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Autore: GingerGin    28/04/2024    0 recensioni
Bianca Romano, brillante neolaureata in Legge alla UCLA, si appresta a dare inizio al suo periodo di praticantato. E non in un posto qualsiasi, bensì presso il Pubblico Ministero della città di Los Angeles! Il mondo dei procuratori e della polizia, tuttavia, non è rose e fiori. Anzi, sembra la scenografia di un dozzinale legal drama: sul tutor di Bianca, il celebre procuratore Miles Edgeworth, girano strane voci e i tirocinanti, anziché lavorare, sono più impegnati a spettegolare su di lui e la strana amicizia che lega il commissario Gant al capo procuratore Skye. Tra colleghi indisponenti, avvocati difensori bizzarri e sedute spiritiche, riuscirà Bianca ad arrivare sana e salva all'esame finale?
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Miles Edgeworth, Nuovo Personaggio, Phoenix Wright
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Bianca si guardò allo specchio. Inspirò a fondo, chiudendo gli occhi, poi prese a picchiettare le guance e infine, si rivolse al proprio riflesso.
- Allora, abbiamo avuto un momento di panico e furia omicida, ma ora va tutto bene! Adesso sai cosa facciamo? Ci facciamo carine, ci vestiamo bene e diamo del nostro meglio in ufficio, perché il mondo non finisce a causa di uno stronzo di nome Miles Edgeworth.
Fortunatamente la notte era bastata a portare a Bianca sollievo e a scacciare i suoi pensieri intrusivi. Non si era alzata con il buonumore, ma almeno era riuscita a fare colazione senza sforzarsi di mangiare.
Durante il tragitto in bus, approfittò dell’attesa per rispondere ai messaggi da parte di Giovanni, scusandosi con lui per non essersi fatta sentire la sera prima. Ero parecchio stanca, l’investigazione è durata molto, gli scrisse. Mossa dalla vergogna, però, non gli parlò della discussione avuta con Edgeworth. D’altronde, non aveva bisogno di pensarci ancora e rischiare di rovinare la sua giornata di lavoro; la terza di una ancora lunga serie. Quando il fratello l’aveva chiamata, lo aveva detto con tono scherzoso, ma dopo quanto accaduto, Bianca aveva davvero iniziato a prendere in considerazione l’idea di non rinnovare il suo periodo di praticantato e rifugiarsi in un tranquillo studio di avvocati. In fin dei conti, anche così avrebbe realizzato il suo sogno e magari, avrebbe potuto evitarsi un secondo esaurimento nervoso.
Prima di dirigersi verso l’ufficio, essendo in largo anticipo, la ragazza si trattenne nella caffetteria per bere del caffè. Lì trovò Nasha, venuta per lo stesso motivo. Dalla sua tazza, tuttavia, proveniva un intenso profumo di limone: doveva trattarsi di té al bergamotto.
- Hai già preso l’abitudine ad arrivare in anticipo sul lavoro? - le chiese, sorridendole.
- Già, ordini del capo. - scherzò acidamente Bianca. - Oggi, poi, sarà piuttosto nervoso, perché questo pomeriggio dobbiamo partecipare al processo.
- Che fortuna, da me ancora nulla di eccitante. - e la collega sbuffò.
Infatti non c’era niente di più eccitante di un tutor che ti sputava addosso insulti colpendoti nel punto più debole. Bianca alzò gli occhi al cielo.
- Non ti faccio perdere altro tempo allora, ci vediamo in mensa più tardi?
Bianca annuì, ricambiò il saluto di Nasha e dopo aver bevuto velocemente il suo caffè, si diresse verso l’ufficio del procuratore. Una volta arrivata di fronte alla porta, la ragazza trasse un profondo respiro.
- Cosa ci siamo dette oggi? - ricordò a se stessa, sottovoce. - Va tutto bene. Fai del tuo meglio. Ma soprattutto, non perdere tempo a discutere con un testardo come lui.
Bianca bussò, per poi entrare, incrociando lo sguardo di Edgeworth, già seduto alla sua scrivania intento a consultare dei documenti.
- Buongiorno, signore. - lo salutò.
- A lei.
Svelta, si sedette a sua volta, sistemando il computer e l’agenda. La aprì sulla pagina di quel giorno dove, sottolineato, era stato appuntato l’orario del processo.
- Ripassi tutto ciò che abbiamo raccolto finora. Inoltre, ho in programma un colloquio questa mattina, perciò prenda appunti. - parlò Edgeworth.
Dopodiché l’uomo passò alla ragazza il blocco di fogli che stava consultando.
- Dobbiamo interrogare ancora Kevin Williams?
- No, ho fissato un appuntamento con l’avvocato divorzista dei signori Williams Jones, arriverà qui tra un paio di minuti.
