Disclaimer:
I personaggi citati appartengono a Masashi Kishimoto, che quindi si prende tutti i diritti del loro
uso. Le strofe della canzone riportate all'inizio e alla fine della storia sono
di Time, meravigliosa ballata di Tori Amos che
anche qui giustamente si prende tutti i diritti del caso.
Less remain
in one place
...And the
things you can't remember
Tell the things you can't forget that
History puts a saint in every dream
Well she said she'd stick around
Until the bandages came off...
Il vestito sarebbe
dovuto essere color pulce, come quello delle grandi occasioni, elegantissimo e
appena scollato, non troppo se si volevano evitare le scenate di Kankuro e di Gaara.
Prevedibile come ogni singola circostanza si fosse verificata con precisione
millimetrica, compresa la discussione con i suoi irascibili fratelli che alla
fine, stremati da una lunga battaglia dialettica, avevano ceduto, seppure di
malavoglia.
Dunque lo splendido vestito da cerimonia guardava Temari
dall'alto dell'anta dell'armadio a cui era stato appeso.
Temari, un po' vuotamente per la verità, guardava il
vestito, elaborando una scusa dopo l'altra per non indossarlo. Scuse molto
credibili, ovvio.
Si sarebbe indossato da solo era una di queste, ad esempio.
A quel punto, seguita da una mezza dozzina di strambi personaggi vocianti,
senza neppure bussare era entrata Matsuri.
La sua stanza divenne un risuonare di voci confuse e petulanti che chiedevano
lumi sulle portate, sulle lampade a olio che avrebbero illuminato la terrazza,
sul colore dei festoni, sui cinque musicisti di Suna
che avrebbero allietato le orecchie degli ospiti: Matsuri,
con la sua vocina pacata e pragmatica, rispondeva a tutti dipanando dubbi che
avrebbero rischiato di pregiudicare lo svolgimento della festa e, mentre lo
faceva, riusciva anche a spazzolare con cura il vestito elegante e a
drappeggiarlo sul corpo di Temari, che con scarsi
risultati fingeva di dormire il migliore dei sonni.
"E, sì, Ozu-san, faccia preparare un dolce
sobrio, anzi, una serie di dolci, non siamo a un funerale né a un matrimonio e
le cerimonie pacchiane sono troppo volgari. Le farò avere una lista delle
preferenze degli invitati fra un'ora. Già che ci siamo, Miyazaki-san,
si dimentichi le luci colorate e gli addobbi vistosi, la signorina ha gusti
semplici. A proposito, Kurosawa-san, niente posate
d'argento od ostentazioni gratuite.
Temari-san, il vestito non s'indosserà mai da solo di
questo passo."
Temari era stata molto chiara in merito: non
voglio nessuna stupida festa. Matsuri aveva
replicato cristallina indicendo il ricevimento per i venti anni di Temari-hime per il mese successivo.
L'opposizione di Gaara e di Kankuro
aveva finito per crollare, ma solo dopo un'agguerrita e ostinata resistenza.
Quale fosse il motivo che la spingeva a infilarsi in quel vestito, a indorarsi
le gote di cipria e ad abbandonare per una sera pugnali e shuriken,
Temari non lo capiva fino in fondo.
Matsuri l'aveva avuta vinta così facilmente che c'era
da chiedersi quanto alla fine la prospettiva della festa la nauseasse davvero.
Sempre meglio comunque di un viaggetto in missione diplomatica a Konoha o a Mizu.
Matsuri in fondo aveva letto in lei come in uno
specchio, si era fatta carico dei desideri che Temari
mai e poi mai avrebbe confessato a chicchessia, neanche sotto tortura, e infine
si era accollata l'onere di mettere in piedi un ricevimento degno di questo
nome.
L'aveva detto a Gaara, Temari:
Matsuri era il vento fresco che spazzava via la
polvere da quelle stanze, che dissipava i veli di buio. Ma Gaara
da quell'orecchio proprio non ci sentiva...
Su una cosa però Temari era stata irremovibile: i
capelli. Niente crocchie, trecce, boccoli o fronzoli vari, i suoi quattro
codini erano sufficienti. Tanto più che aveva un viso troppo pieno per
acconciature simili.
