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Autore: _Pulse_    01/10/2009    9 recensioni
Videro una ragazza uscire dalla porta d’ingresso, uno zainetto in spalla, che si affrettava a infilarsi degli occhiali da sole e a coprirsi i capelli biondi scuri con il cappuccio.
«E tu chi sei?!», gridò subito Tom, scattato in avanti. Bill rimase piuttosto… incuriosito dal suo strano comportamento. Perché si era mascherata come se si dovesse nascondere?
«Nessuno!», portò le mani avanti, spaventata. «Adesso me ne vado.»
Ma non se ne sarebbe andata molto presto, sarebbe entrata nella loro vita e non ne sarebbe più uscita, che lo volessero oppure no.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12

 

Passò un mese, settimana dopo settimana, giorno dopo giorno, e Georgia si ricordò, dopo tanto tempo, che cosa volesse dire avere una famiglia.
Quella sensazione di libertà che aveva sempre cercato e desiderato non era altro che la ricerca di un luogo sicuro e solido in cui stare, in mezzo a delle persone che le volessero bene davvero e a cui lei ne volesse altrettanto.
Finalmente l’aveva trovato, quel luogo, ed era insieme a Bill, Tom, loro padre Jörg, Simone e Gordon. Era una famiglia un po’ strana la sua, ma li amava tutti, dal primo all’ultimo, nonostante gli sbagli e le litigate.
Il rapporto che aveva con i gemelli era una cosa davvero fuori dal normale, riusciva a capirli meglio di Gustav e Georg a volte, loro amici da anni, e anche per questo litigavano ogni due per tre, sempre per cavolate, e con la stessa velocità tornavano sempre più uniti di prima.
Tom aveva persino rovinato la porta bianca della stanza degli ospiti a casa loro scrivendo “Georgia” con il pennarello indelebile per farsi perdonare dopo una litigata, mettendo finalmente in chiaro che quella non era più la stanza degli ospiti, ma la stanza di Georgia, dove poteva andare tutte le volte che voleva. Le avevano pure lasciato un doppione delle chiavi di casa.
Lei si sentiva sempre un po’ a disagio di fronte a tutte le loro attenzioni, visto che era la più piccola e dovevano recuperare tutti quegli anni passati lontani, e non sapeva mai come ricambiarli, oltre che a preparargli sempre da mangiare quando loro erano a casa, ma loro dicevano sempre che non ce n’era bisogno, che l’unica cosa che volevano era che lei fosse felice.
Eccome se lo era. Da quando tutto si era messo a posto, da quando aveva abbandonato definitivamente la sua doppia vita da baby-cubista, da quando aveva trovato loro, eccome se si sentiva felice.

A proposito della sua doppia vita i ragazzi non avevano detto niente né a Jörg né a Simone né a nessun altro: era il loro piccolo grande segreto e non ne parlavano mai, come se non fosse mai successo, come se fosse stato tutto un brutto incubo.

Ora Georgia pensava solo alla scuola, i suoi voti erano molto migliorati, e alle sue due nuove migliori amiche, Vera e Sharon, oltre che ai suoi due fratelloni casinisti.

Si tamponò i capelli con un asciugamano sorridendo e controllò se aveva messo tutto il necessario nella borsa: occhiali da sole scuri, cellulare, portafoglio, carta d’identità, iPod nuovo di zecca, regalo di Bill e Tom, con tutte le loro canzoni dentro (doveva assolutamente impararle a memoria tutte quante)… Sentiva di aver dimenticato qualcosa, ma cosa?
Frugò nella valigia aperta accanto al letto e tirò fuori prima di tutto i vestiti che doveva mettersi – non poteva andare in giro in accappatoio – e poi trovò una vecchia rivista, che mise sul letto, e infine ciò che cercava, il pass che le avevano dato i Tokio Hotel per andare indisturbata dove voleva.

