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Autore: PattyOnTheRollercoaster    17/11/2009    2 recensioni
Abbiamo lasciato Ellen con un'importante decisione da prendere. Che cos'avrà scelto? Seguire l'amato Murtagh e tradire Eragon, oppure abbandonare il sentimento, lasciarselo alle spalle e continuare a combattere per la libertà di Alagaesia?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eragon, Murtagh, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Passato Presente & Futuro'
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Capitolo tredici: Poco lontano dalla battaglia

“Non lo farei se non fosse necessario per il benessere del mio popolo!” aveva esclamato Galbatorix non appena prima di iniziare la battaglia. “Non vorrei mai che mi credeste malvagio. Voi mi costringete” aveva sussurrato poi, più rivolto a sé stesso, che al suo popolo.
Shruikan aveva ruggito forte e si era lanciato nel cielo, fendendo l’aria con le grosse ali. Saphira l’aveva seguito di lì a pochi secondi, così come Gylda, Glaedr e Castigo. Per quanto riguardava la battaglia del cielo erano in maggioranza, ma i soldati non se la cavano altrettanto meglio.
Ellen pensava che, in fondo, sarebbe bastato che Galbatorix morisse, venisse ferito o rapito, che le truppe imperiali si sarebbero subito spaventate. Non aveva dubbi sul fatto che Oromis, Eragon e Tegrish sarebbero riusciti a battere Galbatorix. L’unica cosa di cui aveva paura era che Murtagh si facesse del male. In fondo, lo sapeva ormai, non era per sua volontà che combatteva al fianco del re.
Ellen alzò gli occhi verso il cielo e inorridì. Oromis stava combattendo contro Galbatorix, mentre Murtagh fronteggiava da solo gli altri due Cavalieri. Non sarebbe mai riuscito a sopravvivere contro di loro. Anche se Eragon avesse voluto risparmiarlo non poteva fare più di tanto: erano in guerra!
Ellen imprecò sottovoce. Non sapeva come, ma voleva tenere Murtagh lontano da ogni pericolo. Parò il colpo di un soldato e poi gli tagliò la testa di netto con la spada. Dietro di lui ce n’era un altro, e lo ferì ad un fianco, lasciandolo più affaticato e debole di prima. Si guardò velocemente intorno e si rese conto che vicino a lei c’era soltanto Arya su cui contare. Ma non poteva lasciarla sola, nonostante le fosse venuto in mente un modo per tenere Murtagh al sicuro.
Ad un tratto un ruggito che lacerò lo spazio la fece voltare, e con lei tutti i soldati. Rukan stava di fronte a loro, alla zampa aveva ben legato il ciondolo di Ellen con una corda spessa. Con una zampa e gli artigli bene in vista diede un colpo ai soldati e almeno sei di loro vennero scaraventati via, o fatti cadere a terra fra urla di dolore. Così Rukan continuava a farsi strada dove vedeva c’era più bisogno di lui, ed Ellen colse al volo l’occasione di correre via.
Senza nemmeno far caso alla battaglia che aveva appena abbandonato, corse verso l’accampamento. Nessuno la seguì, né tantomeno tentò di fermarla. Non appena fu dentro all’accampamento deserto prese una spessa corda, un arco e delle frecce. Tornò indietro di corsa, ma si tenne ai margini della battaglia.
Lasciò a terra la pesante corda e incoccò una freccia, puntandola al cielo. Mormorò alcune parola in elfico e prese la mira con cura …
La freccia si trafisse sulla spalla di Murtagh con una forza eccezionale. Troppo forte per una normale freccia. In preda all’ira il ragazzo si voltò a guardare chi mai l’avesse scagliata. Con un sobbalzo al cuore vide Ellen, sopra una bassa collina, che lo guardava, e saltava e si agitava per farsi vedere. Vide la sua bocca muoversi ma non riuscì a capire che cosa diceva.
Una forza malinconica ma decisa s’impossessò della sua mente. Si riscosse solo quando sentì che Castigo veniva urtato da qualcosa. Guardò di fronte a sé, quasi senza capire. Gylda si era lanciata addosso a Castigo dal lato destro, Saphira da quello sinistro, e tenevano il drago quasi prigioniero.
Una seconda freccia sfiorò l’orecchio di Murtagh con un sibilo acuto che lo fece tremare. Fermandosi ancora una volta a guardare Ellen pronunciò alcune parole in elfico e, aiutato dalla forza di Castigo, fece allontanare di draghi che lo opprimevano di parecchi metri. Castigo si diresse in una picchiata vertiginosa verso terra, diretto su Ellen.
