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Autore: Cara_Sconosciuta    04/11/2009    2 recensioni
Niente tristezza.
Niente sconfitta.
Come se in quell’innocua busta di carta bianca non fosse stato racchiuso l’ennesimo rifiuto, l’ennesimo tentativo di tarpargli le ali prima ancora che avesse spiccato il volo.
Non erano poi molte parole: oramai le sapeva quasi perfettamente a memoria.
Egregio professor Prato, siamo spiacenti di comunicarle che la nostra casa editrice non è interessata a pubblicare lo scritto da lei inviato, in quanto esso non corrisponde alle nostre attuali esigenze.
E poi bla bla bla, cordiali saluti e fine.
Tutte uguali. Partecipante al Concorso Premio Chiara Giovani 2009
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco qui una storia che ho scritto ormai parecchio tempo fa e che ho presentato all’edizione 2009 del Premio Chiara giovani.

Non l’ho pubblicato prima appunto perché vietato dal regolamento del concorso, ma ora che so che non ha vinto nulla, purtroppo, sono più che felice di farlo leggere alle mie lettrici fedeli!

Christian oramai è un personaggio già rodato e che molti di voi conoscono, quindi vi lascio alla lettura senza troppi preamboli!

Fatemi sapere che ne pensate!!

Temperance

NERO SU BIANCO

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Il giovane uomo posò la busta nel cassetto, insieme a tutte le altre aventi lo stesso mittente.

Si ravviò i lisci capelli biondi, sistemandosi al contempo gli occhiali sul naso, mentre tornava a dirigersi verso il tavolo sul quale era sistemato un portatile aperto.

Il suo viso non tradiva nessuna emozione particolare, a parte, forse, un po’di delusione.

Niente tristezza.

Niente sconfitta.

Come se in quell’innocua busta di carta bianca non fosse stato racchiuso l’ennesimo rifiuto, l’ennesimo tentativo di tarpargli le ali prima ancora che avesse spiccato il volo.

Non erano poi molte parole: oramai le sapeva quasi perfettamente a memoria.

 

Egregio professor Prato,

siamo spiacenti di comunicarle che la nostra casa editrice non è interessata a pubblicare lo scritto da lei inviato, in quanto esso non corrisponde alle nostre attuali esigenze.

 

E poi bla bla bla, cordiali saluti e fine.

Tutte uguali.

Solo la firma cambiava, ma lui a quella nemmeno ci faceva più caso.

Sospirando, si sedette e digitò la password per aprire la sua schermata.

La luce che la piccola lampada a stelo proiettava sul secretaire era debole, appena sufficiente ad illuminare la tastiera dai pulsanti leggermente sbiaditi a causa dell’usura.

L’uomo sorrise nella penombra, pensando a quanto simile dovesse apparire ad uno scrittore bohemien, solo con un computer al posto di pennino e quaderno.

Romantico.

Per i pensieri romantici, però, c’è tempo solo fino a un certo punto; poi basta, poi non servono più.

Con le dita abili e veloci, premette una sequenza di tasti che fece aprire una pagina bianca sullo schermo dallo sfondo multicolore.

Un’esplosione di luce, questo era una pagina vuota per il professor Prato. Un mondo disabitato, da riempire con persone, luoghi ed animali che, ne era fermamente convinto, erano reali quanto lui.

Solo lo erano in un posto diverso.

“Christian, vieni a mangiare?” Lo chiamò dalla cucina la voce di Gregory, mentre il giovane si affacciava alla porta, in volto un’espressione piuttosto preoccupata.

“Non ho fame, Greg, grazie.” Rispose lui, con quell’accento italiano che l’altro tanto amava. Se l’era lasciata alle spalle, la sua Italia, Christian, sperando di trovare nell’America un paese un po’più aperto, più pronto a realizzare il suo sogno.

Buco nell’acqua.

Però aveva trovato Greg e questo era indubbiamente molto meglio di niente.

