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Autore: Europa91    26/04/2024    1 recensioni
[Gojo x Sukuna]
[Yuji x Megumi]
[past Michizane x Sukuna][past Gojo x Geto]
“Forse potrà sembrarti una specie di favola, ma non lo sarà. Questa notte ti narrerò dello stregone più potente della storia e di come il suo destino abbia finito con l’intersecarsi con quello dello stregone più forte della nostra epoca”
Sei anni dopo la battaglia avvenuta a Shinjuku, Yuta Okkotsu ripercorre gli eventi del passato, convertendo una tragedia in storia della buonanotte.
[Spoiler per chi segue solo l’anime]
Questa storia partecipa al Writober 2023 di Fanwriter.it
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Geto Suguru, Gojo Satoru, Okkotsu Yuta, Ryōmen Sukuna
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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XI Notte - Dream








 

“Qual è il valore di ogni singola vita?”

Jjk vol. 12






 

Giappone 

-Periodo Heian-


Dopo quel bacio il rapporto tra Michizane e il proprio apprendista si fece ancora più stretto. Uraume fu il solo spettatore di quella stagione, fugace ed effimera come un battito di ciglia. Un laconico istante di felicità se posto dinanzi all'eternità di dolore che ne sarebbe seguito. 

Il giovane stregone padrone dei ghiacci preferì non indagare troppo sulla natura quel legame. Sarebbe stato solo deleterio, un’ulteriore fonte di sofferenza. Lui stesso amava Ryoma, lo aveva fatto sin dal principio, dal primo momento in cui il suo sguardo aveva incrociato quelle iridi scarlatte simili eppure profondamente diverse dalle proprie. Quel giovane disgraziato però aveva da sempre rivolto il proprio affetto altrove, verso quello stregone che agli occhi di Uraume non si era dimostrato altro che un aristocratico ipocrita e viziato. Un individuo arrogante, all’apparenza perfetto, troppo per meritarsi la sua fiducia.

Michizane conservava più di un segreto nascosto sotto strati di seta e modi gentili. Uraume non si era lasciato ingannare né da quell'aspetto né dal suono delle sue parole più dolci del miele. Come mai uno stregone tanto potente aveva deciso di fingere la propria morte e addestrare un giovane sconosciuto? Per quanto abile, Ryoma non era nessuno, esattamente come lui, o Ichigo. 

Doveva per forza esserci dell’altro.

Solo qualche mese prima, Sugawara gli aveva confidato di prevedere il futuro. Inizialmente Uraume non seppe come interpretare quell’informazione, né quanto ci fosse di vero. La perdita di memoria al risveglio sembrava una comoda scusa, un modo come un'altro per levarsi da ogni impiccio o responsabilità. 

In quell’occasione, Michizane gli era parso sinceramente preoccupato per il destino di Ryoma eppure aveva finito con il legarlo ancora di più a sé. Anche per questo motivo Uraume lo odiava, Sugawara sapeva eppure non aveva esitato ad attraversare quel confine fra loro. Non poteva perdonarlo o biasimare se stesso per averlo permesso. Uraume era stato un mero spettatore in quella vicenda che avrebbe finito con il condannare entrambi per l’eternità, anche se a quel tempo nessuno avrebbe mai potuto formulare un simile pensiero.

Ryoma era raggiante, inebriato da quel primo amore. Anche le sue arti occulte ne avevano beneficiato così tanto che presto sarebbe riuscito a completare il proprio Dominio. 

“Hai ancora la testa fra le nuvole disgraziato-kun

“E di chi pensate sia la colpa?” 

Erano sempre stati discreti in sua presenza, ma pure un cieco si sarebbe accorto del sentimento che li legava. Il sorriso di Ryoma non gli era mai parso tanto luminoso. Uraume ne avrebbe serbato il ricordo per i successivi mille anni, insieme alla consapevolezza che nessuno avrebbe mai potuto occupare quel posto lasciato vacante da Michizane.

