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Autore: _ayachan_    10/11/2009    16 recensioni
A cinque anni dalle vicende de "Il Peggior Ninja del Villaggio della Foglia", che ne è stato delle promesse, dei desideri e delle recriminazioni dei giovani protagonisti?
Non si sono spenti con l'aumentare dell'età. Sono rimasti sotto la cenere, al caldo, a riposare fino al giorno più opportuno. E quando la minaccia è che la guida scompaia, quando tutt'a un tratto le scelte sono solo loro, quando le indicazioni spariscono e resta soltanto il bivio, è allora che viene fuori il carattere di ognuno.
Qualunque esso sia.
Versione riveduta e corretta. Gennaio 2016
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eroe della profezia'
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Penne
20/04/2016

Capitolo trentunesimo

Il bozzolo




Frammenti di cemento e schegge di legno rotolavano verso quel che restava del giardino, emergendo dalle nubi di polvere sollevate dal crollo.
Gli uccelli erano ammutoliti quando le fondamenta della residenza di Iida avevano ceduto; nell'oscurità incipiente i primi a riprendersi furono i grilli, con timidi friniti ai margini più lontani del terreno cintato.
Un'ombra si allontanò dalla statua contro cui si era nascosta fino a quel momento. Osservò le macerie della villa, silenziosa, in attesa del depositarsi della polvere.
Quando Iida era fuggito tutto il quartiere si era svuotato: i vicini erano complici e conniventi, e al primo sentore di minaccia avevano fatto i bagagli insieme alla servitù. Non c'erano altri rumori, a parte quelli della notte e il leggero acciottolio del crollo che si assestava.
Un bagliore improvviso illuminò la foresta a occidente, facendo voltare l'ombra. Durò pochi istanti, poi si indebolì; del fulgore rimase soltanto un alone rosso al di sopra degli alberi.
Una parte delle macerie franò rovinosamente. L'ombra trasalì, tornando a nascondersi dietro la statua.
Dalle travi ammonticchiate emerse una mano, che spinse via una parete di carta di riso determinando un altro piccolo crollo. L'ombra si fece traslucida, come un riflesso sull'acqua. Dalle rovine della villa emersero una testa bianca di polvere e un paio di spalle, seguite dal corpo di Hitoshi Uchiha. L'ombra scese veloce dal muretto e scomparve nell'oscurità della notte.
«Avevi controllato tutto, eh?» tossì Hitoshi, scuotendo i capelli per farli tornare del solito nero corvino.
«Sì, avevo controllato e non c'era niente!» starnutì Fugaku, uscendo per lo stesso passaggio. «Avevo controllato due volte!»
«Beh, allora il tuo sharingan fa schifo!»
«Almeno io ce l'ho!»
«Si dà il caso, ragazzino ignorante, che il mio sharingan abbia visto la trappola!»
«Il tuo cosa? Tu non hai lo sharingan! E se avessi visto la trappola, non ci sarebbe caduta in testa la casa!»
«Se vi ammazzo tacete?» grugnì Jiraya, arrampicandosi fuori con qualche difficoltà. Sulla sua fronte c'era un taglio profondo, che sanguinava lungo tutto un lato del viso.
«Aspetti, ho una benda...» disse Fugaku aprendo il marsupio.
