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Autore: _Pulse_    22/10/2009    6 recensioni
Come può una piccola fatina entrare nella vita di Tom, anche in quelle di Bill, Georg e Gustav (ma soprattutto in quella di Tom), sconvolgerle e non uscirne inevitabilmente più? (A Frenzy, la mia fedele, ispiratrice, saggia, magica e arrrrguta XD Senza te questa ff sarebbe rimasta incompleta ad ammuffire nel mio pc. Grazie, _Pulse_)
Genere: Romantico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 19

 

C’era un bel tramonto che rendeva il cielo di quel colore violaceo stupendo, le nuvole prendevano una bella sfumatura di rosa e il sole infuocato calava all’orizzonte, perdendosi fra le colline di fiori e il fiume.
Si sentiva nell’aria l’agitazione per quello che stava per avvenire, persino Isabel di solito tranquillissima era nervosa come pochi.

«Stella, se non vuoi farlo non devi», le disse, portando le mani in avanti, gli occhi pieni di paura.

«Che… che cosa c’entri tu?», le chiese Tom, prendendola per un braccio.

«Tom, sono io la causa di questa guerra, io la voglio risolvere. Ma mi serve anche il vostro aiuto», disse guardando anche Bill.

«Ok, noi siamo con te! Spiegaci il piano.»

«Non dovete fare molto in verità, dovete solo dimostrare che ci siete, e che tu sei il mio principe», arrossì, guardando Tom negli occhi.

«Va bene», le sorrise, prima di stringerla in un abbraccio.

«Allora possiamo andare», respirò a fondo Angelina, prima di mettersi sulla spalla un arco con delle frecce che da quanto avevano capito erano state immerse in un veleno naturale di una pianta.

Tutti annuirono e velocemente uscirono da lì, diretti verso la foresta fitta e silenziosa nella notte.
Si sentivano solo gli animali che si spostavano fugacemente, lo sbattere di ali, i versi degli uccelli e qualche rumore fra i cespugli.

«Accidenti, siamo in pochi rispetto a loro», disse Angelina stringendo i denti e portando una mano sull’arco.

«Ferma, battagliera», disse un elfo appena arrivato al suo fianco, che le mise una mano sulla sua.

Aveva lunghi capelli platinati e liscissimi dietro le orecchie a punta, la carnagione olivastra, dei profondi occhi neri e il fisico scolpito.

«Ah, ecco chi piace ad Angie», sussurrò Bill al gemello, che sorrise.

«Kurt», balbettò, perdendosi nei suoi occhi.

«Sono tanti, ma possiamo farcela», le sorrise: aveva i denti perfettamente bianchi e i canini erano leggermente più appunti rispetto agli altri.

«Ma io non vedo nessuno», disse Tom, sbirciando da dietro il cespuglio in cui erano nascosti.

Stella gli prese il viso fra le mani e lo baciò sugli occhi, quando lui li riaprì vide le luci delle fate nascoste da grandi mantelli del colore della foresta, per mimetizzarsi, degli elfi nascosti qua e là e di fronte a loro degli esserini piccoli, brutti, armati fino ai denti e incrostati di sabbia dalla testa ai piedi. Ed erano la maggioranza.
La guardò, un po’ ingelosito, mentre faceva la stessa cosa con Bill per donargli quella vista speciale, e Stella sorrise quando lo guardò, scuotendo la testa.

«Sono geloso, e allora?», borbottò, mettendosi a braccia incrociate.

«Il mio gelosone», sussurrò abbracciandolo mettendosi seduta sulle sue gambe. «Tom?»

«Sì?»

Aveva perso il sorriso, era tornata seria e con un velo di tristezza negli occhi. Sollevò lo sguardo e lo intrecciò al suo.

«Se… se dovesse andare per il peggio, torna a casa, torna da Jane, ti prego.»

«Stella, io non me ne vado senza te.»

«Stupido egoista, Jane ha più bisogno di te. Io… io me la caverò. Devi promettermi che tornerai da lei», lo guardò severamente.

«No, non posso farlo.»

«Promettimelo, Tom!»

Tom respirò profondamente e con gli occhi chiusi mormorò: «Te lo prometto.»

«Ti amo, Tomi», gli stampò un bacio sulle labbra che gli tolse il respiro tanto era stato improvviso.

«Anche io ti amo, Stella. Vedrai, andrà tutto bene», le accarezzò le guance con i pollici e le sorrise, quando sentirono un altro corno suonare al di là della foresta.

«È arrivato», disse Angelina, guardandoli.

