Vi ricordo inoltre che: Tutti i nomi, i caratteri e le storie dei personaggi presenti sono frutto di pura fantasia. Ogni riferimento a persone o/e eventi realmente esistenti o esistite è puramente casuale.
ATTENZIONE: ©
Questa una saga di famiglia che segue questi tre libri.
La storia si chiama Reazione a Catena, poichè segue le reazioni di alcuni personaggi alla scomparsa di Alaska Thompson ne Il Tesoro più prezioso, Essendo una raccolta di one shot, Reazione a Catena è scritto in terza persona, quindi si concentra sull'introspettiva dei personaggi in un solo capitolo e non in più capitoli.
Se vi fa piacere potrete seguire le vicende che hanno preceduto Reazione a Catena, leggendo anche gli altri libri qui in elenco.
La storia di Thomas Il tesoro più prezioso; la storia di Gabriel Keller in Liberi di essere se stessi e da questo momento anche con la Thomas & Sapphire story. Grazie a tutti coloro che seguono le mie storie.
La la KCG è ispirata alla BCG - Boston consulting group esiste realmente, è una multinazionale del Massachusetts con sedi in quasi tutti gli Stati europei (2 almeno in Italia) l’ho usata ma con nomi e storia diverse, quindi anche in questo caso è tutto di mia invenzione.
MAPPA DI BOSTON così da rendervi tutto più chiaro Mappa della Gran Bretagna INFORMATIVA ARRIVATA FINO AD ORA SULLA SERIE Albero Genealogico:I Thompson - I Keller - Kleinsten
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I gemelli Nasseaux avevano diciotto anni. Erano tutti e tre molto affascinasti. I gemelli avevano i tratti del padre Stephan. Glielo dicevano la madre Sapphire e i zii, glielo confermavano l'aspetto della zia Èlene, di cui le ragazze avevano lo stesso viso a cuore, il naso a punta piccolo e gli occhi rotondi. Effettivamente Edward,'unico maschio tra i tre, somigliava molto al granduca regnante, lo zio Pierre, se non fosse stato per gli occhi. Ed aveva gli occhi di suo padre, verdi chiari e limpidi, Pierre Nasseaux invece li aveva cerulei, spesso tendenti al verde grigio. Le due ragazze, Elisabeth ed Emmanuelle anche erano molto carine, alte circa un metro e sessanta, capelli mossi biondi scuri, occhi azzurri. Elisabeth, verdi Emmanuelle. I tre fin da piccoli erano cresciuti in un mondo ovattato, fatto di tanto amore e tante regole da seguire. Nonostante fossero figli del granduca di Lussemburgo, i tre gemelli erano nati senza titolo. La relazione tra i suoi genitori, nonostante fosse riconosciuta dal granducato, era extra coniugale da parte materna e impediva alla coppia di avere un titolo. Tuttavia i tre gemelli erano cresciuti con la stessa educazione dei cugini ereditari, Luc e Josephine, e di Luis ed Emanuel i figli dello zio Jean Marie.
I tre ricordavano delle estati a Lussemburgo in compagnia della madre e dei cinque fratelli che tornavano dai collegi in quell'occasione. Ricordavano i capodanno insieme, come anche che era loro precluso di poter festeggiare il Natale con la madre. Come richiesto da loro padre in testamento, a cinque anni Elisabeth ed Emmanuelle raggiunsero la sorella maggiore Diamond al Kleine Frau, mentre Edward era andato al Santa Maria di Monaco, dove studiavano invece i loro fratelli maschi. Fu il loro primo distacco.
Eppure, nonostante ciò non si smarrivano mai, il legame gemellare tra i tre era molto forte. Compiuti diciotto anni, Diamond si era diplomata al Kleine Frau, con conseguente ammissione alla London university. Incredibilmente con l'addio di Diamond al Kleine Frau anche Elisabeth ed Emmanuelle lasciarono il collegio.
Era estate, la scuola era finita, e loro stavano godendosi l'ingresso in società di Diamond, da ospiti. Erano stati accompagnati dallo zio Jean Pierre e la zia Èlene con i rispettivi coniugi. In quell'occasione i tre scoprirono come mai era stata loro preclusa la convivenza con la madre a Londra. Era bastato un attimo, il momento in cui avevano assistito a come erano cresciuti i quattro fratelli maggiori per far capire loro, che a differenza dei fratelli maggiori, erano cresciuti liberi e sereni. Vedere come quell'uomo dall'aspetto cattivo volesse imprimere le sue decisioni su Diamond con la violenza, aveva stretto il cuore dei tre gemelli. L'uomo nel che si chiamava Andrew Davis definendosi il padre, volle imporre alla giovane festeggiata di non ballare con un suo amico. ne derivò una sorta di rissa. Diamond rinfacciò a quell'uomo che non avrebbe permesso più né di picchiarla né di torturarla psicologicamente. Infatti quell'uomo stava quasi per picchiare anche Thomas chiamandolo bastardo. Infine quando lanciò per aria la loro madre, Edward fece uno scatto avanti lanciandosi sulla donna, non poteva permettere oltre. Allo stesso tempo anche lo zio Jean Marie si frappose fra la loro madre e quell'uomo che si definiva suo marito.
