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Autore: Ninfea Blu    04/10/2009    16 recensioni
Storia fortemente occ. Un Andrè molto diverso dall'originale, amaro, disincantato e sfiduciato, colto in un momento di profonda debolezza, meno fedele del solito...
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, André Grandier
Note: OOC, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Ho finito anche l’ultimo bicchiere

GOCCE DI FIELE E VELENO

 

 

Premessa: questa storia è piuttosto particolare e fortemente occ. Il protagonista è molto diverso dall’originale, potreste trovarlo addirittura irriconoscibile nei pensieri e nelle azioni. È un Andrè disilluso, sfiduciato, disperato anche, che non crede più, non spera più. Ho scritto questa storia in un momento un po’ negativo e ho immaginato un momento simile anche per il nostro eroe. Forse non vi piacerà e lo capisco, ma in fondo è una possibilità, un momento di profonda debolezza che potrebbe aver avuto. Come sempre, lascio a voi l’ultima parola e non abbiate timore di dirmi che ne pensate.

Ringrazio Nisi e Audreyny che hanno letto la storia in anteprima ed espresso con sincerità le loro opinioni.

 

**********

 

 

Si può mettere a tacere il cuore? Smettere di amare, come amo io?

Si può non soffrire per un amore che consuma l’anima, che toglie il sonno e non concede speranze?

 

Dal racconto “Sulla spiaggia”

 

 

*****

 

 

La bonne nuit.

Un posto più malsano di questo non potevamo sceglierlo; lezzo di sudore, sego di candele e un’umanità umiliata dalla fatica.

Ho finito anche l’ultimo bicchiere.

Liquore che mi scalda le viscere con cui tento di sciogliere il ghiaccio bollente che attanaglia il mio petto. Ha un sapore come di veleno che scende nell’anima; sono le lacrime che non ho mai versato per quest’amore non corrisposto che corrode il cuore.

Un cuore troppo logorato, che quasi soffoca avviluppato dalle spire di un sentimento che non lo fa volare. Come un cancro maligno che mi ucciderà alla fine.

Ma io devo trovare il modo di salvarmi; perché questo amore mi è nemico.

Non volevo venire qui stasera, ma è sempre lei a dare gli ordini. Comanda lei, dirige la mia esistenza che non ha pace.

“Portami in un locale dove si beve.” Mi dice e io obbedisco come sempre.

Non so fare altro che obbedire, ormai.

Cerco parole per tranquillizzarla, ma non è esattamente quello che vorrei dirle.

 

Non ti devi preoccupare… lui tornerà sicuramente…

 

In certi momenti vorrei urlare, disobbedire. Vorrei sputare parole dure per ferirla, una volta.

Sono così cattivo che vorrei spezzare le sue speranze e non esserle di conforto, come al solito.

Invece resto qui, in questo locale che sa di muffa, seduto a questo tavolaccio di legno scuro con la mia maligna speranza nel cuore che non le confesserò. Ormai non serve e non importa più.

Lei deve solo continuare a credermi il suo servo fedele. Ma non sono mai stato più infedele di adesso. Da dove viene questa rabbia sorda che trattengo a stento e vorrei sfogare su di lei?

Mi sento quasi soffocare mentre la guardo tracannare l’ennesimo bicchiere; lei crede che serva a dimenticare.

È più ubriaca di me, ma regge ancora abbastanza da essere in grado di reagire ad una provocazione, e dopo una scazzottata, uscire da qui con le sue gambe e rimontare a cavallo.

Non vorrei seguirla, ma rientrare lì dentro, annegarmi di solitudine; troverei sicuramente qualcuno disposto a consolarsi con me. Invece la seguo controvoglia.

È inutile che io le dica che saprà farsi solo altro male. 

Tanto ci sono sempre io che l’aiuto a rialzarsi in piedi.

Non l’aiuterò questa volta, non ne ho voglia. Non ne ho più voglia.