«Ho sentito», disse Stella, ricomponendosi al suo fianco e chiudendo gli occhi unendo le mani sulle gambe, recitando una filastrocca in elfico.

«Dov’è la principessa delle fate?!», gridò quello che doveva essere il re delle Dune Dorate.

Tom lo riconobbe subito, non era cambiato per niente: aveva il suo lungo mantello blu, le orecchie a punta e la pelle dello stesso colore della sabbia dorata, dalla quale era comparso in un vortice.
Sentì istintivamente un odio profondo verso di lui, per quegli amari ricordi che gli aveva riportato alla mente, e strinse i pugni sulle gambe, stringendo i denti.

«Non c’è, ci sono io», disse Stella alzandosi dal cespuglio, tornando allo scoperto.

«Ma chi si vede, la principessina della Terra!», rise, assieme ai suoi compari.

«Il rifiuto ti brucia ancora, Honorius?»

«Non farmi ridere, Stella, l’unica cosa che brucia è che tu sia potuta ritornare qui, nonostante tu abbia tradito il tuo popolo.»

«Non ho mai tradito il mio popolo», avanzò a passo sicuro, l’espressione concentrata, senza ascoltare Tom che le supplicava di restare lì.

Arrivò di fronte ad Honorius e lottò contro il suo sguardo acido, le mani sui fianchi.

«Ah no?», disse lui. «Hai mentito, hai detto di aver trovato un principe sulla Terra, ma nessuno l’ha mai visto.»

«Tu non l’hai mai visto, è diverso. E non sopporti che io non ti abbia sposato, ed è per questo che sei qui: la tua è solo una ripicca.»

«Non è una ripicca, semplicemente non trovo giusto che tu abbia mentito a tutti!»

«Ti ho già detto che non ho mentito, il principe esiste!»

«Vorrei tanto vederlo, allora!»

Stella si girò verso la direzione di Tom e gli sorrise. Tom ricambiò il sorriso e si alzò, lasciandosi vedere. Bill si alzò con lui e gli prese il braccio: non avrebbe mai permesso che potesse succedergli qualcosa.
Honorius rimase spiazzato nel vederlo, ma non perse la sua espressione rigida e orgogliosa.
Fecero qualche passo in avanti e raggiunsero Stella, affiancandola, uno da una parte e l’altro dall’altra.
Le guardie di Honorius si fecero più vicine e puntarono le armi, ma lui le cacciò indietro con un gesto, guardando attentamente Bill e Tom con il suo sguardo arido.               

«Chi è il principe dei due?», chiese fermo.

Tom mise un braccio intorno alle spalle di Stella, lei lo guardò con un sorriso.

«E l’altro chi è?», guardò Bill, con quegli strani capelli tinti di nero e bianco, gli occhi truccati e la figura esile: sicuramente non sembrava un tipo di cui aver paura, ma era strano da vedere.

«Mio fratello», rispose Tom.

«Il mio consigliere», lo presentò orgogliosa Stella.

«Sono umani», disse quasi con disprezzo.

«Esatto, se vengono dalla Terra…», ridacchiò.

«Come osi ridere di fronte al nostro Signore!», disse un omuncolo sabbioso, tirando una pietra contro di loro, che rimbalzò indietro con un gesto rapido di Stella.

«Ordina ai tuoi uomini di abbassare tutte le armi, io farò lo stesso con i miei», disse Stella. «Siamo qui per trattare, non per lottare.»

«No, non c’è niente da trattare, quello che ho visto mi è bastato. Non mentivi, il principe esiste davvero.»

«Cioè… stai dicendo che è finita? Che lascerai in pace il nostro regno per sempre?», chiese confusa Stella.

«Sì.»

«Honorius, era troppo difficile chiedere di vedere il principe e basta, vero? Hai dovuto scatenare una guerra per questo!»

«Ero convinto che non esistesse, scusami.»

«Va bè, non importa», Stella sorrise, porgendogli la mano.

Honorius gliela strinse e tutte le fate e gli elfi esultarono, Bill abbracciò Tom e risero assieme.

«Che ne dite di una festa?», propose il minore.

«Sì, perché no?», disse Honorius, sorridendo.

Tutto si era sistemato per il meglio, alla fine, e questo sollevò tutti. Stella si girò verso Tom, mentre le altre fate esultavano e volavano nella cittadina per annunciare la fine della guerra e per i preparativi della festa che ci sarebbe stata al palazzo reale, e lo abbracciò mettendogli le braccia al collo, felice.

«Come sono andato?», le chiese sollevandola da terra e facendola girare.

«Sei stato grandioso, come sempre», gli sorrise e lo baciò, prendendogli il viso fra le mani.