Bianca non poté fare a meno di guardare il procuratore, visibilmente sorpresa. Possibile fosse riuscita, almeno in parte, a convincerlo della sua teoria? Non sapeva spiegarsi altrimenti il bisogno di acquisire nuove informazioni. E chi meglio dell’avvocato che presenziava agli incontri dei due ex coniugi! Forse era proprio questa la prova cruciale di cui Bianca aveva bisogno per provare la sua ipotesi. Non aggiunse altro, per non tradire la propria impazienza, e si concentrò sui documenti del caso, studiandoli a fondo in attesa dell’incontro.

L’avvocato divorzista dei coniugi Williams-Jones rispondeva al nome di Teddy Wasser, un uomo sulla quarantina d’anni, dai modi sicuri e decisi. Per ogni domanda del procuratore, aveva la risposta pronta. Nessun cedimento, né tentennamento. Una sicurezza che rassicurò Bianca sulla veridicità della testimonianza dell’avvocato.
- Kevin Williams ha mai presenziato agli incontri tra i suoi genitori?
- No, come da regolamento. Si tratta di un incontro privato tra ex coniugi, un figlio porterebbe a una situazione di conflitto.
- Durante questi incontri, è mai stato affrontato il rapporto tra genitori e figlio?
- Negli ultimi tempi, spesso. Sembra che la signora Jones negasse la possibilità all’ex marito di potersi incontrare con il figlio.
- Per quale ragione?
- Sosteneva che il figlio non fosse interessato, o meglio, che non sopportasse la vista del padre. In questi casi, trattandosi di un uomo adulto, è ovvio che non si poteva andare contro il suo volere.
- E come reagiva il signor Williams?
- Scoppiava in lacrime.
Bianca annotò con cura ogni informazione utile. Mano a mano che l’interrogatorio proseguiva, la sua tesi acquisiva sempre più credibilità.
- Uno spettacolo davvero pietoso. - si concesse di dire Wasser, sincero. - Il signor Williams voleva molto bene al figlio nonostante la sua aria un po’ burbera e vecchio stile.
- La signora Jones sostiene che l’ex marito non rispettava i termini di liquidazione degli alimenti. È corretto?
- Assolutamente no. Ho anche portato con me la documentazione che lo attesta, vi sono copie degli assegni rilasciati dal signor Williams.
L’avvocato consegnò una cartella a Edgeworth, che la consultò velocemente. A un tratto, Bianca lo vide alzare un sopracciglio: aveva trovato qualcosa di interessante. La ragazza provò a sbirciare a sua volta, curiosa. In una mano, il procuratore teneva le copie degli assegni: su ognuna di esse era stampata la data di emissione. Nell’altra mano, invece, Edgeworth reggeva la copia del contratto di divorzio, nel quale erano elencati gli accordi presi dagli ex coniugi. Ancora una volta, osservò la ragazza, l’avvocato Wasser aveva detto il vero: il signor Williams pagava nei tempi stabiliti e rispettando la somma pattuita.
- Tra questi documenti sono presenti anche i dati bancari della signora Jones e del signor Williams?
- Solo per formalità, perché non siamo autorizzati a svolgere controlli approfonditi, a meno che non vi siano motivazioni gravi. E anche in tal caso, è competenza delle autorità indagare eventuali irregolarità.
Dopo un breve saluto, Edgeworth lasciò uscire il signor Wasser, soddisfatto del colloquio avuto. Solo allora Bianca gli consegnò i propri appunti per farglieli consultare. Rimase in attesa, in piedi accanto al suo tutor. Il silenzio creatosi si fece subito pesante. Con le mani nascoste dietro la schiena, la ragazza giocherellava nervosamente con le dita per tenere a bada la tensione.
- Romano.
Il richiamo di Edgeworth mise Bianca sull’attenti. Lei serrò le labbra, preparandosi a subire una nuova ramanzina.
- Aveva ragione. - pronunciò, infine, il procuratore a fatica.
Lei quasi sobbalzò per la sorpresa. Dentro di sé, invece, si stava già complimentando profusamente per il proprio acume. Sparì così il ricordo delle lacrime versate e delle maledizioni lanciate il giorno prima; il celebre procuratore Miles Edgeworth non era così stronzo come aveva pensato. Certo, Bianca aveva dovuto stringere i denti e sopportare i suoi continui richiami, ma almeno era riuscita a provare la sua bravura.
Ignaro dell’entusiasmo della ragazza, Edgeworth congiunse le mani, poggiando i gomiti sul tavolo, riflessivo.
- A questo punto, il processo può concludersi solo in un modo. Sa cosa intendo?
La ragazza vi rifletté, recuperando la propria agenda, scorrendo tra gli appunti e le annotazioni.