«Bel lavoro, Hitoshi» sospirò Jiraya sedendosi su una grossa trave. «Anche se non ho capito come hai fatto.»
«Non ha fatto niente, ecco come ha fatto...» brontolò Fugaku.
«Non lo so nemmeno io» ammise Hitoshi, guardando storto il fratello e provando un'ondata di desiderio per le sigarette nascoste in fondo al marsupio.
Quando la trappola si era innescata e la struttura dell'edificio aveva ceduto, lui aveva cercato di proteggere tutti e tre con una barriera; ma lo scudo che aveva impastato con il chakra non si era formato, e invece in qualche modo i frammenti più pesanti li avevano completamente evitati.
«Fammi vedere il tuo sharingan.»
Hitoshi si avvicinò a Jiraya in improvviso imbarazzo. «Non sono sicuro che sia... Insomma... Con mia madre pensavamo...»
Jiraya gli puntò una torcia in faccia e studiò i suoi occhi per un lungo istante. Anche Fugaku si sporse per vedere, e con un sorrisetto soddisfatto si fece indietro poco dopo: nessuna traccia di rosso.
«Allora?» chiese Hitoshi ansiosamente.
«Allora niente. Facciamo rapporto a Sakura e disinfettiamo le ferite» borbottò Jiraya, mentre Fugaku terminava la fasciatura alla testa.
«Sì ma, il mio sharingan?»
«Non c'è nessuno sharingan» puntualizzò Fugaku. «Se vuoi ti faccio vedere io com'è uno sharingan.»
«Se vuoi ti faccio vedere la mia maschera da Anbu, saccentello rompipalle.»
Fugaku scoppiò a ridere. «Sharingan e Anbu in un colpo solo! E poi? Verrai a dirmi che ti hanno nominato Hokage?»
Jiraya si passò una mano sul viso. Era sollevato all'idea di non avere fratelli. «Torniamo da Sakura.»
«No, dobbiamo fare rapporto a mio padre» disse Hitoshi.
«Lei o lui è la stessa cosa. E io ho bisogno di farmi ricucire la testa.»
«Preferisco andare da mio padre. Lei se vuole...»
«Voi due siete sotto la mia custodia.»
«Io sono il capitano!»
Hitoshi e Jiraya si fissarono, ostili. Jiraya premette la fasciatura sulla fronte e sbuffò.
«Se vuoi sapere cosa sta succedendo ai tuoi occhi, dovremmo andare da tua madre» suggerì.
Ma Hitoshi ebbe un brillio di soddisfazione nello sguardo. «Allora nei miei occhi c'è qualcosa!» Fugaku fece un gesto di esasperazione, che il fratello ignorò. «Andiamo da papà, potrebbero aver bisogno di me.»
«Probabile» commentò Fugaku grondando sarcasmo.
«Io sono il capitano. Io. Se sento un'altra lamentela ti spedisco a casa, e se non lo fai ti denuncio per insubordinazione!»
«Ma non possiamo davvero essere agli ordini di uno così!» protestò Fugaku in cerca di sostegno.
«Invece temo proprio di sì» borbottò Jiraya. Si rialzò dalla trave su cui era seduto. «Lasciami indovinare: pensi che se raggiungeremo tuo padre potrai catturare Iida da solo grazie ai tuoi nuovi grandi poteri?»
Anche nel buio le guance di Hitoshi si arrossarono visibilmente. Jiraya fece un sorrisetto, ricordando le sparate adolescenziali di Naruto e tutte le missioni sceme in cui erano rimasti coinvolti durante il loro allenamento. Sentì un fiotto di calore invaderlo, eliminando il dolore della ferita alla testa e la cinquantina di anni di troppo sulle spalle.
«Questi sono proprio i piani che mi piacciono!» annunciò fieramente.
Fugaku nascose il viso tra le mani.


