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Autore: Rorat    06/10/2009    2 recensioni
La donna guardò gli uomini armati, i cadaveri che ingombravano la sala, senza che una contrazione di terrore, di orrore o di oscurità, si disegnasse sul suo viso.
Ryo le si avvicinò e rimase come impietrito, turbato, incapace di scostare lo sguardo da quegli occhi, che adesso poteva vedere da vicino, per la prima volta da quando si erano incontrati.
Aveva imparato a leggere le parole senza voce, a guardare le persone dal di dentro, senza quell’ingannevole velo che le avvolge quando si nascondono dietro le apparenze, quando celano i loro sentimenti, le loro paure al mondo. Ma in quegli occhi di ghiaccio Ryo non vide nulla, non trasmettevano nessuna emozione. Compassione, dolore, tristezza, odio, felicità erano sentimenti che sembravano non fossero mai appartenuti a quella donna. Erano occhi senz’anima quelli che aveva di fronte, occhi senza voce, senza lacrime da versare.
Genere: Azione, Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Evoluzione

 

Il rumore dello sparo proveniente dal piano superiore Ryo lo udì distintamente, mentre un grosso energumeno gli mollava un pugno in pieno volto. Il colpo lo fece indietreggiare di qualche passo. Un filo di sangue gli scivolò dall’angolo della bocca, lo asciugò con il dorso della mano guardando con disprezzo il bisonte che aveva di fronte.

Aveva messo al tappeto parecchi uomini e la stanchezza cominciava a farsi sentire. Era sudato e aveva sicuramente qualche livido addosso, nonostante ciò agguantò per le spalle lo scagnozzo di Saitou e lo scaraventò con violenza contro il muro. Lo osservò perdere conoscenza, augurandogli di risvegliarsi con un gran mal di testa. Anche questo era andato. Si affrettò verso le scale che conducevano al piano superiore e lo perlustrò a lungo prima di riuscire a trovare la 007. Si era trascinata fuori dalla stanza in cui si era scontrata con il luogotenente, forse aveva tentato di seguirlo in qualche modo, tuttavia adesso giaceva a terra, immobile, in una pozza di sangue. Ryo le si inginocchiò accanto. Aveva gli occhi aperti e respirava a fatica, sveniva, riprendeva conoscenza per qualche istante e poi tornava incosciente.

Lo sweeper se la caricò in braccio dopo averle tamponato la ferita che aveva all’addome. Il proiettile non sembrava aver colpito nessun punto vitale, con un po’ di fortuna forse si sarebbe salvata. Cercando di mantenere i nervi saldi, il city hunter cercò di pensare al da farsi.

Prima di tutto doveva portare Angel via di lì, doveva trovare Mick e far trasportare la ragazza da Doc il più velocemente possibile; avrebbe dovuto contattare anche Saeko, con tutte le prove che era riuscito a racimolare di sicuro la poliziotta sarebbe stata in debito con lui di un bel po’ di mokkori; una volta in salvo, poi, avrebbe raccontato tutto a Kaori, scusandosi per averla nuovamente messa in disparte. Kaori, sempre Kaori. Era il suo pensiero fisso. Odiava trovarsi dove non era lei. Doveva essere furente, l’aveva trattata malissimo, prima o poi probabilmente si sarebbe stancata di perdonarlo, ma adesso desiderava solo vederla, saperla in salvo.

 

Mick prese il viso di Kaori tra le mani e le asciugò gli occhi con la stoffa dei guanti immacolati, che indossava per nascondere le cicatrici da ustione, che gli correvano fin su le braccia. Aspirò il tenue odore di lei. Il cuore prese a battergli forte, come se volesse esplodergli, schizzargli via dal petto; gli succedeva sempre quando era con lei.

Anche la prima volta che l’aveva vista, aveva provato una strana emozione: era come se l’avesse riconosciuta. Era una persona speciale, una persona importante, forse addirittura una persona per cui poteva provare amore, si era detto. L’amore. L’amore ti poteva spezzare il cuore, se non stavi attento. Ti poteva far sentire così sperduto, confuso e insignificante tanto da spingerti a credere che non valesse più la pena vivere. Ricordava di aver desiderato di morire con perfetta lucidità e pacatezza quando si era reso conto che nel cuore di Kaori non c’era posto per lui.

Eppure, quando, in preda alle crisi di astinenza dalla PCP, aveva pensato che non rimanesse niente che lo trattenesse alla vita, che desse senso alla sua esistenza, aveva trovato Kazue al suo fianco, ad infondergli coraggio e speranza. Kazue era riuscita a comprenderlo, perché anche lei aveva indossato la sua stessa veste di dolore ed occupandosi delle sue ferite, aveva in qualche modo curato anche le proprie. Ma Kazue non era Kaori.

Lo sguardo di Kaori lo intrappolava come un insetto caduto nella tela di un ragno; non riusciva più a riflettere lucidamente.

Chiuse gli occhi cercando di non pensare a niente; l’ultima cosa che voleva era perdere il controllo della situazione proprio in quel momento.

