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Autore: Xion92    12/11/2009    4 recensioni
La storia di Kairi secondo il mio punto di vista. Mi sono sempre detta: se Kairi è una principessa, ed è di Radiant Garden, non potrebbe esserne la principessa legittima? E magari figlia di Ansem, che è capo e sovrano del Radiant Garden (come dice nei suoi diari)?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kairi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente il mercoledì d'inferno è passato! Due compiti e un'interrogazione in un giorno non sono pochi! Aggiorniamo!
Ho riletto i capitoli scorsi, e ho notato che ho lasciato Kairi completamente ai margini: come cavolo ho potuto?! Per tutti gli anni che ha passato nel suo regno, ho descritto solo quello che fa, non quello che pensa. Ho rimediato nel capitolo nuovo, che è più sentimentale rispetto agli scorsi, dove Kazi non faceva che correre da una parte all'altra! Ho cercato di immedesimarmi in lei più che ho potuto, e spero di esserci riuscita!^^'
Ottoperotto: cielo, ormai hai percorso mezza Terra! XD No, scherzo, continua pure! Ah, certo che Kairi ha fatto bene: quando ci vuole ci vuole!
Sheryl: hai visto? Quando ho l'ispirazione, certe volte metto un capitolo al giorno! Ah, ora che me lo dici, è vero, un po' sembra il re leone, ma non ci ho pensato, perchè non è che mi piaccia tantissimo. Invece a me è sembrata una scena di Kimba il leone bianco, un manga del 1950, dove Kimba, dopo aver salvato il figlio dagli uomini, gli fa una sgridata parecchio simile! XD Il disgraziato? Uhmm, ci devo pensare ...
Avis: hai ragione tu, si usa in Sicilia. Mi sono sbagliata.^^' Buona lettura!

Allenamenti e lacrime

Il mattino dopo, Kazi stava ancora dormendo della grossa, quando Kairi entrò nella sua stanza e senza tanti complimenti gli strappò le coperte di dosso. Kazi si svegliò di botto.
“Ma cosa …?”
“Su, alzati e vestiti, dobbiamo andare ad allenarci!”
“Alle cinque del mattino?!” chiese Kazi con gli occhi mezzi chiusi, dando una sbirciata all’orologio sul comodino.
“Esattamente. Questo è un allenamento serio, e finché non sarai abile a combattere …”
Kazi si mise le mani sulle orecchie. “No! Non dirmelo!”
“… sarà così tutte le mattine.” Finì la madre imperturbabile. “E adesso alzati. La colazione dovrai farla in sala da pranzo. Non me la sento di fare alzare anche le cameriere così presto …
“Certo …” Poi guardò fuori dalla finestra. “C’è ancora la luna …”
“Non lamentarti. Anche Merlino e Cloud oggi verranno con noi e ci daranno una mano.”
Kazi impallidì. “Viene anche Cloud?”
“Esatto. Che problema c’è? Non ti mangia mica!”
“Ma … lui mi odia.”
A Kairi scappò da ridere. “Ma non dire sciocchezze. Verrà anche Mog con noi, così non ti sentirai solo.”

Mezz’ora dopo, Kazi era pronto; Kairi anche. Stavano per partire, quando videro Mog volare sopra di loro.
“Ciao, Mog. Vieni quaggiù!” lo chiamò Kairi.
Mog obbedì. Scese giù e si inchinò. “Buongiorno, miei principi, kupò.”
Kazi, ormai sveglio, stava per saltargli addosso, ma Kairi lo afferrò per il mantello; “Kazi, non ricominciare.” Poi continuò a parlare col Moguri. “Vai a dire a Merlino e a Cloud che stiamo arrivando.”
Mog si inchinò di nuovo. “Così sarà fatto, principessa.”
“Così sarà fatto, principessa.” Gli fece il verso Kazi, imitando la vocina dell’animaletto.
“Di nuovo?! Ma allora non sei ancora stanco di prendermi in giro, kupò?!”
“No! Non sono ancora stanco! E adesso prova a battermi!” rispose Kazi, pronto.
Si divincolò dalla stretta della mamma e balzò addosso al povero Moguri.
Kairi alzò gli occhi al cielo. “La smettete di fare la lotta?! Eh?!”
Mog, mezzo morto, cercò di liberarsi. “Kazi, smettila di fare la lotta, kupò!”
Kairi riacciuffo il figlio per la collana e diede un tale strattone che per poco non lo strozzò.
“E adesso andiamo. Mog, vai ad avvisare Merlino e Cloud!” ordino Kairi.
“Si, Maestà!”