Sasuke e la sua squadra avevano intrappolato qualcuno all'interno della villa di Saibatsu, ma non sapevano chi.
Erano arrivati un attimo prima che il gruppo partisse, pronto al viaggio sotto la guida di alcuni shinobi, ma avevano rovinato i loro piani costringendoli a rintanarsi nella villa. Lì era iniziato l'assedio.
Sasuke sapeva che avevano bisogno di catturarli tutti insieme, se volevano liberarsi della Radice una volta per tutte. Sperava intensamente che Iida fosse all'interno della casa insieme ai suoi consiglieri, ma non aveva modo di accertarsene. A titolo precauzionale aveva disposto i suoi uomini tutt'attorno al perimetro, poi aveva attivato lo sharingan e fatto lavorare il cervello insieme a Sai. Quasi quasi pensava di buttare giù tutta la casa e poi estrarre i sopravvissuti dispiacendosi a profusione; ma sospettava che Sakura lo avrebbe ammazzato per una cosa del genere... E gli Dei soltanto sapevano quante ragioni già avesse per ammazzarlo. Scartò il piano a malincuore.
«Sasuke, abbiamo dei tirocinanti» sussurrò Sai a un tratto.
Sasuke si voltò, per ritrovarsi di fronte Hitoshi, Fugaku e Jiraya con un po' di fiatone.
«Vi avevo detto di restare alla villa di Iida!» li rimproverò subito.
«Non c'è più. E' crollata, avevano piazzato una trappola nel seminterrato» lo informò Hitoshi.
Solo allora Sasuke si accorse della fasciatura attorno alla testa di Jiraya. «Sareste dovuti tornare da Sakura.»
«Infatti» Fugaku annuì con forza, provocando l'insorgenza di una quantità di istinti omicidi in Hitoshi. L'idea di accendersi una sigaretta stava rapidamente trasformandosi nell'idea di dare fuoco al fratellino.
«Ma no, questo non è niente» minimizzò invece Jiraya, che ormai era in modalità avventurosa e si sentiva almeno vent'anni più giovane. «Piuttosto, ho pensato che aggiungere alla caccia un po' di tecniche oculari ti avrebbe fatto piacere.»
Sasuke fece una smorfia di fronte al plurale usato da Jiraya: Fugaku aveva lo sharingan, ma Hitoshi? Jiraya si accorse della sua espressione e gli strizzò un occhio, al che Sasuke non capì più niente: lui con il vecchio non riusciva ad avere a che fare; come diavolo facesse Naruto, restava un mistero.
«Comunque il gruppo si è asserragliato dentro la villa, stiamo pensando a come stanarli» intervenne Sai.
«Avete controllato se ci sono passaggi segreti?» chiese Hitoshi, ansioso di rendersi utile.
«Non sapremmo come fare... A meno che tu non riesca a vedere oltre le pareti e sottoterra.»
«Buona idea!» approvò Jiraya. «Perché non fai un tentativo, Hitoshi?»
Tutti lo fissarono. Hitoshi si sentì in imbarazzo per lui, e quasi pensò che lo stesse prendendo in giro.
«Sono serio, ragazzino» insisté Jiraya. «Dai un'occhiata intorno.»
«Che diavolo...» sussurrò Sasuke, ma Jiraya gli strinse un braccio per farlo tacere.
Hitoshi esitò. Sentiva le occhiate strafottenti di Fugaku e lo sguardo fisso di Sai sul collo, e questo non lo aiutava ad essere molto concentrato. D'altronde era la sua occasione, di nuovo. Con gli Anbu era andata bene, perché non provare il bis? Se avesse potuto accendersi una sigaretta sarebbe stato molto più semplice, però.
Si arrampicò sul muro di recinzione di una villa vicina, e da lì arrivò al tetto. Aveva il batticuore. Rannicchiato sull'estremità più alta poteva vedere tutto il giardino e la villa, poco più di ombre immerse nella prima oscurità. Deglutì, e come aveva tentato di fare mille volte senza riuscirci, cercò di attivare lo sharingan seguendo i consigli sul manuale degli Uchiha.
Subito avvertì la familiare fitta di dolore dietro agli occhi, a cui si stava quasi abituando. I contorni del panorama si fecero più netti, i contrasti si accentuarono. Era la prima volta che faceva caso a quel dettaglio, e per l'emozione quasi perse l'equilibrio.
Poi, indistinto, vide qualcosa che si muoveva nel giardino. No, non nel giardino. Sotto. Piccole vene di qualcosa che scorreva, si intrecciava, si sovrapponeva, migrava lentamente verso la periferia... Uomini. Flussi di chakra.
Il cuore gli fece una capriola nel petto. Prima di scendere ad avvisare gli altri dovette prendersi un momento per assaporare l'attimo.