Si mise seduta sul letto e mentre si vestiva lanciò un occhio alla prima pagina del giornale, dove c’era una foto di Bill, Tom e lei, sorridenti, e sotto il titolo che diceva: “Ritrovata sorella”.
La prima volta che l’aveva vista era scoppiata a ridere: “ritrovata”? “Conosciuta”, semmai. Loro erano sempre stati all’oscuro di avere una sorella e lei d’altro canto era sempre stata all’oscuro di avere due fratelli, che oltretutto erano delle rockstar di fama mondiale.

Dopo quello scandalo poteva dire che la sua vita era radicalmente cambiata: ora tutti la guardavano quando passava per strada, quando andava a scuola, e non si parlava d’altro che di lei ovunque.
Su ogni giornale che le era passato fra le mani aveva letto almeno un articolo su di lei e non è che ne fosse stata proprio contenta: non le piaceva la popolarità, lei era una ragazza semplice e riservata, che voleva solo passare del tempo con i suoi fratelli che aveva ritrovato dopo sedici anni.

Sedici anni. Quel giorno lei aveva ufficialmente sedici anni, ma nessuno se n’era ricordato a parte Simone, la prima che quella mattina l’aveva chiamata per farle gli auguri, e Jörg, che, ci avrebbe scommesso, probabilmente era stato avvisato da quella santa donna.
Era rimasta un po’ delusa a dir la verità, sperava che Bill e Tom si ricordassero di che giorno era, ma niente. E menomale che avevano pure frugato nel suo zaino una volta per scoprire la sua età!
Non l’aveva presa tanto male però, sapeva che in quel periodo erano sempre impegnati e che non l’avevano mica fatto apposta: poteva capitare di dimenticarsi del compleanno della propria sorellina!

Per esempio, ironia della sorte, in quel periodo erano in Inghilterra per promuovere il nuovo album, e avevano deciso di portare anche lei per farle passare un po’ di tempo di nuovo nella sua patria.

Si infilò un paio di jeans a sigaretta, le All Star viola a collo alto e una maglietta lilla, si passò un po’ di matita sotto gli occhi e si pettinò i capelli lisci.
Forse l’unica cosa che aveva preso da sua mamma erano i capelli lisci, perché da quello che avevano detto Bill e Tom, loro li avevano sempre avuti ricci come quelli di Simone.

Prese la borsa sul letto e passò accanto alla valigia ancora aperta, scorgendo in mezzo ai vestiti una foto. Si inginocchiò e la prese delicatamente, portandosela al petto e respirando profondamente: era arrivato il momento.

Scese nella hall dell’hotel e vide i Tokio Hotel già tutti lì con David, il loro manager, che la aspettavano.

«Finalmente ce l’hai fatta!», disse Tom; lei gli fece una linguaccia e li seguì nella grande macchina scura che li aspettava fuori dall’hotel, assieme ad un branco di fan urlanti.

Lei si rifugiò subito nella vettura, mentre i suoi fratelli e i loro amici si fermarono qualche minuto a fare foto e a firmare autografi con il sorriso sulle labbra.

Dopo tutto non era così facile la vita di una star, l’aveva notato soprattutto quando c’era stato appunto lo “scandalo”: Bill e Tom erano stati tartassati di domande su di lei, ma erano sempre stati bravi a schivarle dicendo il minimo indispensabile, come che si erano ritrovati per caso e che si volevano bene, anche se all’inizio era stato sconvolgente per tutti e tre.

«Oh, ce l’abbiamo fatta», sospirò Bill a bassa voce, chiudendo la portiera e sorridendo a Georgia, seduta di fronte a lui.

«Che cos’hai lì?», chiese Tom incuriosito, indicando la foto che teneva ancora stretta al petto.

«Credo… credo sia arrivato il momento di farvi vedere la mia mamma», disse, abbassando lo sguardo e passandogli la foto.

I gemelli presero quella foto con cautela e guardarono la bella donna dai capelli rossi e gli occhi verdi che stringeva la piccola Georgia, non doveva avere più di cinque anni, al petto, sorridendo felice.

«È veramente bellissima», disse Bill.

«Sì, ora capisco perché nostro papà… ehm», disse Tom, ma si fermò.