 

Non te lo meriti.  Arrangiati, tanto tu non hai bisogno di me.

 

Fuori ci accoglie una notte senza stelle. Tenebre senza luce, come me.

L’oscurità completa ci avvolge e ci accompagna dalla città attraverso la campagna silenziosa.

Solo qualche grillo ogni tanto frinisce.

L’attraverso come ho già fatto molte volte in passato, lei davanti a me e io dietro come un cane fedele, ma ora c’è qualcosa di diverso in me. Dev’essere questo furore che mi invade.

Gocce di fiele e veleno mi hanno inquinato il sangue e i pensieri.

Io mi sento uguale a questa notte. Io sono tenebre senza luce.

Avverto poco distante da me la sua presenza famigliare, avverto i movimenti del suo cavallo. I piccoli rumori attorno a noi. La distinguo appena sotto un raggio di luna che filtra tra le nubi nere. Un attimo e poi sparisce di nuovo inghiottita dal buio.

Ma cosa faccio ancora qui? Che senso ha la mia esistenza di ombra che cammina al suo fianco?

Sono un’ombra di uomo.

Un baleno, potrei girare il mio cavallo in direzione contraria e andarmene per sempre.

Penso che potrei farlo davvero. Chi me lo impedisce?

Lei?

L’idea quasi mi eccita. Mi tenta.

La libertà mi eccita o mi ecciterebbe se potessi goderne.

E lei? Si sorprenderebbe e magari mi chiamerebbe e io non le risponderei.

Lasciarla per sempre… non tornare mai più indietro. Andare lontano, quel tanto che basta a smarrire la strada del ritorno. Scacciare il suo ricordo. Perdersi nel mondo e finalmente, dimenticarla.

Sarebbe così semplice.

Forse sarei anche felice. Perché ora non lo sono affatto.

E sono stufo di sentirmi così, sfinito da questa attesa inutile che è come una condanna a non vivere pienamente.

Perché vivo a metà per colpa sua. Vivo nella paura di non essere amato, di essere lasciato solo, senza accorgermi che lo sono già. Sono solo da sempre. Troppo distante da lei.

Sono troppo stanco per sperare in qualcosa di diverso dalla sua indifferenza, stanco di nutrire sogni e desideri che sono come fossili impressi su un cuore che sembra di pietra.

Quante mute preghiere ho rivolto a questo manto nero che mi sovrasta; inascoltate, si perdevano in esso come risucchiati da una voragine che nulla restituiva. Lei è come questa notte, lei è vuoto nero, oscurità che copre tutto, che non soddisfa speranze, ma le annulla.

Lei, il mio cancro maligno.

Ora io mi sento come questa notte, sono spento come se la fiamma che ardeva nel mio cuore si fosse estinta.

In realtà sono stanco di alimentarla; lei pretende, pretende e basta, senza dare nulla in cambio.

Ho sempre e solo dato e lei ha sempre preso; come un vampiro si è presa il mio sangue, il cuore, il pensiero fino a sfibrare la mia mente. E se la lascio fare, continuerà a farlo fino in fondo, totalmente, finché mi avrà rubato quella poca volontà che mi resta.

Spegnere il cuore. Ecco quello che devo fare.

Vorrei essere vuoto da non poterle dare più niente; ho deciso di strapparmi questa gramigna dal petto. È una pianta soffocante e io voglio tornare a respirare, liberarmi della mia ossessione. Stasera il mio sentimento si trasforma; da bellissimo fiore che era, è diventato una pianta carnivora che mi divora da dentro.

 

Tu mi divori dentro.

 

Perché è inutile amare così, perché non posso amare così. Non si può amare il proprio nemico.

Non posso e non voglio.

Non più.

Perché amare come ho amato io, uccide e basta.

Toglie il sonno e il senno, intorpidisce i sensi e il cuore rallenta, quasi fino a spegnersi.