Eccolo. Quello, alla fine, era il coronamento di diciotto anni di fatiche e frustrazioni, la firma sul suo pedigree e il sigillo di qualità come shinobi. Era tutto ciò che aveva sempre desiderato, da quando aveva iniziato a muovere i primi passi; era lo sharingan, finalmente!
O meglio: non poteva essere altro, anche se sembrava uno sharingan perlomeno strano. Gli restava solo da capire come usarlo senza spaccarsi la testa e come sbatterlo degnamente in faccia a Fugaku... Catturare Iida sembrava un buon modo.
Scese dal tetto lasciando che la fitta dietro gli occhi scemasse fino a scomparire, e spiegò ai presenti che sotto il giardino c'era un passaggio e nel passaggio delle persone che camminavano. Sai e Fugaku lo scrutarono scettici, ma Sasuke no.
«In che direzione?» chiese, gli occhi assottigliati a valutare il figlio.
«Verso la periferia.»
«Sai, tu resta qui con Fugaku e gli Anbu. Hitoshi, Jiraya: con me.»
«Papà, ma sei serio?» inorridì Fugaku. «Lo ha detto solo per vantarsi!»
«Spero proprio che nessuno dei miei figli metta gli interessi personali davanti alla riuscita di una missione» rispose lui in tono incolore, ma suonò un po' come una minaccia. Fugaku arrossì.
«Cerchiamo la fine del tunnel?» intervenne Jiraya. «Di solito questo genere di passaggi sbocca nella foresta.»
«Sì. Andiamo.»
Hitoshi fremette di soddisfazione e un po' di paura. Era la prima volta che riusciva ad attivare lo sharingan volontariamente, e non era neanche tanto sicuro di farlo nel modo giusto; si chiese se ci sarebbe riuscito ancora... Ma, santo cielo, che enorme soddisfazione vedere la smorfia di dispetto sulla faccia di Fugaku!
Hitoshi, Sasuke e Jiraya si allontanarono rapidamente verso la foresta confinante. Quando furono a una certa distanza dalla casa, Jiraya posò una mano sulla spalla di Hitoshi.
«Prova a dare un'occhiata come hai fatto prima, nel giardino.»
Hitoshi obbedì istantaneamente, perché il tono incoraggiante del vecchio sennin era miele su cinque anni di orgoglio ferito. Sia Jiraya che Sasuke lo fissarono mentre si concentrava, ma l'oscurità era troppa per distinguere cambiamenti nei suoi occhi.
«Là» sussurrò Hitoshi, indicando un punto nel folto. «Credo che siano vicini all'uscita dal tunnel, stanno risalendo.»
La foresta oscillò, o forse lui oscillò, in ogni caso perse l'equilibrio.
«Tutto bene?» chiese Jiraya, scrutandolo.
«Le prime volte lo sharingan è faticoso...» mormorò Sasuke cautamente.
Hitoshi evitò il suo sguardo e annuì. Una piccola parte di lui temeva ancora che non fosse sharingan, o che fosse difettato, o che fosse tutto un sogno... Sentirne parlare suo padre era stranamente terrorizzante: e se alla fine lo avesse deluso di nuovo?
Seguendo le sue indicazioni raggiunsero una zona ricca di cespugli, e sotto i cespugli trovarono una botola, anche se era ben mimetizzata. Sasuke distribuì i lembi di una grossa rete e fece salire Hitoshi e Jiraya sugli alberi, seguendoli poco dopo.
L'attesa fu breve. Nel giro di pochi minuti i cardini della botola cigolarono e lo sportello si aprì lentamente, lasciando filtrare una tenue luminosità.
Il primo a emergere fu un uomo dal volto coperto; indossava una maschera bianca senza espressione, e a giudicare da come si muoveva doveva essere uno shinobi. Si guardò intorno, studiò l'oscurità tra gli alberi, poi fece un cenno a quelli che erano ancora nel tunnel. Uno per volta uscirono altri uomini, almeno una decina, tutti vestiti elegantemente e con il fiato corto. L'ultimo ad emergere fu un altro shinobi a volto coperto.
Hitoshi attivò di nuovo lo sharingan, controllando che il tunnel fosse vuoto. Quando ne ebbe avuta la conferma diede un leggero strattone alla rete, e sia lui sia Sasuke sia Jiraya lasciarono andare le estremità piombate.
La trappola si depositò sui nobili e sulle loro guardie, bloccandoli. Dalle maglie rinforzate provennero esclamazioni e grida, un tentativo di corruzione, imprecazioni.
Sasuke e Jiraya scesero dagli alberi e radunarono gli uomini come avrebbero fatto con un gregge, mentre Sasuke cercava il razzo di segnalazione per avvisare gli Anbu che erano rimasti indietro.
«Hitoshi?» chiese Jiraya a quel punto.
E allora il corpo di Hitoshi cadde privo di sensi dall'albero su cui era salito, restando inerme tra i cespugli.
Le sue guance erano striate di sangue.