"Mi dispiace non essere intervenuto prima Milady." Disse lo zio Jean Marie con uno sguardo dispiaciuto. Dietro di lui c'era lo zio Marcel che tratteneva il signor Davis con un altro paio di uomini che Edward non conosceva. Tutti lì a difendere sua madre.
Quante volte quell'uomo aveva picchiato la madre? Cosa aveva dovuto vivere ella in quegli anni? Egli e le sue gemelle non lo sapevano, le due lo avevano raggiunto stringendosi a lui.
Fu un momento seppur tragico che Diamond risollevò le sorti della serata.
Chiese di portare via l'uomo e chiese di poter ballare col suo amico Liam, un ragazzo di colore molto affascinante. La serata proseguì eppure nel cuore dei gemelli si insinuò il dubbio e il ringraziamento ai loro genitori che li avevano protetti.
Nel cuore di Edward il dubbio fu, perché suo padre aveva permesso che la madre sposasse quell'uomo? E perché non l'aveva aiutata? E perché gli zii solo in quel momento erano intervenuti? Erano tante le domande e i gemelli non vedevano l'ora di farli alla madre.
Il giorno dopo, quando sarebbero stati insieme avrebbero chiesto.
So godettero il resto della serata. Elisabeth, Eli per gli amici più stretti, Elisa un po' per tutti coloro che la conoscevano, danzò con il cugino Louis per tutta la serata.
Emmanuelle, o più confidenzialmente Emma, fu invece sequestrata da Joel che la fece ballare tutta la sera. Edward al contrario offrì balli a tutte le ragazze che lo richiedevano. Tra queste dovette accontentare sua madre e sua sorella.
Quando danzò con la madre il suo sguardo si fece cupo.
"Perché hai sposato un uomo simile. Perché lui si è non papà?" Le chiese non trattenendosi. Era deluso e non riusciva a mascherarlo.
"Oh Edward!" Esclamò Sapphire abbracciandolo. "Godiamoci la serata, più tardi quando saremo tutti soli, vi racconterò tutto." Disse al figlio.
A malincuore Edward annuì. Era stato educato ad obbedire, non urlare ne a creare alcuno scandalo. Così obbedì, concluse il ballo con sua madre e passò a ballare con Diamond, poi la zia Èlene e ancora la zia Martine, ballò con tutti.
A fine serata quando la festa terminò i gemelli vennero accolti dalla madre e dai quattro fratelli nella suite a loro nome del Grand hotel Rosewood.
Nonostante l'ora tarda e la stanchezza, i gemelli erano frementi, volevano sapere e Sapphire non potette rifiutare loro di raccontare tutta la verità. Avevano r anni e comprendevano benissimo ormai cosa era bene e cosa sbagliato.
"Non avrei mai voluto che assistesse a tutto questo, ne tu, ne le tue sorelle." Disse loro.
"Adesso mi spieghi perché hai sposato lui al posto di papà?" Chiese Edward sempre più amareggiato.
Thomas si allontanò verso il banco bar dove versò un po' di scotch in alcuni bicchieri, ne diede due a Joel e ne tenne uno per se. Da quella posizione il maggiore dei figli di Sapphire si apprestava a far da spettatore, sapeva che quello doveva essere un confronto tra i ragazzi e la madre.
Sapphire prese lo scotch che Joel le porgeva e ne bevve un sorso. "Non potevo sposare tuo padre perché ero già sposata con lui, poi ho incontrato tuo padre." Spiegò sincera al figlio.
"Lo hai quindi tradito? E per questo lui ti ha picchiata?" Chiese sorpresa Emmanuelle. "Mamma comunque non dovevi permettergli di picchiarti..." Affermò Elisabeth.
"Perché l'hai tradito con papà?" Chiese Edward ingenuamente. Se c'era una cosa che capiva era che la fiducia era importante in qualsiasi rapporto.
"In realtà mi ero già separata da lui quando ho conosciuto tuo padre, mi sono separata da lui molto prima della nascita di Diamond che anche non è sua." Rispose Sapphire.
"Quindi siete divorziati?" Chiese Emma.
"Avevo chiesto il divorzio, ma Andrew non lo ha mai firmato, mai fino ad oggi." Gli rivelò guardandosi intorno. "Ha molte conoscenze, per cui ogni volta che presentavo la richiesta di divorzio, questa veniva respinta." Spiegò sorridendo ai figli. "Però credo che questa volta andrà diversamente, con la testimonianza della società londinese delle sue percorse e del carattere instabile che ha, probabilmente d'ora in poi io sarò libera. Potrò ottenere il divorzio anche se non consensuale."
Edward ne rimase sorpreso quindi tutto aveva una risposta.
"Perché lo hai sposato?" Le chiese ancora. Voleva sapere tutto.
"Ricattava i miei genitori." Gli rispose secca. "Li obbligò a farmi sposare con lui, questo è il motivo per cui non ho potuto sposare né tuo padre, né il padre di Thomas e Diamond, concepita dopo che avevo cacciato Andrew di casa."
