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Autore: ballerinaclassica    18/10/2009    4 recensioni
Non ho mai toccato una nuvola.
{ Quinta classificata alla 8^ Edizione del Contest "2Weeks" indetto da Kurenai88. }
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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UsxUk Nuvole
Just a Lot of Clouds.
























{ Prima Nuvola. }

Aveva alzato gli occhi, assumendo un'espressione piuttosto buffa - e proprio per questo tanto scostante da quella nota accigliata che stava solitamente dipinta sul suo volto. Ci era abituato, lui, a quel cielo tetro e alle zebrature pressappoco inesistenti sulle mura, sui vestiti, sulla faccia, su qualunque cosa quella misera luce colpisse.
Arthur Kirkland, da bravo gentleman britannico quale era, necessitava, probabilmente, di clima pessimo, scones, thé e fatine, per sopravvivere.
E non aveva bisogno dei mille altri vizi dei giovani.

- England? -

Si era voltato, poi, mentre stava ancora sorseggiando deliziosamente. L'odore dell'English Breakfast della Twinings era piacevolmente insidiato a fondo nelle sue narici.

- Good morning. -

Alfred aveva risposto con un cenno della testa al suo saluto, continuando a masticare il suo Hamburger.
Era inutile, questa era almeno l'impressione che Arthur aveva di lui, capire come facesse il suo stomaco americano a reggere, alle otto del mattino, una dozzina di strati di carne, salse inquietanti e chissà cos'altro ancora.

America lo vide stringere il nodo della vestaglia a quadri e tornare a concentrarsi sul suo thé.

Lui avrebbe volentieri mollato quella tazza sulla superficie piana più vicina, afferrato una manciata di snack e sarebbe corso fuori a fare qualcosa, indubbiamente. Ma, sapeva altrettanto chiaramente che il clima inglese non gli avrebbe affatto permesso di fare una cosa del genere.
Arthur era sempre stato un po' bizzarro, da giudicare addirittura tetro, a volte.

L'Inghilterra era sempre stata coperta dalle nuvole.



{ Seconda Nuvola. }

Roteando un braccio, Alfred era corso fuori, coperto solo dai calzoni a strisce bianche e cremisi del pigiama in cotone.
Non capiva nemmeno la strana abitudine di Arthur, quella di accompagnare il thé del mattino con la lettura del giornale. Stonava troppo quell'accoppiata, quasi quanto le verdure con il ketchup sopra.

La folata di vento che colpì in pieno il suo corpo riuscì a farlo rabbrividire come non mai e a ridestarlo dai pensieri insensati che stava facendo.

- Damn! -

Afferrò il Daily Telegraph abbandonato ai piedi del cancello scuro e si affrettò a tornare indietro di corsa.
Gli avrebbe macchiato i polpastrelli, a stringerlo così, cacciando via tutto l'inchiostro dalle notizie di tutto il mondo. Ed Arthur lo avrebbe rimproverato già a quell'ora del mattino, ne era certo.
Solo quando si accorse di quanto quei soffi invisibili potessero colpire, si fermò nel bel mezzo del viale.

Il vento aveva attirato con sé gran parte della polvere, del terriccio insinuato tra la ghiaia. Li stava portando via, chissà in che luogo lontano, creando una nuvola dai bizzarri colori, viaggiando e mostrando quei cirri un po' a tutta la città.

America aspettava la primavera solo per poter uscire di casa. Ma l'Inghilterra, capiva ora, non aveva affatto una bella primavera.


{ Terza Nuvola. }

- E' tardi. - si lamentò Alfred, mollando il giornale nell'ingresso della grande residenza britannica, sul comò di mogano in stile George III.

Era sicuro di aver letto con la coda nell'occhio, senza curarsi di dissipare quel dubbio, qualcosa riguardo la Francia che voleva invadere le regioni vitali dell'Inghilterra.

- England? -

Aveva avuto tanta di quella voglia di sperimentare il suo nuovo videogioco, America. Così tanta che avrebbe supplicato Arthur pur di sapere dove avesse avuto modo di nasconderlo.

- England? -

Alfred si concentrò sullo scrosciare dell'acqua proveniente da uno dei bagni.
Evidentemente, visto quanto tempo stava impiegando per avere il suo giornale, Inghilterra aveva rinunciato a conoscere di primo mattino le notizie del giorno, rimandando a qualche minuto od ora dopo.