Quando furono a pochi metri la ragazza abbandonò arco e frecce, si mise la corda sulla spalla e scappò via. Andò a ripararsi poco più in là una macchia di fitti alberi.
Castigo non sarebbe mai riuscito ad entrarvi, così Murtagh lo fece fermare e s’inoltrò da solo nella boscaglia. Era furioso. Furioso con sé stesso perché aveva visto e seguito Ellen, e perché adesso sapeva bene che cosa doveva fare. Come aveva detto Galbatorix tempo prima: affrontarla con il solo scopo di ucciderla. Era furioso con Ellen, perché diamine aveva fatto tutta quella messa in scena? Lei sapeva che l’avesse vista doveva seguire gli ordini di Galbatorix!
“Ellen!” la chiamò con voce dura. “Che cosa vuoi fare?”. Non sentì nulla, solo i rumori della battaglia che si svolgeva poco lontano da lui. “Ellen va’ via! Ti prego …” mormorò poi con una vena di disperazione, guardandosi attentamente intorno.
Ancora nessun rumore. Murtagh avanzava circospetto e affilava lo sguardo per vedere meglio fra i rami fitti e gli arbusti. Ad un tratto si sentì le gambe e le braccia bloccate, e pareva che anche la sua capacità di parola fosse svanita. Un basso mormorio si levava dalle sue spalle. Quando si voltò, senza però potersi muovere dalle ginocchia in giù, scorse Ellen. Aveva il volto imperlato di sudore e avanzava verso di lui.
Murtagh pensò subito che poteva provare a formulare una magia con la mente, anche se di rado gli era riuscito. Ma ci provò. Ellen, nel momento stesso in cui iniziò a pensare l’incantesimo per liberarsi, fece un grugnito e la sua espressione sul viso si fece sofferente.
Raggiunse in fretta Murtagh e, srotolando metri di corda, cominciò a legarlo. Non appena fu certa che gambe e braccia fossero ben strette al corpo e non potesse muoversi sciolse l’incantesimo.
Subito Murtagh prese ad agitarsi. “Ellen che cosa fai?!” cominciò ad urlare.
“Dovresti ringraziarmi: sto cercando di tenerti fuori dai guai” ribatté lei asciugandosi la fronte. Murtagh era forte, l’incantesimo che aveva usato per bloccarlo era stato sfiancante. “Confido che non riuscirai a liberarti per un bel po’, no?”.
“Ma … Castigo” disse debolmente Murtagh cercando di guardare il cielo, ma fu impossibile nella fitta macchia di alberi.
“Devo ammettere che a lui non ci ho pensato, mi dispiace” disse Ellen stringendo la labbra. “Ma con un po’ di fortuna verrà a cercarti nel bosco”. Ellen si alzò e fece per andarsene.
“Aspetta! Che fai? Non puoi lasciarmi qui!” cominciò Murtagh.
La ragazza si voltò e lo guardò quasi accigliata. “Non potrai mai farcela contro due Cavalieri da solo, e poi così siamo in vantaggio.”, Ellen lo guardò con aria severa e gli puntò contro il dito indice dicendo: “Non provare a spezzare le corde, sono incantate!”.
“Ma Ellen! Aspetta! Ho degli ordini da rispettare!” sbraitò Murtagh.
“Ma allora sei proprio di pietra, sei peggio di un nano! E’ questo il punto!” disse lei avvicinandosi di nuovo. “Quali sono gli ordini? Forse … potresti cercare di intenderli in un’altra maniera”.
“E’ impossibile, Galbatorix si è assicurato di parlare molto chiaramente quando mi ha ordinato cosa fare” borbottò Murtagh con lo sguardo basso. “E’ stato breve ma conciso in realtà, ha detto: Uccidi i Cavalieri di drago tuoi nemici”.
“Oh” disse solo Ellen. Restò un secondo in silenzio, mentre Murtagh ancora cercava di dibattersi debolmente, senza troppa convinzione. Quando la ragazza lo guardò stava cercando di prendere un piccolo coltello che teneva infilato nella manica. Ellen sbuffò e glielo prese.
“Ellen!”.
“Che c’è? Tanto più che se ti libero mi farai pure fuori!” esclamò lei, ma non poté fare a meno di ridere. Quella situazione era un po’ strana, per non dire ridicola, e doveva ammettere che rivedere Murtagh le faceva piacere, anche se in quella maniera strana.
