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Autore: Bloodred Ridin Hood    20/11/2009    7 recensioni
Tutto quello che successe dall'arrivo di Xiaoyu in Giappone, sino al Terzo Torneo di Tekken.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Heihachi Mishima, Hwoarang, Jin Kazama, Ling Xiaoyu
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Era una calda mattina di fine luglio. A Seoul la linea di trasporti pubblici urbani a mezzogiorno è una delle cose che qualsiasi persona sana di mente in questo mondo vorrebbe evitare.

Ma quel giorno neanche l’aria umida, calda e appiccicosa dell’autobus affollato poteva buttarle giù il morale.

Non riusciva a smettere di sorridere e sprizzare gioia da tutti i pori. Certo, lo avrebbe fatto una volta rientrata nella sua stanza d’albergo, ma solo perché era una regola che vigeva da sempre tra lei e il suo storico ragazzo.

Non erano quella che si definirebbe la classica coppia di piccioncini, zuccherosi e coccolosi.

Loro si prendevano in giro, si burlavano, a volte persino lottavano e… spesso non si sopportavano… ma avevano il loro modo particolarissimo di amarsi come poche persone in questo mondo sono capaci di fare. E di perdonarsi sempre.

Perché la cosa più ironica e se vogliamo un po’ crudele del destino era proprio che i due non potevano fare a meno l’uno dell’altra.

E quindi dopo l’ennesima lite, datata esattamente due mesi e ventitre giorni prima, il suo bastardissimo ragazzo era tornato da lei.

Un’altra vittoria per il suo orgoglio, un sollievo per il suo cuore… o più semplicemente, era strafelice di rivederlo.

L’aveva trovata la sera prima e aveva passato la notte da lei. Lei si sarebbe fermata in città giusto il tanto necessario per mostrare il suo lavoro alla facoltà di Archeologia dell’università di Seoul, poi sarebbe tornata in Giappone, dove risiedeva fissa da qualche anno.

Forse a quel punto lui l’avrebbe seguita, per passare un po’ di tempo con lei… gliene avrebbe parlato quel giorno.

Il giorno dopo avrebbe dovuto presentare la relazione sulla quale lavorava da circa un anno. Era il risultato di uno stage in Egitto che aveva vinto come borsa di studio. Era un ottimo lavoro a detta dei professori che avevano letto la relazione, notevole per una matricola del primo anno… per questo avevano deciso di convocarla alla conferenza che si sarebbe tenuta a Seoul quella settimana.

Julia era felicissima. La sua fatica stava per essere riconosciuta e Hwoarang era tornato da lei.

Non immaginava che dietro quella porta d’albergo avrebbe scoperto una verità che l’avrebbe a dir poco sconvolta per sempre.

 

 

 

- Abbiamo un problema. –

Julia era uscita di fretta, per venirci incontro con i capelli sciolti che le sventolavano sulle spalle, indossava un maglione di lana e un paio di jeans scuri.

Rabbrividì all’aria gelata e sembrò pentirsi di non aver preso con sé un cappotto.

- Anzi, forse è un doppio problema. – rettificò stringendosi le spalle con le braccia infreddolita.

Sembrava piuttosto agitata.

- Che è successo? – chiese Hwoarang mentre la si dirigeva affianco a lei verso la porta di casa, con me al seguito e la busta della spesa in una mano.

Julia entrò in casa e si accomodò nel divano tendendo le mani verso il fuoco.

Diedi una veloce occhiata panoramica alla stanza.

C’erano i due ragazzi, ma di Jin nessuna traccia.

- Il terzo tournament. – spiegò Julia riscaldandosi – Heiachi ha inaugurato stamattina le iscrizioni. L’hanno detto al notiziario. Tra tre mesi esatti comincerà ufficialmente il terzo torneo del re del pugno di ferro. –

- Un modo per richiamarci alla svelta… - osservò Hwoarang alzando un sopracciglio.

- Esatto. – annuì Julia – Perciò anche noi avremo bisogno di accelerare i tempi se vogliamo procedere. –

Notai poi che Julia si voltò verso di me osservandomi con aria preoccupata.

- Avete visto Jin? – volle sapere.

Feci di no con la testa.

- Ecco… noi l’abbiamo cercato dappertutto qui nella collina, ma non sembra esserci da nessuna parte. – spiegò – Ma magari è andato a fare due passi in città… –

Mi mostrai del tutto tranquilla, senza lasciar trasparire la mia preoccupazione.

