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Autore: Aesingr    09/06/2024    1 recensioni
“In questo momento posso sentire i cuori di tutti battere all’unisono. Ardono tutti con lo stesso desiderio…”
I mostri hanno sognato a lungo la superficie. Ad aspettarli però non trovano umani buoni o cattivi, piaceri o dolori, solo scelte difficili in una realtà silenziosa. Mostri e umani devono cooperare sotto il vessillo della determinazione, quando il passato che ignorano fa capolino dai vuoti di storia che i libri non sono in grado di riportare.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frisk, Undyne
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“In questo momento posso sentire i cuori di tutti battere all’unisono. Ardono tutti con lo stesso desiderio…”

I cambiamenti sono sempre stati parte integrante della vita, nonostante nel mondo sotterraneo in cui i mostri erano stati rinchiusi tutto ristagnasse da tempo immemore.
Come le acque del falso oceano a loro dedicato, lo scorrere dell’esistenza aveva posto dei solidi confini a sogni e speranze. Undyne sapeva che senza un forte scossone le cose non sarebbero cambiate, perché non c’era motivo di crescere se ciò che li circondava rimaneva immutato. Questo fin quando un’umana finalmente riuscì a frantumare quel limite, portando la luce del cambiamento in tutti i mostri a cui si era affidata lungo il cammino.
Per Undyne cambiare aveva un significato diverso dalla semplice crescita; accettare un’amicizia era un patto da sugellare con l’onore per l’eternità. Combattere per gli altri era la sua vita, ciò che le dava la forza di proseguire. Era un concetto che poteva evolversi nel tempo e questo la rinfrancava: non vedeva mai la fine, diversamente dal perimetro del sottosuolo, perché poteva migliorare all'infinito, ancora e ancora. Dare sicurezza ai compagni e a sé stessa con la propria forza era tutto ciò di cui aveva bisogno. E in superficie i mostri avrebbero avuto bisogno di lei.
Era consapevole di apparire spesso esuberante e a tratti ingenua se si trattava di esprimere sentimenti, come quando aveva dato fuoco a tutta la casa per un piatto di pasta, ma nell’evoluzione di un mostro come lei c’era spazio anche per quello.
Sorrise al ricordo e alzò gli occhi al cielo, verso l’azzurro reale che ospitava il sole della superficie. Adorava le variazioni del clima, un giorno di pioggia che anticipava l’arcobaleno era qualcosa di cui, ne era certa, non si sarebbe mai annoiata. Per citare Papyrus, finalmente poteva incontrare il sole, e magari scambiarci anche due parole.
Ciò che li attendeva però non poteva aspettarselo.

“Frisk, abbiamo un problema.”
La bambina scosse il capo e indicò in lontananza, dove svettavano tetti massicci di legno e pietra a delineare il confine tra l’orizzonte e un villaggio di umani. La speranza era flebile, ma dovevano insistere.
“Quattro villaggi e una città in rovina, tutti deserti. Non credo quello sarà diverso”, insisté Undyne, socchiudendo l’occhio giallo per scrutare oltre la sua testa.
La superficie era splendida. L’acqua, gli alberi e le nuvole erano adorabili, ma gli umani non erano da nessuna parte. Il suo primo pensiero era andato a una gigantesca imboscata: gli uomini potevano aver previsto il loro ritorno, essersi nascosti per aggredirli di sorpresa e ucciderli uno dopo l’altro, ma ben presto il lato guardingo della sua anima si era rilassato mentre un altro, ben più analitico e sconcertante, cominciava a provare inquietudine. Frisk le rispose con un sospiro.
“Qui era pieno di gente, non credo che se ne siano andati tutti. Che senso avrebbe?”
Undyne gettò uno sguardo sulle montagne alle loro spalle. Al disotto di una cengia frastagliata, tra alcuni tronchi caduti, intravide una buia fenditura che prima non aveva notato mentre camminavano. Aveva cercato di guardarsi attorno senza mai distogliere l’attenzione dai possibili nascondigli che gli umani potevano aver scelto per aggredirli, anche se, man mano che procedevano, il timore aveva lasciato posto all’incredulità. Ogni anfratto poteva essere un nascondiglio perfetto per quei maledetti, doveva fare attenzione, eppure il profilo silenzioso di rocce e alberi affacciati su quello spettacolo desolante era anche peggiore di un’orda di umani inferociti.
