Anime & Manga > Saint Seiya
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Autore: Deliquium    25/09/2009    2 recensioni
Immaginate che il Fato decida, casualmente, di mescolare le carte in un modo diverso e immaginate quindi che sul tavolo da gioco, vengano messe giù altre carte. Alcune sono uguali a quelle che conosciamo, altre invece non sono mai state giocate prima d'ora. E immaginate, pertanto, che la storia così come la conosciamo, venga rinarrata nuovamente. E’ simile, ma allo stesso tempo diversa…
Le situazioni sono destinate a compiersi, ma non allo stesso modo…
Il filo del destino viene lentamente dipanato lungo l’asse del tempo verso, forse, un nuovo epilogo.
La storia è incompiuta. La nuova versione è in corso di pubblicazione con il titolo "Sincretismo"
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gemini Saga, Pegasus Seiya, Saori Kido, Scorpion Milo
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Sia fatta giustizia e perisca pure il mondo

[ III ]


7. Ricordi all'ombra degli ulivi.

Il giardino degli ulivi, luogo sacro alla divina Atena, era immerso nella calda luce del tramonto. Il sole, basso e indebolito dalla sua attività giornaliera, resisteva ancora all'orizzonte, e le fronde degli alberi, posizionate in controluce, arabescavano la sua superficie pallida.
L'odore era intenso e penetrante. Un odore che poteva non piacere, ma che lui adorava, perché era il profumo della sua amata Grecia.
All'ombra di un grande ulivo, Atena sedeva in raccoglimento. La brezza le smuoveva delicatamente le ciocche castane e giocava irriverente con l'orlo della sua candida veste.
Aiolos la raggiunse, percorrendo il piccolo sentiero che dal cancello principale si snodava attraverso tutto il giardino.
Abbagliato dalla sua aura divina, la guardò rapito per alcuni istanti.
Una dea, la sua dea.
Zoe, appollaiata al ramo più basso, lo fissava arcigna e Aiolos accortosi di quel penetrante sguardo paglierino, abbozzò un sorriso. Per tutta risposta, Zoe gli riservò un frullare d’ali, invero piuttosto indispettito.
Atena aprì gli occhi e lo guardò.
Lui rimase in silenzio. Lo sguardo della sua dea era adombrato da una tristezza lontana ed egli aveva imparato, con il tempo, a decifrare ogni impercettibile variazione d'espressione sul suo divino viso.
«Tu credi che il Tempo abbia il potere di cancellare il dolore, mio buon Aiolos?» domandò lei, tutt'ad un tratto, adocchiando il cielo.
Aiolos distolse lo sguardo. I suoi occhi scrutarono per qualche momento le fronde brune degli alberi, prima di tornare a guardare la dea.
«Non lo so, divina Atena. So solo che esistono dolori talmente profondi che lo scorrere del tempo non riesce a scalfire...»
«Sì.» sussurrò lei, consegnando al vento quella sillaba leggera. «Lo sai che io avevo un'amica?»
Aiolos non assentì, né negò, limitandosi a guardarla attentamente.
La dea continuò.
«Sì, ormai è parte della leggenda. Penso che l'amicizia sia una cosa molto bella, tu non trovi, Aiolos?»
«Sì, divina Atena.»
La dea annuì, pensierosa. Una mano scivolò lenta a lisciare una piega del bianco peplo.
«Tuttavia.» riprese «A volte, sono proprio gli amici più cari a farci del male.»
Lui continuava a tacere. Il suo sguardo, fisso sul volto della dea, scorgeva appena ciò che stava oltre: le nere cime degli alberi e un cielo indaco spruzzato di fuoco.