Ma non lascerò che sia lei il mio carnefice.

Sarò io a uccidere il mio sentimento, prima che lei possa fare cenere della mia anima.

Voglio spegnere questo cuore. Ora, in questo preciso istante.

Come si spegne un lumicino.

Che smetta di battere per lei, finalmente, e batta solo per me, perché sono egoista; voglio un’emozione che sia vera, autentica, che sia solo mia e lei non possa carpire.

Voglio tutto quello che lei non mi ha mai dato. 

Che non mi darà mai. Basta con le utopie.

Far tacere il cuore per riprendermi ciò che mi appartiene, la mia vita.

 

Te l’ho data, ma tu non la meriti.

 

Posso decidere così repentinamente di smettere di amare in un solo istante?

È così che accade? Improvvisamente non si sente più nulla e si diventa insensibili?

Bastasse solo pensarlo per farlo diventare qualcosa di reale.

Sembra facile; formulare un pensiero per la prima volta. Lasciare che mi sorprenda e mi sembra quasi di sentirmi più leggero.

 

Io non ti amo più perché tutto l’amore che avevo si è dissolto come la spuma del mare sulla sabbia, come la bruma della nebbia su un orizzonte incerto che si fa sempre più lontano. 

 

Potrei credere che sia vero. Forse era una malattia che finalmente ho sconfitto.

Posso negare questo sentimento insano, voglio tagliare questo cordone che mi lega e non mi lascia libero.

Quante donne ci sono a questo mondo?

Lei per troppo tempo è stata l’unica; l’unica amica, confidente, complice, sorella.

L’unica che abbia voluto come uno stupido.

L’unica che non posso raggiungere, che non avrò mai probabilmente.

La sola che non mi vede eppure mi conosce molto bene.

Quante potrebbero essere come lei?

Nessuna.

Ma lei non vede niente e io la sua indifferenza non la merito e sono stufo di subirla.

Non la sopporto più.

Ho aspettato troppo che lei mi vedesse per ciò che sono e che ho dentro.

Perché devo rinunciare ai comuni desideri di un uomo? Lei non può pretendere il mio sacrificio come io non posso pretendere nulla da lei. Ma io non voglio cercarla in un’altra.

Ho voglia di un po’ di tenerezza, di passione o solo di sesso per una volta.

Di carne morbida e dolce e labbra vermiglie da baciare.

Quella ragazza della locanda, ho visto come mi ha guardato; mi invitava con lo sguardo.

Se mi fossi alzato dal tavolo per raggiungerla lei non se ne sarebbe neanche accorta.

Potevo lasciarla lì da sola, ad annegarsi nel suo maledetto dolore mentre io tentavo di placare il mio.

Mentre lei si ubriacava di vino scadente, io mi sarei ubriacato di amore fittizio, ma avrei avuto il piacere che a lei manca e sarei stato meglio e ora tornerei a casa con i sensi leggeri, l’animo tranquillo e il corpo appagato finalmente.

Ti fa male? Ti fanno male le ferite del corpo?

Non sono niente in confronto a quelle dell’anima e lì restano cicatrici che non guariscono mai, suppurano e vanno in cancrena facendo marcire anche l’ultima debole speranza che ti rimane.

È così che l’amore si è trasformato in astio acido come le lacrime di cui sei indegna.

Ti sei picchiata come un uomo. Ma per una donna è diverso. Il dolore fisico non smorza quello che hai dentro.

Io ho un occhio nero e il gusto del sangue in bocca, ma per la prima volta mi sembra dolce.

Ed è meglio questo che alimentare il proprio tormento. E gioisco, perché il dolore fisico passerà, le ferite guariranno e io domani starò meglio di te.

E tu invece sarai ancora così. Le ferite del fisico guariranno, ma non quelle che hai dentro.

Non ho neppure voglia di parlarti, non ho voglia di chiederti niente ora. Non ho più voglia di darti una consolazione che non cerchi mai da me. Se stai male non mi importa più.