- Già, può darsi. –

Cercai di sorridere, mentre prendevo posto su una sedia.

Quella sera non mangiai granché.

I due amici di Hwoarang lasciarono la casa. Non ascoltai molto, primo perché il discorso era prevalentemente in coreano, secondo perché la mia mente era decisamente altrove.

Da quel poco che riuscii a capire però, Hwoarang diede loro il compito di tenere d’occhio le mosse di Heiachi da Tokyo mentre noi ci saremo recati in Cina, o qualcosa del genere.

Ciò equivaleva a dire che da quel momento in poi saremo stati solo noi.

Io, hwoarang, Julia e… Jin.

Ma Jin non si fece vivo per tutta la sera.

Era ormai palese per me che non sarebbe tornato. Me lo sentivo, ne ero certa.

Continuavo a vedere davanti ai miei occhi il suo sguardo quella mattina, sapevo che diceva sul serio quando era convinto di dover essere lui a mettere fine a tutta questa storia.

Sapere della sua famiglia qualcosa di così sinistro, qualcosa che persino lui ignorava l’aveva completamente disarmato.

Finsi di essere stanca e di sentirmi poco bene, quando annunciai che mi sarei coricata prima.

Julia vedendomi così giù di corda insistette per farmi dormire nella sua stanza.

Era veramente piacevole la sensazione di dormire di nuovo su un letto… da quando avevamo lasciato Tokyo avevo sempre passato le notti in situazioni poco confortevoli.

Stavo per appisolarmi quando ebbi l’impressione di sentire un rumore strano, che non riuscii a definire.

Aprii gli occhi e nell’oscurità non vidi niente.

Accesi la lampada nel comodino e tornai a guardarmi intorno, con non poca agitazione che saliva in crescendo.

Tutto sembrava apposto.

Le montagne di libri impolverati di Julia sulla sua scrivania erano come li avevo trovati, così pure il suo armadio, il suo scaffale di bambù e la poltrona ad acqua sotto la finestra.

La finestra… in quel momento la notai. Era rimasta leggermente aperta e c’era la serranda alzata. La luce del sole mi avrebbe svegliato. Mi alzai di malavoglia e andai ad abbassarla completamente e la chiusi.

Diedi un’ultima occhiata in giro e poi mi rinfilai sotto le coperte.

Credo di essermi addormentata subito dopo aver messo la testa sul cuscino.

 

 

Si svegliò nella penombra della stanza che aveva ancora le serrande abbassate. Prese il cellulare dal comodino e controllò l’orario.

Erano le undici passate, aveva dormito tantissimo e Julia non l’aveva svegliato quando era uscita la mattina presto.

Si alzò e andò a recuperare i vestiti abbandonati sul pavimento dalla sera prima. Vide sul cuscino un unico lungo capello castano della ragazza, che prese fra le dita e osservò con un mezzo sorriso.

Era incredibile come alla fine riuscisse sempre a perdonarlo, nonostante il disastro di ragazzo che era. Appena aveva avuto notizia che era in città, aveva deciso di non poter sprecare l’occasione per riallacciare i rapporti che due mesi e ventitre giorni prima si erano spezzati per l’ennesima volta.

Andò in bagno e si concesse una doccia rinfrescante. Quel caldo era odioso, e non solo per via delle zanzare.

Uscì dalla doccia legandosi un asciugamano attorno alla vita. Decise di chiedere un servizio in camera, così nel mentre che si sarebbe vestito gli avrebbero portato su la colazione.

Stava letteralmente morendo di fame.

Tornò in stanza e puntò il telefono sul comodino, ma scorse con la coda dell’occhio qualcosa nell’anticamera totalmente fuori luogo.

Si voltò sperando che quella visione non fosse altro che un pessimo scherzo della sua immaginazione.

E invece lei era lì sul serio.

- Heilà, fatto una bella dormita? – quella donna tremenda salutò con un cenno della mano.

Lui rimase impietrito, inerme, voleva svegliarsi da quell’incubo… non poteva averlo seguito fin lì. Julia non doveva sapere, non doveva essere coinvolta.

La donna si sollevò nella sua maestosità. Sotto il caschetto nero i due occhi neri di carbone ardente lo fissavano mentre si avvicinava a lui.

Aveva un vistoso vestitino rosso piuttosto di cattivo gusto.