“Non ha senso, ma è così. Asgore non mi avrebbe mandata in perlustrazione altrimenti. So che non si fida, ha paura che io combini un disastro se un umano dovesse prendermi a male parole. Secondo me ha capito che qui non c’è nessuno. Puoi ricordarmi cosa stavi facendo prima di cadere tra i fiori?”
Frisk si strinse nelle spalle e accelerò il passo.
“Non credo di averlo detto. Stavo facendo una passeggiata con Flynn, lui è mio fratello. Abbiamo trovato la voragine e ci siamo solo affacciati per guardare giù. Qualcosa l’ha spaventato e sono schizzata indietro, ma non è andata per niente bene! Sono scivolata e sono caduta.”
Undyne inclinò la testa, le pinne al lato del muso le ricaddero lungo le guance.
“Eppure sei molto agile. Hai evitato tutti i miei colpi! Anche quelli di Asgore.”
“Non tutti.” Il mostro pesce stava per aprire bocca, ma la bambina scosse subito il capo. “Tranquilla, sto già guarendo. Credo che nessuno di voi abbia davvero provato a uccidermi. Forse Mettaton, un paio di volte!”
Undyne ridacchiò e alzò una mano palmata fino a sfiorare Frisk sulla spalla destra.
“Credimi, io ci ho provato. Se avessi trascorso tutta la vita sognando la libertà, anche tu avresti fatto di tutto per la settima anima. Ma non voglio avere rimorsi, quindi sono solo felice che tu sia sopravvissuta.”
Frisk sbuffò e si passò una mano tra i capelli castani, per poi afferrare quella di Undyne e stringerla come in un primo saluto ricolmo di rispetto.
“Anche questo non ha senso. Comunque puoi stare tranquilla, dopo esser stata lì sotto sono pronta a tutto per aiutarvi. Però non so se vale per gli altri.”
“Gli adulti? Credo che anche il piccolo umano caduto prima di te non avesse cattive intenzioni. Pensavo che con voi tutto si riducesse a uccidere o essere uccisa, ma mi sbagliavo. Me ne rendo conto solo adesso che ti conosco meglio. Purtroppo non era abile come te.”
Gli occhi di Frisk ebbero un guizzo. La bambina dovette capire subito dove la conversazione sarebbe andata a parare e si limitò ad annuire. Riprese a camminare, portando la mano di Undyne ancora più vicino a sé, quasi a contatto con la guancia. Lei si fidava totalmente dei mostri e non aveva timore a dimostrarlo. Questo era ciò che Undyne apprezzava più di ogni altra cosa: la fiducia, riposta anche in coloro di cui si ignorano le vere intenzioni. Era così difficile per lei accettare un simile punto di vista, nonostante potesse comprenderne l’origine e la potenza attraverso la risolutezza della bambina.
“Ah, quasi dimenticavo! Ricordi quando ti ho detto che le spade giganti non esistono? Quelle dei manga? Non è vero.” L’espressione del mostro pesce guizzò istintivamente dalla gioia. Con il braccio spinse Frisk di riflesso e la fece capitombolare per terra. La bambina rimase imbambolata a fissarla per qualche secondo, poi scoppiò a ridere nel vedere la mano di Undyne tesa per aiutarla a rialzarsi. “Non c’era bisogno di picchiarmi!”
“Ehm, sì, scusami. Perché non l’hai detto subito! Vuoi infrangere i miei sogni? Non è divertente!”
Anche se entrambe stavano sghignazzando, nelle sue parole era sopita una sottile vena di tristezza. Aveva accolto serenamente le confessioni di Alphys, le cose da sfigata e tutto il resto, ma aveva bisogno di tempo per svincolarsi dalle convinzioni di una vita intera. Si era allenata a fondo, odiando gli umani perché i mostri suoi amici li odiavano, seguendo con fierezza Asgore nella sua follia. La sicurezza in sé stessa le aveva permesso di arrivare a ciò che era, dandole un motivo per continuare a vivere, impedendole di carpire la realtà nascosta dietro un sogno. Frisk tuttavia aveva mostrato molta empatia nei loro confronti, per questo Undyne non si stupì della sua risposta.
