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Autore: elyxyz    30/10/2009    25 recensioni
Era un mattino esattamente come tutti gli altri, secondo Merlino.
(...) Quando gli chiese se il re e il principe avessero dei programmi, l’uomo lo squadrò come se avesse appena bestemmiato.
“Sua Maestà non concederà udienze quest’oggi, non farà assolutamente nulla; rimarrà confinato nella Sala, fin quando gli aggraderà, a commemorare il suo dolore.”
“Pe-perché?” balbettò il mago, sconcertato.
“Ragazzo, possibile che tu sia l’unico nel regno a non sapere che, ogni anno in questa data, si ricorda la morte della nostra compianta regina? E’ giorno di lutto
, questo.” Precisò.
(...) Rimase sbalordito di fronte all’eterea figura che gli sostava dinanzi.
(...) “Parla ad Artù, Merlino! Lui deve sapere che l’ho amato e non mi pento di ciò che è stato, e anzi lo rifarei!” lo spirito allungò le pallide mani verso di lui, per cercare un contatto. “Digli che sono orgogliosa di lui, di ciò che è.” Continuò la donna. “Proteggilo, ti prego. Consolalo, amalo come io non ho potuto fare.” Lo supplicò.
“Darei la mia vita per lui.” Le disse Merlino.
“Lo so.” Rispose lei. “Per questo, te lo affido.”
Il rintocco di mezzanotte, che segnava il cambio della guardia, li riscosse.
“Il mio tempo è finito, giovane mago.” Sussurrò la sovrana.
[Merlino x Artù, of course!]
Genere: Triste, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Lady Ygraine: The Queen of Camelot'
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Compleanno

Note: il seguente scritto contiene riferimenti slash.
Ho steso questa fic parecchie settimane fa ed è un caso che l’argomento abbia a che fare con spiriti e apparizioni varie, non è volutamente in tema halloweeniano! XD

 

 

Vorrei dedicarla a quelle dieci persone che hanno recensito la mia precedente fic su Merlin:

Shurei, _ichigo_85, Fujiko Chan, Orchidea Rosa, Sariel, Arwen Woodbane, Yuki Eiri Sensei, lucy6,

Little Fanny e Harderbetterfasterstronger.

E a quanti commenteranno. Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Un pensiero speciale a Sara, per la gentile consulenza.

Grazie.

 

 

(Un)happy Birthday

 

 [Mother’s Present]

 

 

 

 

Era un mattino esattamente come tutti gli altri, secondo Merlino.

Si era alzato all’alba, si era lavato con acqua gelida il viso – per ammazzare il sonno e quel dannato desiderio di ricacciarsi sotto le coperte del suo umile ma accoglientissimo giaciglio – e aveva fatto colazione con Gaius a base di latte e avena.

Poi, mentre il medico di Corte gli spiegava che si sarebbe assentato per la maggior parte del giorno per raccogliere radici e foglie medicinali, lui si era rassegnato ad andare a destare il suo reticente bell’addormentato.

 

Stiracchiandosi al pigro sole d’autunno, Merlino s’incamminò alla volta del castello.

Salutò cordialmente i servi che incontrava – come ogni mattina, del resto – e giunse agli appartamenti del principe. Aprì la spessa porta senza bussare, un po’ per abitudine e un po’ perché il suo Reale Asino russava sempre così forte che nemmeno un lancio di catapulta lo avrebbe destato.

Quello che non si aspettava era di trovarsi da solo.

 

Avvicinandosi al baldacchino, scostò i pesanti tendaggi e realizzò che il letto era ancora fatto.

Solo il copriletto era lievemente sgualcito, come se qualcuno vi si fosse semplicemente sdraiato sopra.

 

Artù non aveva fatto neppure colazione, considerò, guardandosi attorno.

Magari aveva fatto tappa nelle cucine, prima di uscire.

Scotendo le spalle, rassettò la coperta.

 

Probabilmente quell’idiota era andato a caccia e si era dimenticato di dirglielo la sera prima, quando si erano congedati.

Anche se era abbastanza strano, a dire il vero.