 

Posso fare qualcosa per te?

 

Ho perso il conto delle volte che te l’ho chiesto. Ma ricordo solo la stessa invariabile risposta: no.

Solo e sempre no.

Non posso fare niente per te, forse pensi che io non possa capire, che non veda niente.

Ma io vedo, ho sempre visto  e ho deciso che non voglio più vedere.

Ho deciso che da ora in poi sarà diverso.

Sarò come te: indifferente. Tu sarai un’ ottima maestra inconsapevole.

Ognuno di noi ha avuto il dolore che si è scelto. Non sarò certo io a liberarti dal tuo tormento.

È una scelta.

Una libera scelta.

Stasera dentro quel posto sporco e misero di umanità ho avuto nausea di me stesso e non si può trovarsi così, apatici, lasciarsi vivere ed essere come morti. Ho scelto di non voler continuare questo calvario, non ti seguirò lungo questa strada. Cambierò direzione.

Ed è incredibile come sia stato facile.

Potrei dirtelo; sono tuo amico. O forse lo ero.

Ma le mie parole non le udresti nemmeno.

E allora resta lì, così, a barcollare sul tuo cavallo che ti riporta a casa. 

In fondo è quello che vuoi.

Piangi pure il tuo amore impossibile, io non l’ho mai fatto quando stavo male e mai lo farò.

Voglio sputare questo veleno che mi scorre nelle vene e voglio ubriacarmi di miele che tu non mi darai. Se non hai amore da darmi, non hai il diritto di chiedermi niente.

Se non hai amore da darmi, io non voglio più sprecare il mio cuore, perderlo nel tuo sguardo di ghiaccio che ferisce come lame taglienti.

Soffri se vuoi soffrire. Tu lo vuoi e io te lo lascerò fare perché vedi solo il tuo dolore.

Ma io ho il diritto di vivere anche senza di te. Ho il diritto di cercare altrove quello che non posso aspettarmi venga dal tuo essere.

 

E per la prima volta penso che sei egoista. È incredibile! Ti sto demolendo poco a poco.

Distruggo il mio sogno e quasi sorrido di una gioia perversa. Dev’essere il tuo veleno che sta facendo effetto. Domani sera o un altro giorno tornerò là, in quella locanda, da solo. Sorriderò a quella ragazza dagli occhi neri e profondi più di questa notte, che era pronta a darmi tutta se stessa; lo si capiva dai suoi occhi che brillavano di vita. Quella vita che tu non hai.

Quella vita che tu non concedi.

Verrò qui e mi concederò il tepore delle sue braccia e divorerò il suo corpo con la forza della mia frustrazione repressa. La farò mia.

Come una donna o una cosa; pelle morbida tra le mie dita fameliche.

E forse smetterò di amarti. Per un momento, per un ora, sarò libero.

O forse per sempre.

E forse non sarà solo una notte. Forse nascerà un nuovo amore, sarà l’inizio di qualcosa.

Io non voglio più vivere come ho vissuto finora. Ti sono rimasto fedele per cosa?

Avrei dovuto farlo molto prima.

Ma ho deciso che deve cambiare tutto.

 

 

*****

 

Fa male scoprire che in realtà non cambia niente.

Ho lasciato passare qualche giorno. Sono tornato qui da solo.

Ho lasciato il tuo palazzo stasera con un moto d’orgoglio nel cuore. Mi sentivo vittorioso e potente. Forse è questo strano senso di libertà che mi inebria.

Credevo che magari, mi sarei sentito in colpa.

Ma mentre raggiungevo Parigi, mentre percorrevo le sue strade che mi portavano alla locanda, c’era solo il pensiero della ragazza a tenermi compagnia; occhi neri e tentatori e labbra carnose e piene, un corpo che sembra di burro, fatto per far perdere la testa a qualsiasi uomo.

Io non sono diverso da un altro.