“Certo che no. È brutto essere traditi. Volevo solo dirti la verità! Ma ho pensato adesso che Flynn potrebbe farne una apposta per te.”
Il modo in cui si esprimeva era solo in parte quello di un bimbo. Con parole semplici riusciva a comunicare ogni sensazione che desiderava trasmettere, senza il minimo sforzo. C’era molto che dovevano ancora scoprire sull’individualità del genere umano, ma senza dubbio Frisk aveva l’anima più gentile che Undyne avesse mai conosciuto. Non era da tutti sopportare i tentativi di ogni mostro del sottosuolo di farla fuori e avere ancora voglia di aiutarli.
“Sembra strepitoso! I tuoi genitori accetteranno? Non sono convinta di voler incontrare gli adulti della superficie. Asgore potrebbe aver ragione, trattenermi non è il mio forte.”
Raggiunsero un sentiero costeggiato da alti faggi. Le cortecce degli alberi apparivano scanalate e lacerate in più punti, come se crudeli intemperie si fossero accanite sul legno con violente sferzate d’artiglio. Foglie mature e grossi rami erano sparpagliate attorno alle radici, alcuni troppo distanti dalle chiome per essere soltanto caduti. Anche i sassi che dovevano delineare il sentiero erano rotolati di qua e di là. Il terreno era umido, ma non bagnato abbastanza da testimoniare una pioggia torrenziale capace di alterare l’ambiente fino a quel punto.
“Io e Flynn siamo soli. I nostri genitori sono morti due anni fa.”
Undyne si bloccò, fissando la bambina con l’unico occhio giallo spalancato.
“E ne parli così? Non volevi bene a mamma e papà?” Frisk non ricambiò allo sguardo, ma Undyne sapeva di aver mosso qualche leva sbagliata e si affrettò a correggere il tiro. “Intendevo dire che… cioè, sei molto strana. Hai vissuto l’inferno nel sottosuolo con noi e non hai battuto ciglio. Adesso mi racconti di una disgrazia capitata alla tua famiglia come niente fosse. So cosa vuol dire reprimere i sentimenti, ma non riesco a capirti.”
Frisk inclinò la testa e le dedicò un sorrisetto fanciullesco, in parte imbarazzato, simile a quello di Alphys. Ciò che divideva un mostro da un umano era ben più sottile del previsto; era la vibrazione, il colore dell’anima, a suggerire una direzione diversa, pur rimanendo all’interno del perimetro costruito da una scelta.
“Undyne, nel nostro mondo i bambini non imparano a evitare proiettili di energia e lance magiche.” Nonostante la frecciatina simpatica, il tono di Frisk era sceso fino a incupirsi. “Come ha detto Asriel, sono davvero qualcosa di speciale, perché ho imparato ad arrangiarmi anche quando i miei erano ancora con me. Stavamo a lavorare tutto il giorno con le pecore e i cavalli, spesso facevo passeggiate molto pazze da sola e mi sono persa una decina di volte almeno, quindi ho imparato a cavarmela. Adesso non ci sto capendo niente, prima di cadere ero in Irlanda, ma qui fuori dalla barriera sembra di essere tutto in un altro posto e non so dove sia Flynn.”
“Asriel?” Il fiume di parole un po’ sconclusionato lasciò il mostro pesce abbastanza perplesso. “Non ti seguo.”
Frisk aveva già ripreso a camminare a passo deciso e non le rispose. La questione però era evidente: avevano attraversato la barriera sotto un tramonto meraviglioso, convinti che Frisk li avrebbe aiutati a comunicare con gli umani; purtroppo di umani non ce n’erano. Asgore si era addentrato con Toriel e la bambina nel villaggio più vicino pronto a tutto, ma non alla desolazione assoluta che si era trovato davanti. Le case erano vuote, le strade deserte e il poco che avevano ritrovato faceva pensare a una fuga frettolosa verso le montagne. Panchine ribaltate e qualche tetto scoperchiato indicavano che qualcosa di violento si fosse abbattuto sul luogo, con una ferocia diversa da una catastrofe naturale come quelle che Alphys le aveva descritto tempo addietro. Sembrava piuttosto un pericolo selettivo, accanito su un percorso ben preciso. Era difficile interpretare la superficie attuale con le poche informazioni che avevano, ma Frisk aveva confermato che non fosse un fenomeno come gli altri.