Alla festa, gioiosa e piena di vita, con due popoli diversi partecipi, Bill e Tom suonarono accompagnati dalla chitarra che aveva fatto comparire Stella fra le mani di quest’ultimo, con un sorriso, l’arpa suonata da Fanny, i tamburi di Flip e l’organo di Angelina.
Si erano divertiti così tanto che Bill quando finì di cantare saltellò in giro per mezz’ora buona e quando aveva incrociato Fanny fra la folla l’aveva baciata sulle labbra, sorprendendola e facendola diventare rossa come un peperone.
Flip si era preso una cotta per un’altra fatina, più piccola di lui, e Angelina era persa per Kurt, il generale dell’esercito elfico.
Stella sorrise bevendo un succo di ciliegie, pensando che tutto si era davvero risolto per il meglio, e tutto grazie a Tom che aveva insistito tanto per venire e senza il quale non avrebbero risolto proprio un bel niente.
Lo vide farsi spazio fra la folla danzante, tra cui anche Bill e Fanny che ballavano stretti appiccicati, sorridendo, e la raggiunse.

«Tu non balli?», le chiese sorridente.

«Nessuno mi ha invitata», alzò gli occhi al cielo, con un piccolo sorriso sulle labbra.

«Te lo sto chiedendo ora.»

Stella lo guardò e rise cingendogli il collo con le braccia, baciandolo sulle labbra in una specie di danza.

«Mi manca Jane», le sussurrò all’orecchio, stringendola forte a sé.

«Anche a me», gli accarezzò i capelli.

«Torniamo a casa?»

Stella annuì e guardarono Bill e Fanny baciarsi in un angolo: pure con gli occhi sorridevano.

«Però, ha imparato in fretta», disse Stella, guardando Tom annuire.

«Andiamo a dividerli, su.»

«Ah, chi li divide più quelli!»

Poco dopo si ritrovarono tutti e quattro nella sala del trono, inginocchiati di fronte ad Isabel, seduta sul suo trono con accanto Honorius e sua moglie, sorridenti: si sarebbe creata una bella alleanza fra quei due popoli così apparentemente diversi.

«Grazie Tom, grazie Bill, grazie Stella, per essere venuti qui a risolvere la situazione. Non so davvero come ringraziarvi.»

«Per noi è stato un piacere, Isabel», disse Stella.

Isabel sorrise e fluttuando con grazia si avvicinò ai ragazzi e gli mise due mazzi di fiori davanti.

«Vi nomino cavalieri reali», sussurrò soffiandogli addosso una polverina dorata.

Bill e Tom si guardarono e sorrisero, poi si alzarono, chinando il capo in un inchino ad Isabel, che ricambiò.

«Ora possiamo davvero andare a casa», disse Stella, sospirando soddisfatta.

Uscirono da palazzo, le sette lune brillavano nel cielo blu e c’era silenzio.
Si diressero verso la campagna, in silenzio, e quando si fermarono per aprire il portale sentirono arrivare delle fate dietro di loro.

«Bill, no, non andare!», gridò Fanny, gettandosi fra le sue braccia.

C’era anche Angelina con lei, che per la prima volta sorrise a Tom e gli strinse la mano, chinando leggermente il capo.

«Devo tornare a casa, Fanny», le disse dispiaciuto. «Vieni con me.»

Fanny lo guardò negli occhi e guardò sua sorella Angelina, che acconsentì sorridendo, anche se aveva le lacrime agli occhi.

«Mi mancherai», le sussurrò stringendola.

«Anche tu, ma tornerò a trovarti presto.»

Si separarono e fu il turno di Stella, poi tutti tornarono composti e Fanny fece un respiro profondo stringendo la mano di Bill, mentre Stella apriva il portale di ritorno sulla Terra. 
Ci entrarono e il regno delle fate scomparì alle loro spalle, con un po’ di malinconia certo, ma Tom strinse forte Stella e le sorrise.

 

***

 

Apparirono di nuovo in camera di Jane, trovandola seduta sul letto che sistemava alcune cose in una valigia, gli occhi lucidi.

«Jane!», gridò Tom, sentendosi privo delle ali sulla schiena: era tornato a casa.

Lei alzò lo sguardo e li guardò, poi un sorriso si impadronì del suo viso facendola brillare e scoppiò in lacrime di gioia stringendo suo padre.

«Piccola, non piangere, sono tornato a casa!»

«Ho avuto tanta paura papà!»

«Ma per quanto siamo stati via?», chiese Bill.

«Una notte», disse Stella sorridendo.

