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Autore: war    27/11/2009    4 recensioni
Vi saranno le demenzialità e le infinite cavolate che la mia mente sotto pressione ha tirato fuori durante la stesura di Siwa. Alcune saranno storielle di più pagine, alcune poche righe, altre ancora solo scambi di battute... La raccolta ha poche pretese, magari solo quella di strappare un sorriso!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Dopo quella che poteva essere stata vissuta come la caduta dell'Olimpo, per le divinità rimaste era iniziato un periodo relativamente intenso, ma anche molto insolito.
Dopo l’estremo saluto alle divinità scomparse, Zeus aveva decretato che per via del suo Tradimento ad Ares restassero ancora sigillati i poteri, almeno finchè lui non stabiliva diversamente.
Eros e Afrodite che non erano intervenuti nello scontro, almeno in apparenza erano stati comunque castigati, perchè il loro non intervento, agli occhi di Zeus era parso comunque un non riconoscere appieno la sua autorità.
Eris, Demetra e Dionysus erano stati costretti a ricostruire ogni cosa avessero distrutto o compromesso con il loro operato. Zeus non voleva contemplare nessun fallimento: prezzo da pagare in tale caso sarebbero state le loro esistenze immortali.
Proserpina aveva ricevuto l'invito a trasferirsi sull'Olimpo, ma lei aveva preferito restare nell'Ade, dove si sentiva più vicina al suo scomparso marito e dove poteva piangere il suo lutto. Aveva inoltre sostenuto che quanto ciclo vitale predeterminato la morte non poteva scomparire dall'Umanità altrimenti il perfetto equilibrio cosmico sarebbe stato compromesso e Zeus si era visto costretto a darle ragione. Perciò la Dea aveva preso la reggenza degli inferi, pregando che in un altro dove e in un altro quando Hades avesse potuto fare ritorno.



Per quello che riguardava Apollo aveva deciso di prendere esempio dalla sorella e dal momento che si era ridestato in Abel avrebbe vissuto gli anni della vita mortale in quel corpo, studiando e riscoprendo come si faceva ad amare il mondo. Non che lo avesse mai realmente dimenticato, ma i suoi sentimenti erano molto divini e mal si relazionavano con quelli di un comune mortale. Ufficialmente viveva al santuario di Delo, ma non era raro vederlo passeggiare sul mercato rionale, trovarlo da qualche parte nella campagna a zappare il terreno o impegnato in qualche ateneo o altre volte a scrivere critiche d'arte...



Athena, incarnata in Saori Kido, aveva preso pieno possesso di quel corpo e della petulante e spocchiosa ragazzina era rimasto ben poco. Ora la dea della Giustizia, meritava a pieno titolo tale appellativo ed era sempre più spesso coinvolta in missioni di pace, ma non dimenticava mai, di andare a trovare un certo Seiya ogni volta che ne aveva la possibilità. Chissà quanto ci sarebbe voluto prima che lui capisse qualcosa...? Da quello che avevo saputo dal mio Marine di Dragon Sea la mia previsione (che si avvicinava all'eternità) era sbagliata. Lo sperai per mia nipote. Cosa che invece non mi fece per nulla piacere, poichè ridescriveva di nuovo i confini di noi divinità era stato apprendere che il mio Marine, quello che doveva mostrarsi assennato, competente, razionale ed esperto aveva... Aveva... Avrebbe avuto un figlio dalla Messaggera di Zeus. E dato che anche il giovanissimo Sorrento pareva essere in balia del richiamo ormonale era meglio prendere provvedimenti immediati!
Sfortunatamente tali provvedimenti causarono un po' di attriti alla mia pace domestica sul fondo dei mari. (Il requiem che Sorrento suona nello spin off nr. 3)