Quando furono arrivati, trovarono che gli amici li stavano aspettando.
“Alla buon ora, eh?” Chiese ironico Merlino.
“Lo so. Mio figlio ha fatto fatica ad alzarsi.” Spiegò Kairi imbarazzata.
“Ma è ora di cominciare. Kazi, vieni qui, al centro del campo. E richiama il Keyblade.” Comandò la principessa.
Il principe obbedì subito, andò di fronte a Kairi e evocò con facilità il Keyblade di luce. Merlino, a bordo campo, rimase sorpreso.
“Non avevo mai visto un Keyblade così.”
“Si, Merlino. E la cosa strana è che, se provo a tenerlo io, non svanisce.” Spiegò Kairi.
“Davvero? Beh, vedrò di scoprire il perché di questo, nei prossimi giorni.”

Kairi si riconcentrò sul figlio. “Tu sei mancino, no? Allora tieni il Keyblade nella sinistra, saldo. Ecco, così. E dai un colpo. Forte.”
Kazi ci provò: afferrò la spada saldamente e provò a dare un colpo nell’aria. Ma prese male la mira, sbilanciò il Keyblade verso terra e per poco non si tranciò i piedi.
“Ahi!” gridò il poveretto.
Kairi, quando vide che dopotutto non si era fatto molto male, scoppiò in una gran risata.
Il novizio, ferito nell’orgoglio, afferrò il Keyblade con entrambe le mani e lo sollevò sopra la testa con tanta forza che quello gli scivolò dalla presa, e volò proprio addosso a Mog.
“Ahio! Kupò, stai un po’ più attento!”
Tutti gli altri quasi morirono dal ridere.
“Sembra che ci sarà un po’ di lavoro da fare …” commentò Kairi, scuotendo la testa. Poi le venne in mente che era l’alba. “Che ore sono, Mog?”
“Le sei e mezzo, ormai, kupò.”
“Oh accidenti, devo fare il giro di perlustrazione del mattino.” Esclamò lei. “Beh, penso che Cloud possa sostituirmi per un po’. Vero, Cloud?”
Cloud alzò la testa. “Certamente …”bisbigliò.
Kazi si attaccò impaurito al mantello di Kairi. “No, mamma, ti prego, non lasciarmi solo con lui!”
“Ma su, Kazi. Starò via solo una mezz’oretta! E poi ci saranno anche Merlino e Mog con te.”
Partita la madre, Cloud si avviò lentamente nel campo, e quando fu di fronte a Kazi, si mise a fissarlo negli occhi.
Il bambino ingoiò la saliva che aveva in bocca. “Ehm … Ciao …”
“Prova ad attaccarmi!” lo incitò subito Cloud. “Dai, più in fretta!”
Kazi afferrò il Keyblade convenientemente e ci provò, ma può forse un bambino di quattro anni competere con un uomo di ventisette?
Il principe, anche dando un colpo potente, non riuscì nemmeno a farlo indietreggiare.
“Non ci siamo, Kazi. Devi metterci più potenza. Riprova!”
Kazi, per gran parte della mattina, ubbidì a tutto quello che diceva, ma dopo un po’ incominciò a innervosirsi: chi era lui per trattarlo in quel modo, per essere così severo nonostante non fosse suo parente? Il bambino i modi severi e duri non li capiva; si sottometteva a quei metodi solo se era sua madre ad usarli. Ma non voleva essere trattato così da persone che non fossero Kairi. Dagli amici voleva essere trattato bene, con garbo: avrebbe ubbidito a quello che gli dicevano di fare, ma solo se i loro metodi fossero stati giusti e gentili: Kazi non aveva bisogno di metodi duri per capire le cose. Certo, anche Mog certe volte cercava di imporsi su di lui, ma quello era un modo di fare diverso, il Moguri non cercava di sottometterlo come stava facendo Cloud in quel momento.
E infatti, quando venne sbattuto per terra da Cloud per l’ennesima volta, e si sentì ripetere che non bastava e che doveva impegnarsi di più, detto in quel modo severo e autoritario, alzò la testa, fissò l’uomo negli occhi e sussurrò tra i denti:
“Io … non sono … tuo figlio …”
“No, Kazi, questo è vero. Ma credimi, se non verrai allenato in questo modo, non imparerai mai a combattere come si deve. Io sono stato allenato così, e guarda come sono diventato potente!”
Kazi abbassò la testa. “Va bene.” Però non ne era tanto convinto. Infatti, mano a mano che l’allenamento proseguiva, si sentiva sempre più scoraggiato, dato che Cloud cercava di spronarlo, e il bambino non era abituato a quei metodi.  Per cui non faceva che demoralizzarsi.
Poco dopo giunse di ritorno Kairi.
“Tutto bene, kupò?” chiese Mog.
“Si. Ho dovuto eliminare un paio di Heartless, ma è stato fattibile. E Kazi?”
“Beh … non gradisce molto i modi di fare di Cloud, kupò.”
Kairi rimase a guardare, e quando vide come l’uomo si stava comportando, decise che era meglio se riprendeva ad allenarlo lei.
“Grazie, Cloud. Ma d’ora in poi ci penserò io.”
Vide che il bambino era molto abbattuto, perciò decise di fare basta per quel giorno. Avrebbero continuato l’indomani.
Mentre tornavano a casa, Mog bisbigliò a Kazi: “Su, non demoralizzarti, kupò. Hai combattuto solo un paio di volte, kupò, e poi sei ancora piccolo. Sei stato anche troppo bravo. Cloud è fatto così, non devi farci caso.”