Per un pò furono felici, prima che il destino si divertisse a mescolare le proprie carte.

 

***

 

Morte. Devastazione. Non era la prima volta che Michizane Sugawara si trovava di fronte ad un simile scenario, eppure vi era qualcosa di diverso. Lo stregone leggendario era capitato in una città che non aveva mai visitato, un agglomerato di luci, suoni e colori abbaglianti. Doveva essere finito in un futuro lontano forse troppo per la propria comprensione. 

La prima cosa che notò furono degli esseri umani bloccati da diverse barriere, udì le loro urla mentre venivano attaccati e sbranati da alcune maledizioni. Michizane provò ad utilizzare il proprio potere ma invano. Non era altro che uno spettatore, una sorta di fantasma in quella realtà. Non poteva fare nulla per salvare quei poveri innocenti, solo assistere alla loro morte. Lo stregone avrebbe voluto disporre di più tempo, analizzare meglio la situazione ma la propria attenzione venne catturata da diverse esplosioni, accompagnate dal suono di una tecnica fin troppo familiare. 

Ryoma stava combattendo. Avrebbe riconosciuto quello stile fra mille così come le vibrazioni che riempivano l’aria subito dopo un affondo. L’individuo che si stava battendo davanti ai suoi occhi però era profondamente diverso dal ragazzino sorridente che ricordava.

Come era possibile? Il giovane che conosceva non avrebbe mai potuto compiere un simile sterminio. Quell’essere che ormai non possedeva nulla di umano alzò un braccio facendo crollare l’ennesimo palazzo. Michizane poté udire solo le urla delle persone al suo interno. Avrebbe voluto poterle salvare ma ancora di più correre dal proprio allievo per fermare quell’insensata carneficina. Fu allora che Ryoma gli si avvicinò. Michizane trattenne inconsciamente il respiro, osservando anzi studiando quella figura. Solo lo sguardo tradiva la somiglianza con il proprio apprendista. Non era stato che per il colore impossibile di quelle iridi che Sugawara aveva riconosciuto in Ryomen Sukuna il proprio Ryoma.

"Siamo illuminati dalla luce della luna, così posso godermi per bene di questa scena patetica”

Quel mostro si era rivolto alla maledizione contro cui stava combattendo. A prima vista un livello speciale. Alle orecchie di Michizane quelle parole però suonavano fredde, crudeli, il ragazzino che conosceva non avrebbe mai potuto utilizzare un simile tono. Anche la sua voce si era trasformata, era diventata di colpo più profonda e adulta.

Non li separavano che una manciata di passi. Sugawara avrebbe potuto allungare un braccio, sfiorarlo, ma l’aura emanata da quell’essere lo fece desistere. 

Tanto non sarebbe servito a nulla. 

Michizane non era altro che uno spettro, un’entità incorporea. Ryoma non avrebbe mai potuto percepire la sua presenza. 

Ryomen Sukuna era davvero un essere spaventoso, crudele e privo di ogni umanità. 

Ryoma si era trasformato in una maledizione, ma il suo potere andava ben oltre quello di un livello speciale. Per la prima volta, Sugawara dovette fare i conti con quella verità, il proprio allievo si sarebbe trasformato in un mostro, un flagello, una vera e propria calamità.

Si passò stancamente una mano sul volto, osservando il resto di quel combattimento.

“Preparati, vediamo chi possiede le fiamme più potenti”

Lo stregone leggendario trattenne a stento le lacrime. Sukuna aveva scagliato la propria freccia infuocata. Nella sua mente, quell’immagine si sovrappose a quella di un giovane Ryoma incerto e traballante. Lo rivide mentre apprendeva quella tecnica per poi perfezionarla tra le risate di Uraume.

Michizane rivolse un ultimo sguardo alla maledizione che stava bruciando accanto a lui. Per la prima volta provò un senso di pietà per quell’essere. Sukuna si stava rivelando un avversario formidabile.

