Capitolo 12
Passò
un mese, settimana dopo settimana, giorno dopo giorno, e Georgia si
ricordò, dopo tanto tempo, che cosa volesse dire avere una
famiglia.
Quella sensazione di libertà che aveva sempre cercato e
desiderato non era altro che la ricerca di un luogo sicuro e solido in
cui stare, in mezzo a delle persone che le volessero bene davvero e a
cui lei ne volesse altrettanto.
Finalmente l’aveva trovato, quel luogo, ed era insieme a
Bill, Tom, loro padre Jörg, Simone e Gordon. Era una famiglia
un po’ strana la sua, ma li amava tutti, dal primo
all’ultimo, nonostante gli sbagli e le litigate.
Il rapporto che aveva con i gemelli era una cosa davvero fuori dal
normale, riusciva a capirli meglio di Gustav e Georg a volte, loro
amici da anni, e anche per questo litigavano ogni due per tre, sempre
per cavolate, e con la stessa velocità tornavano sempre
più uniti di prima.
Tom aveva persino rovinato la porta bianca della stanza degli ospiti a
casa loro scrivendo “Georgia” con il pennarello
indelebile per farsi perdonare dopo una litigata, mettendo finalmente
in chiaro che quella non era più la stanza degli ospiti, ma
la stanza di Georgia, dove poteva andare tutte le volte che voleva. Le
avevano pure lasciato un doppione delle chiavi di casa.
Lei si sentiva sempre un po’ a disagio di fronte a tutte le
loro attenzioni, visto che era la più piccola e dovevano
recuperare tutti quegli anni passati lontani, e non sapeva mai come
ricambiarli, oltre che a preparargli sempre da mangiare quando loro
erano a casa, ma loro dicevano sempre che non ce n’era
bisogno, che l’unica cosa che volevano era che lei fosse
felice.
Eccome se lo era. Da quando tutto si era messo a posto, da quando aveva
abbandonato definitivamente la sua doppia vita da baby-cubista, da
quando aveva trovato loro, eccome se si sentiva felice.
A proposito
della sua doppia vita i ragazzi non avevano detto niente né
a Jörg né a Simone né a nessun altro:
era il loro piccolo grande segreto e non ne parlavano mai, come se non
fosse mai successo, come se fosse stato tutto un brutto incubo.
Ora Georgia
pensava solo alla scuola, i suoi voti erano molto migliorati, e alle
sue due nuove migliori amiche, Vera e Sharon, oltre che ai suoi due
fratelloni casinisti.
Si
tamponò i capelli con un asciugamano sorridendo e
controllò se aveva messo tutto il necessario nella borsa:
occhiali da sole scuri, cellulare, portafoglio, carta
d’identità, iPod nuovo di zecca, regalo di Bill e
Tom, con tutte le loro canzoni dentro (doveva assolutamente impararle a
memoria tutte quante)… Sentiva di aver dimenticato qualcosa,
ma cosa?
Frugò nella valigia aperta accanto al letto e
tirò fuori prima di tutto i vestiti che doveva mettersi
– non poteva andare in giro in accappatoio – e poi
trovò una vecchia rivista, che mise sul letto, e infine
ciò che cercava, il pass che le avevano dato i Tokio Hotel
per andare indisturbata dove voleva.
Si mise seduta
sul letto e mentre si vestiva lanciò un occhio alla prima
pagina del giornale, dove c’era una foto di Bill, Tom e lei,
sorridenti, e sotto il titolo che diceva: “Ritrovata
sorella”.
La prima volta che l’aveva vista era scoppiata a ridere:
“ritrovata”? “Conosciuta”,
semmai. Loro erano sempre stati all’oscuro di avere una
sorella e lei d’altro canto era sempre stata
all’oscuro di avere due fratelli, che oltretutto erano delle
rockstar di fama mondiale.
Dopo quello
scandalo poteva dire che la sua vita era radicalmente cambiata: ora
tutti la guardavano quando passava per strada, quando andava a scuola,
e non si parlava d’altro che di lei ovunque.