- Lei porta avanti la tesi di un collaboratore all’omicidio senza movente, né prove schiaccianti e il giudice non la prende sul serio. - asserì, sicura di sé. - Davvero un peccato non aver potuto raccogliere in tempo la documentazione dell’avvocato Wasser. È pur sempre vero che potrebbe usare a suo vantaggio la regola numero due riguardo l’utilizzo delle prove non registrate, ma per quanto possano servire ai fini del processo, non bastano per coinvolgere la signora Jones in questa faccenda. Manca un resoconto del conto, o dei conti correnti intestati a suo nome per poter provare la presenza di movimenti sospetti. Oh, dimenticavo, manca anche un movente forte.
- Corretto.
Era la prima volta che le dava ragione a parole. Nonostante lo avesse udito con le proprie orecchie, Bianca ancora stentava a crederci. Come avrebbe voluto registrare quel momento, per sé e per chi non aveva creduto nelle sue capacità. Anche per Edgeworth, affinché non si rimangiasse quanto affermato.
- Sono sicura che saprà come gestire la situazione. - lo rassicurò, volendo ricambiare la sua gentilezza.
- Come sempre.
Breve, ma intenso, pensò Bianca, appagata per quella piccola concessione.
- Non c’è tempo a sufficienza né per interrogare la signora Jones, né per chiamarla in giudizio. Posso solo augurarmi che l’avvocato difensore di Williams sia uno sciocco incapace. Nel frattempo, mi premurerò di avvisare Gumshoe per avviare una nuova indagine. Solo allora, anche la signora Jones risponderà delle proprie colpe. - concluse il procuratore.
Solo allora, disse Bianca tra sé e sé, avrebbe portato a termine il suo compito: fare giustizia. Ottimo modo di iniziare la giornata!

Conclusa di tutta fretta la sua pausa pranzo per non tardare, Bianca tornò in ufficio per recuperare la borsa e la giacca. Era già in accordo con Edgeworth per incontrarsi di fronte all’ingresso del tribunale, che si trovava a pochi minuti di distanza dal Pubblico Ministero. Una camminata l’avrebbe aiutata a tranquillizzarsi in vista del processo. In realtà, non era la sua prima volta all’interno di un tribunale, eppure, ancora provava un certo timore a entrare in un’aula; almeno quel giorno qualcuno l’avrebbe accompagnata.
Di fronte lo scalone, ad aspettarla, stavano Edgeworth e Gumshoe. Bianca li salutò da lontano, affiancandoli per entrare. In attesa di ricevere indicazioni sull’aula scelta per lo svolgimento del processo, la ragazza si guardò intorno. Come in un giorno feriale qualsiasi, il tribunale gremiva di ufficiali di polizia, avvocati, impiegati e civili.
- Williams Jones, aula quattordici. Attendete di venir chiamati nella sala di ricevimento. - parlò l’addetto all’accoglienza.
Bianca si stupì dell’eleganza di quella piccola sala d’aspetto, che nulla aveva da invidiare a quella riservata al pubblico, sobria e un po’ triste. Edgeworth si sedette sul divanetto, estraendo le carte per un’ultima consultazione. La ragazza, invece, rimase in piedi, lasciandosi distrarre dalle chiacchiere del detective.
- Allora, è la sua prima volta in tribunale?
- Dietro al banco della procura, sì. Sono curiosa, come gestisce i processi il procuratore Edgeworth?
Bianca ripensò all’articolo di giornale mostratole da Adams. Probabilmente il detective era la persona meno indicata per rispondere a una simile domanda, data l’alta opinione che questi nutriva per il procuratore. La curiosità, tuttavia, era troppo forte.
- Lo vedrà, è imbattibile! - esclamò fieramente Gumshoe. - Riesce sempre ad avere l’ultima parola e non sbaglia una mossa. Non per nulla è considerato un prodigio dai suoi colleghi. Non si è mai visto, fatta eccezione per il suo maestro, il vecchio von Karma, un procuratore così giovane al pubblico ministero.
- Giovane? Quanti anni ha? - e Bianca abbassò la voce.
- Credo ventiquattro. - rifletté il detective, grattandosi il mento.
La ragazza sgranò gli occhi, sconvolta. Com’era possibile che il suo tutor avesse solo qualche anno in più di lei? Di tutti i gossip che uscivano dalla bocca di Cosby, il collega si era dimenticato di menzionare il più importante.
- È maleducazione parlare sottovoce di fronte a un terzo interlocutore. Ho ragione di credere che non vogliate farvi sentire dal sottoscritto. - intervenne Edgeworth, infastidito. - Romano, anziché spettegolare, venga qui. Devo chiederle un’ultima cosa.
- Mi scusi, signore. - pronunciò Bianca, ancora stranita. - Mi dica.
- Io so già come dirigere questo processo. Ma se lei si trovasse al mio posto, cosa farebbe? Rischierebbe ugualmente di provare il coinvolgimento della signora Jones o aspetterebbe?
Per una volta l’uomo sembrava chiedere la sua opinione non per sbeffeggiarla, quanto per testare la sua moralità.
