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Autore: Deliquium    28/11/2009    2 recensioni
Immaginate che il Fato decida, casualmente, di mescolare le carte in un modo diverso e immaginate quindi che sul tavolo da gioco, vengano messe giù altre carte. Alcune sono uguali a quelle che conosciamo, altre invece non sono mai state giocate prima d'ora. E immaginate, pertanto, che la storia così come la conosciamo, venga rinarrata nuovamente. E’ simile, ma allo stesso tempo diversa…
Le situazioni sono destinate a compiersi, ma non allo stesso modo…
Il filo del destino viene lentamente dipanato lungo l’asse del tempo verso, forse, un nuovo epilogo.
La storia è incompiuta. La nuova versione è in corso di pubblicazione con il titolo "Sincretismo"
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gemini Saga, Pegasus Seiya, Saori Kido, Scorpion Milo
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Sia fatta giustizia e perisca pure il mondo

[ V ]


13. I bambini dovrebbero eliminarli dalla faccia della terra.

Se c'era una cosa che lo infastidiva, erano i mocciosi che lo fissavano. Se ne stavano lì, con le loro bocche grandi come forni, manco fosse stato un marziano.
Ringhiò, costringendoli alla fuga.
«Vuoi smetterla di terrorizzare i bambini?!» gli disse acido Alëša, lanciandogli un'occhiataccia.
«Perché non dici a loro di smetterla di fissarmi?» ribatté, alzando le spalle.
Alëša lo ignorò. L'espressione del suo volto si era fatta magicamente amabile e un ampio sorriso gli era comparso sul volto, mentre tendeva la mano a quello che doveva essere il Sindaco di Kardamili. O almeno, così presumeva Isaac.
Sbuffò, guardandosi attorno. I bambini che era riuscito ad allontanare con il suo fantastico savoir faire erano tornati alla carica e lo fissavano peggio di prima, parlottando tra di loro, ridendo in modo alquanto fastidioso e additandolo palesemente.
Il sindaco chinò la testa.
«Non so come ringraziarvi per essere venuti così presto.»
«Non si preoccupi. Il nostro signore non dimentica coloro che gli sono fedeli.» disse Alëša, abbracciando con uno sguardo l'intera piazza e le persone che erano lì assiepate.
Isaac si sentì tirare improvvisamente i pantaloni. Abbassò lo sguardo e vide una bambina che lo guardava incuriosita.
«E tu cosa vuoi?» le domandò seccato.
«E' vero che tu sei un pirata?» chiese lei di rimando.
«Cosa sarei io?»
La mocciosa si voltò verso un gruppetto di bambini che fissavano incuriositi la scena.
«Andrikos ha detto che tu hai una benda nera perché non hai un occhio quindi devi essere per forza un pirata perché tutti i pirati hanno quella benda nera...» spiegò tutto in un fiato. Poi, come se stesse riflettendo tra sé, aggiunse: «Però… le mani ce le hai tutte e due…»
Isaac si guardò le mani, poi alzò di scatto la testa, alla ricerca del bambino che aveva pensato bene di dire quella stronzata. Ma non vide più nessuno.
Abbassò lo sguardo nuovamente sulla bambina. La mocciosa aveva del fegato. Quasi quasi l'avrebbe data in pasto ai pescecani, tanto la trovava "adorabile".
Alëša continuava a guardarlo con occhi bellicosi.
«I bambini dovrebbero eliminarli dalla faccia della terra.» gli disse, allontanandosi da quella peste.
Un pirata? Lui? Come accidente gli era venuto in mente a quei mocciosi? Prima di una certa età, mica sapevano cosa fosse il tatto... Serpi.
«Hai intenzione di continuare ancora per molto...» gli domandò sottovoce Alëša.
«Oh, scusa tanto se sono una persona sensibile.»
Alëša lo ignorò.
«Mi stavate dicendo che da un paio di settimane un mostro marino assale le vostre barche...»
«Sì, signore. Molti di noi l'hanno visto. Potete chiedere alle persone che sono qui presenti.» disse il Sindaco, indicando la gente.
Sembrava avere molta premura di dimostrare che quanto diceva corrispondeva a verità.  E come dargli torto, del resto. Parlare di un mostro marino, nel XX secolo, era piuttosto rischioso, visto che gli ospedali psichiatrici non chiudevano mai la porta in faccia a nessuno che fosse sano di mente, ma sembrasse folle. In realtà, le chiudevano in faccia ai pazzi che sembravano normali... ma Isaac preferì non addentrarsi in ragionamenti simili.
Stava facendo notare all'uomo che quell'idea del mostro non stava né in cielo, né in terra che Alëša lo precedette.
«Uhm. Un mostro, dite. E l'avete visto.»
«Non crederai a questa storia del mostro?»
Alëša lo guardò quasi con compassione.
«Devo forse ricordarti il modo in cui sei giunto da noi?»
«Cosa c'entra? Quello era un vortice...»
Ma non è che fosse tanto sicuro di quello che stava dicendo.
«Già, un vortice.» gli fece eco l'amico. Poi, rivolgendosi nuovamente al Sindaco, disse: «State tranquillo, ci occuperemo noi di tutto.»
Gli occhietti dell'uomo s'accesero speranzosi.
«Grazie. Grazie, signori. La barca è già pronta. Conoscete le grotte di Pirgos Dirou?»
«Sì, le conosciamo.»
«Ecco. E' lì che vive il mostro. L'ho visto con i miei stessi occhi, che scompariva là dentro.»
Isaac sbuffò.
Il loro dio era ancora dormiente, ma Sorrento aveva già individuato il corpo umano destinato ad accoglierlo e Baian se ne stava bellamente a godere del lusso e della ricchezza dei Solo, con la scusa che era dovere di ogni buon Marines occuparsi del suo dio. Anche se dormiente.
E quando Isaac aveva fatto presente che nessuno aveva deciso che doveva essere proprio lui a stare accanto a sua Eccellenza, Baian aveva ribattuto: «Non vorresti mica andarci tu?! Lo terrorizzeresti.»
Isaac non l'aveva appeso alla Colonna del Pacifico Settentrionale per un soffio, ma se n'era andato maledicendo il Kraken, la Siberia, Camus e quella mammoletta di Hyoga.