 

Da quando – un piovoso pomeriggio dell’estate precedente, in cui avevano rischiato la vita per l’ennesima volta – avevano chiarito i rispettivi sentimenti, Artù lo metteva a conoscenza di ogni sua idea e attività.

Al massimo avrebbe dovuto sbrandarlo e trascinarselo appresso. Ma non l’aveva fatto, e il mago si chiese come mai.

Effettivamente, la sera precedente, il principe era stato particolarmente taciturno e ombroso, ma lui aveva pensato che dipendesse dall’alterco che aveva avuto col padre nel pomeriggio.

 

Era sempre così: per quanto Artù si sforzasse – ed era davvero, davvero affamato di approvazione paterna –, Uther non era mai pienamente soddisfatto di lui e glielo faceva pesare duramente, come solo lui sapeva fare.

 

Merlino sospirò, iniziando i suoi soliti doveri. Lucidò l’armatura, lavò gli indumenti sporchi, pulì gli stivali inzaccherati e tutto il resto.

A metà mattina, l’erede al trono non aveva ancora fatto ritorno, e lui decise di andare nelle stalle per proseguire con i suoi compiti.

Era quasi mezzogiorno quando, rientrato che fu nella stanza del principe, realizzò che stranamente egli era ancora assente.

 

Non vi era traccia del suo passaggio.

E la cosa non era certo un bene, perché di lì a poco il monarca l’avrebbe fatto chiamare per discutere delle solite cose, come ogni giorno, e Merlino non sapeva cosa inventarsi per nascondere quest’assenza ingiustificata. E ciò poteva voler dire solo una cosa per lui: la gogna.

Oppure… che Artù si fosse assentato per eseguire un compito affidatogli dal padre?

Quel pensiero lo rincuorò all’istante, ma doveva verificare che fosse vero e di sicuro non poteva andare da re Uther a chiedere spiegazioni. Il Ciambellano di Corte, però, lo avrebbe saputo di sicuro.

 

Si avvicinò quindi alla Sala delle Udienze, sperando di evitare il sovrano e di incontrare il suo sovrintendente.

Il caso volle che questi uscisse esattamente in quel momento dal salone.

Il mago lanciò uno sguardo veloce alla figura del monarca seduto sul suo scranno: aveva un’espressione fosca, profonda, quasi dolorosa.

Sì, era decisamente più nero del solito, e lui avrebbe fatto bene a stargli alla larga.

 

Incrociando il segretario, Merlino prese coraggio e gli pose la questione zampettandogli dietro, perché questi non sembrava affatto disposto a perdere il suo tempo con lui.

Quando gli chiese se il re e il principe avessero dei programmi, l’uomo lo squadrò come se avesse appena bestemmiato.

 

“Sua Maestà non concederà udienze quest’oggi, non farà assolutamente nulla; rimarrà confinato nella Sala, fin quando gli aggraderà, a commemorare il suo dolore.”

 

Pe-perché?” balbettò il mago, sconcertato.

 

“Ragazzo, possibile che tu sia l’unico nel regno a non sapere che, ogni anno in questa data, si ricorda la morte della nostra compianta regina? E’ giorno di lutto, questo.” Precisò.

 

Solo allora Merlino realizzò quanto il castello fosse stranamente silenzioso.

Passando per le cucine, non aveva udito il solito chiacchiericcio delle comari cuoche, né le risate delle sguattere più giovani.

Si chiese d’istinto se anche Morgana rispettasse quell’usanza, invitando le proprie ancelle alla quiete e rimanendo solo con la compagnia di Gwen.

Persino gli stallieri – poco prima – avevano compiuto il loro dovere solerti e taciturni, ma lui non l’aveva notato, perché i suoi pensieri erano concentrati su Artù.

 

D’improvviso comprese il perché di quella sparizione, e fu così grande il suo dolore per il principe, da non sentirsi neppure offeso per esserne stato escluso.

 

In parte, lo poteva capire. Conosceva il suo carattere orgoglioso ed era certo che Artù preferisse leccarsi le sue ferite in solitudine, dove poter abbassare la sua corazza d’orgoglio e presunzione senza vergognarsene.

Ma un’altra parte di se stesso gli ricordava che si stava parlando dell’uomo che amava ed era suo dovere condividerne la sofferenza e, se possibile, alleggerirgliela.