“Io non riderei se fossi in te, scapperai a gambe levate” disse Murtagh, tuttavia gli si poteva leggere in viso un’espressione divertita.
Il ragazzo cercò di avvicinarsi ad Ellen, ma non riusciva a staccare la schiena dall’albero a cui era legato, nemmeno di pochi centimetri! Ellen, quasi automaticamente, colmò la distanza fra loro e lo baciò.
Era da così tanto che nessuno di loro due sentiva il profumo dell’altro, il suo sapore, la morbidezza della sua pelle. Murtagh avrebbe tanto voluto poter abbracciare Ellen, ma sapeva che se l’avesse fatto probabilmente avrebbe cercato di soffocarla. Una piccola fitta gli attraversò il cuore.
Ellen si staccò da lui, e Murtagh la guardò come se la vedesse per la prima volta. “Ho fatto bene ad imprigionarti qua” disse lei, e cominciò a camminare verso la battaglia. “A pensarci bene però, il tuo vero nemico è Galbatorix. E’ lui a voler farti del male, non Eragon, ne tantomeno Oromis o Tegrish”.
Senza nemmeno farci caso Ellen aveva detto una cosa giusta. Murtagh, intrappolato nella foresta, non poté fare altro che pensare alle parole della ragazza. Aveva ragione! Forse Eragon e gli altri tre erano i suoi nemici ufficiali, ma il nemico vero, quello che gli impediva di vivere, era solo Galbatorix. Questo lo metteva di fronte a un problema: stando al suo ragionamento, tutti i Cavalieri erano suoi nemici!
Murtagh imprecò sottovoce. Ma perché diamine doveva pensare così tanto?! Sarebbe stato meglio se Ellen non avesse mai fatto quell’osservazione.
  Murtagh, dove sei?, la voce bassa e roca di Castigo raggiunse Murtagh, che la prese come un’ancora di salvezza. Gli mandò un’immagine mentale del luogo in cui si trovava. Sto arrivando, disse il drago. Fu lì in pochi secondi, distruggendo diversi alberi riuscì a trovare Murtagh.
Il ragazzo lo guardò terrorizzato e disse: Ma sei matto? E se spaccavi questo di tronco?
  Ma che dici?, disse piccato il drago rosso sbuffando forte.
  Aiutami a sciogliere questa corda. E’ incantata, le mie forze non bastano.
Castigo unì i suoi poteri a quelli di Murtagh e assieme riuscirono a sciogliere la corda che tratteneva il ragazzo, che man mano si fece più lenta attorno al suo corpo. Quando fu sufficientemente larga Murtagh la prese con le mani e si liberò, lasciandola cadere a terra e avvicinandosi subito al suo drago.
“Parti!” li disse quando fu salito in groppa.
  Aspetta Murtagh, io e te siamo troppo legati per non capire che cosa hai intenzione di fare. Il ragazzo sbuffò un poco. Ma come ti viene in mente? Sai bene che Eragon e gli altri non vorrebbero mai farti del male, loro non sono tuoi nemici! Non ti lascerò combattere contro quattro Cavalieri  e i suoi draghi.
  D’accordo, non Eragon! Ma che mi dici degli altri due? Oromis conosce la verità? Sa che siamo stati costretti? E se anche lo sapesse, chi ti dice che non cercherebbe comunque di ucciderci? Io lo considero nostro nemico.
Castigo esitò. Nonostante cercasse di convincersi del contrario, la verità era che anche lui vedeva Oromis come un nemico. Era uno dei vecchi Cavalieri, e se era sopravvissuto significava che era scaltro, probabilmente molto forte (anche se, a dire il vero, non gli era sembrato nel massimo della sua forma durante la battaglia). Anche il suo drago probabilmente era come lui, e considerando quanto fosse grande ed esperto, poteva benissimo batterli in un colpo solo, nonostante avesse la zampa sinistra ferita gravemente.
  E quell’altro?, proseguì Murtagh, E’ troppo giovane per capirci qualcosa! Non so nemmeno perché lo facciamo combattere, disse con un disprezzo che non era solito usare.
  Se è il suicidio che vuoi allora andiamo! Ma ricordati: il nostro principale nemico, e Cavaliere dei Draghi, è solo Galbatorix.
Murtagh ghignò, mentre Castigo si alzava in volo e il vento gli scompigliava i capelli corvini. “Lo so” bisbigliò.

“Tegrish, va’ sul lato destro!” ruggì Eragon quando, per l’ennesima volta, furono scagliati lontano da Galbatorix.