Allo stato attuale, lo stregone leggendario non sarebbe mai riuscito a batterlo. Nessuno avrebbe mai potuto competere con un simile potere. 

Fu straziante e doloroso.

Michizane scoppiò a piangere comprendendo finalmente il proprio ruolo in quella storia. Quella visione era stata un monito, un avvertimento, non avrebbe mai permesso ad un futuro simile di realizzarsi. In quel momento comparve una nuova figura che nuovamente Sugawara stentò a riconoscere.

“Sukuna-sama sono venuto ad accoglierla” mormorò il nuovo arrivato inchinandosi dinanzi al Re delle maledizioni

“E tu chi sei?” Ryoma sembrò confuso esattamente come Michizane,

“Uraume?!” Sbottò dopo qualche secondo, 

“Felice di rivederla”

Lo stregone leggendario trattenne nuovamente il respiro osservando meglio quel giovane dall’aspetto androgino. Uraume doveva essersi incarnato in quell’epoca per seguire Ryoma. Provò un certo fastidio al riguardo. I sentimenti che quel moccioso nutriva per quel giovane disgraziato avevano sempre sfiorato l’ossessione. Se ne era accorto sin dal primo istante ma aveva preferito lasciar correre. Era stato il senso di colpa per quanto accaduto ad Ichigo ad averlo spinto ad accogliere il più giovane dei fratelli Uraume.

Chiuse gli occhi preferendo distogliere lo sguardo. Ne aveva abbastanza, desiderava solo svegliarsi al più presto e dimenticare quella follia.

“Nobile Sukuna?” fu la voce di Uraume a riportarlo alla realtà. 

Si trovava ancora in quel sogno, non era finita.

“Devo andare” il servitore annuì con un cenno del capo,

“Come desidera” 

C’era qualcosa di strano nell’espressione di Sukuna. Michizane non poté fare a meno di notarlo. Sembrava quasi preoccupato o infastidito.

“Fra poco sarò completamente libero. Non dimenticarti i preparativi. Ci vediamo Uraume”

“Ricevuto. La aspetterò”

Anche quelle parole non avevano il minimo senso. A cosa si stava riferendo Ryoma? Sugawara ebbe un brutto presentimento al riguardo. Tornò ad osservare Uraume, anche il suo sguardo non era cambiato. Era rimasto freddo e glaciale come ricordava. Una bambola rigida e inespressiva.

Decise di seguire Sukuna, ben conscio dei rischi. 

Desiderava sapere di più, comprendere come si fosse arrivati ad un tale futuro.

 

***

 

Quando lo raggiunse, Ryoma stava utilizzando la propria energia per salvare un ragazzino dai capelli corvini. Michizane rimase sorpreso nel notare quello spiraglio di umanità,

“Non morire. Ho bisogno che tu faccia una cosa per me” lo stregone leggendario trattenne nuovamente il fiato avvicinandosi a quel giovane che si trovava in uno stato di morte sospesa. Ne studiò i lineamenti cercando di comprendere le parole di Sukuna. Notò solo in un secondo momento un altro ragazzino spaventato. Michizane non gli prestò particolare attenzione, catturato nuovamente dalla velocità di Sukuna e dal suo potere.

Quello scontro era di un livello superiore rispetto al precedente. I movimenti del Re delle maledizioni erano precisi, letali. Le tecniche acerbe del proprio apprendista si mostravano ora nella loro forma definitiva. Uno spettacolo sublime, meraviglioso nella propria tragicità.

Sugawara sapeva che presto quel combattimento avrebbe raggiunto il proprio apice. Era ciò che maggiormente temeva, anche se per l’ennesima volta la propria curiosità ebbe la meglio. Voleva assistere a quella manifestazione di forza, conoscere i limiti di quel potere che lui stesso aveva coltivato.