- Non sei stato bravo. – continuò atteggiandosi da bambina e agitando un dito – No, no. –

Lui deglutì, mentre il suo cervello cercava disperato di formulare un pensiero, un’idea che potesse salvarlo da quella situazione.

- Sai che con lo Zio non si deve scherzare, vero? –

- Co… come mi hai trovato? Come hai fatto ad entrare? – chiese lui – La scadenza comunque era per dopodomani! -

Lei si fermò sul posto e lo guardò visibilmente sorpresa, poi scoppiò a ridere di gusto.

- E dire che ti facevo più sveglio. – fece lei seria col suo vero tono di voce – Quelli come noi possono tutto, ricordatelo. Non sei tu a dettare le regole, ragazzino. –

Lo raggiunse e gli sfiorò i pettorali con la mano, graffiandolo appena con le unghie scarlatte.

- Mm… - commentò quella donna schifosa sorridendo – Sei davvero carino. –

Lui chiuse gli occhi, si portò una mano sulla fronte e se la passò fra i capelli, disperato.

- Allora… - riprese la donna facendo più pressione con le unghie sulla sua pelle – Ce li hai? –

- Perché qui? – chiese lui in panico.

Lei rise.

- Perché abbiamo pensato che avresti fatto più da buono se avessi avuto paura che la tua bella potesse essere coinvolta. – rispose, poi scoppiò di nuovo a ridere – Sei un bravo ragazzo, no? –

Gli prese il mento fra le dita e lo osservò bene in volto.

- Qua fuori ci sono due cattivoni. – tornò ad imitare quella stupida voce infantile – Non vogliamo che accolgano la tua ragazza quando tornerà vero? –

Hwoarang non voleva credere a ciò che stava accadendo.

Si portò entrambe le mani sui capelli grondanti.

- Tutto, tutto quello che volete, ma non toccate lei. –

- Bene! – squittì la donna – Allora hai i soldini che ci devi? –

Hwoarang si voltò e andò a prendere i jeans che aveva appoggiato sul bordo del letto. Dalla tasca posteriore estrasse il portafogli.

- Non sono riuscito a racimolare tutto. – confessò in un sussurro – Contavo di finire questi due giorni. –

- Oh che peccato. – lo derise lei, prima di scoppiare di nuovo a ridere istericamente, poi si bloccò e lo guardò sprezzante – Curioso da parte tua, visto che a tuo padre di certo i soldi non mancano… -

Lui si gelò. Come diavolo sapeva della sua famiglia?

- Questi soldi sono miei. – spiegò freddo.

Non aveva mia chiesto un solo centesimo a suo padre, avrebbe preferito morire di fame sulla strada piuttosto che chiedere la sua carità.

Questa volta però c’era di mezzo anche Julia.

- Ma se solo avessi un altro giorno… potrei andare da lui. –

La donna sembrò rifletterci un po’ su per prendere in considerazione l’idea.

- Quanto ti manca? –

- Non tanto. – fece lui mostrando le banconote – Sono sotto di centomila won. –

Lei aspettò di nuovo pensierosa e contò i soldi di persona.

- Non vale la pena aspettare fino a domani per così poco. – ragionò a voce alta – Tuttavia noi non regaliamo niente a nessuno. -

Poi il suo sguardo venne catturato da qualcosa e si bloccò.

- Quello sembra un modello costoso… - osservò.

Hwoarang si voltò e vide di cosa la donna stava parlando.

Il computer portatile di Julia. Il ragazzo deglutì.

Se avesse potuto sistemare così la faccenda, quella gente non lo avrebbe cercato mai più e in quel momento era la cosa più urgente da fare.

Il computer gliel’avrebbe ricomprato, avrebbe messo finalmente la testa a posto, sarebbe andato a fare un lavoro normale e avrebbe guadagnato i soldi necessari per rimborsarla.

Si voltò di nuovo a guardare la donna che si avvicinò a sfiorare il portatile.

- Credo che lo Zio si accontenterà di questo. – giudicò – Suvvia, non abbiamo mai ucciso nessuno per centomila won. Questo credo che basterà come punizione per non aver rispettato la cifra esatta. –

La donna ridacchiò.

- Entrate! – chiamò a voce alta i due fuori dalla porta.

Entrarono due uomini armati, completamente vestiti di nero e ornati di occhiali da sole.

La donna fece un cenno col capo verso il portatile, mentre con una smorfia di superiorità guardava il giovane ragazzo.

I due uomini presero il portatile e uscirono fuori dalla stanza, mentre la donna infilava le banconote nella sua borsetta di perline bordeaux.