"Ma è tornato. Diamond ha detto che abusava di lei." Rispose Edward.
"Le poche volte che l'ho fatta tornare dal collegio, lui ci ha provato. Però appena ho visto le sue cattive intenzioni l'ho mandata via. Farvi crescere in un collegio è stato per me un modo per proteggervi. Devi sapere che quando Thomas aveva cinque anni, gli ha quasi spezzato una gamba. Da allora ho cercato in tutti modi di proteggervi." Spiegò la donna. "Vi ho mandato nei collegi ed ho nascosto la vostra identità per tenervi lontano da lui e dal male che faceva. Infatti, nonostante lo avessi cacciato di casa trovava sempre un modo per tornare, inoltre era il padre di Joel e Samuel e non potevo tenere i tuoi fratelli lontano dal papà. Così lui ne ha approfittato ogni volta." Raccontò la donna. "Quando Thomas aveva cinque anni non avevo le prove che lui ha abusasse di me e non avevo neanche il coraggio di denunciare ciò che mi faceva. Avevo paura che facesse del male ai miei genitori e che la vergogna si riservasse su di me. Andrew Davis non è mai stato una bella persona. Ma adesso che i tuoi fratelli, quelli di cui Andrew ha la patria podestà, sono tutti maggiorenni posso muovermi più liberamente. Per questo vi ho tenuti lontani da casa mia fino ad oggi e non ho mai raccontato a nessuno di voi tre."
Emmanuelle sussultò. "Lo capisco, hai voluto proteggerci."
Ella annuì. "Agli occhi di tutti Diamond è la mia ultima figlia, adesso ha 18 anni e io posso non temere la minaccia che Andrew me li porti via. Voi non portate Davis di cognome e lui non vi conosce. Siete registrati come miei figli, ma in Lussemburgo e lui non arriva fin lì."
"Quindi adesso potremmo vivere con te e finire la scuola a Londra?" Le chiese Edward.
"Per questo al Kleins Frau ci hanno salutate?" Chiese Elisabeth.
Sapphire annuì. "Vostro padre aveva disposto che voi studiaste con i vostri fratelli maggiori. Voleva che cresceste insieme." Rispose.
"Quindi vivremo finalmente insieme come una famiglia." Esultò Diamond.
Ma Sapphire scosse le spalle. "In realtà lascerò decidere ai gemelli cosa vorranno fare." Ammise guardandoli.
"Non ci vuoi qui?" Chiese Emmanuelle.
"Io vi vorrei sempre qui con me." Affermò la donna. "Ma voi avete tre opzioni di scelta. Potete restare qui con me, allora sceglieremo una scuola a Londra che potrete frequentare, oppure potrete frequentare le scuole in Lussemburgo le stesse che frequentano i vostri cugini Louis e Luke, ho ancora potreste frequentare la scuola che ha scelto vostro padre per voi dai 14 anni ai 18 anni." Disse infine.
"Nostro padre ha scelto anche le scuole superiori?" Chiese sorpresa Elizabeth
Sapphire annuì. "Sì, vostro padre vi ha iscritto ad una scuola americana, non so il perché di questa scelta. Però da prima della vostra nascita, eravate iscritti a una scuola di Boston. Probabilmente la scelta è dipende dal fatto che molti dei vostri zii hanno frequentato Harvard." Suppose.
"Aspetta." Disse schietta Elizabeth. Dei tre era sicuramente quella più impavida, senza paura di doversi esporre. "Vuoi dire che noi potremmo andare a vivere in America?" Le chiese dubbiosa.
Sapphire la fissò attentamente. "Sì, potresti andare a studiare in America."
"Non siamo mai stati fuori dalla nostra comfort zone." Affermò Edward, sapeva che sua madre aveva dei limiti. "E improvvisamente ci mandate in America, comprendo che sia un collegio però sarebbe strano darci tanta libertà, sei sicura di quello che stai dicendo?" Le chiese.
Sapphire sospirò. "Purtroppo sì, ma sono le ultime volontà di vostro padre. Non ho potuto rifiutarle ed è il motivo per cui ve ne sto parlando. Tuttavia, per me potete non andarci è una vostra libera scelta." Ammise. "È una promessa e una concessione che io ho fatto a vostro padre, non voi." Spiegò evitando di dire ai gemelli che Thomas e i suoi fratelli a quindici anni avevano iniziato a fare vacanze estive da soli con gli amici in giro per il globo.
"Siamo noi a dover decidere giusto?" Chiese Emmanuelle.
Ancora una volta Sapphire annuì. "È una scelta vostra sì. Se decidete che volete andare a Boston chiederò a uno dei vostri fratelli di accompagnarvi." Le rispose. "Avete altrimenti altri due opzioni, io mi sono già informata su alcune scuole superiori inglesi che potrebbero accogliervi."
"Tu quale hai frequentato mamma?" Le chiese Emmanuelle.