«Non ti preoccupare Tomi, se non fosse successo non sarei nata e non avrei avuto due fratelli magnifici come voi», Georgia sorrise, per poi gettarsi su di loro e abbracciarli prendendoli per il collo. «Anche se… anche se sono stata la causa del divorzio dei vostri genitori», aggiunse triste, scostandosi.

«Non lo pensare nemmeno, Georgia. Le cose fra mamma e papà non andavano già bene prima, e tu non hai nessuna colpa, stai tranquilla», la rassicurò Bill, abbracciandola di nuovo.

«Che bel quadretto familiare», disse Georg, intenerito; i tre lo fulminarono con lo sguardo, per poi scoppiare a ridere.

Quel giorno i ragazzi dovevano fare un miniconcerto in diretta televisiva e nel loro backstage si poteva sentire tutta l’ansia del momento.

Georgia si alzò le maniche della maglietta e andò da Bill, gliele mostrò, adirata:

«Ho la pelle d’oca, accidenti!»

«E io che c’entro?», chiese lui.

«Colpa vostra e della telepatia che abbiamo. Siete così in ansia che me l’avete attaccata pure a me!»

«Oh sì che bello, non ne bastavano già due ad essere telepatici! Ora abbiamo ben tre Kaulitz irascibili e intrattabili!», disse Gustav ridendo.

Georgia si immobilizzò sul posto e guardò il batterista ad occhi sgranati; Tom le passò accanto e le passò una mano di fronte al viso, ma niente, sembrava pietrificata.

«Io… io non mi chiamo Kaulitz, di cognome», balbettò.

«Ah no?», chiese lui.

«Ehm… no. Io ho preso il cognome di mia madre, Zidek.»

«Però nelle tue vene c’è sangue Kaulitz, quindi sei una Kaulitz anche tu», sorrise Georg. «E si vede quando litigate!»

«Sono una Kaulitz», mormorò Georgia, incredula.

«Sì», le sussurrò Bill all’orecchio, stringendola a sé.

«Okok Bill, ora tocca a me!», disse Tom strappandogliela dalle braccia per stringerla fra le proprie.

«Ma cosa sono io, un peluche antistress?!», gridò Georgia, anche se era divertite e le piacevano tutte quelle coccole.

«Sì, perché sei morbida!», Tom le toccò il sedere e Georgia si scostò gridando e scappando via da lui che la rincorreva.

«Sono tua sorella, Tom!»

«Giusto, hai ragione», sbuffò lui, sedendosi sul divanetto. «Vieni qui sorellina, allora.»

Lei sorrise e si mise seduta di traverso sulle sue gambe, appoggiando la fronte alla sua per guardarlo meglio negli occhi.

«Abbiamo gli occhi identici», disse, un po’ imbarazzata. «Prima credevo non avessero nulla di speciale, sai? Ma ora che vi ho conosciuti ho scoperto che invece lo sono.»

Tom sorrise dolce e le stampò un bacetto sulla guancia, facendola arrossire ancora di più.

«Però è strano vederti così tenero con una ragazza, Tom», disse Gustav.

«È mia sorella, che vuoi?»

 

***

 

«Come siamo andati Georgia?», chiese ansioso Bill, prendendo una bottiglietta d’acqua dalle sue mani. «Abbiamo fatto schifo, lo so, ma ero così nervoso!»

«Sì, hai ragione, avete fatto schifo», annuì lei.

«No, non è vero! Siamo stati bravi!»

«Visto? Lo sai anche da solo che siete stati bravi», ammiccò e passò l’altra bottiglietta d’acqua a Tom.

«Ti ha fregato, Bill», gli diede una leggera gomitata, facendo l’occhiolino a Georgia.

Bill sospirò contento e incominciò a sistemare le sue cose nella borsa.

«Ah, Georgia! Stasera c’è una festa, vieni anche tu!», le ricordò.

«Non mi sembrava una domanda, però.»

«Infatti non è una domanda, ma un’affermazione.»

«E da quando decidi tu per me?»