*


Haruka rialzò il capo, con un sibilo feroce a riempirle entrambe le orecchie.
Nessuno aveva capito bene cosa fosse successo, ma era stato come un'esplosione di luce e calore; e ora la foresta era in fiamme. Tutt'intorno gli shinobi mascherati si stavano rialzando, qualcuno lamentandosi. I corpi erano disposti come se una grande forza li avesse respinti da un punto preciso, ma non era quello che i suoi occhi cercavano. I suoi occhi cercavano ciò che stringeva.
Serrò le braccia attorno al corpo di Jin, premuto contro il suo petto fin quasi a fargli male, e lo sentì che si divincolava.
«Mamma... Mamma, non respiro» ansimò.
Mamma. Non cessava di stupirsi di fronte a quella parola, a quella voce... Non poteva lasciarlo, non di nuovo.
Lo aveva raggiunto non appena aveva lasciato il medico che doveva sorvegliarla, e, anche se sapeva che era pericoloso, pensava soltanto a non perderlo di vista nemmeno per un istante, mai più. Sapeva che standogli vicino probabilmente lo esponeva a rischi maggiori, ma l'idea di non sapere cosa gli succedeva, il pensiero che qualcuno avrebbe potuto sopraffarlo senza che lei intervenisse, l'ansia, la preoccupazione, l'incertezza, erano state più forti del buonsenso e l'avevano spinta a fare sciocchezze, sulla scia della ragazza dei Nara che se l'era svignata nonostante glielo avessero proibito.
«Mamma, lasciami!» Le braccia si allargarono contro il suo volere, mentre Jin sfuggiva alla sua stretta. Quasi con la stessa forza le prese il viso tra le mani.
«Giuro che torneremo a casa insieme. Te lo giuro» le disse, come se l'adulto fosse lui e non viceversa.
Un piccolo insetto nero si posò sulla spalla di Haruka.
E all'improvviso, tra di loro, si erse una montagna di insetti identici, una nube scura che li separò a forza, celando il corpo di uno shinobi con la maschera infranta.
Haruka incrociò lo sguardo tra le crepe della maschera, dove le fiamme disegnavano ombre profonde. Vi riconobbe odio, paura, trionfo. Quell'uomo sapeva che sarebbe morto pochi istanti dopo, ma non gli importava; perché sapeva anche che stava per portare a termine la sua missione, e questa era l'unica cosa di valore.
Jin si mise in mezzo un attimo prima che l'uomo affondasse il kunai nel petto di Haruka, afferrandogli il polso con la mano avvolta dall'elettricità. Quello mandò un grido e fu respinto indietro, circondato dagli insetti che vibravano terrorizzati.
«Kotaro! Maestro Gai! Rock Lee!» chiamò Jin, la voce resa roca dal fumo dell'incendio che iniziava a diffondersi.
I tre si affrettarono a raggiungerli, fortunatamente vicini, e quando videro Haruka capirono subito che tutti i nemici si sarebbero concentrati su di loro.
«Sarebbe carino se qualcuno spegnesse il fuoco» tossicchiò Kotaro.
«Figliolo, quello con il chakra di tipo acqua sei tu» gli ricordò Rock Lee.
«Ma quale chakra! Se ruotiamo abbastanza velocemente possiamo...»
Un nemico si avventò su Gai prima che finisse di parlare. Il maestro diede un saggio di cosa intendeva con se ruotiamo abbastanza velocemente, e quello fu scagliato contro tre suoi compagni, atterrandoli come birilli.
«Signorina, nonostante io disapprovi i suoi gusti in fatto di uomini, sono al suo servizio» aggiunse alla fine, strizzando un occhio in direzione di Haruka. «Faremo in modo di riportarla a Konoha in un pezzo unico.»
«Maestro!»
L'enorme mano dell'Akimichi della Radice cercò di abbattersi su di loro, ma Gai e Rock Lee la bloccarono prima che potesse schiacciarli. Kotaro si attivò subito per allontanare i primi avversari che avanzavano, e Jin compose i sigilli per il Raikiri, brandendolo con aria minacciosa.