 

Da quando era nato, Artù aveva sempre sentito addosso la colpa – più o meno sottintesa – della morte della madre.

Re Uther non lo aveva mai perdonato per questo suo incolpevole peccato, benché – in un angolo assai remoto del suo cuore – amasse quell’unico figlio che tanto aveva bramato e pagato a caro prezzo.

 

Merlino ricordò le parole sentite poc’anzi: “Si ricorda la morte della nostra compianta regina. E’ giorno di lutto, questo.” E strinse i pugni in un moto d’ira. Nessuno aveva però detto che quel dì era anche il compleanno del principe ereditario e futuro re di Camelot!

 

Superato il doveroso cordoglio, le campane avrebbe dovuto suonare a festa, non a lutto negli anni a venire.

 

Quanto aveva sofferto, Artù, si chiese, ripensando al momento della propria nascita come ad un evento funesto?

 

Scosse la testa per cacciare la rabbia impotente che sentiva crescergli dentro e corse a passo svelto verso la torre più alta del maniero.

Superate le guardie di vedetta, sussurrò un incantesimo tra sé e in quell’esatto momento un puntolino in mezzo alla foresta si mise a brillare, come un frammento di specchio colpito dai raggi del sole.

Sorrise soddisfatto, e fece retromarcia alla volta della cucine, dove si fece dare un’abbondante razione di cibo e andò a sellare personalmente il proprio cavallo.

 

Allontanandosi dal ponte levatoio e imboccando uno stretto sentiero che portava al bosco, il mago proferì un secondo incantesimo e un sottile filo rosso si presentò davanti a lui, fluttuante a mezz’aria, e si dipanò tra gli arbusti e le felci.

Sapeva di essere l’unico a vederlo, perciò non si curò di nasconderlo.

 

Trovò il principe mezz’ora dopo, nascosto in un anfratto che avevano scoperto loro due per caso, qualche mese addietro, durante una battuta di caccia.

 

Merlino lasciò il suo cavallo a pascolare liberamente e rimase a debita distanza, in attesa di venir riconosciuto, perché sapeva che era impossibile cogliere Artù alle spalle di sorpresa.

 

Ma il principe non si mosse. Rimase esattamente com’era e dov’era, ignorandolo completamente.

 

Accoccolandosi ai piedi di un grosso tronco, lo stregone si chiese con stupore se davvero non l’avesse sentito arrivare. Tuttavia aspettò in silenzio.

 

L’unica reazione dell’erede al trono, un tempo infinitamente più tardi, fu quello di togliersi gli stivali e di affondare i piedi nella piccola, gelida pozza d’acqua davanti a lui.

 

Merlino boccheggiò esterrefatto. A volte, aveva sentito parlare di abluzioni fatte in acque gelate come forma di espiazione, ma Artù non aveva nulla da farsi perdonare per il solo fatto di esistere e quella pozzanghera congelata non avrebbe purificato un bel niente!

Quell’Asino Reale si beccherà un malanno!, pensò tra sé il mago, borbottando il suo dissenso e qualcos’altro.

 

 

Fu quasi sera, quando – per la prima volta – Artù si riscosse dai propri pensieri.

 

“Vieni, Merlino.” Gli disse, senza voltarsi.

 

Il giovane servitore si alzò all’istante, raggiungendolo, incurante del dolore che sentiva addosso per la posizione scomoda in cui era rimasto a lungo. “Come mi hai…?”

 

“Avrei riconosciuto la tua camminata sgraziata ovunque, e poi l’acqua è stranamente troppo tiepida per la stagione.” Annotò, rinfilando i calzari.

 

Merlino arrossì di rimando, colto in fallo.

 

Dev’essere stato tremendo, per te, startene zitto per così tanto tempo.” Riprese il principe, fingendo malamente quel tono ironico che coloriva i loro battibecchi.

 

Ma l’altro non si lasciò ingannare. Gli si inginocchiò di fronte, affinché i loro visi fossero alla medesima altezza, poi lo scrutò serio.

“Sapevo che avevi bisogno di stare solo, ma volevo che tu ricordassi che ci sono, se ti serve.”