- Aspetterei, ma non solo per mancanza di prove. Kevin Williams ha già capito che la propria vita è rovinata e sapere per mano di chi, davanti a degli sconosciuti, potrebbe spingerlo a compiere qualcosa di avventato. È indubbiamente colpevole dell’omicidio, ma prima di essere un criminale, è soprattutto un essere umano che ha diritto di sapere quanto realmente accaduto in privato e in totale sicurezza.
Proprio come quando stava consultando la cartella dell’avvocato, Edgeworth alzò un sopracciglio. La conversazione fu interrotta dall’ingresso in sala di una guardia giurata.
- Il processo sta per iniziare. Vi prego di seguirmi in aula.

L’area riservata al pubblico gremiva di gente, intenta a chiacchierare in attesa dell’inizio del processo. Inspirando a fondo, Bianca poggiò i propri appunti e i documenti del procuratore Edgeworth sul banco, guardandosi intorno con fare nostalgico. L’aula non era così diversa dalle altre in cui era già stata. Al centro, tra i banchi della difesa e della procura, svettava il posto riservato al giudice. L’effetto era pressoché melodrammatico e stonava con la sobrietà dell’arredamento. Chissà chi avrebbe presenziato al processo quel giorno, Bianca aveva visto diversi uomini e donne in toga: c’era il giudice severo, quello che si lasciava andare a qualche battuta; insomma, di tutti i tipi e colori. Ma era ancora più curiosa dell’effetto che la presenza di Miles Edgeworth avrebbe causato. Timore? Riverenza? Nel frattempo, dall’ingresso opposto comparve l’avvocato difensore. Avendo cura di non farsi scoprire, Bianca prese a osservarlo con curiosità: abiti eleganti, capelli tirati a lucido, ventiquattrore alla mano; un avvocato nella norma, pensò lei. Edgeworth entrò proprio in quel momento. Non appena l’avvocato incrociò il suo sguardo, si nascose dietro alla valigetta, fingendosi occupato.
- Iniziamo bene. - si lasciò scappare Bianca, scuotendo la testa.
- Questo è quello che si ottiene quando si è il miglior procuratore del distretto. - intervenne Edgeworth, per nulla sorpreso della reazione dell’avversario.
Bianca si trattenne dal dirgli che quello che stava confondendo come ammirazione e rispetto, fosse in realtà puro terrore, preferendo accertarsi di non essersi dimenticata i suoi appunti. Udì poi provenire un mormorio dalla folla, seguito dagli ordini di un agente di polizia che la invitava alla calma: doveva essere arrivato anche Kevin Williams.
Quando entrò il giudice, il pubblico smise subito di parlare. Edgeworth e l’avvocato lo salutarono, dichiarandosi pronti per affrontare il processo. L’uomo in toga, allora, batté il martello, che riecheggiò per tutta l’aula.
- Oggi abbiamo a che fare con un omicidio a dir poco doloroso. - pronunciò il giudice gravemente. - Kevin Williams è accusato di aver ucciso il padre per motivi economici e dissidi interni. Se posso permettermi di dire la mia… Ragazzo, la situazione in cui ti trovi è a dir poco svantaggiosa.
Kevin abbassò lo sguardo con fare colpevole.
- Avvocato Keller, mi duole ammetterlo, ma oggi temo che non farò sconti. Non che li abbia mai fatti a dire il vero. - concluse l’uomo.
Bianca incrociò le braccia sul petto, perplessa. Ottimo, parlò tra sé e sé, ci mancava solo il giudice che dice tutto quello che gli passa per la testa.
- Vostro onore, potrei stupirla. - dichiarò Keller, deglutendo rumorosamente.
- Siamo all’interno di una corte, non di un circo. - lo corresse Edgeworth, severo, accennando infine a un inchino. - Vostro onore, le assicuro che il caso è più semplice di quel che crede.
- Mi fido della sua parola, procuratore Edgeworth. Come sempre. Inizi pure.
Anche il giudice pendeva dalle labbra del suo tutor. Ma che razza di processo li attendeva?
Edgeworth chiamò al banco dei testimoni il detective Gumshoe, che gli diede supporto nella disamina del caso e delle prove a sostegno dell’accusa. Il procuratore si muoveva in totale sicurezza, come se fosse nel suo habitat naturale: non balbettava, non cedeva e sapeva esattamente quali parole utilizzare per tenere in pugno il giudice. Non che fosse un compito difficile, persino Bianca, alle prime armi, ci sarebbe riuscita. Quel vecchietto dalla barba grigia sembrava particolarmente volubile. Era convinta, inoltre, di essere stata oggetto di qualche sua occhiata curiosa.
- Proprio come temevo. - intervenne il giudice, scuotendo la testa. - Non c’è molto da salvare qui, avvocato Keller. Per quel che mi riguarda, potrei dare seduta stante un verdetto. Anche perché ho in programma una cena piuttosto deliziosa in un ristorante di lusso e non ho intenzione di fare tardi! Mi auguro che, qualunque cosa abbia in serbo per noi, non ci faccia perdere ulteriore tempo.