«Anche io sono tuo fratello maggiore, non solo Tom, quindi porta rispetto, io prendo le decisioni migliori per te.»

«Nessuno mi dice cosa devo e non devo fare, prima di tutto. E poi appena voi finivate qui pensavo di andare in un posto.»

«Dove?», chiese Tom.

«Ehm…», abbassò lo sguardo sui suoi piedi. «A trovare mia mamma, pensavo.»

«Ti accompagniamo se vuoi», sorrisero.

«Ok, grazie.»

 

***

 

Trovarsi di fronte alla tomba di sua madre con i suoi nuovi fratelli era stato strano, molto strano, ma piacevole, perché le avevano dato una forza in più per affrontare quel momento.

Sua madre le mancava tanto, ma per fortuna aveva trovato altre persone che le volevano bene e per le quali ne valeva la pena di vivere ed era per loro che aveva di nuovo sperato nel domani e lottato per quello in cui credeva.

Ora era lì con loro, ma in un contesto completamente diverso. Erano ad una festa e loro erano le star della serata, tutta la gente che passava li guardava e gli sorrideva, e si sentiva bene.

«Ragazzi, vi devo dire una cosa!», disse Andreas, prendendo i gemelli per le spalle.

«Sì, dicci pure», disse Bill, visto che lui non sembrava voler parlare.

«Ok, vado a prendere qualcosa da bere», disse Georgia allontanandosi per lasciarli da soli.

«Scusate, ma era su di lei la cosa che devo dirvi», si giustificò alle loro occhiatacce.

«Su Georgia?»

«Sì. Ragazzi, mi sono preso una cotta assurda per lei!»

«Andreas! È nostra sorella!»

«Beh, Tomi, sempre meglio lui che qualche sconosciuto», rifletté Bill.

«Già. Ragazzi ho bisogno del vostro aiuto!», piagnucolò, quando Georgia ricomparve con un bicchiere in mano.

«Cara Georgia, vieni con il sottoscritto!», disse Bill, prendendola da parte e portandola lontana dal gruppetto.

«Che succede?»

«Come ti sembra Andreas?», alzò il sopracciglio.

«Andreas? Mmh, non è che mi piace tanto... Però è simpatico!», disse sorridendo e annuendo. «Come mai lo volevi sapere?»

Bill sospirò e scosse la testa: sarebbe stato un casino riuscire a combinare qualcosa fra quei due, conoscendo sua sorella.
Non avrebbe mai immaginato di doversi occupare di una cosa del genere. Ma anche, per esempio, poterle pettinare i capelli e truccarla quante volte voleva senza che lei facesse una piega non l’aveva previsto. Gli piaceva avere una sorella femmina: con Tom non poteva fare le stesse cose! Ed era felice.

«Bill, posso chiederti una cosa?»

«Sì, dimmi.»

«Ma questa festa per che cos’è? Non vedo né sponsor, né festeggiati particolari…»

Bill sorrise e le mise le mani sulle spalle, guardandola negli occhi.

«Invece c’è una festeggiata particolare.»

«Chi? Beyoncè? Madonna? No, non me lo dire! Avril Lavigne!»

«Ma che stai dicendo?! Sei tu!»

«Io?»

«Certo! Non avrai creduto sul serio che ci fossimo dimenticati del tuo compleanno!?»

«Beh, ecco, io…», abbassò lo sguardo, imbarazzata.

Bill scoppiò a ridere, quando anche Tom si aggiunse a loro con Andreas, Gustav e Georg al seguito, che le fecero gli auguri.

«Oh, grazie! Ma io tutta questa gente non la conosco!»

«Infatti ora leviamo le tende, la vera festa è da un’altra parte.»

«Ah sì? E dove?»

 

***

 

Guardò il cielo stellato e il mare frastagliato di fronte ai suoi occhi, il vento profumato di salsedine che le faceva venire i brividi, ma era stretta fra le braccia di Bill e Tom, seduti nel bagagliaio della macchinona del più grande, e si sentiva in paradiso.

«Io inizio ad avere fame», disse Bill toccandosi la pancia.