Ella sorrise. "Io sono stata in Svizzera fino ai 18 anni. Solo dopo la separazione da Andrew ho deciso di iscrivermi in una facoltà della London university, questo perché prima mi era stato impedito di farlo da Andrew." Rispose sincera.
"Quindi non seguiremo una scuola della tradizione di famiglia semmai restassimo qui." Affermò Elizabeth.
"Quindi non sapremo come potremmo essere accolti." Affermò l'altra gemella.
"Sarete accolti come dei normali studenti tra tanti." Disse loro Samuel.
"Il Lussemburgo non sarebbe così, perché nonostante non abbiamo il titolo di granduca, siamo comunque riconosciuti come figli di Stephan Nasseaux." Affermò Emmanuelle.
"Sì sarete liberi di essere dei normali ragazzi solo qui a Londra o a Boston." Affermò la madre.
"Posso pensarci?" Le chiese Elizabeth. "Perché l'idea di andare a Boston mi attira molto." Disse alla madre. "Dimmi, dobbiamo decidere tutti e tre o possiamo fare delle scelte individuali?" Le chiese infine.
"Ognuno può decidere per sé." Affermò Sapphire. "Penso che siate abbastanza grandi da poterlo fare."
"Bene perché io penso proprio che andrò a Boston." Le disse Elisabeth guardando i due gemelli. "Voi me lo permetterete vero? L'America è un sogno di tutti e come appunto dice la mamma lì vicino c'è Harvard."
"Anche Durham è una bella università e si trova qui in Inghilterra." Affermò Edward.
"Io capisco che tu voglia seguire le orme del granducato, fare l'Accademia militare e l'Università di Durham come papà. Io però non sono un uomo, non voglio diventare un soldato e soprattutto non voglio studiare a Durham, sarebbe l'ultima delle mie scelte. Semmai andrò all'università sceglierei Harvard o Cambridge o la London university. Voglio sognare in grande e per sognare in grande non posso restare in Lussemburgo." Affermò.
"Sentite." Disse loro Sapphire. "Avete almeno un altro mese di tempo per decidere, sappiate che ovunque vogliate andare io i vostri fratelli vi saremo sempre vicino."
"Soprattutto perché noi avendo dieci anni in più di voi potremo essere delle guide." Affermò Thomas. "Possiamo venirvi incontro e in previsione dell'università potremo consigliarvi. Ma ovunque voi andrete, noi ci saremo sempre per voi. Ma appunto dovete essere voi i fautori del vostro destino, decidete cosa volete fare e noi vi appoggeremo."
"E e sosterremo." Disse loro Joel. "Ovunque andrete saremo sempre un noi. Guardate me che studio a Monaco, ci sono e ci sarò sempre." Disse loro indicando Thomas, Samuel e Diamond. "Tutti noi stiamo seguendo il nostro percorso, voi avete tre scelte. Ma anche una quarta se avete intenzione di studiare altrove basta che ce lo diciate." Affermò Joel.
"Siate liberi di fare ciò che volete, io lo comprenderò. Disse Sapphire ai figli.
Ai gemelli non restò quindi che decidere cosa effettivamente volessero fare del loro futuro, avevano 14 anni ed era ora di avviarsi verso il loro futuro.
Ci pensarono tanto, ne discussero un bel po' anche se Elizabeth sembrava sapere già cosa volesse fare. Anche Emmanuelle aveva un'idea, ma come sempre si teneva per se i suoi desideri e assecondava ciò che dicevano gli altri. In realtà l'idea di andare a Boston le piaceva molto più che a Elisabeth. Ma se Elisabeth voleva andare a Boston e abbandonare tutti i tabù che le erano imposti, al contrario sua sorella Emmanuelle sembrava propensa a restare in Europa e rimanere in Lussemburgo, per preservare le sue radici.
Edward era incerto, non sapeva cosa voleva fare. Fino a quel momento era sicuro di dover seguire lo stesso cammino di suo padre, però egli aveva deciso per loro che dovevano andare via dall'Europa.
Edward era quello che si faceva più domande, perché una decisione del genere? Ne parlò con i fratelli e con la madre, con gli zii. Ma tutti gli diedero la stessa risposta: non lo so.
Thomas gli disse in modo evasivo che forse dipendeva da lui.
Solo Sapphire fu più esaustiva, gli disse che probabilmente dipendeva dai legami che suo padre si era creato rivelandogli che a Boston viveva anche il padre di Thomas.
"Non so se dipenda da questo." Affermò la donna al figlio quando furono soli. "Però il papà di Thomas e Diamond vive a Boston. Posso però dirti che tutto ti sarà rivelato all'età di 18 anni. Sai,vostro padre ha lasciato una lettera a ognuno di voi da consegnarvi al vostro diciottesimo compleanno. Probabilmente vostro padre ha aspettato che raggiungesse un'età abbastanza matura per poter comprendere ciò che voleva dirvi."
"Quindi papà ci ha lasciato una sorta di eredità?" Le chiese.