In tutto quel tempo erano cambiate molte cose e la magia era scomparsa; Frisk neanche sapeva cosa fosse prima di cadere nel sottosuolo, probabilmente perché, a giudicare dalle sue parole, gli umani odierni si erano impigriti abbastanza da aver dimenticato i loro poteri. L’evoluzione aveva portato allo sviluppo di tecnologie sempre più efficaci, soprattutto negli ultimi anni, e per quanto la bambina ne capisse ben poco era sicura che i suoi coetanei fossero viziati e -rallentati- proprio da quelle tecnologie. Avevano bisogno di ascoltare un adulto per avere un’idea più chiara della società che stavano per affrontare. La stessa Frisk aveva ammesso di non essere adatta a spiegare tutto quanto, per questo aveva accettato di fare da ambasciatore. Era convinta di poterli introdurre alla collettività che lei stessa ignorava, ma al resto dovevano pensarci loro. Sembrava plausibile, ma dopo aver visitato i dintorni senza incontrare una traccia di vita umana le cose si erano complicate.
Undyne stava per richiamare la bambina, quando una vocina stridula le colse di sorpresa alle spalle. Sobbalzò per lo stupore e si voltò in direzione dei grigi massicci da cui erano appena scese: un goffo puntino giallo si stava dirigendo in tutta fretta verso di loro.
Alphys le aveva raggiunte. Nel vederla arrancare per la fatica, Undyne si affrettò a tornare indietro per darle una mano; adorava vederla zampettare in quel modo, anche se un po’ di allenamento non le avrebbe fatto certo male, ma la situazione doveva essere critica se aveva trovato la forza di rincorrerle fin lì.
“Undyne! A-aspetta!” Era ansimante e stravolta. Non l’aveva mai vista così, nemmeno quando combinava un casino nel laboratorio. “Potevi… potevi prendere il cellulare!”
A Undyne sfuggì un sorriso, mentre con uno scatto si lanciava sull’amica per prenderla in braccio; in qualche modo era già riuscita a alleggerire la tensione.
“Scusami. Asgore mi ha chiesto di sbrigarmi e non ci ho pensato. Cosa succede?”
Alphys, che si era ritrovata sollevata per aria con il muso davanti al suo, le ricadde sfinita sulla spalla con un sospiro di sollievo. Doveva aver davvero corso senza sosta. Undyne non gliel’avrebbe detto, le priorità erano altre, ma era orgogliosa di lei.
“Sì, è stato proprio lui a dirmi di venirti a cercare subito. Dobbiamo tornare indietro, ho individuato una radiazione anomala dopo che la barriera è sparita! Non dipende dal calore, sembra che una perturbazione statica s-stia danneggiando il nucleo!”
Dopo aver parlato tutto d’un fiato, Alphys sollevò il muso e le poggiò le mani sulle spalle per scendere a terra. Undyne la mise giù e annuì.
“Lo sai che non ho capito niente, vero? Dovresti provare a rispiegarmelo. Prima però riprendi fiato.”
Alphys la prese alla lettera e tirò qualche lunga boccata d’aria, prima di sedersi e chinarsi in avanti con la coda stretta fra le zampette tozze.
“Un disastro! Non so come abbia fatto Frisk a farci uscire, ma deve aver stravolto l’equilibrio energetico del nostro mondo! E anche di questo! Oltretutto non riesco a rilevare nessuna rete informatica nelle vicinanze che possa funzionare con la nostra! Insomma non poteva andare peggio di così!”