Dunque Temari stava lì, l'espressione appena un po'
ebete e pensosa, gli occhi verdi e distanti che fissavano l'ingresso del
palazzo senza vederlo neppure.
Pensò a Kankuro, a Gaara. A
Matsuri immobile vicino a loro.
Le venne quasi da ridere.
Forse da lontano sembravano una famiglia, non tre individui inciampati
nella stessa trappola.
Erano eleganti, benvestiti, alteri. Eppure, ammise con cautela, sembravano
umani. Almeno da lontano.
Poi Temari non ebbe più fiato né pensieri, perchè un turbine rutilante di voci, visi e sorrisi la
avvolse come uno scialle. Lo stato maggiore di Suna e
quello di Konoha si erano incontrati alla sua porta e
come il delta di due fiumi la travolgevano in un coro di auguri e risate.
Temari rise in faccia a Nara
Cry-baby quando scartò il suo regalo, per poi
scoprire con orrore che l'aveva scelto
Il ventaglio nuovo che le avevano regalato i suoi fratelli giaceva al piano
superiore, appoggiato a una parete della sua camera, ed era stato il solo
regalo che Temari giudicasse tale. Il solo di cui le
importasse qualcosa. Nonostante tutto non riusciva davvero, pensava, a essere
diversa da se stessa, fosse anche per una sera.
Per due volte le
bottiglie di sakè ripresero la strada delle cucine, perchè
pareva che sarebbe successa una catastrofe se lo strambo tizio dalla tutina
verde, Rock Lee, ne avesse bevuto un solo goccio. Per la stessa ragione
l'ottimo vino di Suna sparì quasi esclusivamente
dalle parti del gruppo Nara, Uzumaki,
Inuzuka, Sai e Akimichi,
autoproclamatisi all'unanimità tutori dell'ordine e di Rock Lee. I tentativi di
Kankuro e di Baki-sensei
per strappar loro la bottiglia andarono tutti tragicamente a vuoto.
Le risate scoppiettavano sui loro visi, guizzavano da un volto all'altro rapide
e meravigliose come fiori, percorrevano l'intera tavolata in un unico impeto
esplosivo.
E il vino danzava, danzava: cantava la sua roca canzone accompagnandosi ai
sapori forti della cucina di Suna, al saettare pacato
degli occhi di Matsuri che, impagabile, controllava
che ogni cosa fosse al suo posto.
Temari guardò Kankuro,
guardò Gaara.
Kankuro, di punto vestito dell'uniforme di gala,
combatteva con foga contro un bianco-mangiare allo zenzero e cannella, il suo
dolce preferito. Seguiva il dondolio molle del budino con un'attenzione quasi
maniacale.
Gaara, seduto alla sua destra, sorseggiava composto
un calice di vino fortunosamente sottratto alle mire dei ninja di Konoha. La sua espressione severa stava come cedendo, come
chi si sforza di rimanere impassibile pur volendo scoppiare in una risata
fragorosa.
Temari sentì qualcosa di molto simile alla tenerezza.
Sorrise, mesta.
"Signori ma
soprattutto signore, 'sta sera il miglior ballerino di Konoha
è qui per voi!"
E con una piroetta sbilenca l'Uzumaki s'era lanciato
in mezzo alla sala, giusto un minuto prima che
Ovviamente spettava a Temari aprire le danze, per
quanto l'idea di ballare la facesse singhiozzare dal ridere come un'isterica.
Danzò con Gaara. Danzò con Kankuro.
Danzò con Baki-sensei. Danzò con, udite udite, Shikamaru Nara -ricevendo per questo un'occhiata di puro veleno da
parte della Yamanaka. Danzò con l'Akimichi.
Danzò con l'Aburame. Danzò con l'Inuzuka.
Danzò con Sai. Danzò con la migliore gioventù di Konoha,
con il fior fiore degli Anziani di Suna e infine con
un paio di Jonin davvero niente male.
Fece persino l'esperienza allucinante di danzare con l'Uzumaki
e anche quella, non meno allucinante, di danzare con Rock Lee.
L'Uchiha e l'Hyuuga invece,
irremovibili, opposero il proprio veto all'idea di danzare con qualcuno e a
nulla valsero le proteste della Haruno e di Tenten.