"Tutto quello che ha fatto e le decisioni che ha preso per voi sono la sua eredità." Disse Sapphire. "Se ti rendi conto, tuo padre ha tracciato un cammino per te che non fosse il suo. Tu stai facendo di tutto per percorrere le orme di tuo padre fare l'Accademia militare e anche l'Università di Durham, ma lui ha scelto un altro cammino per te. È probabilmente un modo per dirti di essere te stesso e non lui." Rivelò Sapphire preoccupata. "Edward, io ti amo come amo i tuoi fratelli, e ho amato moltissimo tuo padre. Proprio per questo tu non devi essere il suo sostituto! I tuoi zii, Pierre, Jean Marie ed Élene non ti chiedono di sostituire il loro fratello. Ti chiedono di essere un buon nipote, un cugino e anche un principe. Però sappiamo che tu sei tu eti amiamo a prescindere. Quindi prenditi tempo e decidi con calma cosa tu voglia fare del tuo avvenire." Gli consigliò. "Inizia a frequentare una scuola generica, che sia qui a Londra, in Lussemburgo o a Boston non prendere già decisioni affrettate. Per le specializzazioni c'è l'università, ma non decidere già da adesso quale deve essere il tuo destino. Non è detto che tu debba essere un soldato al servizio dello Stato del Lussemburgo. Probabilmente, come tuo padre, non sei neanche propenso a combattere o essere un soldato. Stephan è stato obbligato, non era un soldato per scelta. L'ultimo dei suoi pensieri era di addestrare delle persone alla violenza, i suoi enti benefici parlano per lui. Tuo padre era un diplomatico anziché un guerriero." Gli rivelò. "Non credere che solo perché lui abbia percorso quel cammino, fosse ciò che voleva. Quindi fa ciò che ritieni sia più giusto per te." Concluse la donna.
"A Boston c'è il MIT!" Affermò il giovane.
"MIT?" Chiese curiosa Sapphire.
"È l'università di ricerca e tecnologia del Massachusetts, la migliore in questo ambito a livello mondiale." Le spiegò.
"È ciò che vuoi fare?" Gli chiese curiosa Sapphire.
"Non io! Ma conosco una persona propensa alla materia, ma che si nasconde sempre perché pensa che non approvino le sue scelte, perché è una ragazza e le donne non vanno dietro ai robot." Affermò lui.
"Che sciocchezze." Disse Sapphire con un sorriso. "Partirai per Boston per lei allora."
"Ma non ora, vorrei provare la Eton school, come Thomas. Elisabeth sta battendosi per andare a Boston però." Affermò il giovane. "Insieme riusciremo a convincerla."
"Anche lei pensa di dover adempire a un dovere?" Gli chiese Sapphire.
Lui annuì. "Mi chiedo come tu abbia fatto ad avere due figlie così diverse di carattere. Diamond per esempio è equilibrata sia responsabile che impavida. Ma Elisabeth ed Emmanuelle sono gli opposti."
"Sono due lati di me, prima ero molto coraggiosa, affrontavo tutto senza paura. Poi dopo aver conosciuto Andrew ho iniziato a vivere nel terrore, mi sottomettevo a tutto, accettavo il mio destino senza lottare."
"È stato un cancro in forma umana." Le disse Edward abbracciandola.
"Distruttivo come quello che ha causato la morte di vostro padre. Ma più corrosivo perché io potevo scacciarlo, non ho avuto il coraggio di affrontarlo e liberarmene." Ammise Sapphire.
Il giovane sorrise alla madre. "Io ti ho sempre vista forte e orgogliosa, remissiva quando serve. Una guerriera per tutti noi, ti sei battuta tanto e meriti di essere un po' più felice mamma." Le disse il ragazzino.
Ma Sapphire non rispose. In cuor suo sapeva di essersi lasciata perdere la felicità con Thomas e quando l'aveva trovata in Stephan di nuovo le era stata tappata via. Probabilmente, non meritava di essere un po' felice.
"Adesso che divorzi...." Sussurrò Edward. "Incontra una brava persona come papà. Te lo meriti mamma." Le disse allontanandosi da lei.
Così con queste premesse i gemelli trascorsero
insieme le vacanze estive. I nonni vivevano su una graziosa isola nelle Highlands, era parecchio isolata e Internet andava e veniva, ma almeno potevano passare le vacanze coi fratelli, che andavano e venivano, e la madre.
Ad agosto, prima che iniziasse la scuola i gemelli tornarono in Lussemburgo con la madre. Trascorsero un altro po' di tempo insieme anche con gli zii ed i cugini. Elisabeth ed Emmanuelle sarebbero andate in America e non sapevano quando si sarebbero ritrovate con Luis e Luc i loro cugini coetanei.
Luis quell'anno avrebbe frequentato il liceo privato di Lussemburgo, mentre Luc sarebbe andato alla scuola internazionale Saint Michel. Joesphine ed Emanuel, i più grandi, invece avrebbero iniziato a studiare rispettivamente a Harvard e e Durham. In funzione di ciò Elisabeth ed Emmanuelle, sarebbero state accompagnate da Josephine a Boston.