Non una volta ho pronunciato il tuo nome, come se avessi timore che facendolo, questo coraggio impudente e ribelle da cui mi sento pervaso potesse dissolversi in un attimo.

E oggi sono stato bravo; mi sono comportato come al solito. Non ero nervoso, non c’era emozione che mi tradisse, forse solo una leggera ansia da prestazione. Davvero, oggi, per la prima volta ti guardavo e non sentivo niente. Nessun dolore per quello che avrei fatto, nessun dubbio e la certezza che fosse giusto: il riscatto di me stesso.

Il mio pensiero vagava distratto e ogni tanto si metteva in moto in maniera audace se ripensavo alla fanciulla dai capelli neri. Allora è vero, mi sono detto. Basta volerlo.

Basta avere il coraggio di voltare pagina e la tua vita cambia in un baleno.

Cambiano le prospettive di tutto, e quello che prima nel vissuto sembrava una specie di condanna, ora lo guardi come se fosse una pelle morta, un fardello che ti sei scrollato dal corpo e che rallentava la tua corsa alla vita.

E per un attimo ti chiedi se fosse reale quello che avevi sentito fino a quel momento.

Perché sembra incredibile questa leggerezza dell’anima, questa serenità.

È come accorgersi di respirare.

E tu non sei qui.

Non ci sei, sei lontana, indistinta e confusa tra le nebbie. Una sagoma priva di contorni che non ha più potere su di me.

Stasera sono libero per la prima volta e voglio gustarmi questa libertà fino in fondo, berne fino all’ultima goccia di questo nettare a cui non voglio più rinunciare. Nettare al posto del veleno misto a fiele che mi servivi.

 

Raggiungo la locanda.

Entro e questa sera il locale è quasi deserto, a parte qualche sporadico avventore.

L’oste mi versa da bere mentre mi guardo attorno e cerco con lo sguardo l’oggetto delle mie brame. La giovane misteriosa fanciulla è qui; incontro il suo sguardo magnetico, è lo stesso dell’altra sera. Azzarda un sorriso che è un invito esplicito; lei vuole esattamente quello che voglio io. Io sono qui per questo.

Forse anche lei.

Probabilmente legge nei miei occhi la risposta al suo sguardo allusivo.

Mi si avvicina lentamente, regge un bicchiere in una mano mentre l’altra è appoggiata su un fianco generoso. È una giovane donna formosa di cui si intuiscono le forme strette nel corsetto che non riesce a nascondere le rotondità dei seni. La osservo e non tento neppure di spostare il mio sguardo concentrato sulla sua scollatura. Ho solo voglia di stringere quelle carni opulente nelle mie mani.

“Sono venuta qui tutte le sere nella speranza di incontrarti di nuovo…” mi dice e la sua voce ha un suono dolce e armonioso.

Una voce di donna abituata a sedurre. Di una che sa quello che vuole.

Finisco di bere prima di seguirla fuori dal locale fino alla casa dove abita poco distante.

Appena soli, non perdiamo tempo in convenevoli inutili. Sappiamo entrambi cosa siamo venuti a fare.

L’afferro per la vita sottile e il mio assalto ci fa finire sul letto. Non mi credevo così audace, ma ormai la mia virilità troppo a lungo repressa ha rotto gli argini. Col mio peso la schiaccio contro il letto e quasi le impedisco di muoversi. Lei è arrendevole e vogliosa, bella da fare male, una tentazione che invita al peccato. È troppo facile cedere a un veleno così dolce; hai solo voglia di gustarlo fino in fondo e io ho tutta l’intenzione di prendermi ciò che mi viene concesso tanto generosamente. Percorro il suo corpo ovunque, quasi le strappo i vestiti, è morbida come velluto e il mio stordimento è tale che dimentico dove sono e cosa sto facendo.