Temari sentì il capo girarle vorticoso, non per il
vino o per il cibo, ma per le risate convulse che le dilaniavano lo stomaco.
Era lei, quella? Dio, era proprio lei quella?
Guardò Gaara, guardò Kankuro.
Loro, dall'altro lato della sala, risposero in silenzio al suo sguardo.
Erano loro, erano davvero loro?
Temari non capiva perchè le
venisse così tanta voglia di piangere.
Le scarpe col tacco
erano volate senza tante cerimonie sotto al tavolo, e scalza Temari aveva accompagnato al gabinetto un Inuzuka Kiba in stato di deliquio
etilico. Era tornata pensosa verso il salone, le mani strette dietro la schiena
e l'eco dei conati di Kiba nelle orecchie.
Disgustoso, davvero disgustoso.
"Cry-baby, ti togli di qua?"
"Sicuro, Temari." E Shikamaru,
leggermente brillo, non accennava a spostarsi.
Temari sospirò.
"Sono la festeggiata nonchè neo-ventenne, ho
diritto a un po' di pace. Fammi indovinare, perchè
non sei con
"Appunto."
Shikamaru sbattè le
palpebre. Temari lo imitò.
"Và da lei." La tentazione di chiamarlo cagasotto
era talmente forte che Temari non seppe davvero come
riuscì a resistere: tacque, si morse l'interno delle gote fino allo spasmo e
con sollievo vide che Shikamaru annuiva serio, per
poi raffazzonarle un sorriso ebbro.
"Sì. Grazie. Anche per la festa." E in un istante sparì verso il
salone.
Temari scosse il capo, chiedendosi quale intelligenza
superiore avesse definito gli uomini "sesso forte".
Si avvicinò a una finestra e osservò il villaggio silenzioso splendere come un
diamante, mentre nell'aria si inseguiva l'eco del ballabile che l'orchestrina
stava eseguendo per la sesta volta sotto le proteste dell'Uzumaki,
scatenato come non mai.
I granelli di sabbia onnipresenti in quel palazzo le solleticarono fastidiosi
le piante dei piedi, ma non ci fece neppure caso, vi aveva fatto l'abitudine da
molto tempo.
Temari in silenzio spense con un soffio una lampada
ormai sul punto di affogare nel suo stesso olio e raddrizzò una lanterna di
carta quasi del tutto rovinata a terra.
Gaara si era eclissato da ore e Kankuro
aveva trovato un nuovo passatempo: ridere delle sbronze altrui e possibilmente
contribuire a peggiorarle, come stava testè facendo
con l'Uzumaki coadiuvato da Hyuuga
Neji. L'Uzumaki tra
l'altro, dopo aver ballato con tutte le ragazze di Suna
e anche con qualche donna d'età non più verde, aveva concluso la sua carambola
di danzatore sulle ginocchia di Hyuuga Hinata, chiamandola celestiale Yuki
Onna.
"Temari-san, la festa è la tua, ed è di
là."
Matsuri, gli occhi scuri e limpidi fissi su di lei,
la osservava dall'angolo d'ingresso alla sala.
"Andiamo, Tsuri-chan, non farmi la predica"
sbottò Temari improvvisamente insofferente.
Matsuri, contro ogni aspettativa, sorrise.
"Ho parlato con Takeru-sama.
"Firmeranno?"
"Firmeranno."
Le due kunoichi si sorrisero. Temari
allora rilassò impercettibilmente la schiena.
"Questo sì che è un regalo di compleanno," mormorò.
"Mi dispiace molto, Temari-san."
"Eh? Per cosa?"
"Hai appena acceso un bastoncino d'incenso per quell'altare, vero?"
"Ma piuttosto parliamo di te, Tsuri-chan. Và da Gaara prima che diventi nervosa."
"Uh?"
"Non fare finta di niente. Sarà sul tetto, come sempre. Và da Gaara e giuro che se domattina non ti trovo in camera sua
ti spedisco in missione a Kumokagure per sei
mesi."
Matsuri avvampò, scandalizzata:"M-ma... ma... Temari-san!"
Temari sibilò un lapidario "Vai" e la
ragazzina si dileguò in tutta fretta verso le scale. Una scocciatura in
meno.