Attraversò di corsa il lungo corridoio, stupendosi dell'infinito numero di quadri esposto agli occhi di tutti. Faceva sfilata di moschetti e baionette, Union Jacks sventolanti alle spalle di condottieri inglesi e macchie di sangue ai loro piedi, macabre eppure esposte a mo' di trofeo.

Era sicuro di aver sentito un buffo motivetto in inglese e qualche stonatura di troppo, prima che la risata cristallina di Arthur li interrompesse.

La risata inglese gli era sempre piaciuta; era carica di quella tenerezza che England aveva sempre tentato - seppur in maniera piuttosto vana - di seppellire. Probabilmente, si disse, lui era stato uno dei pochi a poter pienamente godere di tutta la sincerità di Arthur.

- Smettetela, mi fate il solletico! -

Alfred sussultò, sapeva che Arthur aveva la bizzarra abitudine di credere all'esistenza di quegli strani... Amichetti. Ma cosa stessero facendo suddetti amichetti, mentre lui era sotto la doccia, rimaneva tutt'ora un mistero irrisolto. E non era proprio sicuro di voler dissipare quel dubbio.

America entrò nel bagno, fermamente convinto di trovarsi davanti Inghilterra che conversava amabilmente con qualche pixie immaginario.
Si stupì di intravederlo di spalle, sotto la doccia. E non capiva bene cosa ci fosse di tanto bizzarro in quegli istanti.
Non aveva mai visto Arthur scomporsi - a parte dopo il terzo bicchiere di gin, chiaramente - e forse, osservarlo senza cravatta, camicia perfettamente stirata e il suo insolito taglio di capelli, aveva un che di inusuale.

Attorno al suo corpo, poi, si era adorabilmente andata a sistemare una nuvola di vapore. Intrecciata di tante, leggere spirali bianche, si era posata sul corpo di Arthur, proprio come se lui stesse cercando di coprirsi da un paio d'occhi fin troppo indiscreti - America non avrebbe capito mai nemmeno tutto questo pudore da parte dell'inglese.

- Ehi, England, io sono molto più muscoloso di te! - aveva gridato poi, notando un sussulto di gelo non celato da tutto quel vapore.

Alfred, poi, non si era nemmeno accorto della profumata saponetta che aveva appena colpito il suo zigomo sinistro. Era uscito dal bagno accompagnato da qualche imprecazione trattenuta per metà ed era scoppiato in una risata più che fragorosa.

Era inutile negarlo, l'Inghilterra vantava nuvole anche nei luoghi più disparati.


{ Quarta Nuvola. }

Arthur aveva passato l'intera mattinata col viso semi-coperto dalla pila di documenti che affollavano la scrivania color ciliegio. Non aveva accettato l'idea di pranzare al Pub, sostenendo che con tutto quel lavoro non avrebbe avuto tempo.
Ma ciò che più Alfred aveva temuto era stata l'affermazione seguente dell'inglese, che aveva risuonato un po' come un mantra nella sua testa, facendo particolarmente rimbombare tra le pareti del cranio le parole "scones" e "cucinerò io".

- I want my Hamburgers. -

Ricordava bene, America, quanto potesse essere nauseante il sapore del pudding, degli scones, di qualunque cosa Arthur osasse definire "buon cibo". E capiva altrettanto bene, purtroppo, che era fin troppo fiero della sua stessa cucina, quel dannatissimo teaman.

- A te, Us. -

Aveva osservato a lungo e con un moto di perplessità il piatto fumante. Non aveva la minima idea di cosa contenesse - né voleva scoprirlo.
L'America si era sempre accontentata delle sue millemila cittadine brulicanti di FastFoods, del cibo a basso prezzo e delle schifezze che s'ingurgitavano, qualunque fosse il locale in questione - ma chiaramente, non avrebbe mai ammesso che potesse mai trattarsi di porcherie d'ogni genere e con un tasso calorico che comprendeva un minimo di tre cifre.

L'odore non era affatto dei migliori, né l'aspetto.
Se c'era della carne, lui ancora non era riuscito a trovarla. E dov'erano le salse? Quel piatto non assomigliava minimamente ad un Hamburger Steak.

- Uk? -

Aveva alzato gli occhi, Alfred, per lanciare un'occhiata perplessa - che inevitabilmente era sfociata in uno sguardo di supplica - ad Arthur.
Avrebbe voluto tenergli presente che non era più un bambino - nonostante sapeva bene che Inghilterra lo considerasse tale - e che, di conseguenza, aveva imparato l'abissale baratro che si poneva tra il "buono" ed il... "Repellente"?