Fece per uscire anche lei, quando si voltò un’ultima volta verso Hwoarang e gli riprese il mento fra le dita stringendolo così forte che lui percepì le unghiacce come lame taglienti.

Lei si avvicinò al suo viso.

- Che rimanga fra noi, ma non è una buona idea che un ragazzino di diciotto anni si schieri dalla parte sbagliata, capisci cosa intendo no? È un mondo sporco questo, e tanto pericoloso… e tu sei così carino, sarebbe un peccato doverti eliminare. – gli sussurrò in un orecchio.

Poi si sentì il rumore di una chiave che viene infilata in una toppa e la cosa successiva che Hwoarang vide fu il viso di Julia che lo guardava da lontano diventare paonazzo.

 

 

La fissava a braccia conserte da circa mezz’ora, mentre lei sfogliava distrattamente un manuale di storia politica fingendo di volersi concentrare.

L’uno seduto di fronte all’altra ai due lati del tavolo.

- Mi irriti. – disse lei ad un certo punto.

Un sorriso accattivante si insinuò sulle labbra dell’altro.

- Sapevo di esserti mancato. – sussurrò lentamente.

Lei sollevò gli occhi su di lui sfidandolo. Anche Julia mostrò per un attimo un sorriso cattivo.

- Davvero? E cosa te lo fa pensare? -

Hwoarang fece schioccare la lingua con un’espressione compiaciuta dipinta in volto.

- Stai cedendo… - osservò – Lentamente, molto lentamente… in cuor tuo sai di avermi già perdonato da tempo. –

La voce del tipo del notiziario alla tv, che avevano lasciato accesa, era l’unica cosa che si insinuava tra i due sguardi magnetici.

- La rabbia non è forte come la mia mancanza, non è così? -

Lei giocò ancora.

- Stai rischiando, Hwoarang. – ridacchiò minacciosa – Piuttosto, sembri tu a non riuscire a fare a meno di me. Io ti avevo espressamente detto che era finita per sempre, di non farti rivedere mai più. –

Lui divenne per un attimo serio e assottigliò di qualche millimetro le palpebre. Gesto quasi impercettibile certo, ma non per lei che lo conosceva bene… meglio di chiunque altro.

L’aveva colpito, ma nelle arti marziali, così come nella vita, lui conosceva la guardia.

- Sapevi benissimo anche tu che non sarebbe durato per sempre… certo stavolta era un po’ più grave rispetto alle altre litigate, ma… andiamo, anche tu hai bisogno di me. – finì sollevando un angolo della bocca in un’espressione maliziosa – Come io ho bisogno di te.

Julia spalancò gli occhi e la bocca non credendo alle sue orecchie, fingendo di essere addirittura divertita.

Hwoarang sembrò soddisfatto.

- Lo sai anche tu. – continuò – È inutile che neghi. -

La ragazza non ce la fece più.

- Hai idea di cosa significava quel lavoro che per colpa tua ho perduto per sempre?! – ululò alzandosi in piedi e battendo le mani sul volume aperto sul tavolo.

Non sembrava più minacciosa e forte come lo era sempre stata fino a quel momento, ora i suoi occhi luccicavano pericolosamente.

- Un anno di lavoro… di tempo perso?! – ribatté quasi urlando – Hwoarang tu non hai idea, non hai idea di cosa ha significato per me… perdere il computer e tutta la fatica che c’era dentro. -

Lui sembrò pentirsi, si alzò in piedi e si avvicinò a lei dispiaciuto, allungando un braccio verso il suo. Venne interrotto prontamente da Julia, che lo colpì violentemente deviandone il movimento.

- Ovvio che non puoi capire! – si rispose da sola Julia – Tu non sai cosa vuol dire lavorare, dare l’anima per qualcosa! -

- Lo capisco invece. – replicò Hwoarang  – E mi dispiace, ma io non potevo saperlo. E poi se ben ricordi non avevo granchè scelta… ho pensato che fosse la cosa migliore da fare in quel momento. –

Julia si era voltata verso il muro, per non dargli la soddisfazione di vederla combattere per tenere le lacrime dentro agli occhi ancora una volta per colpa sua. Non se lo meritava, assolutamente.

