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Autore: Emily Doe    27/09/2009    5 recensioni
“Sai cosa, Granger? Hai sempre messo troppa poca acqua e tenuto il fuoco troppo alto.”
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Disclaimer: I personaggi blablabla mamma Rowla, non scrivo blablabla lucro, il caffè più orrido del mondo temo sia ancora il mio è solo ed esclusivamente per i capi di una donna in carriera, amica della Bertha (sì, ignoratemi XD). Questa è solo una storiella-stupidaggine senza alcuna pretesa, che potrebbe sparire nel nulla così com'è apparsa ^^'
*e tiene C-pppppprova, primo vero esperimento commedioso, ben chiuso nel pc *O* *.
Questo (altro) stupido pensierino anti-stress per Dani (che-sa-delle-pompette-di-cui-abbisogna-Ed :shifty:), perché i capi (volevo mettere la maiuscola, poi ho pensato che, perfidi come sono, non se la meritano! *O*) non rompano più... o la smettano di farlo almeno per qualche istante -.-. Tanti thermos per tutti!





Coffee Lovers




Era quella la parte delicata della missione, e non poteva permettersi di fallire proprio in quell'istante, pensava, tentando di fermare il vago tremolio che si era impadronito delle sue mani. Niente da fare, andare contro le regole non era mai, mai stato il suo punto forte, neppure ai tempi di Hogwarts: avrebbe assai volentieri delegato a Harry – o meglio ancora, a Ron – questa incombenza, ma una donna adulta sa quando assumersi le proprie responsabilità, e si trattava di una cosa che doveva – e poteva – gestire lei e lei sola.
Un rumore di passi per il corridoio le fece correre una scarica di gelida adrenalina su per la schiena, e si immobilizzò seduta stante: essere colta in fragrante, nell'ufficio del capo ufficio, mentre frugava nei suoi effetti personali – dopo aver ovviamente frugato nei suoi cassetti, non trovandovi nulla d'interessante – in una posizione decisamente compromettente... ma che fine aveva mai fatto la Hermione Granger sempre perfettamente ligia al proprio dovere?
Inspirò a fondo, udendo i passi oltrepassare quella porta che, comunque, aveva chiuso per buona misura apponendovi su un paio di incantesimi. Avrebbe dovuto ricordare che i passi che tanto temeva erano molto più strascicati.
Ma basta!, si disse, non c'è tempo da perdere. Doveva solo sbrigarsi a trovarla, nasconderla e prenderla in prestito – trafugarla, correggeva puntualmente ed entusiasticamente una Ginny raggiante alla sola idea – per dimostrare come stavano realmente le cose, che ad essere in torto era lui. Non si poteva permettere di arrogarsi a priori il diritto d'aver ragione semplicemente perché era il capo – smorfia scettica al solo pensiero: in fondo erano co-capi, se si poteva passare un termine simile –, ed una volta che tutte le prove fossero state in campo a rafforzare e convalidare le già numerose testimonianze raccolte (chi mai non avrebbe testimoniato contro l'arrogante, noioso, polemico ed infantile Draco Malfoy, anche solo rifacendosi a lui come all'immagine di quel ragazzino di dodici anni, che si aggirava spocchiosamente per il castello come fosse stato sua esclusiva proprietà?), avrebbe dovuto avere il coraggio di rivelare a tutti i suoi misfatti e, se mai fosse servito a qualcosa, chiedere scusa.
Dovrà trovarlo, se è un uomo. Perentoria, Ginny, come al solito. Sempre ammesso che lo sia.
Lo sapevo, l'ho sempre saputo che di lui non c'era da fidarsi, aveva sibilato Ron, socchiudendo gli occhi mentre le scoccava uno sguardo a metà tra il rimprovero e l'avvertimento.
Scosse il capo, decisa a cancellare dalla mente l'immagine di Harry che mormorava, attonito, Non posso credere che l'abbia dimenticato, che ora si comporti come se nulla fosse. Non... non dopo tutto quello che ci è successo.
In quell'istante le sue mani sfiorarono qualcosa di freddo e familiare: l'armadietto che Draco aveva avuto anni addietro, al suo primo incarico al Ministero, di cui tutti credevano si fosse sbarazzato alla prima occasione disponibile, vale a dire quando non gli era più servito ed aveva avuto a disposizione qualcosa di meglio.
Il solo pensiero le fece salire un nodo alla gola, un nodo che premeva con insistenza mentre Hermione, con un gesto abile ed esperto, sorpassava la misera protezione magica che il suo proprietario aveva apposto a quel “vecchio rottame”, come era stato solito definirlo. Evidentemente credeva che mai nessuno avrebbe – frugato il suo ufficio, trovato il “vecchio rottame” in fondo al ben più ampio armadio di cui, Merlino solo sapeva perché, visto che non era previsto tenere vestiti di scorta in ufficio, faceva sfoggio, e – avuto intenzione di aprirlo.