“Espansione del Dominio. Reliquiario Demoniaco”

 

***

 

Quando Michizane riemerse dal proprio sogno aveva le lacrime agli occhi. Ci mise qualche secondo per ambientarsi. Fu allora che si accorse di ricordare ogni cosa, ogni più piccolo particolare di quella visione. Si prese il volto con entrambe le mani mentre cercava di scacciare quelle immagini dalla propria mente.

Fu un respiro calmo e regolare a catturare la sua attenzione, avvisandolo della presenza di Ryoma, disteso scompostamente nel futon accanto al suo. Tirò inconsciamente un sospiro di sollievo. Il proprio apprendista dormiva e non sembrava essersi accorto di nulla.

Si perse qualche istante ad osservarne il profilo, tracciando delicatamente con la punta delle dita il contorno di quei lineamenti ancora così infantili. Ryoma avrebbe presto compiuto diciott’anni ma ai suoi occhi sarebbe sempre rimasto un ragazzino. Un moccioso che aveva raccolto dalla strada e a cui aveva insegnato le Arti Occulte. Forse era stato questo il suo errore. Ripensò a tutte quelle morti, alla devastazione provocata dal Re delle maledizioni.

A Ryomen Sukuna e al suo Dominio.

Doveva esserci una ragione, un motivo che avesse spinto Ryoma ad imboccare quella via. Gli sembra tutto fin troppo assurdo. Fu allora che il proprio apprendista aprì gli occhi. Bastarono pochi secondi perché quelle iridi dal colore impossibile incrociassero le proprie, leggendo dentro la sua anima come in un libro aperto.

“Che succede?” a Ryoma era bastato uno sguardo per comprendere la confusione che albergava nel proprio animo. Quel ragazzino era sempre stato un ottimo osservatore, soprattutto con lui. Fin troppo spesso Sugawara si era guardato dal potere di quelle iridi.

“Nulla, ho solo fatto un brutto sogno” mentì tentando di sfuggire a quel confronto.

Ormai si stava trasformando in un’abitudine, pensò chinando il capo

“Vieni qui” sussurrò il più giovane aprendo le braccia in un chiaro invito. Michizane indugiò per qualche secondo. Le immagini di Sukuna continuavano a vorticargli per la mente. Alla fine si arrese accettando l’abbraccio di Ryoma e ricambiandolo con lo stesso slancio. Gli posò un bacio delicato fra i capelli, inalando il suo profumo. Gli era mancato. Quello era il Ryoma che conosceva, non quel mostro senz’anima.

Il ragazzino si mosse velocemente catturando le sue labbra e intrappolandole in un bacio profondo. Fu Michizane ad allontanarsi per primo da quel calore così ustionante.

“Vuoi dirmi che sta succedendo?” lo incalzò nuovamente percependo in qualche modo un suo rifiuto.

Lo stregone leggendario non rispose. In quel momento vi era troppa confusione nella sua mente. Le immagini di Ryoma continuavano a sovrapporsi a quelle di Sukuna. Riviveva la distruzione di Shibuya, tutte quelle vittime innocenti. 

Si alzò di scatto, abbandonando l’apprendista ancora inginocchiato nel proprio futon.

“Ho bisogno di stare da solo” sussurrò prima di lasciare la stanza.

Ryoma non protestò. Non aveva mai visto Sugawara in quello stato. Lo stregone sembrava spaventato, dispiaciuto ma soprattutto sofferente.

Si chiese quale sogno avesse mai potuto turbarlo tanto.

Di nuovo un pensiero fastidioso si fece largo nella sua mente. Forse Michizane aveva semplicemente rivisto la morte della moglie. Ryoma era sempre stato geloso di quel ricordo, di quella donna che aveva sposato e amato Michizane, dandogli tre figli. 

Se non fosse morta le loro strade non si sarebbero mai incrociate.