Haruka ruotò su se stessa, esaminando la situazione: nemici ovunque, il fumo che riduceva la visibilità e riempiva i polmoni, il fuoco che rischiava di diventare incontrollabile, Naruto che non interveniva... Le probabilità che tutti tornassero a casa in buona salute le sembravano sempre più basse.
Guardò Jin, così piccolo, che affrontava i nemici nonostante la spossatezza. Lo guardò, e deprecò il mondo dei ninja, il mondo che aveva rovinato lei, lui e qualunque cosa avesse iniziato con Kakashi. Pensò anche a Kakashi, sperando che fosse al sicuro... Perché piuttosto che vedere Jin in pericolo si sarebbe sacrificata, lo sapeva, e sperava che almeno Kakashi sarebbe rimasto per aiutarlo a crescere – anche se l'idea di non esserci, ancora, le faceva dolere fisicamente il petto.
Proprio allora, mentre lo pensava, sentì qualcosa stringerle una caviglia. Abbassò lo sguardo, vide un velo di insetti che le avvolgevano il piede. Lo rialzò, ma Jin era di spalle e gli altri shinobi erano impegnati. Fece un salto indietro, però gli insetti non si staccarono; anzi, da una fessura nel terreno ne emerse una nube intera, e nella nube le mani dello shinobi che li governava.
Haruka cercò di allontanare gli insetti, ma era come smuovere acqua. Le mani dell'Aburame si serrarono attorno alle sue braccia, tirandola verso di sé, e con orrore si accorse che già le prime bestioline correvano sulla sua pelle, risalendo verso le spalle e il collo.
Qualcosa la strattonò indietro bruscamente, buttandola a terra.
Mentre cadeva, Haruka vide Kakashi voltarsi per affrontare l'Aburame, lo sharingan scarlatto che brillava nell'occhio di Obito. Vide metà del suo viso, e lo riconobbe, era esattamente il viso che aveva lasciato, che aveva amato...
Poi lo sciame di insetti lo avvolse nella sua ombra, inghiottendolo completamente.
«Kakashi!» gridò, rialzandosi nonostante le proteste dei muscoli doloranti.
Jin si voltò, Kotaro si voltò, Gai e Rock Lee si voltarono.
Contemporaneamente un'enorme bolla d'acqua esplose sopra le loro teste, estinguendo l'incendio e riportando il buio sulla foresta. Decine di sfere luminose si accesero tutt'intorno, illuminando schiere di rospi giganti cavalcati dagli Anbu, e gli uomini mascherati, invasi da nugoli di avversari dalla fama terribile, abbassarono le armi tutti insieme.
«Da questo momento siete sotto la custodia del Settimo Hokage di Konoha!» annunciò qualcuno con voce stentorea. «Lasciate cadere ogni arma, ogni pergamena, ogni...»
Jin raggiunse Kakashi, guardando con orrore il brulichio degli insetti che lo ricoprivano. Afferrò per il bavero l'Aburame dalla maschera spezzata, che lo fissava sorridendo con le mani alzate in segno di resa.
«Liberalo!»
«Ormai non...»
Ma non finì la frase; Haruka lo strappò dalle mani di Jin, lo sbatté a terra e gli levò i resti della maschera con un calcio, piantando la punta del kunai nella sua guancia.
«Liberalo subito.»
Un velo di inquietudine passò sul viso dello shinobi. Gli occhi di Haruka erano fissi nei suoi, le palpebre spalancate, immobili, le pupille dilatate per l'adrenalina.
«Jin, trova un medico» ordinò, e il ragazzino, impietrito, si riscosse per andare a cercare Baka.
Haruka affondò la lama di un centimetro, perforando la parete della guancia dell'uomo. «Se non lo liberi subito ti apro da orecchio a orecchio, e ti riempio la bocca di sale. Subito.»
L'Aburame, recuperate dalla memoria le informazioni che aveva su Haruka, impallidì ulteriormente; fare la spia rendeva le persone pericolose. Esitò ancora un istante, poi fece un cenno con la mano e gli insetti si ritirarono.