"Andrò a trovarle spesso zia Saph. Non preoccuparti." Disse la giovane che non somigliava per niente alle due. Aveva infatti i capelli scuri di Amelie e gli occhi verde grigi di Pierre, oltre ads essere una spanna più alta delle gemelle ovviamene.
Il jet privato del gran ducato, accompagnò Josephine e le due adolescenti a Boston l'ultima settimana di agosto, contemporaneamente Sapphire tornò a Londra con Edward.
Una volta a Boston Josephine portò le gemelle alla Latin Boston. Con sorpresa le tre scoprirono che si trattava di una scuola pubblica, rinomata ma pubblica. A differenza di Josephine, le gemelle esultarono, scuola pubblica aveva più significati, non avrebbero dormito lì, quindi non sarebbero state segregate in un collegio. Non avrebbero indossato delle divise, qui si potevano vestirsi come meglio volevano.
"Vi prego, potreste non compiacervene?" Chiese Josephine bussando alla segreteria. "Credevo avesse un tetto sotto quale stare e qualcuno che vi sorvegliasse." Affermò la giovane terrorizzata.
"Pensa positivo. Papà sapeva ciò che faceva." Le rispose raggiante Elisabeth. Dei tre era la più esuberante, quella che non si nascondeva e affrontava tutto senza filtri. Aveva fiducia in suo padre e lui a quanto pareva, ne aveva avuta in loro tre.
Quando risposero al citofono Josephine tirò un sospiro di sollievo. Furono accolte da una donna di circa cinquant'anni, che sentiti i loro nominativi le portò nella stanza del direttore.
"Sono arrivate le studentesse europee signore." Le presentò la donna congedandosi.
Una volta nella stanza arredata in stile classico, Elisabeth si fece avanti per lei e sua sorella. "Buongiorno, sono Elisabeth Martha Nasseaux. Da quest'anno io e mia sorella Emanuelle siamo studentesse di questa scuola."
L'uomo guardò entrambe da sotto le lenti rotonde e prese un fascicolo che aveva a portata di mano. "Buongiorno a voi mademoiselle. Mi risulta in realtà, che dovreste essere in tre." Disse aprendo la cartella.
"Nostro fratello per ora ha deciso di non frequentare qui a Boston." Rispose sempre Elisabeth.
"Comprendo." Disse l'uomo porgendo dei fogli alle ragazze. "Allora per il momento vi conviene acquistare i libri solo per voi. Sicuramente monsier Armand avrà già provveduto, quando ci siamo sentiti a fine luglio gli abbiamo mandato la lista dei libri e il materiale per l'inizio della nona classe."
Elisabeth annuì intanto che sbirciava sul foglio. Quindi quella non era la lista dei libri? E cosa c'entrava l'assistente di suo padre? Era convinta Elisabeth che Armand fosse in Lussemburgo.
"Qui c'è scritto che le lezioni iniziano questo lunedì." Sussurrò Emmanuelle.
Elisabeth strabuzzò! Mancavano quattro giorni all'inizio della scuola!!
Il preside assentì rivolgendosi ad Emmanuelle. "Sul foglio che vi ho dato troverete oltre gli orari, anche i giorni festivi, la classe dove siete ubicate e una mappa della scuola così che possiate orientarvi. Come richiesto dal granducato di Lussemburgo, siete in classi diverse, Elisabeth avrebbe frequentato con Edward che al momento non c'è. Ovviamente, sempre come da richiesta non faremo sapere a nessuno il vostro rango nobiliare. Sui fascicoli che vi ho lasciato troverete anche le varie attività di cui dispone la scuola e i club sportivi." Riferì il dirigente. "So che mademoiselle Elisabeth si diletta nella scrittura, le ho inserito l'opuscolo del club scolastico di giornalismo, mentre ad Emmanuelle ho inserito quello del club di musica, a entrambe ho inserito l'opuscolo del club di basket, so che svolgete attività di di arti marziali e tennis. Ma per questo non posso accontentarvi."
"Scusi signor preside." Intervenne Josephine. "Dal momento che sembra così preparato sulle mie cugine." Disse con un colpetto di tosse. "Sa dirmi anche dove dormiranno?"
L'uomo guardò tutte e tre le giovani per poi rivolgersi a Josephine. "Io ho avuto istruzioni per la didattica. Credo sia giusto, in riferimento agli alloggi dei Nasseaux che ne parliate con Armand." Le rispose congedando le.
"Grazie mille signor preside. Ci rivediamo lunedì allora." Lo salutò Emmanuelle con un inchino. Dopodiché si trascinò via la gemella.
Una volta fuori Elisabeth ancora borbottava di non essere pronta a iniziare le lezioni, mentre Josephine si dava disperata per l'assenza di un dormitorio in quella scuola.
Fortunatamente l'attacco isterico della cugina fece tornare in sé Elisabeth che si scambiò un'occhiata complice con la sorella. Prese il cellulare e senza porsi problemi chiamò l'assistente del padre.
"Bonjour Armand." Lo salutò mettendo il viva voce .
"Mademoiselle, bonjour. Comment ça va? Il viaggio come è andato?"