Ma non completaamente: la parte più segreta e intima
di lei, quella che desiderava un simbolico riconoscimento per i suoi primi
venti anni su questa terra, quella che aveva urlato di terrore agli attacchi
d'ira di Gaara, quella che, non vista, piangeva con
la rarità eccezionale dei temporali nel deserto, strizzò un occhio d'intesa a Matsuri, e fu come sussurrare "Va bene, ti restituisco
il favore, perchè, malgrado tutto, tu sai che io so,
e io so che tu sai."
Se in passato c'erano
state delle ostilità fra Suna e Konoha,
dopo quella sera potevano dirsi definitivamente appianate.
Baki-sensei, sottobraccio all'Uzumaki
da una parte e dall'altra all'Akimichi, intonava
l'Inno di Suna con fervore patriottico e veniva
imitato con pari ardore dai compagni di bevute. Gli Anziani se n'erano andati
già da troppo tempo per poter inneggiare al decoro oltraggiato, mentre i Chunin e i Jonin di Suna avevano preso allegramente parte al simposio e
insegnavano il testo dell'Inno ai colleghi di Konoha.
Temari assistette interdetta alla scena.
"Stanno andando avanti così da ore" le sorrise Tenten,
"Penso che tireranno mattina."
"Ah, per me..." Temari roteò gli occhi e si
lasciò cadere scomposta su una sedia, poco lontano da Hinata
Hyuuga.
"Sono esilaranti" continuò Tenten.
"Io piuttosto direi ubriachi."
"Sono... buffi" mormorò incerta Yuki Onna -pardon, Hinata.
"Un po' meno quando svomitazzano dappertutto
come quel tuo compagno di squadra, come si chiama, ah sì, Inuzuka."
Tenten venne scossa da una marea di risate convulse. Hinata invece parve ancor più mortificata e nascose la
testa tra le spalle.
"M scusi, Temari-san."
"Ma figurati. Mica sei stata tu a rovinarmi la tappezzeria."
Tenten rise di nuovo, mentre
Se c'era qualcosa che Temari non sopportava era
l'arrendevolezza, soprattutto durante la *splendida* festa per il suo ventesimo
compleanno, organizzata contro la sua volontà e perdipiù
trasformata nel trionfo dell'alcol e del cameratismo.
Alzò gli occhi al soffitto. Calma, Temari, calma.
Caracollando per non incespicare nel vestito arrivò fino alla tavola, si servì
un generoso bicchiere di liquore e tornò alla sedia. Porse la bevanda alla Hyuuga con un insolito sorriso cordiale.
"Avanti, bevi."
Hinata, un po' riluttante, bevve.
S'infiammò non appena il liquore le raggiunse la gola, poi cominciò
immediatamente a tossire. Tossì finchè non le
spuntarono le lacrime e le gote non le divennero di fuoco.
Tenten quasi cadde dalla sedia per il gran ridere.
"Ops, devo essermi confusa" fischiettò
innocente Temari.
Hinata la fissò a lungo.
Poi, come se fosse la cosa più naturale del mondo, rise. La risata più sincera,
più argentina che Temari avesse mai sentito.
Il suo riso e quello di Tenten si mescolarono un po'
esitanti a quello genuino di Hinata.
Non c'era ragione, in fondo, per rovinare la serata anche a qualcun'altro.
Il suo viso stravolto,
con tanto di occhiaie e pelle livida, le fece capolino dal riflesso di una
finestra. Adesso cominciava a essere decisamente molto, molto stanca e
irritabile. Aveva sfidato Tenten a una partita di Mah-Jong, sicura della vittoria, ma
Neppure assistere all'ondata di furore popolare che si era scatenato quando Sai
aveva offerto a ogni ragazza di posare nuda per un ritratto l'aveva fatta
sorridere. Neppure vedere
Temari in fin dei conti era sempre e solo Temari, c'era ben poco da fare.
Era una specie di condanna, ecco.
Quando il frastuono delle voci aveva finito per innervosirla, aveva requisito
una bottiglia di sakè e si era avviata verso la terrazza. Aveva spento un paio
di torce ancora accese, così, tanto per sottolineare che la festa poteva anche
dirsi conclusa, ed era stato allora che li aveva notati.