Lei è esperta. Sento le mani della ragazza che mi spogliano e in poco tempo mi ritrovo nudo fino alla cintola e la sua bocca è come fuoco che percorre la mia pelle riarsa dal desiderio. Non penso a nulla in quel momento. Ascolto solo i miei sensi impazziti che amplificano ogni sensazione. Sembra tutto perfetto e io mi appresto solo a godere appieno di questo momento di estasi e infilo le mie mani sotto le sue gonne a cercare prima le cosce piene, dopo la sua intimità segreta.

Sento i suoi sospiri unirsi ai miei, chiudo gli occhi quando sto per baciarla e la gusto quasi morsicandola come farei con una mela.

Le nostre bocche si cercano, si divorano avide e si esplorano senza pudore alcuno.

Perdo la cognizione del tempo mentre lei diventa sempre più audace.

Un lungo attimo prima di staccarci e allora i miei occhi si aprono a cercare il suo sguardo; in quel momento succede qualcosa che non avevo previsto e il mio pensiero sembra tornare vigile improvvisamente.

Incontro il suo sguardo e io non so perché mi aspetto che sia azzurro e limpido come un cielo terso.

Invece incontro due occhi scuri e cupi che mi osservano, profondi e neri come l’oceano. Allora mi blocco di colpo. Improvvisamente mi sento assalire da una violenta sensazione come di gelo che mi percorre la schiena. La mia coscienza stordita torna con prepotenza, mi assale e non riesco a scrollarmela di dosso. Tento ancora di baciare la ragazza, ma il piacere lascia il posto a una sorta di disgusto. Mi blocco di nuovo in preda ad un pesante imbarazzo; ho capito che lei mi ha seguito fin qui e ora è con me su questo letto.

La ragazza dagli occhi scuri è scomparsa ora e al suo posto mi passa davanti l’immagine onirica di una fluente chioma bionda e due iridi celesti che mi scuotano fino in fondo.

Un celeste che mi incatena di nuovo.

Mi vedono fino in fondo all’anima e mi sento nudo e vergognoso di fronte a questa estranea che non è lei.

Non è lei, semplicemente.

E se fino ad ora lo avevo soffocato, se mi ero illuso di non sentire più niente, ora il senso di colpa emerge dalle segrete oscure in cui per poco lo avevo nascosto, riaffiora tornando a galla. E penso che non dovrei essere qui su questo letto, tra lenzuola non troppo pulite, in una misera stanzetta spoglia con un’estranea.

Non sono libero, non lo sono mai.

Sono suo prigioniero, schiavo di questa ossessione che mi perseguita.

So che non riuscirò ad andare avanti, perché qualunque cosa facessi ora, dopo il rimorso mi seguirebbe. Mi schiaccerebbe implacabile. Il mio pensiero è invaso dalla sua immagine che mi scruta severa. Mi sembra di vederle le sue labbra che proferiscono parole di disprezzo. Lei è qui in questa stanza che ci guarda beffarda e mi dice: non puoi farlo.

E capisco che non lo farò, non posso farlo. Non riesco a farlo.

Perché anche se di fatto non è così, io le appartengo.

Anche se non mi ha avuto mai e forse mai mi avrà.

E capisco che lei non mi lascerà mai libero e se io cerco di liberarmi, il cappio si stringe ancora di più e il dolore può solo aumentare.

È la mia maledizione.

È il veleno che lei mi costringe a bere e non esiste antidoto.

E io lo bevo perché è dolce anche il suo veleno.

È la condanna di questa mia vita.

E mi rendo conto che io la voglio questa condanna, la voglio e la bramo e non saprei farne a meno.

La amo e quasi la odio, sballottato dal maroso di questo mio sentire.

E se cerco pace io non la trovo, o la trovo solo alla tiepida ombra del suo cuore.

Volevo cambiare tutto e in verità non posso cambiare niente.