«Eppure...» continuò la dea, parlando quasi a sé stessa. «Non si può fare a meno di loro e quando essi ci abbandonano, si portano via anche una parte di noi stessi. Questo sentimento non è comune a un dio, anzi, gli dei rifuggono da ogni sentimento d’amore e d’amicizia. Li considerano troppo umani ed è questa la loro debolezza … Io, invece, sono contenta di aver scelto la vita sulla Terra e sono contenta di aver abbracciato sentimenti nobili come l’amicizia. Ironico, che una divinità possa essere così stupida da perdere ciò che considerava prezioso come il suo stesso occhio.»
Tese la mano davanti a se, come se stesse cercando di afferrare qualcosa. La luce del sole al tramonto si irradiava lungo i contorni delle sue dita allargate in controluce.
«Ed ora...? Che cosa mi resta ora di quel nobile sentimento, se non rendere il suo nome immortale, accanto al mio?»
Rise Atena. Una risata bambina che si espandé attorno a lei. Ma non c'era gioia in essa, solo una profonda amarezza.
«Scusami, mio buon Aiolos, ma ultimamente il mio passato sembra tornarmi in mente molto spesso. Ti ringrazio per avermi ascoltata...»
«Nobile Atena, ascoltarvi è per me un dovere e un piacere.» si affrettò a dire Aiolos.
Atena piegò le labbra in un dolce sorriso.
«Tuttavia, non credo che tu sia venuto qui solamente per ascoltarmi, non è vero Aiolos?» domandò retoricamente la dea, mentre tendeva la mano verso Zoe.
«No, nobile Atena. Sono qui per mettervi al corrente a proposito della questione americana!»
«Molto bene. Ti ascolto.» lo invitò la dea, apparentemente concentrata sulla sua civetta.
«Da quanto mi ha riferito Aiolia, il responsabile dell'incidente era, come avevamo presupposto, un guerriero decaduto. Sembra che egli, non essendo riuscito ad ottenere l'investitura, abbia deciso di compiere quell'attentato.»
«E perché lo avrebbe fatto?»
«Per costringerci ad inviare un Saint contro il quale combattere.»
Un'espressione severa occultò la serenità della dea.
«Imperdonabile!» assentì, corrugando le sottili sopracciglia.
Aiolos annuì.
«La situazione ora è stata risolta, Aiolia è riuscito a sconfiggere quel guerriero e a riportare le cose alla normalità... Tuttavia...»
«Tuttavia...» lo incalzò la dea.
«Sembra che il negoziatore sia morto.» continuò, abbassando lo sguardo.
«Come? Morto?» esclamò la dea, sollevando di scatto il capo verso di lui.
«Sì. Non conosco i dettagli, ma questo è ciò che mi ha detto Aiolia.»
«Ho capito. Immagino che avesse famiglia... Occupatene tu, Aiolos.»
Aiolos chinò il capo in segno d'assenso, mentre la dea, preceduta da una rinvigorita Zoe dalle prime luci notturne, s'apprestava a lasciare il giardino, avviandosi lungo il sentiero.
«Divina Atena, aspettate. C'è ancora qualcosa che devo dirvi.»
La dea si voltò, mentre Zoe con un volo semi circolare andò a posarsi su uno dei rami più bassi.
«E' stata da me Marin di Eagle. Vi chiede se sia possibile permettere a Seiya di tornare a Tokyo per un breve periodo. A quanto pare, quel ragazzo ha delle questioni private da sistemare.»
«Sì, lo so. Seiya ha una sorella da cui è stato separato prima di venire qui in Grecia. Immagino voglia andare a cercarla... Bene. Non ci vedo nulla di male... Questo è un periodo di pace e la sua presenza, qui al Santuario, non è indispensabile. Inoltre, ho già permesso al Dragone e ad Andromeda di recarsi da Mitsumada Kido.... Non vedo perché lo debba negare a Seiya. Provvedi ad informare Marin della mia decisione... Tuttavia, fa loro presente che non appena sarà richiesta la sua presenza, Seiya dovrà fare immediatamente ritorno insieme agli altri Bronze Saints.»
«Sì, divina Atena.»
«Ora, se non c'è altro che desideri dirmi, mi ritiro nelle mie stanze.»
«No, mia signora.» disse con un inchino.
Quando sollevò il capo, Atena e Zoe erano già scomparse oltre gli alberi.