«Dove andiamo a mangiare?», chiese Georgia.

«Da nessuna parte, stiamo qui.»

Tom si girò e tirò fuori da una scatola dei piatti di plastica, dei bicchieri, una bottiglia di Coca Cola, delle lattine di birra e dulcis in fundo una torta di panna bianca e spruzzi di cioccolato, la preferita di Georgia.

«Oddio ragazzi, è bellissima!», disse con gli occhi brillanti, le mani strette al petto.

«Sono contento che ti piaccia, tre ore a subire Tom che flirtava con la commessa!»

«Tomi, sei sempre il solito!»

Risero assieme e mentre lui tentava di giustificarsi, inventandosi pure uno sconto, Bill accese l’unica candelina sistemata nel centro.

«È il compleanno più bello della mia vita», sospirò Georgia chiudendo gli occhi. «E voi siete i migliori fratelli del mondo. Vi voglio bene», li abbracciò e sorrise felice, felice davvero.

«Sì, ma devi esprimere un desiderio e soffiare», le ricordò Bill.

«Soffiamo insieme?»

Bill sorrise estasiato e si chinò in avanti, tenendo la mano di Georgia. Lei prese quella di Tom e lo strattonò giù assieme a loro.

«Uno, due… tre», soffiarono assieme e la candelina si spense.

«Hai espresso il desiderio?», chiese Bill; Georgia scosse la testa, chiudendo gli occhi.

«Come no, dovevi!»

«E cosa avrei potuto desiderare di più? Ho tutto ciò di cui ho bisogno e che ho sempre desiderato. Vi voglio davvero tanto bene.»

«Anche noi te ne vogliamo tanto, nana», parlò Tom per tutti e due.

Le stamparono un bacio a testa sulle guance, contemporaneamente, facendola ridacchiare.

Solo in quel momento capì cos’era quella sensazione che aveva sempre sentito ogni volta che li guardava e stava accanto a loro.
Come aveva fatto a non accorgersene prima che quello che sentiva per loro era… amore fraterno?

Si sorrisero guardandosi e poi videro una stella brillare più delle altre nel cielo blu della notte, ma solo per una frazione di secondo, che bastò però a renderli uniti per l’eternità, oltre ogni legame di sangue.

 

The End

 

_____________

 

 

Eccoci finalmente e con un po’ di malinconia al capitolo finale. Spero vivamente di non avervi delusi con questa schifezza XD Ringrazio tutti quelli che hanno supportato questa ff, in primis _samy, grazie alla quale è nata una parte di questa ff: Grazie!!!
Poi ringrazio tutti quelli che hanno messo questa ff fra i preferiti:

 angel1992

babakaulitz

chia94th

cold ice

cris94

Dan

degah

evol

Ice princess

Martiii_Th_Tk

Ramona37

selina89

SonnyScene

tokiohotellina95

Veronica91

_Svi

E tutti quelli che l’hanno messa fra le seguite:

AntonellaandLasDivinas

billina pikkolina

Giulia504

Ladynotorius

lallabella89

Lola__x

michy25

misscasei

picchia

Poppy483

Ramona37

Utopy 

Un ringraziamento speciale non può non andare che a Utopy, mia sostenitrice fidata (Anche per questo sei la fedele bla bla bla XD), che mi tira sempre su di morale quando c’è qualcosa che non va oppure quando mi faccio i complessi e dico che tutti i miei finali fanno schifo XD Grazie mille!!!
Complessi a parte, ringrazio di cuore davvero tutti quelli che hanno semplicemente letto questa ff [le Lettrici in punta di piedi © (Copyright della Frenzy XD)]: anche i numerini sono importanti u.u
Ho detto tutto? Sì, penso proprio che sia ora di andare. Davvero un grazie di cuore a tutti quelli che sentono di doverselo sentirselo dire ^^ Mi aspetto molte recensioni per questo ultimo capitolo, magari da chi non ha mai recensito prima *___________* Fatevi sentire!! U_U Grazie in anticipo! Un bacio,

 _Pulse_

   
 
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