Ero di ritorno da una contrattazione con l'America, in cui grazie alla buona dialettica e alle doti persuasive che questo giovane corpo mi offrivano, avevo stipulato un contratto vantaggiosissimo per la mia flotta di trasporti. Paragonato ai tempi passati, era come se fossi riuscito ad aggiudicarmi la Via Delle Spezie.
Di nuovo avevo provato quell'impulso insensato e illogico.
Tenevo fra le mani un cellulare e sul display avevo già selezionato il numero di Hilda di Polaris. Perchè volessi condividere con lei i miei trionfi, le mie preoccupazioni o semplicemente perchè ogni tanto provassi il desiderio di sentirne la voce e la risata, morbida, avvolgente e sempre un po' amara non riuscivo a spiegarmelo. Io ero un Dio, lei un'umana. Anche se era una Celebrante, anche se aveva dei poteri speciali rispetto ad un semplice uomo restava una mortale...
Eppure, il coraggio che aveva dimostrato in battaglia...
La sua capacità di perdonare il male che avevo fatto a lei e alle sue genti...
Il suo animo semplice e dolce ma al tempo stesso forte... Come un delicato bucaneve che però ha in se la forza di perforare il terreno ghiacciato e fiorire... Così lei stava ridando ad Asgard la sua dignità e la sua bellezza.
Quando avevo visitato per la prima volta, non in veste di invasore, quelle terre mi ero sentito gelare. Solo freddo, ghiaccio e vento che sollevava una cortina di neve ghiacciata e te la sbatteva in faccia, quasi a schiaffeggiare l'insolenza di essere lì.
Eppure, il sorriso della Celebrante mi aveva fatto sentire... Caldo. La sua terra era stata invasa di nuovo, il suo popolo soffriva per le condizioni estreme del luogo, il suo Dio non era mai stato parco di lodi o di aiuti e lei doveva lottare anche contro il senso di colpa che la tormentava da quando era stata posseduta dalla volontà dell'Anello dei Nibelunghi. Sapevo, perchè me lo aveva confidato, che si sentiva come se fosse stata lei stessa ad uccidere Sigfried, con le sue stesse mani. Era stata lei a causare la caduta di tutti i valorosi guerrieri di Asgard... Non so quante lacrime avesse versato in solitudine, a me non era stato dato il privilegio di asciugarle... ma se mi fossi impegnato, forse avrei potuto impedirle di versarne di nuove. Questa era una cosa che Nekay aveva provato a spiegarmi, ma che solo quando vedevo lo sguardo affranto di Hilda, comprendevo.



Composi quel numero.



- Pronto? - la voce della ragazza mi arrivò stanca e distorta da scariche elettriche.
- Hilda? - chiesi
- Solo? - rispose lei sorpresa.
- Perchè non mi chiami Julian? - chiesi. Non mi piaceva quando lei prendeva queste distanze.
- Si, certo. Scusa... E' che stavo dormendo... - si giustificò.
- Come dormendo? - poi pensai al fuso orario e mi diedi del cretino integrale.
- Che ore sono lì ad Asgard? - chiesi sentendomi gelare.
- Circa le tre del mattino... - mi rispose lei.
Cretino. Solo, cretino.
- Scusa! Non ho badato all'orologio. Ho appena concluso un grosso affare e... -
- Capisco. Vuoi coinvolgere Asgard in questo nuovo progetto? -
Molto più che cretino. L'avevo messo sul piano della trattativa di affari. Cosa c'era di così difficile nel dire: Hilda, verresti a bere una cioccolata calda con me? Dopotutto avevo il corpo di un ventenne e non quello di un vecchio decrepito! Era colpa di quei sentimenti così umani che mi travolgevano: da quando avevo deciso di avvicinarmi alla razza umana! Era così esasperante, così irritante e seccante... Ma anche così entusiasmante lasciarsi coinvolgere... Le vite degli dei scorrono apatiche, con pochi avvenimenti che fanno ardere il sangue di passione... Mentre le vite degli umani... Sono scariche di pura adrenalina ad ogni respiro...
Non potevo permettimi di stare troppo a lungo in silenzio.
- Si, anche. Ma soprattutto... Voglio vedere te. - lo dissi. E mi sentii eroico. come se avessi trionfato sul campo di battaglia.
Silenzio.
Dall'altra parte del telefono solo silenzio.
- Hilda, ci sei ancora? - mi sentii in dovere di chiedere.
- Si, certo. Mi stai chiedendo un appuntamento? - chiese lei con un tono che non seppi riconoscere.
- Esattamente. Verrò a prenderti stasera, alle otto in punto e ceneremo nella mia Reggia Sottomarina. Non accetto un no come risposta. - dichiarai.
- Se rifiuto... Le terre di Asgard rischiano di finire come Atlantide? - domandò lei quasi preoccupata.
- No, certo che no... Però mi vedrò costretto ad effettuare un sequestro di persona. - dissi perfettamente conscio del fatto che il passato poteva essere accantonato ma non cancellato e che una diffidenza di fondo non sarebbe stata facile da eliminare dai pensieri e dallo sguardo della Regina del Nord.
- Allora non mi resta che accettare... Posso azzardare una richiesta? - disse lei.
- Prego. - concessi.
Stavamo un po' scherzando e un po’ facendo i seri.
- Nessun anello in dono. Mai più. - sentenziò lei.
Scoppiai a ridere fragorosamente.
- Sarò da te alle otto in punto. E nessun anello. Mai. Buonanotte. - posi fine alla telefonata.



NDWar: Ringrazio tutti i recensori e i lettori e ribadisco che questi spinn-off hanno la sola pretesa di strappare un sorriso!

  
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