«Ma Jane, siamo stati via poco!», rise Tom, scompigliandole i capelli.

«Sì, però ho avuto paura comunque! Lo sapete che vi ho sognati? Vi stavate baciando in una radura!», ridacchiò, sfiorando le guance di Tom con le dita: non riusciva ancora a credere che fosse di nuovo lì accanto a lei.

Nonostante fosse passata solo una notte aveva sentito profondamente la sua mancanza, e aveva temuto davvero che l’avesse lasciata.
In quel momento capì che aveva sbagliato, e di grosso.

«Ah sì?», chiese Stella, un sorrisetto sulle labbra.

«Sì, ma lei chi è?», chiese indicando Fanny, con addosso ancora i suoi vestiti da fata.

Stella le mise addosso un paio di jeans e una maglietta rosa: così andava meglio.

«Lei è Fanny, la mia ragazza!», disse Bill stringendola forte fra le braccia.

«Come, vai via single e mi torni fidanzato? Piacere di conoscerti Fanny, io sono Jane!», la salutò. «Ma lo sai che hai dei capelli favolosi? Anche io li voglio così!»

«Non ci pensare nemmeno, Jane!», tuonò Tom, rosso di rabbia.

Tutti scoppiarono a ridere, Tom compreso, e Stella strinse in un abbraccio Jane e Tom, sentendosi anche lei… a casa.

 

Qualche anno dopo…

 

«Fai il bravo, su», lo supplicò Tom fermandogli le manine sul fasciatoio, ma fu praticamente inutile perché Robin sghignazzò e attirò di nuovo a sé il tubetto di crema e la schizzò contro il viso di Tom. 

«Accidenti!», gridò pulendosi, guardandolo severamente. «Sei un bambino troppo perspicace per i miei gusti!»

Robin ridacchiò, infilandosi le mani in bocca. Aveva degli splendidi occhi blu, come la sua mamma, e i capelli biondi scuri come Tom.

«Però sei davvero adorabile, sì», gli mormorò riempiendolo di baci sulla pancia.

«Tom, ma che state facendo voi due?», chiese Stella entrando in bagno. «Quella maglietta una volta non era solo nera?»

«Sì, ma Robin sta utilizzando i suoi poteri per farmi i dispetti, digli qualcosa.»

Stella si coprì la bocca con la mano, ma dopo un po’ non riuscì più a trattenere le risate e scoppiò, contagiando anche Tom.

La gravidanza per lei era stata una vera agonia, la febbre sempre e costantemente a quaranta, gli occhi sempre rossi e l’impossibilità ad utilizzare la lettura del pensiero, perché stava dividendo parte dei suoi poteri con lui, il piccolo Robin, un incrocio fra una fata, Stella, e un umano, Tom, in poche parole un fatamo*, come piaceva chiamarlo a Jane.
Era nato in circostanze un po’ particolari perché l’aveva fatto nascere Maddy stessa a casa sua, visto che in un ospedale avrebbero notato che c’era qualcosa di diverso in lui e nella sua mamma.
Quando era venuto al mondo però Tom e Stella erano così contenti: lei, una fata, aveva avuto il privilegio di sentirsi veramente mamma e tutto questo grazie a lui.
Si erano anche sposati, qualche mese prima, e Jane aveva fatto loro da damigella d’onore, sia lì che nel mondo delle fate: era stata una doppia cerimonia che aveva permesso a Fanny di tornare per un po’ nel suo regno che tanto le mancava, anche se con Bill era felicissima e stavano bene insieme.
Angelina si era sistemata con Kurt e tutto si era sistemato per il verso giusto nel regno Fatato, persino Isabel si era trovata un nuovo compagno, il re del regno dei Delfini.

«Robin, hai macchiato la maglia di tuo papà e questo non è carino da parte tua», disse Stella prendendolo in braccio e infilandogli il body azzurro.

«Verso a che età gli cresceranno le ali?», chiese Tom un po’ preoccupato.

«Non lo so, Tom. Lui è un misto fra noi due, non sarà facile, ed è l’unico caso per ora esistente.»

«Beh… metti che dovesse averle, a che età crescono normalmente?»

«Verso i quattro, cinque anni. C’è ancora tempo e comunque andrà tutto bene, rilassati», gli sorrise.

Tom ricambiò e la prese per i fianchi baciandola sulle labbra. Non si era mai sentito così felice in vita sua, con lei affianco tutto era perfetto e anche Jane ne era entusiasta: nulla poteva andare storto.

«Forza, Robin deve mangiare», gli ricordò lei, sciogliendo dolcemente l’abbraccio.