"Ça va bien Armand. Il viaggio è andato benissimo, siamo state anche a scuola e abbiamo appena finito di parlare col dirigente." Lo informò Elisabeth. "La scuola ci piace molto, anche se abbiamo visto poco per ora."
"Avrete modo di prendere confidenza mademoiselle." Affermò il segretario. "Siete già state ai vostri appartamenti?" Chiese prima che le ragazze potessero esprimersi.
"Non ancora! Non sappiamo dove andare." Ammise Emanuelle.
"Non avete trovato una Bentley all'aeroporto?" Chiese sorpreso Armand.
"Una Bentley?" Chiese Josephine guardandosi in giro. "Com'è fatta?"
"Dovrebbe essere scura. Il marchio ha due ali laterali e un cerchio centrale con una B." Spiegò l'assistente.
"È un auto da fighi?" Chiese Elisa.no perché se come sto dicendo io allora è parcheggiata poco poco distante dalla scuola.
"È un'auto da fichi mademoiselle." Rispose Armand. "Avvicinatevi, dovrebbe esserci un uomo al suo interno, si chiama Keller. Tobias Keller." Le istruì
Al che le ragazze obbedirono e lentamente si avvicinarono all'auto, anche se fu Josephine a bussare al finestrino del guidatore. Dopo un po' questo si abbassò rivelando la presenza di un uomo di circa quarant'anni, aveva una carnagione olivastra occhi e capelli scuri e un fisico tonico nonostante l'età.
"Posso aiutarla?" Le chiese l'uomo
La ragazza annuì. "Scusi sto cercando Tobias Keller sa dirmi per caso se lo conosce o è in auto con lei?" Gli chiese Josephine
L'uomo annuì. "Tobias Keller è mio padre, mi ha spiegato la situazione ed ho deciso di venire io al suo posto. Mi ha detto che si era impegnato a tutelare degli adolescenti qui a Boston per conto di mia madre." Spiegò l'uomo. "Ma lei è venuta a mancare e mio padre è anziano, per cui se non ci sono problemi, penserò io a voi." Riferì guardandola scettico. "Anche se mi aspettavo una ragazza più piccola." Ammise.
La giovane arrossì. "No, mi scusi io ho accompagnato le mie cugine." Spiegò la ragazza. "Ma siamo sicuri che lei sia un Keller? Ha un documento di riconoscimento per caso? Le dispiace se le passo Armand al telefono?" Chiese facendo domande a raffica la giovane.
Thomas la fissò piacevolmente colpito. Era ci te ti che la giovane fosse prudente e non si fidasse del primo arrivato, soprattutto quando c'erano di mezzo dei minorenni.
Presi il portafogli e ne tirò fuori la patente. "Sono Thomas Edgar Keller, il figlio di Tobias e posso parlare con chiunque voi volete." Affermò.
Al parcheggio Josephine dopo aver controllato il documento, fece avvicinare le due ragazze che ancora erano in linea con l'assistente di Stephan. Quando arrivarono la maggiore prese in mano la situazione.
"Armand, qui c'è Thomas Keller. Dice che suo padre ha la tutela delle ragazze, ma che sarà lui a occuparsene. Cosa devo fare?" Chiese la giovane.
"Buongiorno signor Keller." Lo salutò l'assistente in modo referenziale. "Tobias mi aveva rassicurato che le ragazze avrebbero avuto una sistemazione lì a Boston."
"Salve Armand, è un piacere conoscerla. Mio padre mi ha raccontato la situazione prima di uscire, per questo ho tardato. Ho saputo che questa era un impegno che si è presa mia moglie Marina prima di venire a mancare."
"Sì signore. È un accordo che risale a quindici anni fa." Confermò l'assistente.
"Bene, per questo mi sono dato disponibile a gestire io le ragazze durante la loro permanenza a Boston. Mia figlia ha la loro stessa età so che non è facile gestire gli adolescenti. Mio padre ha quasi settantacinque anni, per questo vorrei occuparmene io. Spero non ci siano problemi se saranno sotto la mia responsabilità." Concluse Thomas.
"Sua moglie Marina ci aveva avvertito che lei sarebbe stato disponibile ad aiutarci signor Keller. Per noi va bene anzi la ringraziamo infinitamente della sua gentilezza." Rispose Armand.
Al che alle ragazze non restò altro da fare se non caricare i trolley nella Bentley.
"Rafael scendi e aiutale." Disse Thomas rivolto a qualcuno in auto.
Le ragazze non compresero fino a quando dalla macchina non uscì un ragazzo di circa diciotto anni, capelli neri portati a caschetto, fisico dinoccolato, non lo videro in volto fino a quando non le raggiunse e prese a tutte e tre le valigie.
"Sedetevi pure dietro, ci penso io alle valige." Disse il giovane.
