di giocare un po’ con questi personaggi senza riversare su di loro traumi particolarmente gravi, al contrario… qui Nagi e Junpei si sono addirittura presi la rivincita su Mahito (e infatti è il mio capitolo preferito a mani basse ahah!)
Ci ho pensato per un po’ a quale adulto affidarmi per salvare i ragazzi e volevo Gojo per un altro po’ di disagio gratuito, volevo Nanamin per un po’ di daddy fanservice nella mia mente, volevo Utahime perché è la mia queen, ma alla fine ho optato per Nagi perché la adoro e non so quante occasioni avrò ancora per inserirla in qualche storia (vabbè, un’idea che abita la mia testa dalla scorsa estate mi permetterebbe di scrivere profusamente di lei, ma per ora mi considero in vacanza dal fandom di Jujutsu sì, tipo Nanami sulla spiaggia).
Tuttavia! Come avrete notato no dai, non lo avete notato, chi le guarda le note? la storia non è ancora conclusa perché ho voluto scrivere anche un piccolo special che arriverà mercoledì 1!
Piccolo avvertimento sullo special: visto che non ho scontentato già abbastanza il fandom con le coppie presenti nella storia, nello special ci saranno dei riferimenti GojoHime. So quanto questa coppia sia odiata (sigh), quindi mi sembra giusto avvisarvi, anche se ovviamente l’ingrediente principale dell’epilogo sarà il nostro caro amico disagio.
E visto che la conclusione avrà tanto disagio ho deciso che queste saranno le ultime note autrice, giusto per lasciarvi molto molto perplessi quando pubblicherò lo special la prossima settimana!
Anche se questa storia ha ricevuto pochissimo supporto esplicito, di lettori ce ne sono stati, quindi vi ringrazio per averle dato una possibilità (e vi chiedo perdono per avervi rubato il tempo con questa montagna di cavolate ahah!)

   
 
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