14. Spezzata!

Era così buio. Ed era così freddo in quella grotta. Nuotava nell'acqua, con rabbiosi colpi di coda. Guardava il suo corpo. Quel corpo immenso, viscido, spaventoso e gridava. Ma dalla sua bocca non ne veniva fuori nulla, se non versi disumani. Sibili assordanti che facevano vibrare le enormi stalattiti.
Non voleva più uscire da lì. Non voleva più che qualcuno la vedesse.
Emerse dall'acqua. I suoi occhi color dell'oro e tagliati al centro dall'iride sottile, scrutavano l'antro, rabbiosi e spaventati. Tese i sensi, immobile, con la testa rivolta all'apertura.
Il mare ondeggiava calmo. Il cielo era sgombro di nuvole. Azzurro su azzurro. Un qualcosa che poteva distruggerle gli occhi, perché era troppo bello per lei.
Poi, la vide. Era una barca. Una di quelle che andavano a motore. Assottigliò gli occhi e la lingua biforcuta saettò nell'aria.
Qualcuno si stava avvicinando.
Si rituffò nelle acque, scomparendo alla vista. Nascosta nelle profondità marine, attese che i suoi incauti visitatori entrassero nella Grotta.
«Sei sicuro che sia questa, Alëša?» sentì dire sopra di sé.
I suoi sensi erano così affinati che avrebbe potuto udire il rumore di una piuma che cadeva nel fango.
«Quante grotte hai visto da queste parti?» rispose una seconda voce.
Qualcosa dentro di lei esplose. Una volontà che non era la sua volontà la lacerava dall'interno, dominandola, prostrandola, prendendo pieno possesso del suo corpo e della sua anima. Non avrebbe voluto nuotare fino alla superficie e non avrebbe voluto emergere dalle acque con quelle spaventose fauci spalancate.
Vide la barca rovesciarsi e i suoi occupanti cadere in mare. Li sentì gridare, chiamarsi l'un l'altro e poi quella luce, accecante che le ferì gli occhi.
«Allora, quel vecchio non diceva cazzate! E' un mostro. Stai attento Alëša»
«Non sono un mostro.» gridò lei, ma da quella sua bocca bestiale ne uscirono solo sibili incomprensibili.
Sentì un dolore terribile e un freddo così intenso che le sue membra non avevano mai sperimentato.
Tentò di avventarsi contro il ragazzo che l'aveva attaccata. Avrebbe voluto spiegarsi, dire che lei non voleva farlo. Ma non ci riusciva. Quella volontà che la logorava le ordinava di essere spietata, di uccidere, di mangiare.
Il ragazzo la evitò. Era veloce. Il suo occhio azzurro la fissava rabbioso.
Atterrò in precario equilibrio su una sporgenza rocciosa.
Lei sentì quella fitta atroce, là dove forse aveva ancora il cuore e sentì il proprio corpo scattare in avanti, le proprie fauci aprirsi.
Lo vide risplendere d’oro e sentì di nuovo quell’ondata gelida, più fredda del ghiaccio, investirla. Sentì miriadi di lame entrarle negli occhi e il dolore fu ancora più atroce di poco prima.
Non fece in tempo neppure a immergersi nuovamente, che l’altro l’attaccò sul fianco. Era solo un ragazzo, eppure ebbe come la sensazione che delle fauci la dilaniassero.
Non aveva più forze e non sapeva più come opporsi. Avrebbe voluto fuggire, ma il suo cuore bruciava così tanto e la sua mente si era come spaccata in due.
Sapeva che l’avrebbero uccisa, era solo questione di poco. Poi sentì che tutto il suo corpo andò come in pezzi e non ci fu più nulla.

