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Autore: kannuki    31/05/2005    4 recensioni
Maret è scappata un'altra volta e ha cominciato un'altra vita, la quinta per la precisione. Vive a Los Angeles e continua a fare il vecchio lavoro che non l'ha mai tradita. Una storia che tutti possono leggere, anche digiuni della saga precedente. Avviso per i vecchi lettori: la fict si riallaccia direttamente a LSF.
Genere: Romantico, Thriller, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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L’omicidio di don Vincenzo aveva scatenato un vespaio nella lontana Italia

L’omicidio di don Vincenzo aveva scatenato un vespaio nella lontana Italia. Si parlava di un regolamento di conti interno, dei cugini d’oltreoceano che si erano intromessi negli affari di famiglia e tante altre supposizioni che non trovano riscontro, alimentavano gli animi già piuttosto tesi. Nessuno aveva preso in considerazione l’operato sotterraneo e oscuro di Lennie Darco che si muoveva strisciando fra di loro, deciso a sterminarli tutti uno per uno.

 

Nessun ricordava l’esistenza di un tale Lennie Darco, e nessuno l’associava alla figura di don Tommasino, pentito e fetuso traditore.

C’era un Darco tanto tempo fa, ma non potevano certo essere parenti, perché per gli ‘amici’ don Tommaso era crepato in autostrada, saltando insieme a cinque chili di tritolo, etto più etto meno - ma chi li conta, l’importante è il botto finale - ben 26 anni fa e donna Giulia, con i piccirilli che ancora non andavano all’asilo, era sottoterra da tempo. 

 

Per cui Lennie era al riparo da ogni congettura: per gli ‘amici’, è solo unpiccoletto’ con una banda di poveracci locali che estorceva il pizzo ai commercianti e si atteggiava a gran signore - quello scugnizzo senza ne arte ne parte nella vita.  

 

Immaginate quanto faceva piacere al mandante di Maret una tale definizione. Aveva il vantaggio della sorpresa dalla sua e intendeva approfittarne fino all’ultima briciola.

 

***

 

“Ce la fai a farmene fuori due in una sera, Madeleine?”

 

La donna alza lo sguardo dalle foto dei due un po’ titubante: dovrà sbrigarsi se vuole riuscire a conciliare il lavoro in radio e le richieste di Lennie. Due...non ci riuscirà mai in così poco tempo!

 

Non accetta di non svolgere un lavoro così semplice e stringe le labbra, indurendo le guance. “Certo che ce la faccio!” esclama muovendo la bocca senza che il cervello le abbia dato il consenso di farlo. “Ma avrò bisogno di una macchina veloce e di un autista muto e fidato” 

 

Lui acconsente e Maret lo guarda ancora una volta dritto negli occhi. Quando è così deciso è tutta un’altra persona!

“Perfetto! Devo andarmi a preparare. Fammi venire a prendere alle due sotto il palazzo della Compaq. Sbotta alzandosi in fretta e facendo i calcoli a mente…dovrà essere veloce.. “raffinato?”

 

Lennie le fa un gesto annoiato con la mano “falli crepare nel modo peggiore che ritieni possibile”

 

Maret lo guarda stupita perché non l’ha mai visto così arrabbiato ma non dice nulla. Esce quasi correndo sperando che gli zigomi di resina siano pronti …e che quella macchina sia dannatamente veloce!

 

Alle due di notte, una scassatissima Ford si ferma sotto il palazzo. Maret è imbufalita e quando sale aggredisce il conducente, lo stesso della limousine.

“Questa vola” borbotta senza darle tanto peso, perché è esattamente quello che gli ha detto di fare il suo padrone e perché la giudica abbastanza insopportabile da prenderla a ceffoni.

“Fermati qui” gli ordina facendolo parcheggiare in una stradina buia.

Quando scende il conducente resta a guardarla...ma che cavolo…”sei la stessa rompicoglioni di prima?” le domanda stentando a riconoscerla dopo quella trasformazione.

“Si, stronzo!” sbotta semioffesa. “Spegni il motore e riaccendilo fra 3 minuti esatti!”

 

Primo omicidio: Bowling Treballs, ore 2:15

 

Testimonianza di Peter Cress, ore 2: 23 a.m.

 

‘Si, si...una  piccola afro americana. Si vi dico, quante volte ve lo devo ripetere? È entrata da sola e non aveva niente in mano, neanche la borsetta e mi è sembrato strano perché le ragazze di solito escono con la borsetta, cascasse il mondo.

Doveva avere un genitore bianco…quel naso non è propriamente negroide, era sottile, però era una bella figliola.

 

Testimonianza di Joeffrey Smith, ore 2: 33 a.m.