- Non dire altro! – lo intimò – Non dire un’altra parola se non vuoi ritrovarti un calcio in mezzo alle gambe. –

Se avesse continuato a parlare, lei probabilmente avrebbe pianto. E di certo non l’avrebbe perdonato molto facilmente, oh no…

Lui indietreggiò di qualche centimetro. Conosceva Julia, quando era arrabbiata era capace di tutto.

- D’accordo. – mugugnò.

Lei si voltò furibonda.

- Hai tradito la mia fiducia. – gli disse velenosamente – Non sarà mai più come prima, mettitelo bene in testa. –

Hwoarang sembrò esasperato.

- Lo capisci che potevo morire? – le domandò lui – Che tu potevi morire?? Ho avuto paura per te. Sarei stato disposto a cercare mio padre pur di salvarti! –

Riprese fiato prima di cominciare.

Julia conosceva perfettamente i rapporti fra Hwoarang e la sua famiglia. Poteva capire che quello per lui sarebbe stato un gesto estremo.

- Ti ho chiesto scusa, te lo ripeterei in tutte le lingue del mondo se lo sapessi fare… ma tu ancora non demordi. Cosa dovrei fare?! Sembra che continui a non capire che non avevo scelta. Sei veramente egoista fino a questo punto? –

Julia spalancò la bocca esterrefatta.

Il ragazzo aveva osato troppo ancora una volta. Se ne accorse e si pentì di aver parlato troppo.

Fu un attimo, un lampo e Hwoarang si ritrovò a barcollare indietro di qualche passo. Passarono alcuni secondi di tranquillità, quando poi cominciò ad avvertire il dolore lacerante alla guancia sinistra.

Adesso osava pure ribaltare la situazione. Passava lei per essere egoista?

Il ragazzo imprecò portandosi una mano sulla parte dolente.

Julia lo guardava soddisfatta ancora con la mano a pugno.

- Potevo rimetterci un dente, insomma! – le disse Hwoarang dopo aver accertato di non sanguinare dalla bocca.

Lei sorrise di gioia.

- Ho desiderato farlo ogni singolo giorno da un anno… -

- … da un anno e quattro mesi per essere precisi, eh? – indovinò Hwoarang ancora dolorante e contrariato.

- Esattamente. – disse Julia ricordando la loro strana abitudine di contare i giorni e i mesi dei periodi in cui non si parlavano – E mi sento molto meglio adesso. – confessò lei decisamente più calma.

Lui la guardò storto.

- Sei la solita squilibrata mentale. –

- È quello che ti meriti, stronzo. – ringhiò lei – Per… non avermi parlato dei tuoi problemi. – finì la frase con un tocco di rimpianto.

Lui spostò immediatamente lo sguardo su di lei.

- Hai permesso che lo scoprissi in quel modo orribile. – continuò con gli occhi che luccicavano di nuovo – Quando ho visto quella donna schifosa che ti toccava io non ho saputo proprio cosa pensare… ma poi ero arrabbiatissima soprattutto perché mi sono sentita completamente tradita ed esclusa dalla tua vita. –

Hwoarang si fece serio.

- Ti avevo appena ritrovato. – spiegò a bassa voce – Come potevo dirti che avevo un debito con un’organizzazione criminale? Cosa avresti pensato di me? Andiamo Julia, non potevo parlartene e basta! –

- Avresti dovuto farlo, invece. – ribattè lei – Ci conosciamo da quando eravamo bambini. Tu sai praticamente tutto di me, eri la persona della quale più mi fidavo. –

Hwoarang sollevò gli occhi al soffitto. La sua guancia cominciava a prendere un colorito violaceo.

- Mi sono sentita come se davanti a me ci fosse un completo estraneo del quale non sapevo più assolutamente niente. – terminò a mezza voce Julia.

Hwoarang si avvicinò e tese le dita di una mano per incontrare quelle di Julia.

- Ma possiamo lasciare tutto questo alle spalle, se solo lo vuoi. – sussurrò.

- Sei… - cominciò lei.

- Un bastardo, lo so. – concluse lui con un sorrisetto – Ma devo dire che tu mi tieni testa con grande maestria. –

Si passò una mano sulla guancia, che cominciava ora a gonfiarsi.

- Siamo cresciuti insieme a pane e a dispetti. – osservò Julia – Mi son dovuta istruire bene, non credi? –

Hwoarang sorrise, poi riprese il discorso tentando di persuaderla.

- Avanti… è passato tanto tempo. – riprese – Adoriamo troppo stuzzicarci per poterci ignorare così a lungo. –

Julia sghignazzò.

