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Autore: Francine    28/04/2024    2 recensioni
Nei silenzi, dentro le parole che non ti ho mai detto
È chiaro quanto t'amo e non saprei immaginare la mia
Vita senza te

Death Mask. L'Armatura di Cancer. Scene da un matrimonio. Rigorosamente in bianco. Rigorosamente in musica.
Genere: Slice of life, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cancer DeathMask
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Caleidoscopio'
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#17 Era de Maggio II


Amor è un[o] desio che ven da core
per abondanza di gran piacimento;
e li occhi in prima genera[n] l’amore
e lo core li dà nutricamento.
(Jacopo da Lentini,
Amore è un desio che ven da core)


Nun se sana; ca sanata
si se fosse, gioja mia,
mmiezo a st'aria mbarzamata
a guardarte io nun starria!

(Salvatore Di Giacomo, Mario Pasquale Costa,
Era de Maggio, 1885)



L’amante addosso, il miles gloriosus si pavoneggia nell’aia; il puparo si finge pupo.
Ti chiama, t’invoca, ti desidera, cosmo ardente e menzogna sulle labbra.
Ho lei, ora. Lei, che m’è entrata nel cuore, millanta con alate parole, cosicché tu, lassù, lo senta.
Sappia.
E, magari, non gli creda.
Se l’amore è malattia che per gl’occhi affligge l’anima, allora non v’è scampo. Non v’è guarigione.
E in questa notte di tregenda ch’odora di gelsomino nell’acqua fresca di fontana, mentre il teatrino dei pupi va in scena e l’abisso si scoperchia, il tuo, di desiderio, vorrebb'esser sospiro, foss’anche per una volta sola.


Scomodiamo un po' tutti, oggi, da Plauto e Omero a Salvatore di Giacomo.
Se non la si tocca piano - pianissimo - che senso ha toccarla proprio?
Queste note saranno più lunghe della drabble stessa, ma per la seconda e terza parte del trittico mi sono imbarcata per lidi e sentieri cari (probabilmente) solo a me e ad altri Quattro Gatti che si occupano delle paturnie di gente morta da più di mille anni e fa le pulci anche alle loro liste delle spese.
Guardatevi dai filologi. Fatelo per il vostro bene.
Il desiderio, la luce e l’immancabile sospiro sono il nucleo della vicenda, ché spero tutti sappiate cosa sia un puparo e cosa siano i pupi (rigorosamente siciliani, ché manco c’è bisogno dell’aggettivo).
Ma il desiderio non è solamente la brama di qualcosa che non si ha. Questa è una banalizzazione moderna. Il
desio di Jacopo da Lentini è un qualcosa di più sottile. Nel Medioevo ci si incaponiva a dirimere questioni prettamente e squisitamente trascendentali. Tipo: come si realizza la conoscenza? Come si realizza l’amore? E la risposta, quella che apre la passeggiata nei boschi e nella verzura aulentissima (maledetto Petrarca!!), è una e una sola: la luce.
Perché attraverso la luce, noi vediamo.
E, attraverso la vista, capiamo se stiamo tenendo in mano un polipo o una spada o un turacciolo. Ma la questione non si ferma qui.
Desio è forma arcaica di desiderio, che, a sua volta, deriva dal latino
desiderium, sostantivo che fa capo al verbo desidero, formato da de (lett. Giù da) + sidus-ei, stella. Il desiderio è qualcosa che, letteralmente, discende dalle stelle e, attraverso la vista, si pianta nel nostro cuore prima (ecco perché l'amore si genera e proviene dal cuore) e nella nostra mente, poi. Il desiderio è dunque la realizzazione di un qualcosa che proviene dall'alto, dal mondo trascendente attraverso la luce delle stelle, processo che trova compimento nella consideratio (Considerate la vostra semenza etc etc).

Si è soliti classificare a torto (marcio, marcissimo) il Medioevo come una combriccola di Secoli Bui, quand'invece non c'è stato periodo storico che si è incaponito più di questo per quanto riguarda la luce. Nemmeno l'Età dei Lumi, con buona pace di Diderot e soci.
Spero di non avervi tediato, ché la prossima drabble verterà sul fratello minore del desio, il
cossirar. Ché non c'è due senza tre e il quattro vien da sé. Siete avvisati.


   
 
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