Seduti sul pavimento, sotto l'oblò di una finestra, Sakura Haruno
e Sasuke Uchiha osservavano
in silenzio una gigantesca luna rossa che sembrava voler cadere loro addosso da
un momento all'altro.
Anzi, a dire il vero
Parlavano piano; qualunque cosa si stessero dicendo, Temari
passò oltre con discrezione.
Raggiunse il parapetto e per un istante il suo sguardo volò lontano, incontrò Suna che sonnecchiava nel buio e il deserto che in
lontananza riposava come un'enorme bestia addormentata. Si sedette e tuffò le
gambe nel vuoto, le lasciò penzolare nell'aria bruna senza curarsi dello spacco
del vestito, dell'aria frizzante sulla pelle nuda, dei capelli in disordine e
del trucco che aveva cominciato a dare i primi segni di resa.
Quella era una notte fortunata: il clima desertico prevedeva un caldo
asfissiante durante la giornata e un gelo polare non appena il sole calava
dietro le dune, ma questa volta aveva risparmiato un po' del suo freddo
notturno. Il regalo di compleanno, pensò Temari, che
il deserto le aveva fatto.
Posò la bottiglia di sakè un po' più in basso, sul pavimento.
Non sentì né freddo nè sonno: si sforzò di escludere
ogni rumore attorno a lei, di cancellare meticolosamente ogni traccia umana che
si fosse frapposta tra lei e il silenzio. Via le risate, via lo sfrigolio dei
flauti, via le chiacchiere inconcludenti. Voleva solo il silenzio, Temari, voleva solo quello.
Stare immobile al centro del mondo per un istante lungo tutta un'eternità.
Oh, sì.
"Temari-chan?"
"Mh? E chi diavolo è adesso? Nessuno può
chiamarmi Tem-"
Temari si voltò e rimase lì, cristallizzata in
quell'atto e in quella frase che non riuscì a terminare, come la lancetta di un
orologio che aveva esaurito la carica.
Sbigottita fece cadere lo sguardo sulla bottiglia di sakè poggiata a terra e la
trovò intonsa, l'orlo verdognolo del liquido che occhieggiava dall'imboccatura
stappata.
Non era ubriaca.
(Sapeva che il giorno seguente avrebbe preso l'altare, la fotografia e i
bastoncini d'incenso e avrebbe buttato via tutto, tutto quanto.)
Diede subitaneamente la colpa a un sogno: doveva essersi addormentata a forza
di pensare. Un sogno, solo un maledetto sogno. Un sogno, sì.
Sua madre la guardava con occhi identici ai suoi, occhi che sorridevano
perlacei nel buio.
Non ci sarebbe stato nulla di sbagliato, se non per il fatto che Karura, sua madre, era morta diciotto anni prima dando alla
luce Gaara.
Niente di tutto questo è vero, realizzò Temari.
Eppure il viso di sua madre sembrava così dannatamente reale, così vivido,
proprio come nelle fotografie, proprio come nei ricordi...
Sorrise, Karura.
"Sono venuta a vedere come stavi, Temari-chan."
"Io sto... sto bene, tutti noi stiamo bene" e voleva dirle quanto era
stato difficile senza di lei, quanto era stato duro imparare tutto quanto da
capo e da soli, quanto era stato doloroso capire, e poi raccontarle di
tutti gli errori, di tutti i denti stretti, di tutte le notti gelide e
interminabili, di tutti gli incensi accesi davanti alla sua fotografia, di
tutto quello che era andato irrimediabilmente in pezzi e-
"Ci sei riuscita, Temari-chan?"
"...A fare che cosa?"
"Ad amarli."
"Io credo, penso che... Sì."
"Mi perdonerai mai, Temari-chan?"
"No."
E Temari si voltò di scatto verso Suna,
che per sua fortuna era reale. Il villaggio, desolato, non seppe come
consolarla.
Nascose il viso tra le braccia e serrò ostinata le palpebre sugli occhi aridi.
Non pensò a Kankuro, non pensò a Gaara,
non pensò proprio a niente: era troppo occupata a ignorare il lago di ricordi
che d'improvviso le si era aperto davanti al volto.