8. Non è un mio problema.

A Seiya piaceva camminare per le rovine della vecchia arena, la sera, quando la maggior parte delle persone era già rientrata nei propri alloggi e in giro c'erano soltanto le guardie.
Là, però, era raro persino trovare qualche soldato ed era per questo che a Seiya piacevano. Se ne andava là, a bighellonare, interrogando le stelle con lo sguardo, assaporando l'aria frizzante della sera.
Quando, sette anni fa, era giunto in Grecia, non avrebbe mai immaginato che ce l'avrebbe fatta. Voleva l'armatura, ne aveva bisogno per tornare indietro e sbatterla in faccia a Kido e dirgli: "Guarda! Io ho fatto la mia parte. Adesso tu fai la tua!"
Erano tutti più forti di lui. Cassios, Demetro, Jack, Simon... sembravano tutti così bravi in tutto ciò che facevano...
Lui si allenava, e si allenava e si allenava, fino a quando non riusciva più nemmeno ad alzare un dito. Credeva che avere una donna come istruttrice fosse meglio, perché pensava, ingenuamente, che le donne fossero più dolci, più sensibili, ma si sbagliava.
Marin non gli aveva risparmiato nulla. Lo aveva tartassato, spremuto, mondato, rigirato come un calzino...
Più volte, era stato convinto di lasciarci le penne... come quella volta che Marin l'aveva messo su un precipizio, a fare le flessioni. Se cadeva, si sarebbe sfracellato al suolo.
Era così, Marin. Lo metteva sempre in situazioni tali per cui poteva solo "fare o morire".
Ma lui ce l'aveva fatta. Giorno dopo giorno. Aveva plasmato il suo fisico e il suo spirito ed era riuscito ad essere ammesso al Torneo per l'assegnazione del Cloth. Ora, poteva tornare in Giappone a cercare Seika, sua sorella. Con o senza l'aiuto di Mitsumada Kido.
Quel vecchio...
Aveva chiesto notizie su Kido a Marin. Voleva sapere se il nome del ricco duca giapponese fosse noto anche al Santuario, ma lei non gli aveva detto nulla. O non ne sapeva niente, o aveva avuto l'ordine di non parlare. Perché Seiya non era stupido... esuberante, precipitoso, incosciente, ma non stupido... E qualche tempo dopo esser arrivato ad Atene e aver visto con i propri occhi quel mondo segreto, chi erano i Saints ed era riuscito, addirittura, ad intravedere la bambina che era Atena, si era chiesto com'era possibile che un uomo comune, seppure della risma di Kido, fosse al corrente dell'esistenza di un simile luogo e sapesse del ritorno in terra di Atena.
Ma nessuno seppe mai dargli una risposta ...
Agli occhi della gente, Kido era stato un uomo che aveva raccolto in un orfanotrofio un centinaio di bambini. Aveva dato loro da mangiare, da vestire e aveva iniziato ad educarli.
Seiya, a quei tempi, non capiva perché quell'uomo tanto gentile, con la barba bianca, insistesse tanto a far imparare loro la mitologia, i classici e le arti marziali. Soprattutto, Seiya non capiva che legame ci fossero tra i miti, Omero, e il Kung fu! Gli sembravano manie da ricchi... Poi, ai suoi occhi, l'uomo tanto gentile divenne il vecchio malefico, perché tutti i nodi vennero al pettine e lui capì il senso di tutto... Kido stava solo aggiustando le sue palle da cannone per poterle sparare e fare più danni possibili... E di danni ne aveva fatti, eccome. S'era appropriato dell'infanzia di tutti loro e per cosa? Per una divinità a cui nessuno credeva più.
Ormai, il suo compito ad Atene era finito. Che se la vedessero gli altri. Quello non era certo un suo problema... Guerra, minacce provenienti da divinità degli inferi... Marin gli aveva parlato della Guerra Santa, di quella combattuta dall'ex Grande Sacerdote, Shion. Una storia, con risvolti drammatici, culminata nella morte di quasi tutti i Saints... Ecco, morire per la Giustizia, per un ideale... Nobile, non c'era dubbio. Ma lui aveva altro a cui pensare. Seika era da qualche parte... da sola. Forse era in pericolo, forse era... Scosse la testa. No, era impossibile, non voleva neppure pensarci...
Marin gli aveva fatto quel discorso sul destino e sul dovere di un Saint, poco prima di recarsi dal Gran Sacerdote.
Gli aveva dato del ragazzino, quando aveva affermato che Seika per lui aveva la priorità su tutto. E gli aveva detto che lui aveva ancora bisogno di capire cosa significasse essere Saint di Atena.
«Tu devi aver paura, Seiya. Ora sei un Saint e non potrai più sottrarti alla lotta... non puoi evitarlo. Loro ti verranno a cercare...» gli aveva detto, severa, poco prima di uscire.
«Loro chi?» aveva domandato lui, mentre le sue unghie si conficcavano nei palmi.
«Coloro che minacciano la giustizia. Tutte quelle forze che nel corso dei secoli si sono scontrate con Atena e i suoi Saints. Ora tu sei un Saint, Seiya e il tuo dovere è quello di lottare per Atena e per l'umanità. Prima capirai questo, meglio sarà per te...»