Respirò profondamente. Se c’erano donne che avrebbe preferito non incontrare, per paura di sentirne poi la mancanza, Kaori era una di queste. Sciolse l’abbraccio con cui l’aveva legata a sé e le depose un affettuoso bacio sulla fronte. Si impose di mostrarsi scanzonato come al solito.

“Non vale la pena rovinarsi il trucco per quel depravato di Ryo. Lo sai come è fatto: ha paura di essere troppo felice oggi e troppo infelice domani, è un vigliacco. Vedrai, basterà una martellata per farlo rinsavire.”

Kaori sorrise. Dopo quel pianto si sentiva più leggera, era come se le lacrime le avessero ripulito l’animo da paure e incertezze. Se Ryo si era comportato in quel modo, doveva esserci sicuramente una ragione.

“Mick, voglio che mi racconti la verità. Perché Ryo ha così paura? Chi è veramente Haruko? Cosa c’è di così pericoloso in questa villa?”

“Troppe domande.”

“Ti prego, Mick, ho bisogno di sapere.”

Gli occhi di Kaori, ancora arrossati per le lacrime che avevano versato, erano risoluti; la sweeper non gli avrebbe dato pace finché non le avesse dato le risposte che cercava e, d’altra parte, lui non era capace di negare nulla a quello sguardo, a quella donna. Sospirò rassegnato e cominciò a raccontare. Quando ebbe finito, come aveva immaginato, Kaori era furente, determinata ad entrare nella villa, per aiutare il socio o, forse, per picchiarlo a morte.

“Non puoi andare,” disse afferrandola per un braccio, avvicinandola a sé con forza, “l’ho promesso a Ryo.”

“Lasciami andare da quell’idiota,” gridò lei con occhi di fiamma.

“No, Ryo ha ragione. È pericoloso, sei più al sicuro qui. Andrò io a cercarlo.”

Kaori parve convincersi.

“Resta qui,” le intimò l’ex sweeper, allontanandosi.

Mick si diresse verso il retro della villa. Sicuramente Ryo sarebbe sbucato fuori da qualche uscita secondaria, per non dare nell’occhio, e difatti, l’ex sweeper non dovette aspettare molto per vederlo sbucare fuori da una portafinestra, con Angel tra le braccia. Si avvicinò.

“È ferita, bisogna portarla da Doc,” lo informò il city hunter.

“Ho fallito... è scappato...” biascicò stordita dal dolore la 007.

“Non pensarci adesso,” la rassicurò Mick, caricandosela sulle spalle.

“Ho fallito... ho fallito... farà saltare la villa... tutte queste persone...”

“Quando?” urlò lo sweeper, ricordandosi improvvisamente delle minacce di McCarty a Saitou.

“McCarty... a mezzanotte… Ryo, mi dispiace” sussurrò prima di ripiombare nella nebbia.

“Merda! Mancano appena quaranta minuti!” esclamò lo sweeper, guardando l’orologio come a voler congelare il tempo. I suoi nervi da samurai cominciavano a cedere.

“Porta via di qui Kaori ed Angel immediatamente. Io faccio evacuare questo posto.”

“Fa attenzione, se ti succedesse qualcosa la tua partner mi ammazzerebbe,” gli ricordò Mick allontanandosi.

Quando l’americano tornò nel luogo in cui aveva lasciato Kaori, lei non c’era. Imprecò. Avrebbe dovuto immaginarlo, Kaori era stata fin troppo docile e accondiscendente.

Infilò Angel in macchina e chiamò Ryo col cellulare.

“Che c’è adesso?” il tono dello sweeper era esasperato.

“Kaori è dentro la villa, le avevo detto di aspettarmi, ma evidentemente è venuta a cercarti.”

“Maledizione, la odio quando fa di testa sua!”

“Mi dispiace Ryo.”

“Non preoccuparti, ci penso io. Tu pensa solo a portare Angel dal Professore.”

Ci mancava solo questa, come se non avesse già abbastanza problemi con la bomba, l’evacuazione della villa e McCarty chissà dove.

Perché quella donna doveva essere così testarda?

Ryo si inoltrò nella sala da ballo. Nonostante avesse i vestiti macchiati di sangue e i segni di una colluttazione addosso, nessuno parve fare caso a lui. Quella gente era troppo impegnata a divertirsi, come li avrebbe convinti ad andare via di lì?

Raggiunse il centro esatto della sala. Estrasse la pistola, la puntò verso il soffitto, sparò.

Il brusio incessante, la musica, tutto tacque. Un fitto silenzio si diffuse tra gli invitati; nei loro volti Ryo leggeva una sola domanda: era proprio uno sparo quello che ho sentito?

Aveva finalmente l’attenzione che stava cercando.

Gridò. “Non ve lo ripeterò una seconda volta: c’è una bomba da qualche parte nella villa e sta per esplodere, prima che ciò accada, vi consiglio di scappare…”

E come aveva immaginato, scoppiò il panico.

In mezzo a quella fiumana di gente che cercava di rovesciarsi fuori, come diavolo avrebbe trovato Kaori adesso?