Si sentì uno stupido immaturo. Nobu era un tassello importante del passato di Michizane ma apparteneva appunto ad una stagione lontana, ad una vita che il proprio maestro aveva abbandonato. Per il mondo, Michizane Sugawara era morto diversi anni prima. 

Solo attraverso la propria dipartita aveva potuto sperimentare quella libertà tanto agognata. 

Tornò a raggomitolarsi tra le coperte. Nonostante lui e Sugawara avessero iniziato quella relazione lo stregone leggendario non sembrava volersi fidare di lui, non abbastanza da confessargli i propri turbamenti. Quel comportamento lo feriva eppure non se la sentiva di biasimarlo.

A volte Ryoma si scordava di chi fosse Michizane.

Era uno stregone influente, il più potente presente in quell’epoca. Apparteneva ad una delle tre grandi famiglie che aveva scelto di abbandonare per inseguire quel folle desiderio di libertà. Forse anche Ryoma stesso e quella relazione non erano altro che il frutto di un capriccio passeggero. 

Aveva sempre pensato che l’amore fosse un sentimento inutile e infatti lo stava portando alla follia. Michizane lo rendeva ansioso e insicuro, bastava la sua lontananza a provocargli simili pensieri. Ryoma imprecò domandandosi quando fosse diventato tanto debole ma bastò il ricordo del sorriso di Sugawara o del suo sguardo dai riflessi violacei a fornirgli una risposta.

 

***

 

Presente

Giappone - aeroporto di Itami - Osaka

 

“Siete proprio sicuro di non voler venire a Tokyo?” tentò per l’ennesima volta Yuta mentre si incamminava verso il proprio gate d’imbarco.

Lo spirito vendicativo scosse il capo. 

“Come sempre il vostro invito mi onora ma mi vedo costretto a declinare” Okkotsu annuì

“Voglio ringraziarvi per il vostro tempo Sugawara-dono e per i vostri consigli. Senza la vostra guida non so come avrei fatto in tutti questi anni”

“Per così poco. Sono io a doverti ringraziare ragazzo mio. Stai crescendo Sayuri, hai sfidato l’intero Clan perchè venissero riconosciuti i suoi diritti e il suo lignaggio”

“Sayu è la figlia di Satoru Gojo, basta guardarla per fugare ogni dubbio” Michizane sorrise ripensando al primo momento in cui il suo sguardo si era posato su quella creatura.

Quel piccolo fiore che possedeva il suo stesso sangue e il sorriso di Ryoma. 

A volte il destino sapeva essere così crudele.

Salutò Yuta con un rapido inchino, prima di svanire dalla sua vista. 

Il giovane stregone si affrettò ad afferrare il proprio cellulare;

“Maki-san sono all’aeroporto, si, si prenderò il prossimo volo” i rumori e le urla in sottofondo lo fecero sorridere.

Sarebbe tornato presto dalla propria principessa.

 

***

 

Tokyo - quello stesso momento


“Non mi interessa quello che dice il fratellone Megumi, io voglio sentire solo la storia di Yuta” 

Sayuri era arrivata da nemmeno dieci minuti e le sue urla già riempivano l’ambiente circostante. Le era bastata una rapida occhiata per comprendere la situazione e come il padre adottivo non fosse ancora rientrato per mandarla su tutte le furie. Itadori e Fushiguro avevano provato a calmarla ottenendo solo l’effetto opposto. Maki era stata trattenuta da Ijichi per un altro incarico mentre Panda e Inumachi avevano ben pensato di darsi alla fuga, lasciando ai due kohai il compito di badare all’erede del Clan Gojo. 

Il culmine era stato raggiunto quando lo Zenin si era proposto di proseguire la favola iniziata da Yuta.

“Questo lato l’ha preso tutto dalla madre” sbottò il corvino prima di evocare un paio di conigli per distrarla. 

Fortunatamente Sayuri sembrò apprezzare quel diversivo iniziando a rincorrere quelle creature che spaventate avevano iniziato a zampettare per la stanza.