Da quando il suo Cavaliere era misteriosamente fuggito, Galbatorix aveva duellato contro tutti e tre i Cavalieri da solo, ma non sembrava risentirne. Ad un tratto aveva creato una strana separazione fra lui e gli altri tre che, anche se cercavano di attaccarlo, venivano brutalmente respinti come da un’energia invisibile.
Tegrish annuì e Gylda si spostò sbattendo le possenti, e ancora abbastanza piccole, ali verdi. Avevano circondato Galbatorix e si preparavano a quello che doveva essere almeno il quarto attacco. Ad un ordine di Oromis i tre si lanciarono di nuovo addosso a lui, fisicamente e con scaglie di magia che tentavano di distruggere la protezione creata da Galbatorix. Quello fece una specie di grugnito, ma mantenne intatta la difesa.
I tre draghi cominciarono a girargli attorno, ma non potevano nulla, nemmeno unendo i loro poteri. Ad un tratto Tegrish spostò lo sguardo. Il grosso drago rosso, che gli avevano detto chiamarsi Castigo, volava verso di loro; i suoi muscoli si tendevano per la velocità con cui avanzava, e la sua espressione era decisa. Murtagh, sopra di lui, aveva la spada levata.
Tutti si preparano a combatterlo, Oromis si voltò e disse agli altri due di restare a controllare le mosse di Galbatorix. Ma appena Oromis si fu voltato Castigo lo sorpassò ed entrò senza sforzo nella piccola parte di cielo protetta, che Galbatorix si era ritagliato.
“Lascia stare quella ragazza!” gli disse subito Galbatorix furioso. Ma quasi non fece in tempo a finire la frase che Murtagh lo attaccò. Sorpreso, il Re fece cadere le difese e schivò l’attacco di Murtagh. “Che cosa fai?”.
Gli altri percepirono distintamente il momento esatto in cui le difese crollarono. Senza pensarci due volte si lanciarono in aiuto a Murtagh, seppur confusi.
Eragon, pensando che Galbatorix avrebbe potuto impartire altri ordini chiese aiuto a Saphira e, assieme, lanciarono un potentissimo incantesimo contro il Re. “Riducilo al silenzio” mormorò il Cavaliere.
Galbatorix aprì la bocca, ma non emise alcune suono. Si guardò attorno disperato, cercò di urlare, ma dalla sua bocca neanche un lamento giunse. Quasi come se stesse soffocando diventò scarlatto e lanciò uno sguardo furioso in direzione a Murtagh, come se fosse stato lui.
“Murtagh! Non può più parlare!” gridò Eragon. Murtagh gli rivolse un fugace sorriso grato, ed Eragon annuì un incoraggiamento.
Iniziarono una furiosa battaglia contro Galbatorix ma, per qualche ignota ragione, anche in quattro non riuscivano a batterlo. Ogni volta che il Re veniva ferito riusciva a rimarginare le proprie ferite e quelle del proprio drago in modo rapido e perfetto. Da dove prendeva tuta quella energia nessuno riusciva a capirlo, tranne ovviamente Murtagh.
Lui sapeva del potere datogli dagli eldunari dei draghi. Conosceva l’immenso potere contenuto in ognuno di loro; lo aveva sperimentato con mano e sapeva che Galbatorix disponeva di diversi eldunari. Ognuno di loro aveva energia a sufficienza perché Galbatorix combattesse anche per cento anni di fila, e non soffrisse mai la stanchezza.
L’unico modo, pensò Murtagh, sarebbe stato prendere gli Eldunari e, in qualche modo, distruggerli. Ma come? Intanto cominciamo a prenderli, poi si vedrà.
Doveva mettere gli altri al corrente del suo piano, ma di certo non poteva urlarlo ai quattro venti, altrimenti Galbatorix lo avrebbe sentito. Castigo, dì agli altri draghi che dobbiamo riuscire a prendere la cintura di Galbatorix.
  Fratelli ascoltate, dobbiamo riuscire a prendere la cintura di Galbatorix, lì è racchiuso tutto il suo potere. Dobbiamo prendere la cintura e distruggerla.
  La cintura?, chiese Gylda osservando Galbatorix con attenzione.
  Vedete le pietre incastonate nell’acciaio? Quelle sono il nostro obbiettivo, ditelo ai vostri Cavalieri!
Saphira grugnì un ruggito di approvazione, mentre ad Oromis, informato del piano, si formava una ruga in mezzo alla fronte mentre osservava le pietre incastonate nella cintura del Re.