Possibile che abbia davvero dimenticato tutto?
Si stupì della delicatezza con cui le sue dita si strinsero attorno alla leggera maniglia di quel vecchio oggetto di ferro, la stessa delicatezza con cui, non senza sforzo, aprì lo sportello cigolante. Era lì, vecchia, annerita dai tanti fuochi che aveva visto, consumata ed opaca di quell'uso che solo i ricordi di tante serate – e mattinate e pomeriggi e... - passati assieme, tutti quanti, potevano donare ad un oggetto.
In quel momento, la porta dell'ufficiò vibrò, scossa dall'esterno, ed una voce resa affrettata da un'autentica nota d'ansia si levò al di fuori con un Che diamine...? ben udibile.
Era davvero passato così tanto tempo da quei pomeriggi di chiacchiere, risate e litigi – neppure troppo pochi – sull'erba di Hogwarts? Così tanto dalla prima volta che l'aveva sospinta contro quello stesso armadietto, guardandola dritta negli occhi?
Non fece neppure il gesto di allontanarsi, neanche si premurò di assumere un'espressione colpevole: rimase semplicemente lì, con in mano, tenuto stretto stretto, l'oggetto cui tanto aveva dato la caccia.
Quando lui riuscì a spalancare la porta, entrando nell'ufficio con le sopracciglia pericolosamente aggrottate e la bacchetta sguainata, si fissarono per qualche istante.
“Granger,”
Annuì.
“Sei nel mio ufficio.”
Annuì di nuovo.
Le sopracciglia bionde di Draco Malfoy si sollevarono di poco, conferendogli gradualmente un'espressione più perplessa che aggressiva.
“In nome di tutto ciò che la barba di Merlino deve aver visto in tutti quegli anni – e non sono certamente sicuro di voler sapere cosa sia stata costretta a vedere -, che ci fai, poi, con quella vecchia caffettiera in mano?”
Lei alzò il mento, orgogliosa anche nel suo momento di ricordi inattesi.
“Voglio dimostrarti che hai torto.”
Lui lasciò il pomello della porta e si passò una mano fra i capelli.
“Santo cielo, ancora quella storia? No, non dirmelo,” la interruppe bruscamente, prima che potesse annuire per la terza volta nel giro di pochi secondi, cosa che non avrebbe certamente reso più intelligente o anche solo interessante quella conversazione. “sei stata costretta dalla Weasley, giusto? Non posso credere che...”
“No,” la sua stessa voce le sembrava strana. “Ginny non c'entra. Sono io che devo sapere, più che altro.”
Lui la guardò direttamente negli occhi, quello sguardo senza indugi che aveva imparato a conoscere.
“Vuoi dire che ti sei introdotta nel mio ufficio, l'hai messo sossopra, a quanto vedo, ed hai anche corrotto la Lovegood perché non lasciasse gironzolare qua attorno il suo pernicioso Ricciocorno Schiattoso – no, non m'interessa se poi esiste davvero o meno,” fece, muovendo la mano in un gesto esasperato non appena Hermione assunse la sua migliore espressione altamente scettica. “solamente per... impadronirti di quel ferro vecchio e dimostrarmi che avevi ragione?”
Questa volta non annuì. Per fortuna. La risposta era abbastanza chiara ad entrambi.
Lui esalò piano il respiro tra i denti, e sembrava terribilmente simile ad un risolino mal represso.
“Tu sei tutta scema, lo sai?”
Quell'improvvisa sferzata di quotidianità, di vicinanza, di affiatamento le fece allentare appena appena la presa.
“Lo so,” rispose, meravigliandosi nell'esser riuscita a conferire fierezza – o una parvenza tale, almeno – perfino a quell'ammissione. “è solo che non potevo crederci. Non posso crederci.”
“Non capisco.”
Hermione non abbassò lo sguardo mentre lui si faceva sempre più vicino, con ancora quell'espressione perplessa dipinta in viso. Genuinamente perplessa.
“Davvero hai dimenticato questo... ferro vecchio, come l'hai definito appena due secondi fa? Hai dimenticato i ricordi che vi sono legati? L'hai accantonato come hai fatto con questo... vecchio arnese,” indicò con un cenno del capo il vecchio armadietto alle sue spalle, seminascosto nella penombra. “non appena c'è stato qualcosa di meglio?”
Poté vedere i suoi occhi rischiararsi e poi scurirsi nuovamente, le sopracciglia praticamente immobili.
“Per te non hanno né hanno mai avuto un vero significato?”
“Chi ti ha mai detto che ho accantonato il vecchio arnese perché ho avuto qualcosa di meglio?” la interruppe bruscamente lui, senza infrangere neppure per un istante il contatto visivo. Esattamente come erano abituati a fare. “Chi ti ha messo in testa l'idea che abbia rimosso o, peggio, accantonato tutto?”