Lo aveva visto, poi, sporgersi sul tavolo lentamente, senza capire quali fossero le sue bizzarre intenzioni. Ma un buon ottanta per cento del suo cervello suggeriva che, probabilmente, ora l'inglese avrebbe borbottato qualcosa riguardo ad un unicorno che lo aveva prepotentemente spinto.

- Oh. -

Invece, stranamente, Arthur aveva conservato il suo usuale cipiglio, cominciando poi - ed in maniera del tutto inaspettata - a soffiare in modo così... Adorabile?

Dal canto suo, l'inglese aveva inteso l'accennata obiezione di Alfred come un'esitazione sul piatto di bangers and mash bollente. E proprio per questo motivo, aveva poggiato i palmi delle mani sul legno scuro del tavolo dell'enorme - quanto inutile, a detta di America - cucina e si era offerto di aiutarlo come poteva.

- Kirkland? -

La nazione più giovane aveva osservato tutti quei gesti in modo apparentemente affascinato. E probabilmente, ne era rimasto fin troppo colpito.

Inghilterra era sempre stato premuroso con lui. Amorevole al punto giusto. Inghilterra sapeva dispensare sorrisi, puntandoli principalmente in sua direzione e nascondendoli a Francia, spesso troppo intenzionato a voler invadere le sue regioni vitali.
America non aveva mai cessato di far caso a tutte quelle piccole e velate attenzioni, forse non aveva avuto modo di dimostrare quanto fosse grato ad Inghilterra o, più semplicemente, non s'era nemmeno reso conto di quanto fossero indispensabili.

Il sospiro di Arthur era andato ad infrangersi delicatamente sulla porcellana della Staffordshire Ironstone Broadhouse e sul cibo leggermente bruciacchiato.
Era stato come una nuvola, l'ennesima di quella giornata che avrebbe definito plumbea. L'aveva vista lasciare le sue labbra in un soffio e muoversi verso di lui, lenta e leggera. Quel respiro, poi, era andato a posarsi sul suo piatto, abbandonando lì sopra un tocco che poteva rendere digeribile anche il peggiore dei bocconi.

Inghilterra, aveva appena capito America, donava le sue nuvole un po' a tutti quanti.


{ Quinta Nuvola. }

- It's not your cup of tea.* -

Alfred distolse per un poco lo sguardo dalla tazza in stile Old Willow ed osservò Arthur. Sapeva bene che rimproverare all'inglese la sua cucina era un'impresa a dir poco suicida - e se non l'avesse ucciso, avrebbe certamente dovuto sopportare i brontolii e qualche pianto.
Ma aveva osservato gli scones uno ad uno ed il thé fumante rinchiuso tra le pareti di un costoso set di tazzine, per capire che no, non sarebbe sopravvissuto comunque.

- Che vorresti dire, US? -

Inghilterra aveva portato alle labbra la porcellana fresca, sentendosi immediatamente invaso dal vago sentore di thé nero a foglia corta proveniente dall'India e da Ceylon, adatto ad un tea-time pomeridiano all'insegna della tonicità.

- Che non sai cucinare; te lo dico sempre! -

Aveva assottigliato gli occhi, poi, facendo stancamente cadere il braccio libero sul tavolo.
Alfred non si stancava mai di essere tanto puntiglioso - specialmente nei suoi confronti - da non capire che la gente, a volte, poteva seriamente avere voglia di strangolarlo o tramortirlo a colpi d'Hamburger.

- Vorresti insinuare che la tua Coke possa essere migliore? -
- Sono anni che cerco di dirtelo! -
- Taci. -

Arricciando il naso, per nulla propenso a continuare ed alimentare quello sporadico battibecco, America portò una volta ancora la sua attenzione sul thé che fumante se ne stava immobile dentro la tazzina.

Lasciava scappare via leggere esalazioni, facendole salire verso il soffitto e riempiendo la stanza in stile vittoriano di un aroma che gli ricordava tanto Mary Poppins. Le abbandonava, completamente dimentica di tutte loro, ignorando il modo delicato con cui s'infrangevano contro le pareti tutt'intorno.
Salivano in alto in maniera estremamente leggera e cozzavano dolcemente su ogni cosa carezzasse la loro ascesa.
Proprio come se si fosse trattato della foschia che lasciava i prati e gli alberi per potersi avvicinare al cielo un po' di più.