Su ogni giornale che le era passato fra le mani aveva letto almeno un
articolo su di lei e non è che ne fosse stata proprio
contenta: non le piaceva la popolarità, lei era una ragazza
semplice e riservata, che voleva solo passare del tempo con i suoi
fratelli che aveva ritrovato dopo sedici anni.
Sedici anni.
Quel giorno lei aveva ufficialmente sedici anni, ma nessuno se
n’era ricordato a parte Simone, la prima che quella mattina
l’aveva chiamata per farle gli auguri, e Jörg, che,
ci avrebbe scommesso, probabilmente era stato avvisato da quella santa
donna.
Era rimasta un po’ delusa a dir la verità, sperava
che Bill e Tom si ricordassero di che giorno era, ma niente. E menomale
che avevano pure frugato nel suo zaino una volta per scoprire la sua
età!
Non l’aveva presa tanto male però, sapeva che in
quel periodo erano sempre impegnati e che non l’avevano mica
fatto apposta: poteva capitare di dimenticarsi del compleanno della
propria sorellina!
Per esempio,
ironia della sorte, in quel periodo erano in Inghilterra per promuovere
il nuovo album, e avevano deciso di portare anche lei per farle passare
un po’ di tempo di nuovo nella sua patria.
Si
infilò un paio di jeans a sigaretta, le All Star viola a
collo alto e una maglietta lilla, si passò un po’
di matita sotto gli occhi e si pettinò i capelli lisci.
Forse l’unica cosa che aveva preso da sua mamma erano i
capelli lisci, perché da quello che avevano detto Bill e
Tom, loro li avevano sempre avuti ricci come quelli di Simone.
Prese la borsa
sul letto e passò accanto alla valigia ancora aperta,
scorgendo in mezzo ai vestiti una foto. Si inginocchiò e la
prese delicatamente, portandosela al petto e respirando profondamente:
era arrivato il momento.
Scese nella
hall dell’hotel e vide i Tokio Hotel già tutti
lì con David, il loro manager, che la aspettavano.
«Finalmente
ce l’hai fatta!», disse Tom; lei gli fece una
linguaccia e li seguì nella grande macchina scura che li
aspettava fuori dall’hotel, assieme ad un branco di fan
urlanti.
Lei si
rifugiò subito nella vettura, mentre i suoi fratelli e i
loro amici si fermarono qualche minuto a fare foto e a firmare
autografi con il sorriso sulle labbra.
Dopo tutto non
era così facile la vita di una star, l’aveva
notato soprattutto quando c’era stato appunto lo
“scandalo”: Bill e Tom erano stati tartassati di
domande su di lei, ma erano sempre stati bravi a schivarle dicendo il
minimo indispensabile, come che si erano ritrovati per caso e che si
volevano bene, anche se all’inizio era stato sconvolgente per
tutti e tre.
«Oh,
ce l’abbiamo fatta», sospirò Bill a
bassa voce, chiudendo la portiera e sorridendo a Georgia, seduta di
fronte a lui.
«Che
cos’hai lì?», chiese Tom incuriosito,
indicando la foto che teneva ancora stretta al petto.
«Credo…
credo sia arrivato il momento di farvi vedere la mia mamma»,
disse, abbassando lo sguardo e passandogli la foto.
I gemelli
presero quella foto con cautela e guardarono la bella donna dai capelli
rossi e gli occhi verdi che stringeva la piccola Georgia, non doveva
avere più di cinque anni, al petto, sorridendo felice.
«È
veramente bellissima», disse Bill.
«Sì,
ora capisco perché nostro papà…
ehm», disse Tom, ma si fermò.
«Non
ti preoccupare Tomi, se non fosse successo non sarei nata e non avrei
avuto due fratelli magnifici come voi», Georgia sorrise, per
poi gettarsi su di loro e abbracciarli prendendoli per il collo.