Ebbe giusto una lieve esitazione, prima di rispondere.
“Hai cambiato l'armadietto. L'armadietto davanti al quale -”
Contro il quale.” precisò lui.
“- mi hai chiesto di uscire per la prima volta -”
“Maledizione, Granger, di' le cose come stanno: ti ho baciata, non ti ho mai chiesto di uscire. Il corteggiamento non è roba da me, lo sai.”
Sentiva la bocca improvvisamente asciutta, esattamente come quel giorno.
“Hai portato via la caffettiera dal salottino.”
Draco socchiuse impercettibilmente gli occhi, sentendo tirare in ballo il salottino che pressappoco tutti i dipendenti di quell'ufficio sfruttavano amabilmente e senza remore come punto d'incontro, luogo di ristoro, scena di appuntamenti boll- … tante cose. Il salottino dove, negli ultimi cinque anni, la tanto discussa caffettiera era sempre stata, alla mercé di chiunque.
“Sì, l'ho portata via.”
“Ed hai detto davanti a Harry, Ron e Ginny che era così vecchia che ormai non ricordavi neppure a cosa fosse mai servita. Quando ho riso, sostenendo che non potevi averlo dimenticato, neppure mi hai guardata, ed hai decretato che avevo torto.”
“Speravo che la mia nulla conoscenza in fatto di strani arnesi Babbani potesse sviare le piccole menti di quei tre – e magari annebbiare seppur momentaneamente la tua.”
Hermione gli poggiò contro il petto, piano, la vecchia ma ancora utilizzabile caffettiera.
“Perché?”
Lui distolse per la prima volta lo sguardo da quello di lei, e le prese dalle mani, con delicatezza, l'oggetto della contesa. Se lo rigirò tra le dita, con l'attenzione che si riserva ad un ricordo, prima di tornare a fissarla, e nei suoi occhi c'era tutto quel che a parole non avrebbe mai saputo dire.
“Perché sono gli oggetti ad andarsene, non i ricordi. E forse proprio per questo è stupido, ma è anche per questo che non ho voluto ammetterlo, specie davanti a loro, ma... non potevo permettere che un branco di dipendenti in preda a manie filobabbane riuscisse, con l'uso smodato che pare abbiano preso a farne, a distruggere, perché prima o poi sarebbe successo, l'oggetto a cui ho legati i primi ricordi belli di questo posto, e di... alcune persone.” Non era necessaria la voce tesa, a tratti esitante, per farle capire che quelle parole gli costavano non poco. “I ricordi restano, è vero, ma è bello poter pensare che, un giorno, quando magari non saremo più tutti così... così,” Vicini, aggiunse mentalmente lei, e sapeva che era lo stesso aggettivo cui entrambi avevano pensato. L'unico possibile. “avremo ancora uno stupido ferro vecchio a ricordarci che, in fondo, non sarà cambiato nulla di ciò che conta.”
“Avremo?”
“Avremo.”
“Io e te?”
“No, io e Ron. Ecco, è arrivato il momento della confessione, e... ouch!”
La lieve protesta al pugno che Hermione gli aveva rifilato sull'avambraccio si spense in una nota più ovattata delle altre.
“Vuoi dire che potrò ancora prepararti il caffè?”
“A lungo, spero. Sempre che tu voglia.”
Quel nodo che spingeva era sceso dalla gola al petto, rilasciando piccoli frammenti negli occhi, nel respiro, in tutte quelle piccole azioni corporee, banali, che sembravano esser diventate quasi dolorose.
“Sei un idiota.”
“Altrimenti non sarei finito con una tutta scema.”
Hermione abbassò le palpebre, velando con le ciglia scure le mille emozioni di quel momento, e con un sorriso che quasi stentava a riconoscere come suo – maturo, dolce, consapevole, completo – riprese l'amata caffettiera e, lasciandola levitare a pochi centimetri dalla scrivania dell'Idiota, vi accese sotto un piccolo fuoco azzurrognolo.
“Cosa fai?”
Tentò di non scoppiare a ridere, libera come si sentiva nell'istante appena condiviso, alla corda, nella sua voce, che il panico e l'inquietudine avevano appena toccato.
“Sai, Ron ha detto che non potevi aver dimenticato i bruciori di stomaco e la nausea perenne. Harry sosteneva con forza che era impossibile scordare le crisi di nevrosi acuta che mi prendevano ogni volta che a Babbanologia dovevamo preparare il caffè, e ciò faceva inevitabilmente calare la mia media -”
“Una media pressoché perfetta. Ed ancora mi chiedo come potessi vedere come vertiginosi i cali dovuti ad un Quasi Oltre Ogni Previsione Ma Giusto Un Filino Meno, solo per una tazzina di quello stupido – ed amaro – liquido scuro.”