«Giusto, oggi mangia umano, eh. Dobbiamo abituarlo anche a questo, perché se no siamo rovinati.»

«Però se non gli piace la vostra cucina… che fa, non mangia?»

«Ha preso dalla mamma, se non sa apprezzare», ridacchiò.

«Divertente, Tom.»

Fanny era in cucina con Bill, che lo osservava cucinare qualcosa in una padella, c’era un buon profumino, e ogni due per tre ridevano.
Tom prese dall’armadio una pappetta per bambini e mentre stava tornando in salotto da Robin con il cucchiaino di plastica in mano cadde a terra, scivolando su una pallina.

«Robin!», lo sgridò Stella correndo da Tom e aiutandolo ad alzarsi. «Ti sei fatto male?»

«No. Cioè… non molto.»

«Robin, assolutamente no! Così non va bene! Devi mangiare un po’ di roba umana anche, perché se no da grande che farai quando andrai a mangiare con i tuoi amici? Forza, e non farlo mai più chiaro, tuo papà poteva farsi veramente male.»

«Brava Stella», disse Bill che si era preso un colpo per Tom.

Poco dopo, quando lui tentava di invogliarlo a mangiare, entrò in casa Jane, con un sorriso raggiante sulle labbra.

«Ehi, ciao piccolo fatamo!», salutò felice il fratellino baciandolo sulla guancia paffuta.

«Come mai così contenta?», chiese Fanny apparendo al suo fianco: ormai quelle due erano diventate un po’ come migliori amiche.

«È stata una giornata spettacolare! Mark mi ha invitata ad uscire!»

«Mark è quello che ti piace?»

«Sì! Oh papà, devi vederlo assolutamente, è così… bello! E ha persino il motorino!»

«Certo, certo, sai dove glielo metto io il motorino?»

«Su dai, non fare così, dovresti essere contento per lei!», disse Stella, ridacchiando.

«Giusto, Stella ha ragione», disse Jane abbracciandola.

«Finché non lo vedrò e non lo conoscerò non se ne parla che vai con lui in motorino», disse incrociando le braccia al petto.

Robin corrugò la fronte e tirò un po’ di pappa in faccia a Tom, usando la magia.

«Robin!», tuonò Tom, girandosi verso di lui, quando Stella a stento tratteneva le risate.

«Bravo fratello, così si fa!», si congratulò Jane, e venne immediatamente fulminata da Tom.

Tutti si ritrovarono in salotto e scoppiarono a ridere: che strana famiglia, proprio magica.
Quasi da non crederci.

 

The end

 

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(*) Fatamo: Termine inventato da Ales alias Utopy; incrocio fra una fata e un essere umano.
Spero di averti accontentata, visto che Confidavi in me, come piccola jedi XD *________*

Anche questa ff è finita, e mi dispiace da morire, perché mi ci ero particolarmente affezionata grazie alla già citata sopra Ales!! ç______ç (Tiratemi su di morale con tante belle recensioni! XD)
Possibile che non riesca mai a fare una ff che finisca con un numero giusto? Tipo 20, che ne so XD No, ne esce sempre uno striminzito: questa volta il 19.
Beh, nonostante questi problemi di numeri, spero che questa storia vi sia piaciuta come è piaciuta a me, come al solito sono una fan (ossessionata) delle mie stesse creazioni (e penso sia questo il trucco per farle uscire bene) ^__^

Detto questo, vorrei ringraziare tutti quelli che l’hanno messa fra le storie preferite:

 ada12

chia94th

evol

layla the punkprincess

marty sweet princess

NICEGIRL

Saltellina14

TokiettinaChan

_KyRa_

E fra le seguite:

 Giulia504

little_illusion

TokiettinaChan

E ringrazio ovviamente anche tutti quelli che mi hanno sostenuta durante questo lungo viaggio che abbiamo percorso insieme, con questo pizzico (un pizzico abbondante) di magia, con le recensioni ma anche solo con il pensiero, come chi ha solo letto :-) Ve ne sono riconoscente. 
Davvero, grazie mille, voi siete la mia gioia, e quando vedo che quello che scrivo per me è apprezzato anche da altri mi sento felice. Grazie mille <3 

Un ringraziamento speciale alla già plurinominata Ales, a cui è dedicata questa ff e grazie alla quale è venuta una meraviglia *_______* Grazie fedele bla bla bla xD Ti voglio tanto bene! By la tua scrittrice sempina xD 

 
Con grande affetto, la vostra
_Pulse_

PS: Alla prossima ff, ci conto! ;-)
   
 
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