15. Ti affido il suo corpo offeso

Alëša guardò in basso, là dove l’enorme serpente s’era accasciato. Parte del suo corpo era sommersa dall’acqua, mentre la sua testa giaceva sulla roccia.
Isaac si era avvicinato al mostro e si era inginocchiato al suo fianco.
«E’ morto?» domandò.
«Certo che è morto.» gli rispose Isaac alzandosi in piedi e avviandosi verso di lui.
Ma, d’improvviso, lo vide arrestarsi e tornare indietro di corsa. Si era inginocchiato nuovamente accanto al mostro.
«Alëša, vieni qui subito!»
C’era urgenza e terrore nella sua voce. Corse verso di loro, mentre l’acqua tinta di rosso cominciava a ribollire.
Espanse il cosmo. Forse quell’essere era ancora vivo.
L’acqua era come impazzita e sembrava volesse riempire l’intera grotta. Alëša non riusciva quasi più a vedere nulla.
Poi, d’incanto, com’era iniziato, tutto si calmò.
Isaac era ancora nello stesso punto. Se ne stava in piedi con le braccia lungo i fianchi, immobile, e il capo chino. Guardava verso il basso.
Gli si avvicinò, ma si fermò di scatto non appena vide ciò che l’altro stava guardando.
«Ma… è una donna.»
Isaac, superato lo stupore iniziale, s’era già precipitato a tirarla fuori dall’acqua.
«E’ morta, Alëša.» gli disse passandole un braccio sotto la testa e sollevandogliela.
«Santi dei, abbiamo ucciso una donna.» disse Alëša, passandosi la mano sulla fronte.
Era sconvolto. Aveva lì, davanti a sé, quella donna. Gli abiti strappati, il corpo pieno di ferite là dove loro l’avevano colpita con così tanta violenza, credendola un mostro marino.
«Com’è possibile? Come cazzo è stato possibile?»
Isaac era sconvolto e anche lui lo era. Cercava di capire, di comprendere… ma …
«Che cos’ha lì?» domandò improvvisamente, attirato da qualcosa sul petto della ragazza.
«Dove?»
Alëša s’avvicinò rapidamente. Non si era sbagliato. C’era come un reticolato violaceo sul suo torace, che dalla base del collo scendeva verso i seni. Afferrò la stoffa dell’abito e diede uno strattone, lacerandolo.
«Ma sei impazzito? Cosa stai facendo?» gli urlò contro Isaac.
Ma lui non gli badò, lo sguardo fisso sulla donna. La pelle bianca, mortale e quel macchia violaceo che s’irradiava dal centro del petto.
Isaac si sporse in avanti.
Conficcata nel seno sinistro c’era una piccola sfera che pareva un rubino incredibilmente liscio e lucido. Ed era proprio da lì che quell’orribile reticolato si espandeva a deturparle la pelle.
Allungò una mano, ma non appena la sfiorò, quella si sciolse in un liquido denso.
«Che cosa pensi possa significare?» gli domandò Isaac.
«Non lo so. Qualcuno deve aver trasformato questa ragazza in un mostro marino, per terrorizzare la gente di Mani.»
«Chi potrebbe essere stato?»
«Sicuramente una divinità. Nessun essere umano è in grado di fare qualcosa del genere.»
Isaac sembrò riflettere qualche attimo.
«Credi che dobbiamo prenderla come una sfida a sua Eccellenza?»