9. Un diritto da difendere.

Nella sua mente, aveva promesso migliaia di volte a sua sorella che una volta ottenuto il cloth sarebbe partito per cercarla.
Aspettare... Era stanco di aspettare. Aveva aspettato per anni di essere libero, e si era convinto che terminato il suo addestramento lo sarebbe stato. Non aveva mai preso in considerazione che una volta iniziato, quel percorso, non avrebbe mai potuto cambiarlo... Fato non gli avrebbe mai permesso di tornare indietro. Lui era stato scelto. Volente o nolente, doveva accettarlo.
Si sedette sulla base di una colonna distrutta. L'intero perimetro dell'arena, ridotto a macerie scomposte, conservava ancora gran parte della struttura originaria. Se chiudeva gli occhi, gli capitava di lasciarsi trasportare dall'atmosfera che permeava quel luogo e riusciva ad immaginare i valorosi duelli che erano stati combattuti nei tempi antichi.
L'attacco, che lo sorprese all'improvviso, lo costrinse a scattare in avanti, e ad atterrare con un balzo al centro dell'arena.
Si voltò di scatto.
Stagliata contro il cielo trapunto di stelle, un'esile figura aveva iniziato a scendere lentamente verso di lui. Riconobbe immediatamente in lei Shaina dell'Ofiuco e un'espressione sorpresa si dipinse sul suo volto.
«Si può sapere perché mi hai attaccato?!» domandò, arretrando di qualche passo.
Aveva vinto correttamente contro Cassios, era stato nominato Saint da Atena in persona... che altro voleva quella?
Shaina non gli rispose. Alzò il braccio, e a lui sembrò che volesse quasi artigliare l'aria... Poi, riuscì a distinguere solo l'inizio del suo movimento, e ancora prima di rendersene conto, era stato sbalzato via dal Thunder Claw.
Seiya sentì come se il suo corpo fosse attraversato da una potente scarica elettrica. Era la prima volta che sperimentava il celebre colpo dell'Ofiuco e dovette dare atto che la sua fama era tutta meritata.
Si alzò dolorante, conscio che se fosse stato colpito una seconda volta, difficilmente sarebbe riuscito a sopravvivere. Maledisse sé stesso per esser stato così imprudente da allontanarsi dagli alloggi senza il suo cloth, pur sapendo l'aria che tirava... Ma non avrebbe mai pensato che osassero attaccarlo anche dopo che era diventato un Saint.
Shaina era di casta superiore, lo sapeva, e non poteva permettersi di prendere uno scontro con lei tanto alla leggera.
Scattò verso di lei, e iniziò a colpirla ripetutamente, con il Ryuse Ken. Ma il suo colpo, che la mattina gli era valsa la vittoria contro Cassios, con Shaina non sembrava sortire nessun effetto.
«Sei ridicolo.» gli disse la Saint, mentre parava ogni suo colpo, con una semplicità umiliante. «Posso distinguere ogni tuo pugno. Posso persino contarli...»
Seiya non poteva crederlo. Gli sembrava che i suoi attacchi fossero molto più letali... ma Shaina era a un livello superiore. Aveva peccato di presunzione... gli era bastato battere uno come Cassios per montarsi la testa?
La Saint avanzò verso di lui.
«La tua vita è arrivata alla fine, Seiya. Ma prima, lascia che t'insegni una cosa. Se vuoi sconfiggermi devi riuscire a fare cento colpi al secondo... Così...»