- No, vostro onore. - e l’avvocato si schiarì la voce, imbarazzato. - Chiamo al banco dei testimoni la signora Jones, madre dell’imputato.
- Obiezione! - ed Edgeworth batté la mano sul banco.
Bianca sussultò, portandosi una mano sul cuore.
- Per quale motivo? - chiese il giudice, sbattendo le palpebre, sorpreso a sua volta.
- Vostro onore, la signora Jones non era presente al momento dell’omicidio. Potrà solo dirle quel che ha visto ad atto concluso. Non vedo come possa esserci d’aiuto ai fini del verdetto.
E serviva sbattere la mano sul banco per dirlo? La ragazza sospirò stancamente. Certo che Edgeworth si faceva prendere un po’ troppo dal suo lavoro.
- Obiezione! - ribatté Keller, meno convinto. - Ci permetterà di mettere in luce molte cose. Non la tratterrò molto, vostro onore.
- Non deluda le mie aspettative allora. Fate entrare la testimone.
Un gruppo di agenti scortò la signora Jones all’interno dell’aula. Bianca notò immediatamente quanto fosse diversa dalla prima volta che l’aveva incontrata: indossava abiti più semplici, camminava con lo sguardo abbassato e viso e capelli erano meno curati; la borsa di Luois Vuitton era sparita. Se si trattasse di una strategia o meno, solo il tempo lo avrebbe chiarito.
Dopo un rapido scambio di saluti, il giuramento alla costituzione e la presentazione della testimone, l’avvocato difensore diede inizio al suo controinterrogatorio. Seppur in presenza di informazioni già note, Bianca ascoltò attentamente. Contrariamente a quanto lei ed Edgeworth avevano sperato, Keller era un avvocato capace. Quel che preoccupò subito Bianca fu la sua strategia: spostare l’attenzione sul presunto atteggiamento ostile e irrispettoso del signor Williams.
- Sappiamo che lei non era presente al momento dell’omicidio. Può confermare?
- Esatto, avvocato.
- Tuttavia, sapeva che suo figlio e il signor Williams dovevano incontrarsi. O mi sbaglio?
- Sì. - confermò ancora la signora Jones. - Anche se non so di cosa dovessero parlare di preciso.
- Ha qualche idea a riguardo?
- Forse delle solite cose, università e soldi. Il mio piccolo Kevin non stava passando un buon periodo, non riusciva più a studiare come si doveva a causa del lavoro e Benedict non voleva più sostenerlo economicamente… Per essere più precisi, non voleva più sostenere né me, né lui.
- Ha notato qualcosa di anomalo prima di andarsene dalla sua abitazione?
- Niente che non avessi previsto. Infatti, Kevin ha insistito affinché uscissi. Credo volesse proteggermi.
- Da cosa?
Bianca trattenne il respiro. Il dibattito stava pericolosamente virando altrove.
- Il mio ex marito era… un violento.
Qualcosa scattò nella ragazza. Un terribile senso di déjà vu le strinse lo stomaco, obbligandola ad aggrapparsi al bancone. La folla trattenne a stento la sorpresa. Il giudice batté il martelletto.
- Ordine! Ordine in aula! - tuonò. - Signora Jones, sa di aver appena mosso un’accusa grave?
- Io non mento a riguardo, vostro onore. - e la donna prese a singhiozzare.
- Ho le prove a conferma di ciò. - parlò per lei l’avvocato difensore. - Per cortesia, potreste accendere il proiettore?
Una guardia giurata eseguì la richiesta, montando uno schermo al centro dell’aula dove comparvero immagini a dir poco agghiaccianti. Bianca dovette volgere lo sguardo altrove, trattenendo a stento la nausea. Sentì un brivido percorrerle la schiena e irrigidirle i muscoli. Edgeworth, invece, batté il pugno sul banco, allibito.
- Signora Jones, perché non ci ha detto di essere vittima di violenza domestica! - sbottò, furioso.
- Io… - balbettò la donna, asciugandosi il volto. - Non amo parlarne. Me ne vergogno molto.
- Mamma, non devi, non è colpa tua. - intervenne Kevin, addolorato nel vedere la madre posta sotto giudizio.
- Benedict Junior Williams era un uomo violento. Quei lividi, quegli ematomi ne sono la prova schiacciante. La signora Jones non era presente al momento dell’omicidio, perché l’imputato aveva previsto una simile escalation dei fatti. - concluse gravemente Keller. - Secondo quanto testimoniato da quest’ultimo, la discussione è degenerata e inevitabilmente, la vittima deve essere passata alle mani. Vostro onore, si è trattato di difesa personale.