Galbatorix, nel frattempo, per quanto ci provasse, stranamente non riusciva a sciogliere l’incantesimo. In realtà, dopo che Eragon e Saphira l’avevano scagliato per primi, tutti i Cavalieri avevano concentrato il loro potere su di lui, ma così facendo perdevano energie facilmente.
Dopo diversi minuti di scontro senza successo, Glaedr si spazientì. Ruggì forte e, con una decisione mai vista prima, si lanciò addosso a Shruikan e lo morse alla gola. Il drago nero si ribellò, ruggì, chiuse gli occhi forte dal dolore. Alla fine, con una precisa e meditata zampata, colpì Glaedr sul lato sinistro del muso. Gli squarciò le vecchie squame d’oro lucente che ricoprivano il suo corpo intero, gli trafisse un occhio e gli fece una profonda ferita ad un orecchio. Glaedr ruggì forte e si staccò da Shruikan, il drago nero ne approfittò e gli diede una seconda zampata. Si aggrappò con gli artigli affilati alla carne del collo di Glaedr e cercò di tenere lontano da sé il drago.
  Alla fine è così, no? L’allievo supera sempre il suo maestro, disse Shruikan con voce dura e divertita.
  Tutti gli allievi superano i più vecchi maestri in forza, ma mai in furbizia, fece Glaedr di rimando. Poi, con uno scatto fulmineo, colpì forte con la coda Galbatorix. Il Re cominciò a cadere. Shruikan fece per seguirlo e riprenderlo al volo, ma venne fermato da Castigo e Gylda. Ruggì loro contro e cercò di superarli, ma non vi fu verso.
Nel frattempo Glaedr aveva abbandonato il campo, e si dirigeva stancamente verso terra, le ferite sanguinavano copiosamente e il suo respiro si faceva sempre più pesante. Aveva la vista sfocata, dal sangue e dal fatto che uno dei suoi occhi era rimasto cieco. La ferita alla gola bruciava particolarmente forte, gli pareva che gli avessero dato fuoco. Il drago si allontanò dalla battaglia goffamente e andò a posarsi su un piccolo colle. Non appena ebbe toccato terra Oromis scese dalla sua schiena e andò a controllare la ferita.
“Non ti muovere, ti guarisco subito” disse, guardando con orrore le ferite. Si rendeva conto che erano terribili e che sarebbe servita moltissima energia per guarirle tutte e bene. Anche Glaedr lo sapeva.
  Non preoccuparti per me, devi andare a combattere.
  No, io ti posso guarire. Ci metterò un secondo!, protestò Oromis, ben conscio di mentire anche e soprattutto a sé stesso.
  Sappiamo bene tutti e due che non sarà possibile. Ci vorrebbero troppe energie, e tu dovresti usare le poche che hai ancora per la battaglia. Vai!
  Ma che cosa dici? Vuoi che ti lasci qui? Glaedr!
  Oromis, il grande drago lo guardò. Eccolo, era lui il suo Cavaliere. Con lui aveva vissuto così tanti anni da poter essere soddisfatto di ogni singola cosa. Non aveva rimpianti, e in un certo senso era felice di andarsene. Aveva nel cuore la sicurezza che avrebbero vinto, sapeva che Eragon non avrebbe potuto fallire. Era un ragazzo così puro e coraggioso! Oromis, non possiamo stare insieme per sempre. E’ ora …
  N-non è vero, balbettò Oromis. Non poteva essere, non doveva assolutamente essere! Oromis, per la prima volta da diversi anni, sentì gli occhi pizzicare e le lacrime affacciarsi sugli occhi. Posò una mano sul muso del drago, colui che lo aveva accompagnato per così tanto tempo nella vita. Da quando era un ragazzo. Giovane, inesperto, erano cresciuti assieme, invecchiati assieme, e si era perfino illuso che sarebbero morti assieme. Ma il destino evidentemente aveva deciso per un altro corso degli eventi, diverso da quello che lui si era creato nella mente.
  Prima di andarmene vorrei darti un ultimo regalo. Ti prego di non protestare, non servirebbe a nulla.
  Sei così cocciuto che non ci proverei nemmeno.
  Meglio così.
Glaedr chiuse gli occhi. Per un po’ non accadde nulla, ed Oromis attese pazientemente, poi iniziò ad avvertire un formicolio alla punta dei piedi e sulle dita delle mani. Era un po’ fastidioso, ma nulla che non potesse sopportare. Poi il formicolio si dilatò e divenne più intenso: passò ai polpacci e alle braccia, arrivò fino alle cosce e gli prese anche il petto. In quel momento divenne fastidioso, più intenso che mai e quasi doloroso. Oromis si piegò in due di fronte a Glaedr e chiuse gli occhi dal fastidio.