Itadori si abbandonò ad un lungo sospiro, lasciandosi cadere contro la prima superficie disponibile

“Spero che Yuta-san arrivi presto”

“Non mi dire che sei già stanco, Sayu è qui da nemmeno cinque minuti” lo prese in giro Megumi, vantando la propria esperienza,

“Non pensavo fosse così impegnativo occuparsi di una bambina”

“Sayuri è una strega” si limitò a fargli notare il corvino,

“Nonostante sia la copia di Gojo-sensei poco fa era identica a Sukuna” 

“Beh sei tu quello che ha trascorso più tempo in simbiosi con quel mostro” Yuji tornò improvvisamente serio.

“Sukuna era spietato, un essere orribile”

“Sai, io proprio non ti capisco. Prima lo difendi poi lo attacchi. Si può sapere da che parte stai?”

“Avevi ragione Fushiguro, Sukuna ha scelto quale strada imboccare, nessuno lo ha obbligato a diventare il Re delle maledizioni eppure non me la sento di biasimarlo. La persona per lui più importante gli aveva voltato le spalle.” fece una breve pausa “Come pensi che mi sia sentito quando ha preso il controllo del tuo corpo?” 

Megumi scelse di rimanere in silenzio sconvolto da quello slancio di sincerità così come dalla forza di quello sguardo fisso su di lui.

“É stato come morire, anzi più doloroso” lo Zenin fece qualche passo in avanti venendo però bloccato da un paio di braccia esili.

“Fratellone puoi evocarne ancora?” Megumi sorrise,

“Certo”

Itadori si limitò ad osservare quella scena. In compagnia di Sayuri, Fushiguro si mostrava in una versione inedita. Era così sorridente, rilassato. Non lo aveva mai visto tanto felice.

“Yuji hai visto come sono belli?” Itadori annuì avvicinandosi ai due. Era per quel futuro che avevano combattuto.

Per un solo istante ripensò a Sukuna e al dolore che lo aveva cambiato per sempre. 

 

***

 

Giappone 

-Periodo Heian-


Tutta quella vicenda si stava trasformando in una maledizione. Ogni notte, Sugawara Michizane ripercorreva i fatti di Shibuya e la distruzione provocata dal proprio apprendista mentre di giorno, lo vedeva allenare la propria tecnica avvicinandosi sempre di più a quei livelli che lo stregone leggendario aveva imparato a conoscere e temere. 

Nelle settimane successive, Michizane si era limitato ad osservare il proprio giovane apprendista, interrogandosi spesso sull’avvenire, come le proprie scelte potessero arrivare ad influenzarne il corso.

Erano solo delle visioni, il futuro non era inciso nella pietra. Ryoma non si sarebbe mai trasformato in un simile mostro, non l'avrebbe permesso.

Aveva continuato a ripetersi quelle frasi come una litania, una preghiera rivolta a chissà quale divinità. L’abilità di Sugawara non si era rivelata un un dono bensì una maledizione, lo stregone avrebbe preferito continuare a vivere nell’ignoranza piuttosto di conoscere in anticipo quel triste destino.

Nonostante tutto, sapeva di non poterne parlare con Ryoma. Farlo avrebbe significato anche rivelare del proprio potere. 

Michizane aveva preferito tacere sulla propria capacità ma solo per evitare domande scomode e scontate. Quella era la prima visione che ricordava nella propria interezza, il resto non erano altro che sensazioni e ricordi confusi. Parlare avrebbe significato tradire in qualche modo la fiducia di Ryoma ma non farlo avrebbe potuto avere conseguenze ancora più gravi.

Prima di rendersene conto Sugawara era caduto in trappola. Si trovava diviso tra dovere e sentimento, di fronte ad un bivio che poche volte aveva imboccato.

“Qualcosa vi tormenta" come sempre Uraume sembrava divertito nel vederlo in difficoltà. 