Bianca si schiarì la voce nel tentativo di ricomporsi. Ogni scenario previsto andò in frantumi. Incapace di formulare altre ipotesi, sospirò pesantemente. Voleva uscire, aveva bisogno d’aria fresca per tornare lucida.
- Obiezione! - parlò finalmente Edgeworth, ricompostosi in fretta. - Supponiamo sia questo il caso. Perché sul corpo di Kevin Williams non sono presenti gli stessi lividi ed ematomi?
L’avvocato Keller indietreggiò, colpito alla sprovvista. Bianca guardò il suo tutor, cercando di aggrapparsi alla sua voce per rimanere vigile.
- Può provarlo, procuratore Edgeworth? - chiese il giudice, perplesso.
- Vostro onore, non sono state trovate tracce biologiche appartenenti all’imputato sulla scena del crimine. Infine, l’analisi diretta sul corpo di Kevin Williams, della quale si è occupato il medico legale, non ha segnalato alcuna anomalia. Se serve, ho il documento che può attestarlo.
- Non per forza in uno scontro devono ferirsi entrambe le parti. - arrancò Keller.
- L’unico ferito è stato il signor Williams, più volte se mi è concesso dirlo. Inoltre, l’imputato ha dichiarato di avere ricordi confusi circa l’incontro. L’unico elemento che ha affermato con certezza è che suo padre, per tutta la durata della discussione, è rimasto in silenzio. E ciò è in linea con quanto descritto nell’autopsia, secondo la quale Benedict Junior Williams non ha nemmeno provato a difendersi. Si è lasciato infliggere tutte quelle coltellate. - rivelò Edgeworth, sventolando la copia dell’analisi del coroner.
- Questo perché… - accennò timidamente Bianca.
- Tra padre e figlio i rapporti erano ottimi, finché qualcosa o qualcuno non si è frapposto tra loro. - continuò Edgeworth, regalandole un cenno di assenso.
Alla fine, concluse Bianca, il procuratore aveva deciso di correre il rischio.
- E ci sono diversi testimoni che possono provarlo. - azzardò la ragazza, memore delle conversazioni con i vicini dei Williams-Jones.
L’avvocato Keller passò una mano sulla fronte sudata.
- Non vorrete dirmi, voi due, che l’imputato aveva premeditato l’omicidio del padre? Inaudito! - esclamò il giudice, allibito.
- No, vostro onore! - si intromise la signora Jones, disperata. - Mio figlio voleva solo proteggermi. Non avete idea delle terribili cose che suo padre diceva sul mio e sul suo conto.
- Questo non giustifica l’omicidio, signora Jones. - tagliò corto Edgeworth. - E non libera suo figlio dalla colpa di aver ucciso il suo stesso padre. Avvocato Keller, ero convinto che non avrebbe fatto perdere tempo alla corte e invece, è proprio quello che sta facendo.
- Lei è un barbaro, procuratore. Ha un cuore di ghiaccio. - lo ammonì l’avvocato difensore. - Come può rimanere indifferente di fronte a quelle fotografie? A quei vividi segni ed ematomi?
- Semplicemente sapendo che il processo non verte sul suddetto argomento. - ed Edgeworth incrociò le braccia, tamburellando le dita impaziente. - Abbiamo già appurato l’inconsistenza della sua teoria. Date le circostanze, potrei anche dubitare della veridicità di quelle fotografie.
Di nuovo la folla eruppe, questa volta sconcertata dalle parole del procuratore, e il giudice cercò di sedarla battendo il martello. Fu in quel momento che Bianca capì il motivo dietro l’astio nei confronti di Miles Edgeworth, così come capì una volta per tutte perché era stata assegnata a lui.
- Che essere spregevole… - tuonò Kevin Williams, presto zittito dal giudice.
- Signore, non è visto di buon occhio puntare il dito contro la presunta vittima di violenza. - sussurrò Bianca a Edgeworth. - Specie se a farlo è un uomo.
- Dovrebbe saperlo anche lei, Romano, che una fotografia oggigiorno può essere facilmente ritoccata. Nulla mi vieta di credere che, nel peggiore dei casi, la signora Jones possa essersi autoinflitta quei lividi. I criminali possono arrivare a tutto pur di farla franca.
La ragazza non rispose, profondamente combattuta. La possibilità c’era, doveva ammetterlo, ma il caso si era fatto così complicato che scegliere quella strada era pericoloso. Se Edgeworth avesse sbagliato, sarebbe stato sottoposto alla gogna mediatica. Lei, invece, non solo avrebbe dovuto nascondersi dai colleghi, ma anche convivere con un nuovo senso di colpa.
- Vostro onore, se mi è concesso, vorrei chiamare il mio testimone. - intervenne il procuratore, ignorando i timori di Bianca. - Si tratta di un vicino di casa dei signori Williams Jones, viene qui a nome di tutto il vicinato per illustrare quanto hanno visto e sentito in questi anni. Pur non essendo presente al momento dell’omicidio, può aiutare a far luce sui rapporti che circolavano all’interno della famiglia.