Sillabava atona un'unica piccola parola, senza sprecare neppure un filo di
voce, nel silenzio perfetto del suo buio: mamma, mamma, mamma.
Quando rialzò il capo
c'era solo il sussurro bizzarro del vento a farle compagnia: nessuno attorno a
lei. Stranamente se lo aspettava.
Ebbe voglia di gridare così forte da svegliare il deserto e spaccare il mondo
intero.
Si accorse che la luna era definitivamente caduta: era l'alba.
Temari si stropicciò gli occhi appiccicati dal sonno,
si sporse all'indietro, afferrò il collo della bottiglia di sakè e la poggiò
accanto a sé sul parapetto.
La sua prima, fottutissima e stramaledetta notte da ventenne si era appena
conclusa. E lei era sopravvissuta, più che altro.
Ma allora 'fanculo a tutto il resto.
Temari innalzò in silenzio la bottiglia al cielo
di rubino e un istante dopo il sakè scrosciando allegro le bruciava già le
pareti della gola.
Alla salute.
...And it's
Time Time Time
And it's Time Time Time
And it's Time Time Time
That you love
And it's Time Time Time...
Fin
Kumokagure: Il Villaggio della Nuvola.
Yuki Onna: Creatura
mitologica del folklore giapponese (con cui peraltro sono fissata) e
personificazione dell'inverno. Ha i capelli lunghi e nerissimi, la pelle nivea
e i suoi occhi terrorizzano i mortali. Si capisce adesso perchè
un ebbro Naruto l'ha paragonata a Hinata
;)?
Nota dell'Autrice
Misà che Temari tanto IC
non è. Damn. Io che con il Canon sono praticamente
fissata!
Il problema è non renderla la maniaca omicida della prima serie né la brava
ragazza dello Shippuden, ma amalgamare entrambe le Temari e aggiungere una bella fetta di maturità. Voglio
dire, sono passati due anni dalla fine dello Shippuden,
la nostra Temari sarà maturata.
Questo è un tributo, comunque, a una delle kunoichi
più sole, forti e determinate di tutta la saga.
Infine, piccola nota esplicativa sul titolo: non è che gli scelgo a random perchè così prima o poi ne
esaurirò 52 (OPS XD! Misà che ho svelato il
trucco...), no no. "Less
remain in one place" significa "Rimane meno in un posto" e
io l'ho inteso come la totale non-appartenenza di Temari
a qualunque ambiente, compagnia, luogo lei frequenti. Guardatela: passa da una
scena della festa all'altra, raddrizza le cose che non vanno, aggiusta questo e
quello (Shikamaru e Ino, Gaara e Matsuri), irrompe nella
sala come un'anima in pena e, uscita lei, non rimane niente. Vede o non vede
sua madre? Non importa, perchè comunque non la
perdonerà mai per essere morta, per averli lasciati da soli e averli oltretutto
maledetti.
La casa di Temari è in se stessa, tutto qui.
Se non si è capito, le storie alla "Tutto in una notte" mi piacciono
moltissimo.
Questo scrivevo in calce a questa storia oltre un anno fa, dato che il
tributo che avete testè letto risale a marzo 2008 :D
quando ero in piena crisi di mezz'età per l'avvento del mio 18esimo compleanno.
Mwahahahahaha.
Comunque, questo aggiornamento è per dire che THE BITCH IS BACK, non
sono morta né mi hanno rapito gli alieni, sono tornata in tutta la mia
esecrabile persona :D e domani inizio l'Università. Allegria!
Ringrazio i magnifici sei che hanno commentato la precedente flavour, nell'ordine: Cla Mela
-da cui mi devo assolutamente far perdonare T.T-, Topy, Koks, Lalani, Chaos -a cui sono
sicura che l'Hinata di questa storia starà sulle
balle XDD- e infine Amaranth93.
La prossima volta giuro che ricomincio con le risposte alle recensioni!
Prometto solennemente!
Ultima cosa: mi è stato notificato ieri via mail che le Flavours sono state inserite tra le Storie Scelte del sito *_____*! Sono tanto felice per le mie piccole!
Vostra non-morta e sempre viva,
Hipatya