“- e che proprio tu era impossibile avessi dimenticato quanto vi abbia perseguitati con musi lunghi e rispostacce quando perfino il tuo caffè risultava più bevibile del mio.”
“Diamo a Cesare quel che è di Cesare,” fece lui, sollevando le mani in un gesto di pacificazione.
Con un'occhiata gli comunicò che prima il caffè, poi i modi di dire... poco mancava che Draco Malfoy si professasse fedele seguace e devoto della cultura Babbana.
“Ginny, poi, non ha mai potuto mettersi l'anima in pace riguardo ai suoi vestiti macchiati durante quelle lezioni e dopo le svariate prove cui vi ho – barbaricamente, dice lei – sottoposto nel corso di anni, anche finita la scuola.”
“Mai stata più saggia, la Weasley: la mia camicia bianca preferita, orribilmente vituperata nel suo candore da quel... quel...”
“Così ho pensato che, per scusarti di quest'affronto con i tuoi amici, che cotante sventure hanno dovuto condividere con te, potresti redimerti ora.”
“Per non parlare dell'insonnia micidiale che mi coglieva ogni volta che assaggiav... cosa?”
Hermione, che nel frattempo aveva portato a termine i preparativi, sollevò il coperchio del ferro vecchio e lo guardò con la coda dell'occhio. Quando nell'aria si diffuse il primo odore, pungente, di caffè indiscutibilmente bruciato, lo vide deglutire, conscio del proprio triste destino.
“Sai cosa, Granger? Hai sempre messo troppa poca acqua e tenuto il fuoco troppo alto.”
La caffettiera, al tocco della bacchetta della ragazza, si sollevò e versò una copiosa tazza – no, non tazzina. Erano inglesi, non italiani, no? Lo dimostrassero fino in fondo! - del liquido nerastro, che galleggiò placidamente verso la candida camicia di Malfoy, prima che la mano dello stesso proprietario della candida camicia non ne frenasse la lenta ma inesorabile corsa.
“Lo sai che ho messo via anche il vecchio armadietto per lo stesso motivo, sì?”
“Non cercare di rabbonirmi.”
“Va bene, è vero, ormai non ci entrava più nulla, ma...”
“Fai ammenda.”
“Devo proprio?”
“Vuoi che sia l'inizio di una lunga serie – perché io voglio, si capisce – di miei caffè, sì o no?”
Accostò la tazza, tremante, alle labbra. Prima di prenderne un sorso, le scoccò un'ulteriore occhiata.
“Perché?”
“Ne avevo bisogno. È tutto così... tanto. Temevo di illudermi.”
In quel momento, con quello sguardo negli occhi, non si era di certo riferito alla punizione cui stava per essere sottoposto.
“Ed incastrarmi così di sicuro non ti è dispiaciuto, donna malvagia e crudele.”
Il ghigno che gli rivolse era degno del più Malfoyesco dei ghigni, nel vedere la sua espressione mutare in maniera inconfondibile ed indescrivibile al primo sorso del suo caffè.
“Ammetti che non l'hai dimenticato?”
“E non credere che non sappia che questo caffè è solo un modo per togliere di mezzo il capo scomodo, e non penso di doverti spiegare chi di noi due sia quello brutto ed antipatico.” proseguì imperterrito.
Una smorfia strana, a metà tra il divertimento e la tenerezza, modellò le labbra della giovane donna.
“Quindi ammetti anche, senza alcuna ombra di dubbio, che ho ragione io?”
“Va bene, lo ammetto, Granger: il tuo caffè è sempre stato orribilmente devastante.”
Hermione abbozzò un sorriso e si chiuse la porta alle spalle, premurandosi, questa volta, di sigillarla con ben più di un paio di incantesimi.












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Dubito che durante le lezioni di Babbanologia gli allievi imparino a fare il caffè alla nostra (barbara) maniera, ma tant'è XD. La mia testa va per conto suo, è risaputo.
Il titolo è ispirato ad uno dei nomi che, millenni orsono, avevo visto affibbiati (con saggezza e buon gusto, devo dire *.*) alla coppia (love!) Luke/Lorelai del telefilm Gilmore Girls ^^, anche se ora pare che nessuno lo conosca più O.o.
Grazie alla moglia per averla letta in anteprima ed avermi incoraggiata alla pubblicazione, ed a Dani per non avermi mandato a quel paese per aver buttato giù questo scherzetto (-èèètto) partendo dal caffè e dai capi ;).
Ringrazio chi mi ha scritto, recensito, letto e/o inserito le mie storie tra i preferiti. Ogni commento è, ovviamente, sempre *love* :)
Ed ora, gente, a mai più risentirci, credo XD.
   
 
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