- Avvocato Keller, ha da ridire a riguardo? - chiese il giudice, alzando un sopracciglio.
- No, vostro onore. - sentenziò acidamente l’avvocato.
L’anziano signore fece il suo ingresso in aula poco dopo. Tra le mani reggeva una lettera, firmata dagli altri anziani del condominio, che lesse a voce alta, raccontando quanto Bianca ed Edgeworth avevano già sentito. Mano a mano che proseguiva il suo racconto, la ragazza notò l’espressione sul viso di Kevin cambiare drasticamente. La rabbia e la tristezza cedettero posto a un agrodolce nostalgia; il ricordo di anni felici e spensierati, quando ancora i suoi genitori si amavano e lui non era che un bambino ignaro di quanto poi sarebbe accaduto.
- In conclusione, non abbiamo mai notato, né sentito qualcosa che potesse insospettirci e spingerci a intervenire. Benedict Junior Williams era un uomo serio, rispettabile e pronto ad aiutare il prossimo. L’abbiamo visto crescere il piccolo Kevin. Amava profondamente suo figlio e sua moglie e avrebbe fatto qualsiasi cosa per dargli la vita che meritavano. Anche dopo la separazione, spesso si recava al nostro vecchio condominio, nella speranza di trovarvi Kevin per parlargli e trascorrere del tempo insieme. La signora Jones, però, non glielo ha mai permesso, di questo ne siamo tutti certi.
L’avvocato Keller, per nulla soddisfatto, si rivolse al giudice.
- Vostro onore, non vedo come questa testimonianza possa essere utile a contraddire le prove che ho portato in aula.
- Si tratta pur sempre di un’osservazione terza. - lo corresse quest’ultimo.
- Ma non imparziale. La signora Jones mi ha più volte confermato quanto fossero tesi i rapporti con il vicinato.
- Tutti all’interno di quel condominio mi odiano… - intervenne la donna, questa volta visibilmente stizzita. - Sento che parlano male di me, di come, a detta loro, non mi prenda cura di mio figlio e lo controlli. Non mi sorprenderebbe se si fossero messi d’accordo per sotterrarmi!
- Perché mai dovremmo? - ribatté l’anziano, affranto. - Non nascondiamo il fatto che ci è parso strano questo improvviso raffreddamento nei vostri rapporti, ma non scenderemmo mai così tanto in basso. Tutti vogliamo bene a Kevin come se fosse nostro nipote e siamo addolorati nel vederlo dietro il banco degli imputati, accusato di un crimine.
L’anziano venne presto congedato. Il giudice aggrottò la fronte.
- La faccenda è più complicata di quel che sembra. - asserì, poco convinto.
Bianca guardò Edgeworth. Sul suo volto, non una singola traccia di rimorso o insicurezza.
- È innegabile la colpevolezza del signor Williams, ma le prove non sono sufficienti per sostenere che si è trattato di legittima difesa. Per non parlare, poi, di quest’ultima testimonianza che getta una nuova luce su quanto appreso finora. Sembra che anche lei, signora Jones, abbia ancora molto da dirci.
La donna guardò il giudice, ferita e allibita. Kevin, invece, protestò fermamente.
- Davvero sta mettendo in discussione quanto ha affermato mia madre? Dopo tutto quello che ha dovuto sopportare? Lei è un pessimo giudice! Ho fatto tutto questo per difenderla, affinché non dovesse più soffrire per mano di quello stupido vecchio che io chiamavo padre! Lasciatela stare, qui la vittima è lei, non lui!
Mentre il giudice lo ammoniva per la sua condotta impertinente, Bianca ebbe un’idea. Pessima e che l’avrebbe fatta sentire un mostro, ma pur sempre un’idea.
- Signore. - lo chiamò, attenta a non farsi udire.
- Non ora, Romano.
- Il giudice è in conflitto. - parlò, ignorando il suo implicito divieto. - Il che significa che è facilmente influenzabile. Anche se lei non possiede le prove, può instillare il dubbio circa il coinvolgimento della signora Jones. Le basterà provocare Kevin Williams, che ha più volte dimostrato di essere dipendente emotivamente dalla madre.
Il procuratore aggrottò la fronte, interdetto.
- Lo ammetto, non è una tattica che mi sarei aspettato di sentire da lei considerando come ha risposto alla mia domanda.
- L’empatia è pericolosa nelle mani sbagliate. - affermò Bianca, ponendosi infine sulla difensiva. - Sia chiaro, non l’ho mai usata per avere la meglio sul mio contendente! Non lo pensi!
Edgeworth si concesse un sorriso beffardo per poi scuotere la testa.