Haruka estrasse il kunai, lasciando una striscia di gocce scarlatte lungo il collo dell'uomo. Subito si voltò verso Kakashi, ma ciò che trovò al posto degli insetti fu un bozzolo violaceo, piuttosto viscido, dalla forma umana.
L'uomo della Radice fece una smorfia che voleva essere un sorriso, nonostante il dolore, e la guardò scuotendo la testa. «Non c'è molto che possiate fare per questa tecnica, in mezzo alla foresta. Nel giro di mezzora il veleno lo avrà ucciso.»
«Neanche per sogno! E il tuo nome verrà cancellato dalle cronache degli Aburame» ringhiò Naruto, comparendo dalla calca al seguito di Jin e Akeru. Tra le braccia stringeva Chiharu, ancora esanime. «Baka, buoi fare qualcosa?»
«Chiharu!» esclamò Kotaro, ma Naruto gli fece un cenno e lo ridusse al silenzio.
Akeru si inginocchiò accanto al bozzolo e lo percorse con una mano foderata di chakra. Sentiva un veleno potente, questo sì, e il cuore di Kakashi che batteva come impazzito. Passò due dita lungo l'ovale del viso, incidendo il bozzolo con attenzione; rimosse la parte che rivestiva il volto e impediva a Kakashi di respirare. Il viso dello shinobi era cereo, sudato. Akeru abbassò la maschera che gli copriva naso e bocca, gesto che i presenti ebbero la discrezione di non guardare.
«Ha bisogno di essere trasportato in ospedale, e in fretta. Non so se facciamo in tempo» mormorò.
«Posso pensarci io, ma devi venire con noi. E non sarà piacevole» disse Naruto.
«In che senso?»
«Nel senso che stai per sperimentare il peggio dell'essere Jinchuriki.»
«In che senso?»
Naruto sbuffò. «Non posso usare il mio chakra, posso usare solo quello della Volpe. Ma io non so spiegare ai medici quello che è successo, quindi devi venire con me.»
«Chakra? Eh?»
«Se lo fai ti darò una mano per il contratto disgraziato che hai firmato con Gaara. Basta che tu ti muova!»
Akeru gemette.
«Vuoi dislocarti con il chakra della Volpe?» intervenne Gai, dando una spiegazione a tutti.
«Non mi vengono in mente altre idee per arrivare in ospedale in tempo.»
Gai strinse le labbra e fissò Chiharu e Kakashi. Fargli sperimentare il chakra della Volpe in quelle condizioni non gli sembrava un'idea brillante, ma di solito Naruto sapeva quel che faceva... Più o meno. Non come Baka, che invece ormai era legalmente spacciato. Si scusò mentalmente per non aver mantenuto la promessa fatta a Chiharu.
«Ok... Ok, forse posso fare qualcosa...» mormorò Akeru, pallido come un cencio. L'immagine del nemico ucciso dal chakra di Kyuubi continuava a oscillargli davanti agli occhi.
Tirò su il bozzolo in cui era avvolto Kakashi, appoggiandolo contro Naruto. Con uno sforzo quasi sovrumano costrinse il proprio chakra ad avvolgersi attorno al proprio corpo, a quello di Chiharu e a quello di Kakashi. Non era uno strato uniforme e forte come quello di Naruto, ma le lamelle di vento che li accarezzavano erano taglienti solo di tanto in tanto.
«Cercherò di fare in fretta» disse Naruto, suo malgrado preoccupato. «Squadre Anbu! Da questo momento rispondete agli ordini di Gai Maito. Tornate a Konoha con i prigionieri.»
Alzando lo sguardo incrociò gli occhi di Jin, Haruka e Kotaro, tutti ugualmente angosciati. Si sforzò di sorridere, anche se non era del tutto fiducioso. Loro non ricambiarono. Jin in particolare si comportava stoicamente, ma le sue mani tremavano.
Allora Naruto lasciò perdere; fece un respiro profondo, chiuse gli occhi, e un attimo dopo lui e i suoi passeggeri non c'erano più.