L'Inghilterra, si disse America, era fin troppo fiera di ogni tipo di nuvola.


{ Sesta Nuvola. }

Stava sfogliando il British Political History e non sapeva nemmeno a che numero ammontassero gli sbadigli che non era riuscito a trattenere. Aveva però ricevuto, per ognuno di essi, un'occhiataccia di rimprovero da parte di Arthur. Troppo impegnato, Inghilterra, a ricamare quello che aveva tutta l'aria di essere uno stormo di fatine.

Alfred non si stupì di quanto la storia scritta da Stewart e Pearce fosse noiosa - così come quella redatta da altri autori. Gli unici argomenti per i quali pareva dimostrare un minimo d'interesse erano quelli che citavano un certo George Washington e non correvano oltre il 1783.

- England? -

Mentre continuava a sfogliare le pagine del vecchio volume, rilegato chissà quanti anni prima, America provò fortemente il bisogno di infastidirlo ancora un po', per il semplice gusto di farlo o per attirare la sua attenzione su di sé.

- Cosa c'è? - aveva risposto stancamente Inghilterra.
- Cosa sono le... Guerre dell'Oppio? - chiese America a bruciapelo, leggendo il titolo del primo argomento che si era trovato davanti.

Arthur ripose il set da ricamo sul piccolo tavolo in noce massello che divideva le due poltroncine in stile vittoriano.

- Riguardano due conflitti avvenuti nella prima meta dell'ottocento e tra il 1856 ed il 1860. Il Regno Unito costrinse l'Impero Cinese a tollerare il commercio delle droghe all'interno del paese. -

Probabilmente, Inghilterra non andava troppo fiero di aver obbligato un paese a legalizzare le sue droghe, ma era orgoglioso di poter vantare d'aver messo in ginocchio la Cina di fronte alla sua Nazione, dimostratasi vincente molto spesso.

- Uhm. -

Alfred osservò a lungo la tavola stampata su una delle pagine lise, raffigurante la battaglia di Guangzhou. I soldati britannici e quelli cinesi erano accalcati l'uno sull'altro, rinchiusi nelle loro uniformi rosse e blu e tesi, con spade e moschetti, a raggiungere una meta indistinguibile nella massa.
E tutto era dovuto, quello spettacolo macabro, quello scenario di morte, ai veleni psichedelici e alle fantasie allucinogene nate dai fumi inglesi.

Era stranamente ironico ammetterlo, ma America si ritrovava inevitabilmente a paragonare anche quelle tossine a una nuvola.
Si era spostata dall'Inghilterra, aveva attraversato montagne, impervie ed un paio di continenti e poi aveva invaso la Cina, offuscandone il cielo ed insinuandosi tra il legno delle antiche costruzioni orientali.

Quell'ammasso leggero aveva ritrovato tutta la sua staticità in mezzo agli altipiani cinesi e alle risaie, stabilizzandovisi e imponendosi tra loro, seppur contro la volontà degli abitanti.

Le nuvole nascevano in Inghilterra e dall'Inghilterra si diffondevano.


{ Settima Nuvola. }

Aveva preferito passare il resto della giornata tra le repliche di vecchie partite di football e le analisi dei risultati del baseball della stagione.

Fondamentalmente, America ignorava cosa ci fosse a legare così tanto Inghilterra a sé. Aveva dato vita a così tante Nazioni, Arthur, che restare così morbosamente legato alla più degenerata tra esse aveva un che di bizzarro. Eppure, Alfred sapeva che nonostante tutto avrebbero sempre contato sul sostegno reciproco. O almeno lo sperava - per il bene di Inghilterra, chiaramente, lui poteva benissimo farcela da solo.

Ogni volta, passate da poco le ventitré, le sue gambe si muovevano da sole e si dirigevano alla stanza in cui l'inglese sfoggiava e vantava la grande collezione di alcolici, fiero di raccontare come era nato il cocktail e di quanto il suo gin fosse stimato.

- England? -
- Alfred... -

Solitamente, Inghilterra caricava il suo "America" o "US" di una nota particolarmente stridula. Ma sentire quell' "Alfred" calcato di un tono vagamente strascicato era ormai diventato altrettanto usuale.

Arthur se ne stava seduto - scompostamente sdraiato, a dire la verità - davanti al bancone, con una bottiglia semi-vuota di rhum in una mano ed un bicchiere ben stretto nell'altra. Inutile specificare che, ad appena una manciata di centimetri, c'era dell'ottimo scotch - c'era, appunto.