Non posso cambiare il mio cuore. La ragazza con gli occhi scuri mi guarda ancora dubbiosa; non capisce lei. Non potrebbe immaginare di quale incantesimo sono vittima. Mi allontano improvvisamente da lei, dal suo corpo caldo e invitante, da quelle labbra fatte per essere baciate. Una promessa di estasi che io non posso cogliere. Il nodo dentro di me fa sempre più male; forse smetterà di stringere se uscirò da questa stanza. Afferro i miei vestiti velocemente senza dire una sola parola. Mi rivesto e uno strano brivido gelido mi attraversa. La ragazza continua a guardarmi perplessa; si è alzata sui gomiti. È delusa e si vede.

Mi dispiace, perché mi sento in colpa anche verso di lei. Stavo per usarla per tentare di guarire dalla mia ossessione.

Sto per varcare la soglia, quando lei parla per la prima volta.

“Perché te ne vai… ho fatto qualcosa di sbagliato per caso?”

“Scusami… non sei tu…” riesco solo a dire senza neppure guardarla.

Scendo in strada e l’aria fresca della notte mi da un po’ di refrigerio, raggiungo il mio cavallo che avevo lasciato davanti alla locanda…

la bonne nuit… non è stata davvero una buona notte.

Sprono il mio animale al galoppo nel buio e lascio che l’aria gelida mi plachi il sangue.

Urlo alla notte, grido la mia rabbia e il mio dolore. Urlo e impreco contro di lei come non ho mai fatto. E la odio in questo momento, di un odio feroce che non pensavo di poter provare, la odio perché mi ha reso schiavo e non riesco più a liberarmi. E odio la mia debolezza che non mi permette di liberarmi. Urlo contro questa notte che è come lei, che non sa scaldare e mi fa sentire più solo che mai. Urlo e mi accanisco contro me stesso anche.

 

Sei uno stupido idiota!! Un povero imbecille…

 

E mentre corro a perdifiato mi accorgo che questo odio è grande quanto l’amore.

Ma dura molto meno, si perde nell’oscurità portato via dalle lacrime che escono liberatorie.

Ma domani basterà la sua presenza ad asciugarle.

Lei è il mio delirio, la mia magnifica ossessione.

Lei mi segue fedele nei miei sogni e occupa prepotente ogni mio pensiero e i suoi sorrisi sono come i baci che non mi ha mai dato.

Io amo la mia catena. È questa ossessione che io amo, che mi fa vivere.

Ed è questo amore immenso, disperato, ma invincibile che ora mi fa piangere come lei non ha mai visto e mai vedrà.

Non so per quanto tempo ho spronato il mio cavallo, lasciato che le lacrime feroci solcassero il mio volto stanco. Rabbia e tormento se ne vanno attraverso i miei occhi.

Ho rallentato la mia corsa fino a fermarla del tutto.

Il mio cavallo è quasi sfinito, schiuma leggermente dalla bocca.

Anch’io mi sento esausto.

Ho smesso di piangere.

Mi sono lasciato cullare per un momento dal leggero silenzio dell’oscurità che mi circonda; non è più densa come l’altra sera. È quasi bella, magica direi.

La luna piena illumina il sentiero che devo percorrere.

Io non saprò mai perché la amo così.

Io capisco solo una cosa; è solo continuando ad amarla anche in silenzio, che trovo consolazione e forse mi avvicino a qualcosa che assomiglia alla felicità.

Perché non amarla è solo peggio.

Osservo il cielo; ci sono le stelle adesso e brillano luminose.

Riprendo con calma la mia marcia.

E torno da lei.

 

 

Fine 

 

 

Mi rendo conto che è un racconto forte. Spero che almeno un po’ vi sia piaciuto. Grazie anche solo di averlo letto. (5/10/2009) Ragazze, io non so davvero come ringraziarvi per le vostre parole, avevo così tanti dubbi su questa storia. Sono felicissima che sia stata capita e apprezzata. Un grazie di cuore anche a chi ha messo questa ff nei preferiti.

   
 
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