“Sembri un fantasma, Chris... forse se non accettano i tuoi racconti è segno che non è destino che tu li pubblichi.”

Christian scosse il capo, mentre sullo schermo andava formandosi un titolo blu al centro perfetto della pagina.

Gregory si strinse nelle spalle, per poi tornare in cucina, la postura leggermente ingobbita di chi ha deciso di arrendersi.

E Chris si sentì in colpa. Tremendamente.

Solo che Greg aveva torto, torto marcio: il destino non esisteva, erano gli uomini, ognuno di loro, a forgiare il proprio avvenire. Di questo era fermamente convinto.

Gli avevano detto tante cose per cercare di giustificare i continui rifiuti da parte delle case editrici... la più ricorrente delle quali era che il mondo non era pronto ad accettare storie d’amore omosessuale scritte da un giovane autore gay.

Cazzate, pensò, premendo furiosamente sul tasto per cancellare.

Il mondo è fatto di gente e di gente pronta a leggere i suoi racconti ce n’era in gran quantità... quelle stesse persone che lo avevano accettato come amico, come insegnante dei loro figli, come professore a cui portare rispetto.

Per loro scriveva, per mostrare quanto normale potesse essere ciò che, agli occhi di molti, di normale non aveva proprio nulla.

Forse erano proprio gli editori, invece, a non essere pronti a rischiare, a puntare qualcuno dei loro preziosissimi soldi su un’opera nuova, particolare, diversa, perché si sa, c’è chi è diffidente, chi “ma leggendo quella roba mio figlio non diventerà gay?” oppure quelli che “sarà poi capace uno così di scrivere?”.

Questo gli dicevano i signori editori: uno così...che poi che cosa volesse dire quel così lui ancora non lo aveva capito.

Così cosa? Così biondo? Così miope? Così chiacchierone?

Oppure così diverso, così anormale?

Scuotendo la testa, mandò a capo ed iniziò la prima riga del suo nuovo racconto: Volere... volare! La storia di due giovani soli contro il mondo, contro chi riteneva il loro amore niente più che uno scherzo della natura.

Un po’la storia della sua vita, a voler ben guardare.

No, non sarebbero stati i signori editori con le loro giacche nere e le loro belle mogli che storcevano il naso solo a sentirlo nominare a portargli via i suoi sogni... e che nessuno osasse dirgli che a trent’anni si è troppo vecchi per sognare.

Sistemandosi gli occhiali in quello che ormai per lui era diventato un piccolo tic, si alzò in piedi per prendere qualcosa da bere e controllare che Greg non si fosse arrabbiato troppo.

Poi avrebbe ricominciato a scrivere: aveva così tante idee che gli frullavano per la testa che nemmeno sapeva bene da quale gli sarebbe convenuto cominciare.

Stava giusto ragionando su questo punto e aprendo la porta della cucina, quando lo squillo vivace del telefono di casa interruppe bruscamente i suoi pensieri.

Leggermente scocciato, tornò sui propri passi e sollevò la cornetta, sperando ardentemente per la salute del proprio interlocutore che valesse la pena di rispondere.

“Pronto, parlo con il professor Christian Prato?”

Voce di donna, sottile e flautata.

Sconosciuta.

Italiana.

“Sì. Chi è?”

“Sono Alessandra Pepe della casa editrice Xxxxx. Purtroppo ho ricevuto in ritardo il volume contenente i suoi racconti e non sono riuscita a rintracciarla prima che lei lasciasse l’Italia. Trovo il suo lavoro molto interessante: è un’idea totalmente nuova e il nostro paese ha bisogno di una ventata d’aria fresca e anche di qualcosa di un po’irriverente che non scada, però, nel volgare, proprio come sono i suoi scritti. Ho qui pronta per lei un’ottima offerta, nel caso fosse ancora interessato a farli pubblicare. Che ne pensa, Christian?”

   
 
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