Ricomparvero nel mezzo dell'accettazione dell'ospedale di Konoha, causando un gran trambusto. In un angolo poco visibile di una piastrella era disegnata una formula confusa.
In teoria a quell'ora l'ospedale sarebbe dovuto essere vuoto,; tuttavia Sakura aveva allertato tutto il personale in vista del rientro delle squadre Anbu in missione, così Naruto piombò nel mezzo di un gruppetto di infermieri che si stavano dividendo i reparti, e buona parte di loro cacciò un grido, gettandosi sotto i mobili.
«Chiamate Sakura Haruno!» esclamò appena i suoi piedi si furono posati. «E ho bisogno di due medici, subito!»
Baka lanciò un'imprecazione, crollando a terra mentre il suo chakra si spegneva un attimo dopo quello della Volpe. Nonostante i tentativi di proteggere sé e gli altri, le parti del suo corpo non coperte dagli abiti erano arrossate, ulcerate in alcuni punti. Si era concentrato più su Chiharu e Kakashi che su se stesso, ma in quel momento un po' lo rimpiangeva.
«Ti odio, ti odio tantissimo» ringhiò, rivolto a Naruto: le ferite sulla sua pelle si erano già quasi completamente rimarginate.
«Sei stato bravo» rispose lui, ignorando le lamentele. Depose a terra Kakashi e Chiharu, poi alzò la testa per parlare con i medici in arrivo.
Akeru si stese supino, sentendo il fresco del pavimento che gli dava un po' di sollievo. Per un istante pensò alla Volpe, a quanto doveva essere faticoso e doloroso avere a che fare con un mostro simile; pensò a Naruto, che la portava dentro di sé da quando era bambino, e alla potenza straordinaria che aveva avvertito durante la tecnica di poco prima. Rabbrividì, sentendosi debole come non mai.
Il volto di Sakura comparve nel suo campo visivo, riscuotendolo all'improvviso.
«Akeru! Devi dirmi cosa è successo.»
«Il Sesto Hokage, veleno» ansimò lui, rotolando su un fianco e poi in ginocchio. Gli girava la testa. «Sono stati gli Aburame, dovrebbero avere anche un antidoto. Chiharu, idiozia. Collasso cardiaco. La circolazione del chakra è aritmica. Il flusso è agitato. Ho tamponato in qualche modo, ma servono i farmaci.»
Sakura si rivolse agli infermieri e ai medici presenti, mandandoli a eseguire i suoi ordini; poi tornò a guardare Baka. «Questo è il chakra di Kyuubi...» mormorò studiando le sue ustioni.
«Sono nei guai?» chiese lui con un filo d'ansia. L'acido della Volpe aveva conseguenze a lungo termine? Era radioattivo?
«Per questo no» rispose Sakura, fissandolo. «Ma per tutto il resto sì, sei in un mare di guai.»







* * *

Finalmente i mocciosi riuniti!
E' stata dura rimetterli tutti nello stesso luogo geografico,
ma ce l'abbiamo fatta.

E io ho praticamente finito i capitoli pronti.

Niente panico.
Anzi, un pochino sì.
Ma mi impegnerò per non lasciarvi senza aggiornamento,
croce sul cuore.

Nel frattempo avrete ormai capito
cosa intendo quando dico che Fugaku è insopportabile
ma anche tanto divertente.

Ah, e riguardo alla tecnica del quarto Hokage,
so che non funziona proprio così
(Narutopedia docet),
ma nel Peggior bla bla bla l'ho usata in questo modo
e continuerò a farlo.
Laddove modificare un dettaglio del manga non crea gap di trama
me lo terrò come più mi aggrada.
Tanto anche Kishimoto ne ha fatte di cazzate...

Ciò detto un saluto a tutti,
e ci rivediamo la prossima settimana!



  
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