 

Gli occhi lucidi di Artù gli permisero di osare ciò che, fino a poco tempo prima, non avrebbe mai neppure sognato di poter ardire.

Se lo strinse contro, abbracciandolo stretto e, mentre la regale testa bionda affondava nell’incavo del suo collo, invocò la natura affinché il soffio del vento e gli esseri del bosco nascondessero il rumore di quelle lacrime silenziose.

 

Rimasero così.

In quel calore intimo e strano, perché di solito era lui a rifugiarsi tra le braccia rassicuranti del suo principe, non il contrario.

Eppure sentiva che era la cosa giusta, anche se probabilmente Artù si vergognava della propria debolezza.

 

“Ti chiedo perdono, amor mio, non sapevo che giorno fosse oggi.” Sussurrò Merlino tempo dopo, quando lo sfogo era cessato. “Vorrei augurarti un buon compleanno, ma so che per te non lo è.”

Gli accarezzò con devozione le ampie spalle che erano ancora irrigidite. Poi prese coraggio e gli disse quello che pensava: “Tuttavia, Artù, devi smetterla di colpevolizzarti! Non hai scelto tu come e quando nascere. Per quanto Uther dica il contrario, non hai colpe verso tua madre!

 

Il corpo del principe sussultò in risposta, ma non replicò; forse, una piccolissima parte dentro di lui sapeva che le parole del compagno erano vere.

 

 

Quando una civetta stridette avvistando una preda, capirono entrambi che era ora di fare ritorno.

Il cielo era già puntinato di stelle, ma la magia di Merlino li guidò al castello senza esitazione.

Riportarono i cavalli nelle stalle e si diressero negli appartamenti privati dell’erede al trono, dove un fuoco scoppiettante spargeva nella stanza un piacevole tepore.

 

Fu allora che lo stomaco del mago borbottò sonoramente, facendolo avvampare.

Tuttavia, il ghigno di compatimento del principe durò poco, perché anche la sua pancia fece eco alla prima, in un gorgoglio assai poco nobile.

 

Cenarono così, col cibo che lo stregone aveva preso nelle cucine ore addietro, e condivisero il resto della serata semplicemente accoccolati nel letto a baldacchino, al sicuro da occhi indiscreti.

 

Generalmente Merlino non rimaneva mai a dormire lì, per non destare pericolosi pettegolezzi.

Talvolta restava nell’anticamera, ma non quella sera, non con la malinconia di Artù che tornava a ondate.

 

Stanco dalla giornata emotivamente sfibrante, l’erede al trono si addormentò presto, mentre la mano amorevole del suo servo gli vezzeggiava i capelli e vegliava sul suo sonno, finché la stanchezza non prevalse anche su di lui.

 

 

Fu un bisbiglio che lo invocava a destare Merlino, che si doveva essere appisolato qualche ora addietro.

La prima cosa che notò fu il tenue bagliore che filtrava fra i tendaggi e poi una voce che chiamava il suo nome, e non era di certo quella del drago!

 

Scostando le spesse stoffe, senza svegliare il principe, scese dal letto guardingo, pronto a difendersi con un incantesimo, se ce ne fosse stato il bisogno.

 

Rimase sbalordito di fronte all’eterea figura che gli sostava dinanzi.

Era una donna dalla bellezza sovrumana; una dea, sicuramente.

 

“Merlino…” incominciò lei.

 

“Chi siete?” domandò il mago, prudente. “Cosa volete?”

 

“Non temere, Merlino. Non voglio farti del male… né a te, né al mio bambino…” disse dolcemente.

 

“Voi…?” strabuzzò gli occhi, incredulo. “Voi… Maestà?”

 

“Sì, Merlino.” Annuì lo spettro. “Sono anni che tento di comunicare, ogni giorno in questo giorno. Ma solo una persona in cui scorra nelle vene potente sangue magico può vedermi.

 

“Ma anche Lady Morgana…”

 

L’anima scosse il capo in segno di diniego, i lunghi capelli biondi fluttuarono delicatamente attorno a lei. “Morgana non è ancora pronta, non comprende il valore del suo potere.”

 

Il giovane mago le fece cenno di aver capito.