Quel pomeriggio Kairi, sdraiata nel letto, ripensò a quanto aveva visto: certo, Cloud coi bambini non ci sapeva fare, ma in fondo era stata lei a incaricargli di allenarlo al posto suo ... Però, pensandoci bene, perché doveva essere Cloud a occuparsi di Kazi? Il bambino non era suo. Perché aveva dovuto affidarlo a lui? Perché non aveva nessun altro a cui affidarlo, il motivo era semplice quanto terribile.
‘Sono sempre io a dovermene occupare, e in fondo è giusto, sono sua madre. Ma perché, quando non posso, devono essere altri a badare a lui?’ Rimase per un po’ a ripetersi questa domanda, poi si sentì gli occhi umidi e nonostante gli sforzi per resistere non poté fare a meno di cominciare a piangere. Cercò di farlo il più silenziosamente possibile, perché nessuno la sentisse, e intanto si ripeteva:
‘Perché devono essere altri a badargli? Mog, Cloud, Yuffie e tutti gli altri … Loro non c’entrano niente. Perché non ci sei tu ad aiutarmi? E perché la notte devo dormire da sola? Sono così triste, non ho nessuno … avrò anche tutti gli amici del mondo, ma loro non mi bastano. Ho 21 anni, ho un bambino ma sono sola … Dove sei finito? Ormai sono cinque anni che ti aspetto …’
Kazi, proprio in quel momento, stava passando davanti alla camera della madre, e sentì dei rumori strani dall’interno. Incuriosito, appoggiò l’orecchio alla porta, e sentì quei suoni che non aveva mai sentito emettere da Kairi.
‘Singhiozzi? La mamma sta piangendo?’
Si sentì distrutto dentro. Come poteva la sua forte madre essere triste? Le aveva forse dato un dispiacere? Era colpa sua? Afflitto dai sensi di colpa, provò a bussare.
Kairi sentì e cercò immediatamente di ricomporsi. “Avanti!”
Il figlio sporse la testa timidamente. “Mamma?”
“Oh … sei tu …” Kairi tirò un sospiro.
“Mamma … perché piangi?” chiese con gli occhi spalancati dalla paura.
“Oh …” cercò di asciugarsi gli occhi. “Non è niente. Sono solo un po’ stanca.”
Non era brava a recitare.
“Non è vero. è forse colpa mia?” chiese Kazi a testa bassa.
“Come?”
“è colpa mia? Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
“No, no!” esclamò subito la madre. “Non sei tu, non c’entri niente.”
Il bambino le fece una gran tenerezza: addirittura si addossava una colpa che non aveva minimamente; lui aveva fatto tutto il contrario: per il solo fatto di esistere, aveva dato la forza a Kairi di tirare avanti per tutti quegli anni. Se Kazi non fosse mai nato, chissà se lei sarebbe riuscita a farcela. Come poteva il bambino pensare che la colpa fosse sua?
Kazi la guardò negli occhi. “Non vuoi dirmi cosa ti fa stare così male?”
Lei rimase in silenzio. Ma lo fissò negli occhi, e pensò: ‘perché nei tuoi occhi vedo lui?’
Dato che non rispondeva, Kazi abbassò lo sguardo intristito.
“Ho capito. Scusa se ti ho disturbata.” E fece per uscire. Kazi era ancora più abbattuto di prima: se avesse saputo cosa avesse la mamma, forse avrebbe potuto trovare il modo di aiutarla. Ma così …
“Aspetta! Vieni qui, Kazi. Per favore.”
Il bambino si voltò subito e corse ad arrampicarsi sul letto di fianco alla madre.
Lei chiese, come supplicandolo:
“Non dormiresti qui di fianco a me, solo per un’oretta?” da come l’aveva detto, sembrava un favore veramente importante.
“Certo, mamma!” rispose subito. Non si aspettava una richiesta del genere. Ma se questo sarebbe servito ad aiutarla, avrebbe dormito con lei tutte le volte che avesse voluto, anche sempre.
Kairi se lo strinse al petto, accarezzandogli i capelli e baciandolo sulla testa. Kazi sentiva il suo corpo scosso dai singhiozzi; ancora piangeva. Lui, per cercare di consolarla, le rimase sempre abbracciato stretto, ogni tanto con la mano le asciugava le lacrime, ma più di così non poteva fare. Lei scivolò nel sonno, con gli occhi bagnati e il corpo tremante, col bambino sempre stretto a sé, cercando di ritrovare le stesse sensazioni che aveva provato quella notte d’estate, in cui lei e Sora erano stati insieme per la prima volta, cercando di ricordarsi il calore del suo corpo, i baci pieni di passione che le aveva dato, le parole che le aveva sussurrato. Alla fine anche Kazi si addormentò con lei; pur dormendo, cercò di capire il motivo della tristezza della madre, ma non ci riuscì: come poteva un bambino così piccolo comprendere un dolore immenso come quello di Kairi?