Il mostro pesce le passò una mano dietro al collo per tranquillizzarla. Non aveva ancora instaurato con lei un legame di spontaneità come quello che probabilmente entrambe desideravano, ma poteva concedersi un piccolo azzardo. La strinse a sé con entrambe le braccia e emise un piccolo sbuffo d’aria fresca dal naso, sfregandole dolcemente la cresta sulla testa.
“Va bene. Adesso stai tranquilla. Sarà più semplice chiedere a Frisk, non credi?”
In effetti nessuno aveva capito cosa fosse successo quando tutti i mostri si erano risvegliati, trovando Frisk stesa a terra, con la barriera dissolta nel nulla. La gioia e l’intensità del momento avevano impedito anche ad Asgore di vedere le cose con lucidità.
“Sì. Per questo sono venuta a cercarvi. Devo dirti anche un’altra cosa: credo tu sia l’unica che può dimostrarmelo, non posso chiedere a Asgore. Capisci no? Lui… s-sarebbe troppo strano!”
Undyne la liberò dall’abbraccio e le dedicò un bel sorriso da pesce zannuto, già eloquente come risposta.
“Quando non capisco cosa dici sei anche più simpatica del solito, ma adesso devi concentrarti.”
L’espressione di Alphys guizzò da sconvolta a divertita, passando per qualcosa che Undyne non capì del tutto; doveva aver a che fare con la metafora del pesce carino in un mare pieno di pesci.
“Certo. Per farla breve, credo tu sia molto più forte adesso.”
“Più forte?”
“Sì. Prova alanciare un masso, o a utilizzare le lance. Cerca di usare tutta la tua energia, come se dovessi combattere.”
Abbastanza confusa, ma anche incuriosita, Undyne indietreggiò e si guardò attorno. Individuò un macigno incastrato tra due tronchi ricurvi, lo raggiunse e lo sfiorò con entrambe le mani. Il suo tipico ruggito da battaglia riecheggiò nella radura, poi con una spinta poderosa colpì la pietra con entrambi i palmi aperti.
Il gemito dei tronchi piegati, seguito dal masso che schizzava via come un proiettile per piombare a una decina di metri di distanza, la lasciò a bocca aperta. Sollevò una mano e avvertì il flusso magico più intenso che mai. Non ebbe bisogno nemmeno di concentrarsi per generare una lancia e scagliarla verso l’alto, avvenne come la più spontanea delle carezze: si manifestò come un abbagliante fascio d’energia azzurra, al culmine del quale la punta acuminata risplendeva in un turbinio di scintille sfrigolanti.
“Lo sapevo!” strillò Alphys eccitata. “È tutto diverso!”
Undyne la scrutò interdetta e lasciò andare la lancia, che fluttuò in cielo fino a dissolversi in una nube azzurrina.
“Com’è possibile?”
Alphys non esauriva mai il suo infinito repertorio di espressioni: le era sembrata entusiasta, poi ammaliata, poi di nuovo seria. Il modo in cui si lasciava coinvolgere dal mondo era davvero affascinante per Undyne, era senz’altro il lato che più adorava di lei.
“Credo che quella dannata barriera inibisse la nostra energia naturale, o la nostra anima se preferisci. Io stessa non avevo mai corso così tanto senza fermarmi! Immagino che tu e Asgore possiate attingere a tutto il vostro potere ora. La storia ci ha insegnato che l’anima umana è semplicemente più forte della nostra, per questo anche il loro corpo, ma non è esatto! Qualunque sia l’incantesimo che hanno usato per sigillare tutti là sotto deve averci indeboliti. Le emozioni generano un forte potere, come la determinazione, ma non eravamo in molti a desiderare di uscire allo scoperto. Ci siamo abituati alla nostra vita e questo ha spento parte di quella determinazione, ancora viva grazie a te e a chi ha combattuto in tutti questi anni! Adesso ti…”
Undyne le fece cenno di fermarsi. Qualcosa non andava. Puntarono insieme lo sguardo fin dove il sentiero si inerpicava su per una collina, verso il prossimo villaggio.
Un brivido di sgomento attraversò la schiena di entrambe: Frisk era pochi passi da loro, stesa a terra, con un pugnale adagiato vicino al fianco destro.
Sulla sua testa incombeva una mano bianca.
  
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