“Nulla di importante”

“Qualsiasi cosa riguardi Ryoma lo è”

“Non mi sembra di aver fatto il suo nome”

“Vi si legge in faccia l’origine del vostro turbamento. Potete ingannare quel sempliciotto ma non il sottoscritto. Avete nuovamente scorto il suo futuro? Qualcosa lo minaccia?”

Sugawara si limitò ad aprire il proprio ventaglio per poi muoverlo elegantemente.

“Non devi preoccuparti”

“Una volta eravate più abile nel mentire” lo stregone non si scompose. Odiava quel piccolo pavone presuntuoso.

“Di che parlate?” Ryoma li aveva raggiunti e fissava entrambi con curiosità.

“Dei tuoi progressi, disgraziato-kun” il ragazzo storse il naso

“Non burlatevi di me”

“Sei diventato bravo nella manipolazione degli elementi ma devi perfezionare la tua tecnica e il controllo che hai su di essa”

“Sono certo di essere vicinissimo dall’evocare il mio Dominio” quelle parole fecero gelare il sangue nelle vene di Michizane. Durò solo un istante ma sufficiente perché i due giovani se ne accorgessero.

 

***

 

La primavera lasciò il posto all’estate, giunse l’autunno e in un battito di ciglia le foglie secche lasciarono il posto alla prima neve. Fu proprio in una fredda mattina invernale che Ryoma arrivò a completare la propria tecnica.

Per tutto quel tempo Sugawara si era interrogato sulla propria visione, su cosa significassero quelle immagini, quel futuro fatto di morte, sofferenza, dolore. 

Ovviamente seguirono altre visioni. Vide un giovane dai capelli corvini e dallo sguardo simile al proprio, lo osservò sfoggiare una katana e combattere contro Ryoma, anzi il mostro che sarebbe diventato. Rivide anche il proprio discendente dagli occhi color del cielo. Il suo tormento e dissidio interiore. 

In mezzo a tutta quell’oscurità però trovò anche un piccolo spiraglio di luce.

Una creatura pura e innocente. 

Era quello il futuro che doveva proteggere, tutelare.

 

***

 

“Cosa significa?” 

Michizane Sugawara non avrebbe mai potuto dimenticare l'espressione comparsa sul volto di Ryoma, la sua delusione nell’udire quelle parole che alle sue orecchie suonavano come la più ingiusta delle condanne.

“Che da oggi non sarò più il tuo maestro” ripetè con calma, scandendo ogni sillaba con cura.

“Se si tratta di uno scherzo non è divertente. Siete stato voi a trascinarmi in questo mondo, è per colpa vostra che sono diventato uno stregone”

Michizane chinò il capo accusando il colpo. Sapeva di come Ryoma avesse ragione ma quella gli era sembrata essere la soluzione migliore. La sola che avesse trovato. Da un anno si tormentava per quel futuro lontano ma non per questo meno minaccioso. 

Molte domande avevano affollato la mente dello stregone dagli occhi color ametista. Sugawara era arrovellato nel tentativo di trovare una maniera, un modo per sfuggire a quel destino che come una spada di Damocle sembrava incombere sulle loro teste.

Uraume trattenne a stento un sorriso, osservando quella scena con una punta di malcelato piacere. Era il solo ad aver intuito il dissidio interiore di Michizane. Ryoma era troppo accecato dall’amore e dall’entusiasmo. Era un talento naturale, un vero prodigio. Uraume non biasimava Sugawara per la decisione di addestrarlo. Era stato quel repentino cambio di comportamento ad impensierirlo. 

Quelle parole furono un vero e proprio un fulmine a ciel sereno. 

“Non lo accetto” Ryoma sembrava fermo nella propria convinzione.

“Sei solo uno stupido ragazzino”

“Non sembravi pensarla in quel modo l’altra notte" Michizane arrossì al solo ricordo. 

Quello era stato il maggiore dei propri errori, innamorarsi di quel giovane disgraziato, affezionarsi a lui. Era stato questo a contaminare la propria capacità di giudizio. 