Un paio di ore dopo, la mamma e il figlio si svegliarono quasi contemporaneamente. Al risveglio, lei non era più triste: dormire e sfogarsi l’aveva aiutata. Il bambino la guardò preoccupato.
“Non preoccuparti. Ora sto bene.” Sembrava davvero più tranquilla.
“Mamma … ti voglio bene.” Più di così non poteva fare: non poteva fare altro che starle vicino e cercare almeno di consolarla nei suoi momenti bui.
Kairi lo abbracciò. “Anch’io, tesoro. Grazie per avermi aiutato! Vuoi andare al Mercato oggi pomeriggio? Ci sono le bancarelle. Vendono i dolcetti. Possiamo comprarne un po’.”
“Si, che bello! I dolcetti! Andiamo, mamma!” era tornato di buon umore anche lui. Ma aveva deciso che avrebbe fatto di tutto per lei, per farla stare bene, per darle più soddisfazioni possibili. La mamma voleva che lui imparasse a combattere, voleva che diventasse un grande Keyblade Master? E un grande Keyblade Master sarebbe diventato! Chissà, pensò Kazi nella sua innocenza, forse in questo modo lei sarebbe stata contenta e non avrebbe più pianto.
‘Va bene, mamma, farò tutto quello che vorrai, pur di farti felice. Anche svegliarmi la mattina presto senza fare storie!’