- Hai bevuto? -
- Non dire scemenze, idiot. Non ho bevuto... Hic. -
- Hai bevuto. -

La bottiglia vuota, ora, aveva rischiato di frantumarsi al suolo accompagnata dal suo sonoro crash, se solo non fosse stato per America che l'aveva prontamente recuperata, prima che cadesse.

- Le ricordi, Alfred? -

Si voltò verso Inghilterra, osservando le gote tinte di rosso, lo sguardo vacuo e gli occhi arrossati ed un po' lucidi, una bottiglia di Brandy artigliata nel giro di quei pochi secondi ed ora già attaccata brutalmente dalla sua bocca.

America si premurò di strappare, letteralmente, l'ennesimo alcolico da Arthur. Sapeva bene che il giorno seguente l'inglese si sarebbe rannicchiato sotto un mucchio di coperte, cominciando a rimproverarsi di non bere mai più ed aspettando la sera per ricadere nel medesimo errore.

- Cosa dovrei ricordare? -
- Le nuvole, Alfred, le nuvole... -
- Che nuvole? -
- Quelle che ci spiavano quando mi hai lasciato... -

Questa volta toccò alla più estesa delle Nazioni rischiare di far cadere la bottiglia e trasformarla in un ammasso di cocci di vetro.

C'era abituato a sentire Inghilterra blaterare su come fosse stato abile con lui, sul fatto che era merito suo se America si era affermato come uno dei più potenti paesi. Lo ripeteva ogni volta che Alfred aveva tentato di ignorarlo, mentre se lo caricava su di una spalla e lo portava in camera, costringendolo poi a letto.

- Alfred? -
- Certo che le ricordo. -

La pioggia aveva nascosto per bene le lacrime di Arthur, quel giorno, ma America ricordava bene di averlo visto inginocchiarsi nel fango ed iniziare a piangere. La pioggia aveva anche coperto i suoi singhiozzi, continuando a picchiare sul terreno bagnato e a cadere attorno e sopra di loro.
Inghilterra aveva biascicato qualcosa, mentre gemeva, riguardo alla tradita promessa di restare insieme ed Alfred altro non aveva potuto fare altro che rimanere immobile ad osservarlo, quando anche le loro gocce andavano a cozzare al suolo.

Si era fatto nascondere dalle sue nuvole, Arthur, usandole come maschera.

- Aaaaah, baka, baka, baka! America no bakaaaa~! -


{ Ottava Nuvola. }

Alfred sistemò Inghilterra tra le lenzuola, alla meglio, visto quante volte aveva provato quest'ultimo a ribellarsi, sostenendo che le fatine si fossero adirate quando aveva dimenticato di salutarle.

- Damned Us! -
- Fa' silenzio, England! -

Aveva trovato piuttosto buffo il broncio che Arthur aveva assunto, mentre poggiava la testa sul cuscino e socchiudeva gli occhi, corrugando subito dopo quelle sue ridicole sopracciglia. Lo osservava calmare il respiro e schiudere leggermente le labbra, lasciando sfuggire alla sua bocca un misto di vecchio scotch, di rhum e brandy, una miscela esplosiva intrappolata tra le pareti del suo stomaco ancora per poco, probabilmente.

Ma per quanto America potesse odiare quell'odore che caratterizzava la metamorfosi di Inghilterra da gentleman ad ubriacone, sapeva bene che era una delle poche nuvole di quella Nazione che poteva apprezzare.

Lasciavano le labbra di Inghilterra in un sospiro tranquillo e disteso e ad Alfred sembrava di tornare il piccolo ammasso di colonie che era stato secoli prima, quando tentava di spiare, oltre il bordo del letto, il suo Arthur che riposava.

- England... -

Continuò a rimuginare su quelle nuvole e ad osservarle ancora un po'. Erano stravaganti, le nuvole d'Inghilterra. Ed erano dappertutto.
Avevano forme, colori, odori e significati diversi, però erano tremendamente legate alla loro Nazione, tanto da essere continuamente sue compagne.

Alfred aspettava spesso la primavera, ma, probabilmente, una volta tornato nel suo paese, avrebbe imparato a sopportare anche le stagioni peggiori.






L'ultima nuvola che aveva visto in Inghilterra prima di tornare a casa, pensò America, era quella che aveva preferito tra le troppe.












* Letteralmente significa "non è la tua tazza di thé", ma l'espressione viene usata per dire "non è il tuo forte".










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