Di nuovo a casa... per sempre!
Jacob
Non volevo svegliarla, aveva un aspetto così sereno quando dormiva, ma era
necessario se mi volevo ritrasformare per cercare mio padre.
Billy.
Mi sembrava passato un secolo dall’ultima volta che l’avevo visto. Chissà se l’avrei trovato cambiato.
Sentii Nessie muoversi
sulla mia schiena.
Si era svegliata.
Mi accucciai per permetterle di scendere più facilmente.
Quando non sentii più il suo peso mi alzai
di nuovo.
Era davanti a me.
«Grazie Jake! Di tutto» mi disse
sorridendo mentre mi porgeva i miei vestiti.
Li presi con la bocca e mi allontanai per qualche secondo.
Leah era già rientrata a
casa.
Per ordinare a Charlie di non chiamare
Bella o qualcun altro dei Cullen.
Nessie era stata perentoria.
Non voleva che lo sapessero da altri.
Voleva che fosse una sorpresa.
Sebbene nell’arco di qualche chilometro
saremmo stati alla mercé del potere di suo padre.
Ritornai da lei, che nel frattempo aveva preparato le mie scarpe perché
potessi indossarle.
Presi il suo viso tra le mani e mi chinai per baciarla. Poi le strinsi la
mano, che sembrava così piccola e fragile in confronto alla mia e ci avviammo
verso casa.
Era tutto spento.
Strano.
Aprii la porta. Non
appena mettemmo piede nella stanza improvvisamente si
accesero le luci.
«Sorpresa!» ci salutarono in coro Sam, Emily, Paul, Rachel, Seth, Leah, Billy, Charlie, Sue, Quil ed Embry.
Gli ultimi due mi vennero incontro e mi stritolarono nei loro
abbracci.
«Ci hai fatto preoccupare»
«Menomale che Nessie è testarda»
«Sei un idiota»
«Hai abitato con due vampiri e non ti sei trasformato neanche una volta?»
«Ti vogliamo bene»
C’era una confusione
assurda.
Non capivo chi dicesse cosa. Ma sorridevano
tutti. Ero di nuovo a casa.
Dopo aver abbracciato tutti e festeggiato a lungo, iniziai a sbadigliare.
Chiaro segno che li stavo sfrattando da casa mia.
«Jake» mi chiamò Nessie.
Mi voltai verso di lei.
«Volevo solo dirti che per stasera dormo da nonno Charlie e da Sue.
Tuo padre ha bisogno di averti un po’ tutto per sé»
Le sorrisi.
Sapevo che l’avrebbe fatto.
Forse era proprio per questo che aveva insistito perché dormissimo insieme
la notte precedente.
«Va bene, amore mio. Ci vediamo
domattina» la strinsi a me, respirando il suo profumo. Poi posai
un bacio sulle sue labbra e la lasciai andare.
La mattina dopo chiacchierai allegramente con mio padre come non succedeva
da un sacco di tempo, assenza forzata esclusa. Parlammo molto, e mi resi conto,
attraverso le sue parole, che Alice stava esagerando
un po’ con l’organizzazione del mio matrimonio. Ma Nessie aveva
preso i gusti elaborati da lei. Quindi non potevo
lamentarmi.
Lo salutai promettendogli che per le diciannove mattine successive avrei
fatto colazione con lui.
Non aggiunsi che non avevo intenzione di dormire lì.
Gli ero mancato.
Non mi avrebbe mai strappato quella promessa se non fosse stato così.
Uscito di casa salii sulla mia vecchia Volksvagen.
Non avevo voluto lasciarla, nonostante Bella mi avesse chiesto un’infinità
di volte se volessi una macchina nuova e più veloce, una macchina da vero Cullen –
nonostante lei la sua
Ferrari l’avesse
tirata fuori dal garage
forse tre volte in sette anni – per regalo
Ci ero affezionato,
che ci potevo fare? Quella macchina aveva visto un sacco di avventure.
E spesso lei ne era stata
la protagonista. Quindi un po’
capiva come mi sentivo.
Mi mancava.
Non come mi mancava Nessie,
era diverso.
Mi mancava la mia amica.
Quella che mi capiva al volo e mi consolava
senza dire una parola. E presto sarebbe stata mia suocera.
Risi di quel pensiero, e mi avviai verso casa di Charlie e Sue
scuotendo la testa.
Dall’esterno sentivo già che l’aria non era
delle migliori.
Mi accolse infatti una Renesmee furiosa.
Cosa poteva aver fatto
di male Charlie per
meritarsi un trattamento del genere?
Decisi di entrare, pronto a porre fine alla disputa.
Renesmee
Jake arrivò a casa di
Sue nel momento peggiore.
Nonno Charlie mi aveva
appena detto che Nahuel era ancora
a casa mia, ed ero in piena crisi isterica.
Che cosa credevano di
fare i miei genitori?
Forse era la volta buona che a casa non ci tornavo più.
Ma forse era anche il momento migliore in cui potesse arrivare.
La sua presenza ebbe un effetto calmante su di me.
«Forse è meglio che
rimandiamo la visita a casa tua» mi disse Jacob.
«E a cosa servirebbe? Prima
o poi
saprebbero che siamo tornati. Seth non
riuscirà a tenere il segreto con mio padre a lungo. E verrebbero qui. Ti ho detto che ormai
vanno e vengono dalla riserva come vogliono?» risi, scuotendo la testa, anche se ero ancora arrabbiata.
Jake capì perché lo
facevo.
Ogni volta che volevo fuggire di casa mi
rifugiavo a La Push.
Mio padre impazziva.
Se veramente ormai non
importava più niente a nessuno del confine, non potevo essere lasciata in pace
neanche lì.