Il mattino dopo, Kazi, al contrario del giorno prima, si alzò dal letto alle cinque precise e si preparò senza bisogno che glielo dicesse la madre.
Lei si sorprese da questo comportamento: mai Kazi era stato così ubbidiente, e questo la riempì di gioia.
“Kazi, sei proprio bravo!”
“Mamma, andiamo ad allenarci anche oggi?” chiese lui, impaziente di cominciare.
“Oggi dovrai imparare le magie. Voglio che le tue abilità siano omogenee, non sbilanciate come le mie, che uso quasi solo la magia. Sarà Merlino ad insegnarti gli incantesimi principali. Io te li approfondirò e ti spiegherò come usare quelli più difficili. Andiamo a casa sua.”
Quando furono arrivati, Merlino portò Kazi in una stanza laterale dove c’erano un sacco di mobili e cianfrusaglie, che erano appunto destinati agli allenamenti.
“Ok, ascolta: le magie sono di diversi tipi. Proviamo con Blizzard, e vediamo come te la cavi. Impugna il Keyblade nella sinistra. Si, così. Puntalo contro quel divano, e pronuncia: ‘Blizzard!’.”
Kazi provò. E riuscì subito a fare partire la magia.
“Quanto si vede che sei nipote di Aqua!” commentò Merlino compiaciuto. “E ora userò un incantesimo su questi mobili per farli muovere. Sarà più difficile centrarli, ma questa è un’ottima preparazione allo scontro vero: gli avversari non staranno lì buoni ad aspettare che tu li colpisca, non dimenticarlo.”
Agitando la bacchetta e pronunciando una formula in latino, fece sollevare tutti i mobili in aria. Kazi non fece una piega: era abituato alle stravaganti magie di Merlino.
“E ora provaci. Finché non ce la fai.” Poi aggiunse. “Io ho allenato Sora nello stesso identico modo …”
Kazi lo guardò incuriosito. “Chi è Sora?”
“Ah! Lascia perdere. E concentrati sugli obiettivi!”
“Si, maestro!” rispose subito il principe.
Gli allenamenti proseguirono per tutta la mattina, con Kairi, Cloud e Mog sulla porta della stanza che lo incitavano e gli davano dei consigli. Stavolta per Kazi le cose andarono molto meglio: Merlino non gli incuteva nessun timore, non cercava di dominarlo, e inoltre la volontà di Kazi di sopportare ogni tipo di allenamento per amore della mamma gli fece fare in poche ore enormi progressi.
Merlino però era esperto solo con le magie di tipo elementale, quindi spettava a Kairi insegnargli tutto il resto. Lei fece un rapido inventario: il figlio ora riusciva a dare dei colpi decenti col Keyblade, e sapeva usare le tre magie principali: Blizzard, Fire e Thunder: aveva delle basi solide; era quindi arrivato il momento di una prova sul campo.
La ragazza annunciò a Kazi: “Da domani cercheremo un modo più pratico di allenarti. A te serve un posto più consono all’allenamento: un posto dove ci siano veri Heartless, veri pericoli, ma dove qualcuno possa aiutarti a superarli …”
“Già, così potrò diventare forte più in fretta. E quando sarò diventato potentissimo, farò vedere a Cloud quanto sono bravo!”
La principessa rimase a pensare un po’, poi esclamò “Ho trovato, nel mondo di Tron!”


Note mie: Ci ho messo parecchio per decidere dove allenare il principe. C'erano un paio di altri posti che mi ispiravano, ma questo direi che è il migliore!
Tra parentesi, mi viene la tristezza per Kairi, poverina. Ma questo penso che succeda a tutte le ragazze rimaste sole ... Che dite, mi è venuto abbastanza? Ci ho messo un po' anche per immaginarmi la reazione del figlio, che cerca con la sua innocenza di consolare la mamma ... Beh, nel prossimo ci sarà più azione!
   
 
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