 

‘Già proprio una bella ragazzona! Bel seno, una terza abbondante su cui dormire sogni d’oro...ah, non vi interessa, scusate. Si, era nera e carina, sembrava una di quelle modelle dei cartelloni sugli autobus. Qualcosa di particolare? Boh, io ho visto solo quelle gran tette! E credetemi, le so riconoscere quelle al silicone! Quella era roba genuina al 100% !’

 

Secondo omicidio : Pizza Hut, ore 2:30

 

Testimonianza di Helen Parker, ore 2: 42 a.m.

 

“Il più bel ragazzo che abbia mai visto! Un po’ androgino, ho pensato subito che fosse un gay. Accidenti era così bello che non sono riuscita a rivolgergli la parola. Si, mi ha sorriso chiedendomi del bagno …si ,aveva un dente un po’ storto ma con un viso come quello chi ci fa caso? Altezza? Mah, non lo so…più alto di me. Io sono un metro e 50, quindi sono tutti più alti di me!

 

Testimonianza di Andrew  MacConagh ore 2: 45 a.m.

 

‘Non l’ho neanche visto.’

 

Maret tirò un respiro di sollievo quando entrò nella macchina strappandosi la parrucca dal taglio maschile che aveva indosso “andiamocene di corsa”

La sua voce era quasi una supplica e l’autista restò sorpreso vedendola rannicchiata sul sedile posteriore. “Sta bene?” domandò mettendo in moto e tenendo un regime basso.

“Come ti chiami?” gli domandò tenendosi il braccio.

Lee

“Bene Lee, fammi un favore. Parcheggia dove ti pare, al buio sarebbe meglio, poi..

La voce di Maret era affaticata e ansimava un pò dolorante. “Portami al pronto soccorso, poi prendi tutta questa roba e scaricala da Lennie. Tra un’ora ti chiamerò e tu ti presenterai come mio nonno” Maret lo guardò meglio e vide che non era poi così anziano “anzi, come il mio adorato papà tanto in pena per la sua figliola che non è rientrata dal lavoro al Caleb bar o un qualsiasi altro possedimento di Lennie.

Lee annuì gettandole un’occhiata dal lunotto posteriore “sarebbe meglio che mi fermassi prima. Ce la fa a fare la strada da sola? Due o trecento metri, non di più” 

“Che vuoi che siano..”sospirò esausta. “Non dire niente a Lennie, non voglio che si precipiti di corsa all’ospedale vanificando i miei sforzi”

“Dubito che riuscirei a tirarlo giù dal letto..Buttò lì per verificare le sue reazioni “aveva un appuntamento, stasera. Uno di quelli che un uomo non può fare a meno di accettare”

 

Maret restò in silenzio e dopo qualche momento parlò con voce atona “fermati qui”

Ma è lontano”

“Non importa, mi piace camminare”

 

Scese dalla macchina tenendosi il braccio che quell’ultimo testa di cazzo le aveva afferrato e stretto fino quasi a spezzarlo.

Camminò con la testa vuota ma allo stesso tempo pesante e quando arrivò all’ospedale, l’infermiere che la soccorse non mise minimamente in dubbio la sua versione dei fatti, perché quella povera ragazza che piangeva come una fontana, senza riuscire a smettere, non poteva certamente mentire affermando di essere stata scippata per strada da un tipo che aveva cercato di violentarla e le aveva quasi rotto il braccio.  

Maret piangeva a dirotto, non sapeva neanche lei il perchè ma continuava a farlo, scusandosi con l’infermiere che le sorrideva rassicurante e le passava l’ennesimo fazzoletto asciutto.

 

***

 

Perché le hai detto quella bugia?”

Perché no? Quando l’ho riaccompagnata a casa aveva gli occhi come due zampironi accesi… ti ho mai detto cazzate? Quella non piange a comando: stava piangendo sul serio!”

“Forse..”

Len, sei un bravo ragazzo ma non pò tonto con le donne.

 

Lennie lo guarda un pò titubante ammettendo la sua incapacità. “Ma stava bene?”

L’autista sospira divertito perché quel ragazzo che potrebbe essere suo figlio, si è già preso un’altra cotta spaziale per un’altra tipa irraggiungibile. “Si…un po’ depressa. Niente che non si possa risolvere con due coccole

“Quella è capace di spararmi, altro che coccole” mugugna pensando che quel disgraziato l’ha messo nei guai, dicendole quella fregnaccia.

 

La sera stessa suona alla sua porta e aspetta. Il testamento l’ho preparato? Dopo cinque minuti si stacca dalla porta, chiedendosi se non sia in casa o non voglia rispondergli di proposito. Non ha sentito il rumore dello spioncino spostato…potrebbe anche essere uscita.

Scende le scale lentamente, le mani in tasca e più sbuffante di un mantice. Quando arriva sul pianerottolo apre il portone ad una signora in evidente difficoltà.

Una vecchietta, pensa sfoderando un bel sorriso da bravo ragazzo e ritrovandosi di fronte una stupitissima Maret col braccio al collo e la spesa nell’altro.