«Anche se… anche se sono stata la causa del
divorzio dei vostri genitori», aggiunse triste, scostandosi.
«Non
lo pensare nemmeno, Georgia. Le cose fra mamma e papà non
andavano già bene prima, e tu non hai nessuna colpa, stai
tranquilla», la rassicurò Bill, abbracciandola di
nuovo.
«Che
bel quadretto familiare», disse Georg, intenerito; i tre lo
fulminarono con lo sguardo, per poi scoppiare a ridere.
Quel giorno i
ragazzi dovevano fare un miniconcerto in diretta televisiva e nel loro
backstage si poteva sentire tutta l’ansia del momento.
Georgia si
alzò le maniche della maglietta e andò da Bill,
gliele mostrò, adirata:
«Ho
la pelle d’oca, accidenti!»
«E io
che c’entro?», chiese lui.
«Colpa
vostra e della telepatia che abbiamo. Siete così in ansia
che me l’avete attaccata pure a me!»
«Oh
sì che bello, non ne bastavano già due ad essere
telepatici! Ora abbiamo ben tre Kaulitz irascibili e
intrattabili!», disse Gustav ridendo.
Georgia si
immobilizzò sul posto e guardò il batterista ad
occhi sgranati; Tom le passò accanto e le passò
una mano di fronte al viso, ma niente, sembrava pietrificata.
«Io…
io non mi chiamo Kaulitz, di cognome», balbettò.
«Ah
no?», chiese lui.
«Ehm…
no. Io ho preso il cognome di mia madre, Zidek.»
«Però
nelle tue vene c’è sangue Kaulitz, quindi sei una
Kaulitz anche tu», sorrise Georg. «E si vede quando
litigate!»
«Sono
una Kaulitz», mormorò Georgia, incredula.
«Sì»,
le sussurrò Bill all’orecchio, stringendola a
sé.
«Okok
Bill, ora tocca a me!», disse Tom strappandogliela dalle
braccia per stringerla fra le proprie.
«Ma
cosa sono io, un peluche antistress?!», gridò
Georgia, anche se era divertite e le piacevano tutte quelle coccole.
«Sì,
perché sei morbida!», Tom le toccò il
sedere e Georgia si scostò gridando e scappando via da lui
che la rincorreva.
«Sono
tua sorella, Tom!»
«Giusto,
hai ragione», sbuffò lui, sedendosi sul divanetto.
«Vieni qui sorellina, allora.»
Lei sorrise e
si mise seduta di traverso sulle sue gambe, appoggiando la fronte alla
sua per guardarlo meglio negli occhi.
«Abbiamo
gli occhi identici», disse, un po’ imbarazzata.
«Prima credevo non avessero nulla di speciale, sai? Ma ora
che vi ho conosciuti ho scoperto che invece lo sono.»
Tom sorrise
dolce e le stampò un bacetto sulla guancia, facendola
arrossire ancora di più.
«Però
è strano vederti così tenero con una ragazza,
Tom», disse Gustav.
«È
mia sorella, che vuoi?»
***
«Come
siamo andati Georgia?», chiese ansioso Bill, prendendo una
bottiglietta d’acqua dalle sue mani. «Abbiamo fatto
schifo, lo so, ma ero così nervoso!»
«Sì,
hai ragione, avete fatto schifo», annuì lei.
«No,
non è vero! Siamo stati bravi!»
«Visto?
Lo sai anche da solo che siete stati bravi»,
ammiccò e passò l’altra bottiglietta
d’acqua a Tom.
«Ti
ha fregato, Bill», gli diede una leggera gomitata, facendo
l’occhiolino a Georgia.
Bill
sospirò contento e incominciò a sistemare le sue
cose nella borsa.
«Ah,
Georgia! Stasera c’è una festa, vieni anche
tu!», le ricordò.
«Non
mi sembrava una domanda, però.»
«Infatti
non è una domanda, ma un’affermazione.»
«E da
quando decidi tu per me?»