- Questo è tutto da vedere. -

Ma poi si mordicchiò le labbra rosee in segno di provocazione.

Erano vicini, e soli… per la prima volta.

Julia avvicinò una mano alla guancia livida del ragazzo e la sfiorò con due dita compiacendosi per la sua vendetta.

- Anche se forse per adesso hai avuto ciò che meritavi. Sai, in fondo mi sei mancato… –confessò a voce appena udibile – Mi è mancata la tua faccia da schiaffi. – Ci tenne poi a precisare prima che le sue parole assumessero un sapore troppo zuccherino. Ma per quanto si sforzasse, non sarebbe mai riuscita ad odiare quel ragazzo.

- Anche tu… - rispose Hwoarang più serio.

- Non riesci a sopportare che io sia come un’estranea per te vero? – lo provocò Julia con tono stimolante.

- No… - ammise lui con un mezzo sorriso, decise di stare al suo gioco, ma in fondo era sincero.

- Quindi non mi nasconderai più una cosa del genere? –

- No… - confermò.

- Anche perché potrei veramente decidere farti fuori. – fece Julia – Anche a costo di dover finire i giorni della mia vita in una cella bianca imbottita di materassi. –

Hwoarang ridacchiò.

- Credo che è un rischio che sono pronto a correre. -

Tra loro c’era qualcosa di speciale, che niente sarebbe riuscito ad infrangere.

Entrambi l’avevano sempre saputo.

- Julia? –

- Mmh? –

- Mi stai… perdonando? –

Cadde un silenzio assoluto.

Coraggioso da parte sua. Veramente coraggioso. Da quel momento in poi non sapeva come avrebbe reagito.

Restarono in silenzio a guardarsi intensamente, incerti su cosa sarebbe successo dopo.

E per chi come loro si conosce da una vita, basta un semplice sguardo per capire certe cose.

Dopo un attimo di esitazione, l’aria era diventata troppo magnetica, troppo intrisa di alchimia per trattenersi.

Era passato così tanto tempo…

Lui poggiò una mano sulla sua schiena e trasse la ragazza a sé, lei allora affondò le mani nei suoi capelli e andò subito ad incontrare le sue labbra.

Si cercavano con foga, come al solito amavano tralasciare i primi gesti intrisi di dolcezza e delicatezza, non ne avevano bisogno. Loro si arrendevano subito alla passione…

Una passione alla quale non avevano mai saputo rinunciare e che adesso sembrava così naturale e dovuta.

Era così che doveva andare, tutto questo aveva un sapore così perfetto.

Julia tirò indietro la testa, mentre Hwoarang le esplorava il collo con la bocca, punzecchiandola piacevolmente con la barba trascurata di pochi giorni.

Lui, che la teneva per i fianchi, la indirizzò verso la parete, con le spalle al muro.

Si fermò per un momento a prendere fiato e la guardò malizioso.

- Hai mandato apposta Xiaoyu in camera tua. –

Lei rise e si finse scandalizzata.

- Per rimanere da sola con te? – lui annuì, al che lei continuò - Hwoarang, non puoi rendermi colpevole dei tuoi pensieri impuri da maiale quale sei. –

Disse mentre esplorava col dito il bordo del colletto della felpa del ragazzo.

Lui stava per ribattere qualcosa, ma lei non gliene diede il tempo, gli riccatturò di nuovo le labbra fra le sue.

- D’accordo, siamo un po’ colpevoli entrambi. – ammise poi lei fermandosi a pochi millimetri dalla sua bocca.

- L’hai detto anche tu. – notò lui – Siamo cresciuti insieme, siamo più simili di quanto vogliamo ammettere. –

- Aspetta però… - sibilò ad un tratto Julia ricordandosi.

- Mmm? -

- Xiaoyu, è nella stanza affianco. – considerò parlando a bassa voce.

Hwoarang roteò gli occhi indifferente, poi continuò a baciarla.

- Faremo piano… e poi… – mormorò piano in un momento di pausa – Capirebbe… in fondo in fondo non è una bambina, anche se non lo diresti. –

- E Jin… potrebbe tornare e… –

Hwoarang sospirò impaziente.

- Se torna, ci metteremo anche questo problema. –

Detto questo, la riprese a sé e si allontanarono dal muro, posizionandosi davanti al tavolo, dove lui le riappoggiò le mani sui fianchi e la sollevò di qualche centimetro per farla appoggiare sul bordo, mentre lei chiudeva le gambe dietro di lui attirandolo a sé.