 

Tra tutta quelle persone, che disordinatamente si riversavano all’esterno, la sweeper si vide perduta, ma prima che quella folla riuscisse a spingerla a terra e calpestarla, qualcuno l’afferrò per la vita e la trascinò in un angolo, al sicuro.

Quando sollevò lo sguardo verso il misterioso salvatore, si trovò soggiogata da un paio di occhi azzurri, che sembravano poter vedere sin dentro il suo cervello. Il volto pallido che aveva di fronte inoltre non sembrava turbato da quanto gli avvenisse intorno, piuttosto appariva colto alla sprovvista dalla sua presenza. Poi un’immagine sgusciò via come vapore dai sogni e lei rivide quegli occhi. In un incubo in bianco e nero quell’ uomo le accarezzava la pelle, le faceva scivolare via i vestiti mentre lei era inerme, voce muta che invocava pietà. Ricordi, come frammenti di specchio, una cascata di schegge in cui a scrutarla sin dentro l’anima erano gli stessi occhi taglienti che adesso la guardavano stupiti di trovarla lì, in quel momento, in quell’istante, in quel luogo. Ma accadde tutto in un lampo, sguardi, ricordi, pensieri, perché se lei era rimasta immobile, lui di corsa era fuggito, dileguato in mezzo alla folla spaventata, che gridando si riversava fuori dalla villa. E l’immagine nella sua testa era già scomparsa, abortita come mercurio in mille gocce.

 

Quando la sala si svuotò, finalmente Ryo la vide, l’oggetto dei suoi pensieri apparve di fronte ai suoi occhi. Determinato a non lasciar trasparire il sollievo provato, lo sweeper represse un sospiro.

Raggiunse la collega a grandi passi e la chiamò. La donna si voltò all’istante.

“Kaori, devi scappare, c’è una bomba in questa villa, salterà tutto in aria,” l’avvertì.

La sweeper fece per andarsene, ma quando non vide il collega seguirla, si bloccò preoccupata. Che intenzioni aveva?

“Ryo, e tu?”

“Devo assicurarmi che non rimanga dentro nessuno.”

“Verrò con te.”

“No. Voglio che tu vada via.”

“Non sono una bambina, non puoi dirmi cosa fare o non fare.”

“Invece lo sei, vattene, non fare i capricci come una poppante.”

“Dimmi la verità, è perché non ti fidi di me, credi che non sia alla tua altezza?”

“Kaori,” la interruppe perentorio, “non è questo il motivo, smettila, non è un gioco.”

“Un gioco? Non ho mai pensato che si trattasse di un gioco e comunque non hai alcun diritto di decidere della mia vita!”

“Kaori, ti prego, non c’è tempo... maledizione, vattene.”

“Io non me ne resterò lì fuori, mentre tu te ne vai in giro da solo, in un edificio che sta per saltare in aria.”

Lo sweeper aggrottò le sopracciglia; negli occhi della socia c’era quell’espressione testarda, di sfida, che assumeva sempre in circostanze del genere. Doveva essere convincente e rassicurante.

“Kaori, non voglio perderti. Se ti saprò al sicuro, lì fuori, avrò qualcuno da cui ritornare,” le confessò.

“Ritornerò da te,” disse abbracciandola.

“Non morirò,” le promise con le labbra fra i capelli.

Era quanto di più vicino ad una dichiarazione Ryo sapesse pronunciare. Kaori aveva le guance in fiamme. Colpita e affondata. La vide allontanarsi. Ubbidiente, dirigersi verso l’uscita.

 

Passarono alcuni minuti che sembrarono un’eternità.

I luminosi raggi della luna vennero offuscati da una nuvola di passaggio e Kaori si trovò ad attendere Ryo in una notte fattasi improvvisamente densa e cupa, in un lasso di tempo che le parve interminabile.

“Perché diavolo era ancora lì dentro? Cosa aspettava ad uscire?” si domandava Kaori preoccupata e impaziente.

Cominciava a perdere le speranze, quando avvertì un rumore dietro di lei.

“Ryo,” chiamò, voltandosi a cercarlo. Nessuno.

Prima che la delusione potesse disegnarsi sul suo volto, un tremendo boato si levò alle sue spalle. Tremò. Un’ondata calda, carica di polvere e terra, la investì. Avvertì una forza spaventosa premerla in avanti. Fiamme altissime divoravano la villa e in mezzo al denso fumo, che si alzava verso il cielo, lo sweeper non spuntava ancora. Kaori osservò l’edificio collassare su se stesso, come se fosse di carta. Stordita, sgranò gli occhi con orrore, un grido muto le si congelò nel petto, il terrore le salì per tutto il corpo.

E poi Ryo apparve, avvolto da una nube di cenere. Per un istante la city hunter ebbe l’impressione che si trattasse solo di un fantasma.

Lo sweeper si avvicinò alla sagoma snella di Kaori, accarezzata dalla luce tenue della luna, che era tornata a splendere.

Si avvicinò a lei a passi lenti.

Quando le fu abbastanza vicino, allungò il braccio e le prese la mano. La strinse a sé. Fragile, affascinante, meravigliosa; una bellissima donna di cera che perse i sensi tra le sue braccia.

  
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