«Anche
io sono tuo fratello maggiore, non solo Tom, quindi porta rispetto, io
prendo le decisioni migliori per te.»
«Nessuno
mi dice cosa devo e non devo fare, prima di tutto. E poi appena voi
finivate qui pensavo di andare in un posto.»
«Dove?»,
chiese Tom.
«Ehm…»,
abbassò lo sguardo sui suoi piedi. «A trovare mia
mamma, pensavo.»
«Ti
accompagniamo se vuoi», sorrisero.
«Ok,
grazie.»
***
Trovarsi di
fronte alla tomba di sua madre con i suoi nuovi fratelli era stato
strano, molto strano, ma piacevole, perché le avevano dato
una forza in più per affrontare quel momento.
Sua madre le
mancava tanto, ma per fortuna aveva trovato altre persone che le
volevano bene e per le quali ne valeva la pena di vivere ed era per
loro che aveva di nuovo sperato nel domani e lottato per quello in cui
credeva.
Ora era
lì con loro, ma in un contesto completamente diverso. Erano
ad una festa e loro erano le star della serata, tutta la gente che
passava li guardava e gli sorrideva, e si sentiva bene.
«Ragazzi,
vi devo dire una cosa!», disse Andreas, prendendo i gemelli
per le spalle.
«Sì,
dicci pure», disse Bill, visto che lui non sembrava voler
parlare.
«Ok,
vado a prendere qualcosa da bere», disse Georgia
allontanandosi per lasciarli da soli.
«Scusate,
ma era su di lei la cosa che devo dirvi», si
giustificò alle loro occhiatacce.
«Su
Georgia?»
«Sì.
Ragazzi, mi sono preso una cotta assurda per lei!»
«Andreas!
È nostra sorella!»
«Beh,
Tomi, sempre meglio lui che qualche sconosciuto»,
rifletté Bill.
«Già.
Ragazzi ho bisogno del vostro aiuto!», piagnucolò,
quando Georgia ricomparve con un bicchiere in mano.
«Cara
Georgia, vieni con il sottoscritto!», disse Bill, prendendola
da parte e portandola lontana dal gruppetto.
«Che
succede?»
«Come
ti sembra Andreas?», alzò il sopracciglio.
«Andreas?
Mmh, non è che mi piace tanto... Però
è simpatico!», disse sorridendo e annuendo.
«Come mai lo volevi sapere?»
Bill
sospirò e scosse la testa: sarebbe stato un casino riuscire
a combinare qualcosa fra quei due, conoscendo sua sorella.
Non avrebbe mai immaginato di doversi occupare di una cosa del genere.
Ma anche, per esempio, poterle pettinare i capelli e truccarla quante
volte voleva senza che lei facesse una piega non l’aveva
previsto. Gli piaceva avere una sorella femmina: con Tom non poteva
fare le stesse cose! Ed era felice.
«Bill,
posso chiederti una cosa?»
«Sì,
dimmi.»
«Ma
questa festa per che cos’è? Non vedo né
sponsor, né festeggiati particolari…»
Bill sorrise e
le mise le mani sulle spalle, guardandola negli occhi.
«Invece
c’è una festeggiata particolare.»
«Chi?
Beyoncè? Madonna? No, non me lo dire! Avril
Lavigne!»
«Ma
che stai dicendo?! Sei tu!»
«Io?»
«Certo!
Non avrai creduto sul serio che ci fossimo dimenticati del tuo
compleanno!?»
«Beh,
ecco, io…», abbassò lo sguardo,
imbarazzata.
Bill
scoppiò a ridere, quando anche Tom si aggiunse a loro con
Andreas, Gustav e Georg al seguito, che le fecero gli auguri.
«Oh,
grazie! Ma io tutta questa gente non la conosco!»
«Infatti
ora leviamo le tende, la vera festa è da un’altra
parte.»
«Ah
sì? E dove?»