L'attacco di Shaina fu terribile. Seiya sentì ogni singolo colpo, e l'impotenza di chi non poteva far altro che ricevere. Il suo corpo era come paralizzato, la sua vista non riusciva a distinguere nulla... Sentiva solamente il dolore, un dolore fortissimo... Per alcuni istanti tutto attorno a lui sembrò svanire.
Lo spasimo che sentì alla schiena gli fece capire di essere caduto da qualche parte... forse in un burrone...
Aprì gli occhi. Il cielo pieno di stelle era sempre lì, testimone di questa sua umiliante sconfitta. Era appena diventato Saint e non era stato neppure in grado di difendere il suo diritto a portare il nome di Pegasus.
Chiuse gli occhi. Non sarebbe stato male dimenticarsi di tutto e tutti... chi glielo faceva fare ad alzarsi... forse Shaina aveva ragione, forse non era poi così degno del cloth come pensava... forse avrebbe fatto bene a lasciare che fossero loro a sbrigarsela...
Gli venne da ridere.
"Sei così debole Seiya? Basta così poco alla tua convinzione per vacillare?"
Sorrise, amaramente. No, no che non bastava così poco. Certo che no. Lui era Seiya di Pegasus e lo sarebbe stato fino alla fine, con o senza il consenso di gente come Shaina.
Tentò di alzarsi e solo in quel momento si accorse di qualcosa al suo fianco.
«Il Pandora Box...» sussurrò, accarezzando il rilievo del cavallo alato.
"Come diavolo ha fatto a raggiungermi?" si domandò.
L'incombere di Shaina sopra di lui riportò immediatamente la sua attenzione allo scontro non ancora concluso.
Ricordava le parole di Atena quando lo aveva nominato Saint, il suo volto gentile... la fiducia che traspariva in quegli occhi azzurri come il cielo d'estate... Sentì un calore diffondersi nel suo corpo, e sentì le sue membra rinfrancate, come se i colpi che aveva ricevuto fossero ormai solo un ricordo lontano... Poteva farlo. Se ci credeva, lui poteva vincere... Il cosmo, quella forza primordiale che aveva sentito esplodere contro Cassios, sembrava esser ritornato ad incendiarlo.
Come aveva potuto dubitare? Come aveva potuto dimenticare la meravigliosa sensazione che aveva sentito in quei momenti?
Senza che se ne rendesse conto, la sua mano aveva già stretto la maniglia del Pandora Box e tirato verso di sé, liberando per la prima volta, il cloth di Pegasus. Era bellissimo. Candido e lucente come neve fresca illuminata dal sole.


Quando ho iniziato a scrivere questa storia, e ho abbozzato nella mia mente la personalità dei vari personaggi, pensando ad Atena, mi sono detta. Perché non fare un'Atena più Atena, che quindi, sia più vicina ai canoni classici? E così ho dato vita a questa dea, che passeggia in un giardino degli ulivi e ha una civetta per amica. E sarà molto più umana di qualsiasi altro dio, ma sarà pur sempre una divinità potente, verso la quale si inginocchia, e poi...
Ce l'ho tutta qua!!! *si batte il palmo sulla fronte ripetutamente*
Comunque, sicuro come l'oro, potete metterci una mano sul fuoco, che andrò OOC, ma ho dalla mia l'attenuante che la mia Atena è cresciuta al Grande Tempio, educata da Aiolos e...
Ergo, è tutto un programma!
Ah, ... Zoe non fa così solo perché è Aiolos. A lei non piace nessuno, a prescindere! Eccetto, Atena, ovviamente. :D
Al prossimo capitolo.
Engel

   
 
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