E rise con me.
«Va bene. Ho la macchina qui fuori. Andiamo?» mi disse.
«Sì, e mi assicurerò di avere abbastanza pensieri ostili affinché mio padre
capisca che non è il caso di rovinarmi la “sorpresa”. E se non lo fa
so come infastidirlo abbastanza a lungo da farmi lasciare in pace. Ormai sono
un’adulta. Lo riconosce anche mia madre» affermai seria.
Mi prese in braccio e mi trascinò in macchina. Avevo le mie gambe, lo sapevo fare da
sola. Eppure lo lasciai
fare.
Era bello farsi coccolare un po’.
Durante il tragitto ascoltammo la radio.
Aveva inserito l’ultimo CD che gli avevo regalato.
C’erano le “nostre” canzoni.
A una distanza
congrua perché mio padre mi sentisse iniziai a pensare a ripetizione: Se mi
rovini la sorpresa ti faccio a pezzi. Letteralmente. Anche se sei mio padre.
Si sarebbe infuriato di brutto per la mia mancanza di rispetto.
Ma a chi importava?
Lui non mi stava rispettando affatto permettendo a quell’ibrido di rimanere a
casa mia.
Parcheggiammo di fronte al garage.
Sapevamo che avevano sentito arrivare la macchina.
E ci aspettavamo il
comitato di benvenuto.
Ma c’era solo zio Emmett sulla
porta.
Vedendolo non riuscii a trattenere la gioia, nonostante fossi arrabbiata
con tutti quanti.
E gli corsi incontro.
Era lo zio più simpatico e giocherellone del mondo.
Tra lui e zio Jazz preferivo infinitamente
lui.
Almeno era divertente.
«Bambolina! Sei tornata! E hai
portato anche il cucciolotto!»
disse strapazzandomi ben bene.
«Pensavi che non ci sarei riuscita, vero?» risposi io guardandolo con aria
critica.
«Beh, a dire il vero c’è solo una
persona che guadagnerà una fortuna dalle scommesse» affermò con un sorriso
sornione.
Non chiesi chi.
Lo sapevo per certo.
C’era solo una persona che mi aveva appoggiata incondizionatamente.
«Mia madre» gli dissi. Lui annuì. Poi salutò Jacob.
«Ehi lupacchiotto! – disse scherzosamente – ci hai fatto
preoccupare!»
«Ciao Emm!
– rispose Jake – ma dove sono tutti?»
«Immagino che siano in salotto ad aspettarvi. Volevo essere il primo a
riabbracciare la mia dolce nipotina!»
«E volevi stare alla larga da Nahuel, vero?»
«In realtà… ma lo vedrete da voi» disse ridendo.
Presi per mano Jake e ci
avviammo verso la porta.
Zio Emmett ci
seguiva.
La prima ad entrare nel mio campo visivo fu mia madre.
Mi abbracciò per un istante, poi strinse Jacob.
«Jake la
prossima volta che mi
fai spaventare
così ti ammazzo con le mie mani. Per
fortuna che la piccola non si è arresa e ti ha riportato qui. –
si allontanò – Come state?» ci chiese.
Per due ore non facemmo altro che rispondere a domande su domande.
Volevano il racconto nei minimi dettagli.
Zia Alice si irritò un
po’ quando le dicemmo che ci sarebbero stati due invitati in più e si dileguò
con zio Jazz per ridistribuire i posti a tavola e alla cerimonia.
Mi dissero che Nahuel si era
dileguato pochi minuti prima.
Appena si era reso conto che eravamo tornati.
Almeno una mossa intelligente nella sua vita l’aveva fatta, il ragazzo.
Forse alla fine l’avrei perdonato.
In fondo con l’eternità davanti di tempo avevo.
Ma avrei lasciato
passare almeno una decina d’anni, prima.
L’unico che non si fece vedere fu mio padre.
La mia felicità era turbata da quel particolare.
Quando chiesi notizie a mia
mamma
disse: «Pensava che non volessi vederlo. In fondo nell’ultimo
mese se non fosse stato per Leah ed Alice
non avremmo avuto affatto tue notizie»
«Mamma, ero arrabbiata
con voi. Lo sarebbe stato chiunque al mio posto. In fondo avete perdonato il
responsabile della quasi morte del mio fidanzato – sorrisi – ma questo non vuol
dire che io non lo voglia vedere. Cavolo è mio padre! La mia felicità senza di
lui non è completa!»
Che mi avesse sentito
dire questa frase, o che avesse scelto proprio quel momento per comparire, il
tempismo di papà fu perfetto.
Mi strinse in un abbraccio deciso ma rassicurante, e sfiorò i miei capelli
con le sue labbra di marmo ghiacciato.
«Mi sei mancata, piccola mia» disse in un sussurro.
La mia rabbia si sciolse come neve al sole al sentirlo così insicuro.
E i miei occhi si
sciolsero in lacrime.
«Mi sei mancato anche tu, papà. Sei ancora disponibile per accompagnarmi
all’altare?» gli dissi scherzando, asciugandomi le guance con il dorso della
mano.
«Certo che sì. Questo e altro per la mia unica figlia!» rispose sorridendo.
Jacob si avvicinò per
dire qualcosa a mio padre.
E lui, stranamente, gliela lasciò dire, senza rispondergli prima che
aprisse bocca.
«Edward, non so come
ringraziarti – disse – Renesmee è riuscita
a trovare il modo per farmi tornare la memoria solo grazie a te. E ora
finalmente ho capito la dedica che mi facesti sette anni
fa».
Li vidi stringersi la mano.
Ghiaccio nel fuoco.
E fui certa che non
avrebbero più litigato.