***
Guardò
il cielo stellato e il mare frastagliato di fronte ai suoi occhi, il
vento profumato di salsedine che le faceva venire i brividi, ma era
stretta fra le braccia di Bill e Tom, seduti nel bagagliaio della
macchinona del più grande, e si sentiva in paradiso.
«Io
inizio ad avere fame», disse Bill toccandosi la pancia.
«Dove
andiamo a mangiare?», chiese Georgia.
«Da
nessuna parte, stiamo qui.»
Tom si
girò e tirò fuori da una scatola dei piatti di
plastica, dei bicchieri, una bottiglia di Coca Cola, delle lattine di
birra e dulcis in fundo una torta di panna bianca e spruzzi di
cioccolato, la preferita di Georgia.
«Oddio
ragazzi, è bellissima!», disse con gli occhi
brillanti, le mani strette al petto.
«Sono
contento che ti piaccia, tre ore a subire Tom che flirtava con la
commessa!»
«Tomi,
sei sempre il solito!»
Risero assieme
e mentre lui tentava di giustificarsi, inventandosi pure uno sconto,
Bill accese l’unica candelina sistemata nel centro.
«È
il compleanno più bello della mia vita»,
sospirò Georgia chiudendo gli occhi. «E voi siete
i migliori fratelli del mondo. Vi voglio bene», li
abbracciò e sorrise felice, felice davvero.
«Sì,
ma devi esprimere un desiderio e soffiare», le
ricordò Bill.
«Soffiamo
insieme?»
Bill sorrise
estasiato e si chinò in avanti, tenendo la mano di Georgia.
Lei prese quella di Tom e lo strattonò giù
assieme a loro.
«Uno,
due… tre», soffiarono assieme e la candelina si
spense.
«Hai
espresso il desiderio?», chiese Bill; Georgia scosse la
testa, chiudendo gli occhi.
«Come
no, dovevi!»
«E
cosa avrei potuto desiderare di più? Ho tutto ciò
di cui ho bisogno e che ho sempre desiderato. Vi voglio davvero tanto
bene.»
«Anche
noi te ne vogliamo tanto, nana», parlò Tom per
tutti e due.
Le stamparono
un bacio a testa sulle guance, contemporaneamente, facendola
ridacchiare.
Solo in quel
momento capì cos’era quella sensazione che aveva
sempre sentito ogni volta che li guardava e stava accanto a loro.
Come aveva fatto a non accorgersene prima che quello che sentiva per
loro era… amore fraterno?
Si sorrisero
guardandosi e poi videro una stella brillare più delle altre
nel cielo blu della notte, ma solo per una frazione di secondo, che
bastò però a renderli uniti per
l’eternità, oltre ogni legame di sangue.
The End
_____________
Eccoci finalmente e con un
po’ di malinconia al capitolo finale. Spero vivamente di non
avervi delusi con questa schifezza XD Ringrazio tutti quelli che hanno
supportato questa ff, in primis _samy,
grazie alla quale è nata una parte di questa ff: Grazie!!!
Poi ringrazio tutti quelli che hanno messo questa ff fra i preferiti:
E tutti quelli che l’hanno messa fra le seguite:
Un ringraziamento speciale non
può non andare che a Utopy,
mia sostenitrice fidata (Anche per questo sei la fedele bla bla bla
XD), che mi tira sempre su di morale quando c’è
qualcosa che non va oppure quando mi faccio i complessi e dico che
tutti i miei finali fanno schifo XD Grazie mille!!!
Complessi a parte, ringrazio di cuore davvero tutti quelli che hanno
semplicemente letto questa ff [le Lettrici
in punta di piedi ©
(Copyright della Frenzy XD)]: anche i numerini sono importanti u.u
Ho detto tutto? Sì, penso proprio che sia ora di andare.
Davvero un grazie di cuore a tutti quelli che sentono di doverselo
sentirselo dire ^^ Mi aspetto molte recensioni per questo ultimo
capitolo, magari da chi non ha mai recensito prima *___________* Fatevi
sentire!! U_U
Grazie in anticipo! Un bacio,