 

“Ascoltami,” riprese lei “Uther non deve sapere di questa conversazione. Ti ucciderebbe! So che ha commesso stragi indicibili…” L’espressione del viso le si fece dolorosamente  triste. “Il mio amato marito onora il mio nome nel modo sbagliato; e a questo, purtroppo, non vi è rimedio, sino a che non abdicherà in favore di mio figlio.”

 

Allo stregone sembrò quasi che le si riempissero gli occhi di lacrime. Naturalmente non era possibile che ciò accadesse, ma le si accostò nel vano tentativo di confortarla.

 

“Non troverò mai pace, se il sangue del mio sangue non vive felicemente.”

 

“Mia Signora, cosa…?”

 

“Parla ad Artù, Merlino! Lui deve sapere che l’ho amato e non mi pento di ciò che è stato, e anzi lo rifarei!” lo spirito allungò le pallide mani verso di lui, per cercare un contatto.

“Digli che sono orgogliosa di lui, di ciò che è.” Continuò la donna. “Proteggilo, ti prego. Consolalo, amalo come io non ho potuto fare.” Lo supplicò.

 

“Darei la mia vita per lui.” Le disse Merlino.

 

“Lo so.” Rispose lei. “Per questo, te lo affido.”

 

Il rintocco di mezzanotte, che segnava il cambio della guardia, li riscosse.

“Il mio tempo è finito, giovane mago.” Sussurrò la sovrana, mentre gli accarezzava maternamente una guancia.

 

Ed egli sentì un alito freddo lambirgli la pelle del viso.

“Fra un anno, Milady… fra un anno, farete ritorno?” le chiese, con improvvisa urgenza.

 

La regina sorrise tristemente. “Non so se mi sarà concesso, ma avevo disperato di poter avere anche solo questo. Ed è già molto per me.”

 

Merlino la guardò svanire lentamente. “Addio, Lady Ygraine.”

 

“Parla ad Artù,” si raccomandò lei, scomparendo. “Parlagli.”

 

“Lo farò.” Promise al nulla di fronte a sé.

 

Nell’aria rimase solo un’eco indistinta. “Parlagli…”

 

 

 

- Fine -

 

 

 

Disclaimer: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Note: Il sottotitolo ha una doppia valenza, per questo mi piaceva tanto. Si traduce con dono della madre’(o ‘dono materno’) ma anche ‘presenza della madre’ (‘presenza materna’).

 

Questa storia nasce da una costola della mia fic “Arthur”, che è il secondo capitolo della raccolta Begin Behind (Alle Origini del Mito).

 

Il personaggio di Ygraine mi affascina molto, e mi rammarico che si sappia così poco su di lei.

Come convenivamo Sara ed io qualche giorno fa, sarebbe bello che nel telefilm ne parlassero di più! Ma ormai non mi aspetto più niente dalla seconda serie, prendo quello che viene come viene, oppure mi faccio un fegato gigante con tutte le stronzate che capitano. U_U

 

Ad ogni modo, dopo tutta ‘sta tristezza su questa povera regina infelice, mi è uscita una raccolta comico/demenziale, nata con queste premesse:

E se lady Ygraine fosse un fantasma che solo Merlin può vedere e che compare nei momenti meno opportuni?

Ygraine, in un’insolita veste di slasher ante litteram, un po' svampita e un po' hippy. XD

Posterò la prima one-shot tra pochi giorni, restate sintonizzati!

 

EDIT: ecco a voi la raccolta: Oh, il principino della sua mamma! (Ovvero: la fu Lady Ygraine e l’istinto materno tardivo)

 

 

Un’ultima cosa:

Per chi se la fosse persa, la mia ultima fic su Merlin è questa: “‘Calore’ e ‘Riscaldo’

 

Un grazie di cuore a chi commenterà.

E’ un invito rivolto soprattutto a quelle deliziose personcine che mettono sempre-sempre-sempre le fic tra i preferiti, ma non commentano mai-mai-mai.

Su, non siate timide/i! ^__=

 

 

PS: Ho raggiunto le 190 preferenze come autrice tra gli utenti di EFP, e molti vengono da questo fandom.
Grazie della fiducia. *inchin*

 

 

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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
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