Poi, improvvisamente, tutto svanì. Oromis si sentiva più in forze, più energico, come se avesse riposato a lungo. Capì che cosa era successo e guardò Glaedr, a metà fra la gratitudine e la rabbia.
  Mi hai guarito!
  E tu volevi guarire me?, disse Glaedr con una punta d’ironia. Oromis chinò la testa e sorrise suo malgrado. Improvvisamente sentì l’energia di Glaedr aumentare, era così forte che si chiese se non fosse successo un miracolo. Poi, di colpo, come qualcosa che cade, si spense.
“Glaedr? Glaedr!”. Oromis lo guardò.
Il drago aveva gli occhi chiusi, non si muoveva più, e lo scintillio delle sue squame sembrava svanito. Oromis rimase in ginocchio di fronte a lui, le mani ancora poggiate sul suo muso squamoso e ancora caldo. Un sola, solitaria lacrima scivolò sulle sue guancie lisce e perfette, come quelle di ogni elfo, e quando toccò terra venne subito assorbita dal terreno rossastro delle Pianure Ardenti.
Ma non poteva restare lì per sempre, anche se lo avrebbe preferito. Glaedr lo aveva guarito per uno scopo, era stato il suo ultimo atto, ed era giusto rispettarlo.
Oromis si alzò, raccolse la spada che aveva lasciato a terra e guardò la battaglia che infuriava poco distante da lui. “Per te, amico mio” disse rivolto al cielo, e s’incamminò verso la battaglia.





Waa! Eccolo! Il primo capitolo della battaglia! Non ho mai scritto una battaglia così lunga, dura due capitoli! O.O Questo in particolare prende il suo titolo perchè gli avvenimenti principali che vediamo avvengono tutti, appunto, non esattamente nel campo di battaglia, ma poco lontano. :) Lo so, può sembrare stupido, però mi piaceva scrivere della battaglia da un diverso punto di vista.
A proposito, avrete notato che il rimedio di Ellen per tenere Murtagh lontano dal pericolo non è servito a molto. XD Be', sappiate che è una cosa voluta: è che mi era sembrato giusto che Ellen si preoccupasse per lui e cercasse di attirarlo lontano dal combattimento, ma ho pensato che, in quel momento, non dev'essere stata molto lucida, così il suo metodo per salvaguardare Murtagh non è andato proprio a buon fine, perchè quando ci ha pensato era un po' fusa! XD
Comunque, mi dispiace molto per la morte di Glaedr, nonostante non sia il mio preferito. Più che altro mi dispiace per Oromis, ecco, che adesso resta solo soletto. Ma ora, come avrete ben potuto notare, no ha tempo per crogiolarsi nel dolore, e ha deciso di combattere per il suo drago. La sua vera reazione la vedremo più avanti, e spero che non versiate troppe lacrime! XD
Recensioni:

Thyarah: ciao! Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto. Eragon e Arya sono così carucci! ^^ E che mi dici di Ellen e Murtagh? Il loro incontro è stato strano da descrivere, perchè non si vedono da tanto tempo, eppure nessuno dei due, in quegli istanti, ha la testa per pensare a dirsi paroline dolci, così sono andata un po' sul comico. Non so se il risultato sia dei migliori -.-'' Be' grazie molte della recensione, spero che questo capitolo, anche se un po' triste verso la fine, ti piaccia. Un bacione! ^^

KissyKikka: ciao! :) Sono d'accordo con te ne dire di prendere a calci Galbatorix, ma scoprirai nel prossimo capitolo come andrà a finire questa battaglia (spero non sia nulla di scontato). Vorrei sapere cosa ne pensi dell'incontro fra Murtagh ed Ellen, perchè scriverlo è stato complicato. O.o Insomma, sembrano un po' stupidi, perchè dicono cose stupide per essere due innamorati che s'incontrano dopo tanto tempo, ma non sapevo bene come fare, dato che la situazione in cui sono non è proprio ideale (Ellen che lega Murtagh ad un albero XD). B'è, ci vediamo nel prossimo capitolo, un bacio a te, fedele recensitrice! XD Smack! :)

Un grazie mille a tutti coloro che leggono e seguono, ciao a tutti e alla prossima...
Patty.
   
 
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