- Anche se fosse, non è affare mio. - e infine, si rivolse al giudice. - Obiezione, vostro onore! Se la signora Jones è davvero la vittima, per quale motivo non ha sporto denuncia dati gli abusi ripetuti? Lei stessa ha affermato durante l’interrogatorio che Kevin Williams la proteggeva dalle angherie perpetrate da suo padre. Che era necessario insistere affinché rispettasse gli accordi del divorzio. Aveva tutte le prove necessarie per ottenere un arresto per violenza domestica, oltre che una proficua somma come risarcimento per danni fisici e psicologici. In tal caso, c’è qualcosa che ci nasconde, signora Jones? Forse era davvero lei che impediva a padre e figlio di vedersi, di parlarsi. Quindi li ha manipolati, ha manipolato tutti qui dentro. Ma per quale motivo e a che scopo? E stia attenta a come risponderà, perché qualsiasi cosa potrà essere utilizzata contro di lei, oltre che essere prova di aver infranto il giuramento sulla Costituzione americana.
Ed ecco che, con la sua lingua tagliente, il procuratore aveva fatto la sua mossa decisiva. La donna fece per ribattere, ma Kevin insorse una seconda volta, alzandosi in piedi e sbattendo le mani legate sul banco, mentre due agenti lo contenevano. La scena pietosa spezzò il cuore della ragazza, ma al contempo, era ciò che aveva sperato accadesse: Kevin Williams, accecato dall’impazienza e dal dolore, che insorgeva senza freni di fronte alla corte. La stessa impazienza che, con molta probabilità, lo aveva accecato a tal punto da scagliarsi sul padre inerme.
- Ordine! Ordine! - tuonò stancamente il giudice. - Basta così, ho sentito abbastanza. Il verdetto non è in alcun modo negoziabile. Secondo l’autopsia, Benedict Junior Williams è morto a causa di quattro coltellate. Sull’arma, un coltello da cucina, sono presenti le impronte dell’imputato, che ha affermato più volte di essere il solo perpretratore dell’omicidio. La teoria, secondo la quale Kevin Williams ha agito per difesa personale, appare altamente improbabile e le prove finora presentate non sono sufficienti a confermarne la validità. Ciò di cui siamo certi è che Kevin Williams è un soggetto dal quadro psicologico fragile e che rifiuta il confronto, a tal punto da aggredire la vittima, che non aveva modo di difendersi, senza motivazione precisa. Date le circostanze, dichiaro Kevin Williams colpevole!
Il suono del martello rimbombò per tutta l’aula.

Quella sera, tuttavia, Bianca non aveva motivo di festeggiare: la signora Jones era ancora a piede libero, godendosi la fortuna del suo ex marito, mentre Kevin Williams si trovava in carcere, svuotato di ogni energia e senza più un futuro tra le mani. Bianca ricordava vivamente lo sguardo che la donna, da dietro il banco dei testimoni, aveva rivolto al figlio. Aveva sperato di leggervi rimorso e compassione. Invece, vi aveva visto la consapevolezza di aver realizzato il suo obiettivo. Ma a quale prezzo? Nonostante la colpevolezza, anche Kevin meritava giustizia, vittima di un gioco del quale lui stesso era inconsapevole. E Bianca, con l’aiuto di Edgeworth, avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per dargliela.
Non appena tornò a casa, la ragazza si svestì, preparandosi un bagno caldo. Vi si immerse, chiudendo gli occhi e rilassando il corpo. Il piccolo appartamento era avvolto nel silenzio. Bianca era solita accendere la musica per riempirlo, ma preferì soccombere ai suoi pensieri, che l’avevano tormentata per tutto il tragitto di ritorno.
- L’empatia è pericolosa nelle mani sbagliate. - ripeté a voce alta.
Quello che aveva fatto quel giorno, l’avrebbe perseguitata per tutta la settimana: aveva messo in cattiva luce l’imputato approfittando della sua instabilità mentale. Di tutti i doni che poteva ricevere, aveva scelto il più pesante. Bianca si sfregò le braccia, nel tentativo di darsi conforto.
- Rimedierai. Lo hai fatto solo per lavoro, non per un tuo fine. - si disse, per poi trarre un profondo respiro.
Gestire dei bulli di quartiere non era nulla in confronto a quanto aveva visto e sentito quel giorno in aula. Per la prima volta, Bianca dovette ammettere di trovarsi in conflitto. Sapeva che il lavoro in procura non sarebbe stato facile, ma non aveva previsto quanto sarebbe stato difficile conciliare il suo sogno con la sua maledetta empatia. Perché quello che gli altri chiamavano dono, per lei non era altro che un fardello.
Una traccia di tutto quello che aveva dovuto sopportare dalla morte dei suoi genitori.
Un bisogno viscerale di conoscere a fondo chi aveva davanti per prevedere cosa sarebbe successo. Per non arrivare impreparata di fronte al dolore e alla distruzione.
Ma se era lei a provocare quella distruzione, come avrebbe dovuto comportarsi?

   
 
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