I loro corpi si chiamavano, non potevano più aspettare.

Nemmeno l’imbarazzo di una possibile irruzione di una terza persona nella stanza sembrava più un problema tanto grave.

Le mani di Julia vagavano per la sua schiena, passando poi per le sue spalle atletiche.

Le mani di Hwoarang si insinuarono sotto il maglione della ragazza accarezzando la pelle della sua schiena.

I battiti del cuore diventavano più veloci, i respiri più profondi, il desiderio più intenso.

 

 

- Non riesco a crederci. – Era almeno la millesima volta che lo ripeteva fra i singhiozzi del suo pianto disperato.

E ogni volta era un pugno nello stomaco per Hwoarang.

Erano seduti entrambi ai piedi del letto.

Lui non era mai stato così mortificato in vita sua e si augurava di mai doverlo essere di nuovo.

- Mi dispiace. – era l’unica cosa che riusciva a dire.

- Il mio lavoro! La mia relazione! – si disperò – Con quale faccia domani dirò che mi è stato tutto rubato?! –

Lui osservò le mani di lei chiudersi a pugno sul materasso. Forse aveva stretto così forte che aveva già strappato le lenzuola con le unghie.

- Come… come hai fatto ad entrare in debito con questa gente? – sbraitò lei ancora incapace di credere a ciò che aveva vissuto.

La sua faccia era una maschera spaventosa di rabbia, delusione e mascara sbavato.

Il ragazzo deglutì.

- Prendendo parte a dei combattimenti clandestini… in strada. –

Lei non riusciva a crederci. Non voleva crederci.

Lo guardò in faccia dimostrandogli lo sguardo più disgustato che potesse riuscire a fare.

- Sei diventato esattamente quello che Baek ha cercato con tanta pazienza di non farti mai diventare. – gli disse acida e sprezzante – Ti sentirai bene adesso che hai buttato i suoi insegnamenti nel cesso?! -

Era un argomento delicato quello. Non permetteva mai a nessuno di parlargli in quel modo.

Doveva ringraziare che si trovava in una situazione in cui aveva un torto tale da non permettergli nemmeno di aprire bocca.

Lo sapeva benissimo in cuor suo. Aveva tradito da tempo la fiducia di colui che era stato come un vero padre per lui. E ora aveva tradito la fiducia anche di Julia.

Non aveva più niente.

- Adesso vado. – disse soltanto prima di alzarsi e incamminarsi verso la porta, umiliato come mai si era sentito in vita sua.

- Hwoarang…-

Lo richiamò Julia. Lui non riuscì a voltarsi e a guardarla negli occhi.

- Ti odio. Non voglio rivederti mai più! Per me non esisti più! Questa volta è per sempre! –

Non rispose.

Uscì da quella porta, da quell’albergo sapendo di averla persa per sempre.

 

 

La mattina seguente mi svegliai più tardi di quanto avevo previsto.

Quando aprii gli occhi vidi che la sveglia elettronica sul comodino di Julia segnava le dieci e mezzo passate.

Mi misi a sedere stiracchiandomi, poi andai a prendere i vestiti puliti che Julia aveva lasciato per me sulla sedia della scrivania la sera prima.

Quando entrai in cucina, il mio cuore sussultò.

Non che mi aspettassi davvero di trovarlo lì, ma non potevo fare a meno di pensarci e di sperarci. E vedere che ancora non era lì, mi rattristò.

Hwoarang era seduto a tavola, sorseggiava una tazzina di caffè e sfogliava un quotidiano.

Indossava una felpa nera e aveva i capelli bagnati ritirati all’indietro, in quel modo gli arrivavano fino alle spalle.

Sollevò un attimo lo sguardo vedendomi entrare.

- Buongiorno. – mi salutò.

Risposi al saluto con poco entusiasmo e andai a sedermi a tavola anche io.

- Non è che vuoi del caffè? – propose cortesemente.

Scossi la testa per dire di no e in un primo momento non prestai molta attenzione alla domanda che mi aveva posto.

Me ne accorsi solo poco dopo.

Lo studiai con stupore.

- Come mai oggi sei… gentile? –

Lui continuava a guardare verso le notizie del giornale, facendo una faccia del tutto indifferente.

Aveva un’espressione decisamente… pacifica e rilassata.

- Così. – fece le spallucce voltando pagina.