Che cavolo ci fai tu qui?!” gli domanda arrabbiata  “che stress, non riesco mai a stare in pace! Sei il capo più rompicoglioni che abbia mai avuto!”

Lennie la lascia passare in silenzio vedendola dirigersi verso le scale “ero venuto ..

Sta parlando a vuoto perchè Maret è già salita di un piano. Quando se ne accorge, alza gli occhi al cielo per la sua scaltrezza e la capacità di intrattenere le donne e le corre dietro.

 

La fortuna vuole che le chiavi non entrino nella porta e al contempo la busta si laceri, facendo crollare l’esiguo contenuto a terra. Maret guarda il barattolo che rotola, con fare indifferente e la mano di Lennie che lo ferma e lo raccoglie al volo.

 

La guarda con un sorrisetto malizioso e Maret lo fulmina...o almeno ci prova. Con un sospiro e uno sbuffo d’irritazione lo lascia entrare in silenzio, dirigendosi verso la cucina. Gli toglie la lattina e fa un’altra smorfia verso di lui che sorride divertito.

Lo fissa per qualche istante…solo qualche secondo che basta a farle tornare la testa pesante e lo spinge verso la porta con decisione “hai visto che sto bene, fuori dai piedi”

“Perché non vieni a cena con me, stasera?”le domanda gentilmente sfuggendo alla sua presa.

“Ho appena fatto la spesa”

“Il pasto per il canarino?”

Maret lo guarda malissimo un’altra volta e irrigidisce la schiena “Non prenderti eccessive libertà con me”

Lei solleva gli occhi facendo finta di pensare e poi sorride “perché no?”

Perché se lo fai, non avrai più una killer a tua disposizione...e io non avrò più un mandante…mi hai capito bene?”

Maret non sta scherzando e lo fissa con una luce pericolosa negli occhi. “Hai capito, Lennie?”

 

L’uomo la guarda incupito. Abbassa la testa la fissa dritta negli occhi anche se gli costa fatica “mi stai minacciando?”

 

Maret ha un’espressione eloquente e sorride sarcastica.

 

Lennie volge lo sguardo altrove cercando di dirle qualcosa “Madeleine..” S’interrompe quando vede una penna poggiata su un blocchetto bianco. La prende con due dita e gliel’allunga. “Sei una killer, quindi sei capace di uccidermi con qualsiasi cosa, no? Anche con questa?”

“Certo” afferma “vuoi una dimostrazione della mia bravura?” sghignazza facendo scattare la biro.

 

Lennie la fissa e avanza di un passo “vediamo quando sei brava”

“Non mi tentare” sibila inviperita “non ci metto niente a piantartela in gola”

 

Nella cucina si sente solo il ticchettio dell’orologio e i rumori della strada, una macchina che parte e si allontana, la figlia della vicina del piano di sopra con lo stereo troppo alto e il cinguettio di un passerotto che si ferma per un attimo sul davanzale e ripicca il volo immediatamente.

 

Maret lo guarda freddamente mentre Lennie aspetta la sua mossa. “Forza, sto aspettando” la incita avvicinandosi di un altro passo, fin quasi a toccarla. Un tremolio nelle ciglia di Maret lo distrae e si accorge solo in quel momento del buon profumo che hanno i suoi vestiti e i suoi capelli che devono essere appena stati lavati perché sembrano così leggeri e gli fanno venire voglia di toccarli.  

 

Quello sfrigolio nel cervello, come tante api sotto vetro, i suoi pensieri accatastati alla rifusa, senza un ordine preciso la distraggono e non la fanno concentrare. La mano stringe ancora la penna ma non c’è nessun intento omicida dentro di lei in quel momento …solo…tristezza… che non sa spiegarsi…

“Vattene via, Lennie. I passatempi stupidi non fanno per me” borbotta abbassando la testa e gettando via la penna con un gesto rassegnato.

Gli volta le spalle aprendo il frigo per mettere a posto i surgelati che si stanno squagliando inesorabilmente sul tavolo e resta bloccata a metà, quando la stringe contro di se, allacciandole le braccia davanti al seno e dandole un bacio tenero sui capelli così intenso da farla tremare.

 

Le terminazioni nervose saltano all’improvviso, incendiandola da capo a piedi. Resta paralizzata col cuore che batte troppo forte…e non è normale, da quando in qua si permette di pulsare in quel modo sconsiderato?!

Le sembra di essere sdraiata su una graticola accesa perché la schiena le sta andando a fuoco e ovunque la tocchi, sente un rogo ardere sottopelle.

 

Si libera di lui trattenendo il singhiozzo che sente provenire dalla gola e lo spinge via, lontano da se, attraversando la cucina a grandi passi e rinchiudendosi in camera sua. Resta li, ferma e immobile, guardando il vuoto e riprende a respirare solo quando sente la porta blindata chiudersi con un tonfo leggero.

  
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