Sugawara non era mai obiettivo quando si trattava di Ryoma, era l’ennesima lezione che avrebbe imparato a proprie spese. 

“Ora hai esagerato” ribadì aprendo la porta della propria stanza ed invitando il più giovane ad uscire.

“Non credere di cavartela tanto facilmente”

Per un solo istante quelle iridi di fuoco gli ricordarono il mostro protagonista dei propri incubi.

 

***

 

Quella notte Sugawara non riuscì a prendere sonno. Continuava a rigirarsi nel proprio futon perso in mille e più pensieri. Allonarsi da Ryoma gli era parsa la soluzione ideale, l’unica via percorribile. 

Non appena la stanchezza lo colse venne investito dall’ennesima visione. Rivide il Re delle maledizioni aggredire dei poveri innocenti per puro diletto. Distruggere un intero villaggio con la propria freccia infuocata. Ancora una volta era troppo da sopportare. 

Abbassò il capo, trovando i resti di una lancia ai propri piedi. Per una volta l’oggetto gli parve consistente, tangibile, allungò un braccio. Fu allora che delle nuove urla catturarono la sua attenzione,

“Ora basta Ryoma” gridò prima di scagliare quell’arma contro quel mostro. Desiderava solo fermarlo, mettere la parola fine a tutto quel dolore.

“Sugawara-san?!” 

Quando Michizane riaprì gli occhi si trovò con le mani sporche di sangue. 

Si voltò verso quella voce familiare ormai ridotta ad un sussurro. 

“Ryoma?” domandò incerto. 

Non poteva essere vero. Era stato davvero lui a colpirlo? Doveva trovarsi ancora all’interno di un sogno. 

Il proprio apprendista lo fissò con la stessa meraviglia. 

“Sugawara-san perche?" mormorò prima di perdere i sensi.

 

***
 

Quando Uraume giunse sulla scena stentò a credere ai propri occhi. Michizane se ne stava riverso a terra, in un lago di sangue. Stringeva tra le braccia Ryoma. Il pallore del suo volto era innaturale così come la sua espressione priva di ogni calore o emozione.

“Cosa avete fatto?” lo accusò senza il minimo pudore. 

Lo stregone leggendario scelse di rimanere in silenzio.

“Cosa avete fatto?” ripeté, questa volta con maggiore convinzione. 

Sugawara sembrava un burattino, un guscio vuoto, un pupazzo privato della propria linfa vitale. Accecato dall’ira Uraume cercò di afferrare il giovane dalle sue braccia ma venne allontanato da una barriera. 

“Può ancora salvarsi” tentò ma il maggiore scosse nuovamente il capo.

“No”

“Sugawara-dono la prego” 

Ryoma scelse quel momento per aprire i propri occhi. Stava lentamente perdendo conoscenza, cadendo verso la pace e l’oblio del sonno eterno. Non era così che si era immaginato la propria morte ma una parte di lui arrivò a pensare che non fosse affatto male andarsene per mano dell’unica persona che mai avesse amato.

Riuscì solo ad udire poche parole che tuttavia furono sufficienti a spezzargli il cuore.

“Credimi è meglio così” 

Sagawara desiderava la sua morte. 

Con questo pensiero si arrese all’inevitabile.


***

 

Era meglio così. Sugawara era completamente sotto shock e mormorava frasi sconnesse. Tra le sue braccia Ryoma aveva cessato di sanguinare e all’apparenza anche di respirare.

Doveva trattarsi di un sogno, non poteva che essere altrimenti. 

Aveva pugnalato il proprio apprendista. Era arrivato a confondere dimensione onirica e realtà. Quelle visioni gli avevano fatto perdere completamente il senno.

Perdonami.

Con le poche forze rimaste estrasse la lancia ancora nel costato di Ryoma per poi puntarsela alla gola. 

Mi dispiace




 
  
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