«La Penisola di Mani è da sempre devota al nostro Signore…» rifletté il marines di Sea Dragon «Torniamo ad Atlantide a fare rapporto agli altri. Ho paura che stia accadendo qualcosa.»
Isaac annuì e sollevando la ragazza si spostò rapidamente fino a raggiungere la barca. Lui gli fu subito dietro.
Il mare era così incredibilmente calmo in quel momento, che Alëša aveva come la sensazione che stessero scivolando su una lastra di vetro.
Abbassò lo sguardo sul volto della ragazza. La sua espressione era così sofferente anche nella morte che si ritrovò a pensare a quanto avesse sofferto e a quanto loro erano stati ciechi e presi dalla lotta.
La prese tra le braccia, con tenerezza e la sollevò oltre il bordo dell’imbarcazione.
«Cosa stai facendo?» gli domandò Isaac alle sue spalle.
«Questa ragazza è morta, Isaac.»
«Lo so benissimo che è morta. Dobbiamo portarla a Kardamili. Magari la stanno cercando…»
«A che scopo? Ci farebbero troppe domande. E noi non possiamo dare loro nessuna spiegazione. Siamo colpevoli verso questa ragazza, e porteremo con noi la nostra colpa fino alla morte.»
La sollevò sopra il capo. Era incredibilmente leggera che aveva quasi l’impressione di reggere una bambola di carta.
«Poseidone, mio dio. Ti affido il suo corpo offeso. Possa la sua anima riposare in pace.»
Stette per un po’ ad osservare il corpo della ragazza che lentamente precipitava verso il fondo del mare, poi in silenzio si sedette sulla prua e non parlò più, fino a quando non giunsero a Kardamili.


Credo che adesso sia abbastanza chiara qual è l’idea iniziale che ha dato vita nella mia mente a questa fanfiction. Manca Kanon. Sparito. Eliminato. Mai esistito. Ho pensato che un "What if?" consistente nella sua eliminazione fosse un modo interessante per avere una trama diversa.
Ciò però mi metteva di fronte a un'incognita. Se Kanon non esiste, che fine fa Sea Dragon? Partendo dal presupposto che Kanon, in realtà, non è il vero Sea Dragon, perché, a quanto pare, lui quell'armatura l'ha indossata per incidente di percorso, senza di lui il vero Sea Dragon può tranquillamente avere il ruolo che gli spetta.
Io l’ho chiamato Alëša, in omaggio a sua somma magnificenza Fëdor Dostoevskij e a una delle opere più belle che abbia mai letto.
Gufo_Tave: Hyoga è un personaggio che mi piace molto. Kurumada gli ha dato una personalità molto molto interessante… Stare IC e mantenere un forte collegamento con il manga originale è uno dei miei fini, anche se, come si può vedere da capitoli come questi, non mancheranno situazioni completamente originali. :D
Sakura2480: ti ringrazio per il commento e mi fa piacere che i primi quattro capitoli ti siano piaciuti. Oltre a mischiare le carte, le ho anche truccate ;)… quindi, non ho idea di ciò che potrebbe saltare fuori. Anche se un paio di punti fondamentali ce li ho in mente.
Spartaco: oh, ben ritrovato. :D
 

   
 
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