- Non hai neppure negato… - osservai – E nemmeno “rimediato” una risposta acida. –

Lui mi guardò obliquo sollevando un sopracciglio.

- Sembri così stranamente di… buon umore. -

- Beh, se proprio ci tieni posso provvedere a cambiarlo per te… -

Ma il suo tono era troppo tranquillo, neanche lontanamente minaccioso.

- Hey, ma che ti è successo alla guancia?? –

Lui sollevò le spalle.

- Ho sbattuto nel rubinetto della doccia. -

Non me la raccontava giusta, sembrava una scusa buttata lì a caso. Rimasi a guardarlo con sguardo interrogativo mentre cercavo una possibile risposta al mio mistero, ma dopo abbandonai la questione.

- Dove è Julia? – chiesi.

- È andata a prendere un po’ di cose prima di partire. – spiegò – Speriamo di andare il prima possibile. –

- Capito. – annuii – E… lui… -

- Non è tornato. -

Abbassai lo sguardo delusa, come se fosse stata una sorpresa!

La porta d’ingresso si aprì e Julia entrò con diverse buste.

- Oh ciao Xiao! – mi salutò serena – Dormito bene? –

Anche lei sembrava di buon umore.

Sorrisi annuendo.

- Sì, era da un po’ che non dormivo così bene. – raccontai – Mi sono addormentata quasi subito e ho dormito come un ghiro. – ridacchiai.

Per un attimo mi parse di notare un fugace scambio di sguardi da parte di Julia e Hwoarang, cosa che non riuscii ad interpretare. Poi entrambi sorrisero con me.

- Anche se… - mi ricordai - … in effetti ad un certo punto ho sentito un rumore strano. –

I due si guardarono di nuovo, questa volta più ambiguamente.

- L’avete sentito anche voi? – provai ad indovinare.

- No, no… - rispose subito Hwoarang scrutando esitante il viso di Julia - … non… mi sembra. –

Julia spostò lo sguardo incerto da Hwoarang a me.

- No, no… ma… che tipo di rumore? –

- Non saprei… - spiegai – Davvero strano però. –

Hwoarang tornò a leggere il giornale, Julia alzò le spalle e si chinò sulle buste frugando qualcosa.

Impossibile non notare la loro tensione.

- Ragazzi mi state nascondendo qualcosa? – chiesi.

Loro si guardarono di nuovo, poi del tutto contrariati scossero la testa.

- Cosa te lo fa pensare? – mi domandò Julia.

- Non so… siete strani. – commentai – Non è che avete scoperto qualcosa su Jin e non volete dirmelo?! –

Non potevo tenermi dentro questo dubbio.

Si scambiarono un’ennesima occhiata, stavolta però a Hwoarang scappò una risatina che non capii.

- No, Xiao. – confessò Julia seria rimproverando Hwoarang con lo sguardo per la sua mancanza di tatto – Mi dispiace tanto, ma non è più tornato, né sappiamo dove può essere andato. –

- Ok… - decisi di fidarmi.

- Mi sembra ovvio a questo punto che non vuole più procedere con noi. – commentò Hwoarang.

- E se gli fosse successo qualcosa? – ipotizzai preoccupata.

- Improbabile. – decretò lui – Se n’è andato da solo, lo sai anche tu. Devi solo accettare il fatto. -

- Xiao, non è che andresti a prendermi l’agendina che ho sulla scrivania? – mi chiese gentilmente Julia, mentre guardava severamente Hwoarang con un’espressione contrariata.

Lui non sembrava capire cosa avesse detto di male.

Immaginai che volesse dirgli due parole senza la mia presenza, così l’accontentai.

Tornai in camera di Julia e presi l’agendina azzurra che c’era sul bordo della scrivania. Stavo per voltarmi, quando scorsi qualcosa con la coda dell’occhio.

Un foglietto, per terra, sotto la finestra.

Mi avvicinai a raccoglierlo e me lo girai fra le dita. C’era qualcosa scritto a mano. Mi venne un tuffo al cuore quando riconobbi la calligrafia.

Era di Jin.

Osservai la finestra.

L’avevo trovata aperta la notte prima. Una finestra del genere se non è ben chiusa non è difficile da aprire dall’esterno… che avesse scoperto che ero lì dentro e che fosse lui il motivo di quel rumore?

Magari mentre cercava di tirare su un po’ la finestra per lasciare cadere il messaggio all’interno della stanza.

Poteva essere un ragionamento sensato?

Lessi e rilessi il contenuto del messaggio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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