Le tre rimasero abbagliate dalla sua bellezza insolita. La sua carnagione era particolare, scura, ma non nera o mulatta, o come quella del signor Keller. Gli occhi erano a mandorla, aveva un viso ovale leggermente squadrato, un naso orientale e i capelli neri erano tenuti lunghi fin sotto le orecchie ed era bello. Ciò che colpiva di più erano però gli occhi grigi scuri, come quelli del signor Thomas, ugualmente gentili come i suoi c'era però una luce intensa che nessuna delle tre seppe definire. Però era bello, incredibilmente bello. Emma ed Elisa che fino ad allora avevano frequentato una scuola femminile ne restarono molto colpite. Anche lui fissava loro tre, molto intensamente, ma non sembrava colpito quanto loro.
Perché avrebbe dovuto? Penso tra se Elisabeth. Lui era un gran bel ragazzo, l'uomo che guidava, il signor Keller, anche era un uomo bellissimo. Lei ed Emma erano praticamente due ragazzine comuni. Sospirò salendo in auto, era una fortuna iniziare a frequentare una scuola mista e pubblica. Sicuramente le sue aspettative sarebbero scese.
Dopo un po' il ragazzo chiamato Rafael le raggiunse in auto e diede una pacca sulla spalla del signor Keller.
"Puoi partire vecchio." Affermò.
"Chiamami ancora vecchio e ti darò una sonora punizione." Rispose Thomas.
Partì e una volta in strada lanciò uno sguardo nello specchietto retrovisore. "Mio padre mi ha detto che vi è stato comprato un appartamento qui nei pressi della scuola. Josephine tu quanti anni hai? Frequenterai l'accademia?" Chiese Thomas alla più grande delle tre.
"Io andrò ad Harvard quest'anno signore. Ho diciotto anni." Rispose la giovane.
"Capisco, complimenti per il traguardo raggiunto." Le disse Thomas per poi rivolgersi alle due gemelle. "Ragazze in tutta coscienza non posso permettervi di vivere da sole, avete quattordici anni e non ci sono adulti che vi controllano." Affermò. "Verrete a stare da me, al mattino Jared vi porterà a scuola con mia figlia Micaela. Stanze ce ne sono, per lasciarvi un po' di privacy però vi metto nella dependance vicino la piscina." Disse decidendo in poco come gestire le ragazze.
"Non possiamo accettare signore. Abbiamo una casa." Affermò Emma.
"Avete una casa di cui potrete usufruire a sedici anni, forse, fino ad allora restate da me." Affermò lui deciso.
"Nooo!" Esclamò all'improvviso Rafael. "Ti prego, fammi andare a Oxford. Ho passato l'ammissione, i miei voti sono altissimi e mi hanno assegnato a ben tre collegi."
"Sbaglio o ti hanno ammesso anche qui ad Harvard." Disse Thomas.
"Ti prego papà. Lasciami andare..." disse supplichevole, poi passando dall'inglese al tedesco continuò. "Se ci sono loro due voglio andare via. Una delle due è come te, anzi peggio. Non riesco a leggerla." Ammise scosso.
"In che senso non riesci a leggere?" Chiese Elisabeth.
Rafael scattò sulla sedia fissandola stupito. "Parli tedesco?" Chiese
"Francese, italiano, tedesco e inglese. Sai è scostumatezza cambiare lingua per non farsi sentire." Lo riprese.
"Eli!" L'ammonì Emma.
"Niente Eli! Non farò finta di nulla, tu..." disse Elisa puntando il dito a Rafael. "Un po' di rispetto, si raccoglie ciò che si semina."
La risata di Thomas riempì l'abitacolo. "Scusaci, Eli? Rafael vuole andare a studiare a Londra e fa di tutto per convincermi." Disse l'uomo intanto che la Bentley varcava un maestoso cancello.
Le ragazze furono distratte dal giardino curato che circondava la grande casa. Era in stile classico, di tre piani, si estendeva sui due lati mostrando che c'erano almeno dieci stanze per piano. Alcune finestre erano chiuse, altre invece erano aperte e mostravano delle tende che svolazzavano alla lieve brezza estiva. Il giardino era senza pretesa, qualche siepe formava delle figure animali, un paio di fontane si alternavano con esse, alcuni roseti spogli completavano l'arredamento minimalista dell'esterno.
"La piscina si trova dietro la casa e accanto ad essa sul versante ovest c'è la dependance." Spiegò Tom.
"Sul versante est si trovano i camerini e le docce per gli ospiti nel caso vogliate usufruire della piscina." Le informò Rafael.
Le ragazze annuirono. Arrivati accanto all'ingresso Thomas posò la Bentley accanto a una Maserati grigia e scese seguito a ruota da Rafael che andò a prendere le valige e le tre ragazze.
"Benvenute alla lady Amalia. Vedrete che starete bene." Disse loro aprendo la porta.
Kate, una governante di quasi sessant'anni, era già lì ad accogliere le ospiti. "Miky sta aspettandovi, non vede l'ora di conoscere le nostre nuove ospiti. Benvenute ragazze."
"Grazie. Io sono Elisa e lei è la mia gemella Emma." Si presentò Elisabeth.
"Io sono Josephine, potete chiamarmi Josie però. Piacere di conoscervi e grazie per l'accoglienza."
"Partirò." Sussurrò Rafael a suo padre qualche passo più indietro.
"A Oxford c'è Tom. Gli dirò di darti un occhio."