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Autore: _ayachan_    02/12/2009    18 recensioni
A cinque anni dalle vicende de "Il Peggior Ninja del Villaggio della Foglia", che ne è stato delle promesse, dei desideri e delle recriminazioni dei giovani protagonisti?
Non si sono spenti con l'aumentare dell'età. Sono rimasti sotto la cenere, al caldo, a riposare fino al giorno più opportuno. E quando la minaccia è che la guida scompaia, quando tutt'a un tratto le scelte sono solo loro, quando le indicazioni spariscono e resta soltanto il bivio, è allora che viene fuori il carattere di ognuno.
Qualunque esso sia.
Versione riveduta e corretta. Gennaio 2016
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eroe della profezia'
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Penne 32
27/04/2016

Capitolo trentaduesimo

La Volpe e l'Eremita
(prima parte)




«Yoshi si rifiuta di parlare, non sappiamo più cosa inventarci.»
Konohamaru era seduto di traverso su una sedia nello studio dell'Hokage, i gomiti appoggiati allo schienale e due vistose occhiaie sopra gli zigomi. Aveva l'aria di uno che non dormiva da giorni, e in effetti era più o meno così.
«Iida invece continua a sostenere di non aver mai avuto a che fare con il ragazzo» disse Sai, che occupava compostamente la sedia accanto, fresco e riposato. «Ha cantato come un uccellino per quanto riguarda la Radice, ma quando gli abbiamo mostrato una foto di Yoshi non ha avuto reazioni. Credo stia perdendo qualche rotella, tra l'altro: continua a parlare dell'attacco di Kyuubi di quarant'anni fa.»
«Quindi non riusciamo a trovare collegamenti tra i due?» gemette Naruto, disegnando una spirale su un importante documento segreto.
«No» sospirò Konohamaru. «Sto quasi pensando di far rimettere al lavoro Morino...»
«Per carità! Sai quanto ci vuole a compilare i fogli per la morte dei prigionieri?»
«Ti ho portato il rapporto sulla Radice» Sai posò sulla scrivania un raccoglitore che a occhio e croce pesava dieci chili, zeppo di fogli, fotografie e appunti. «Nella prima pagina c'è un riassunto.»
Naruto impallidì. «E meno male... Ti ricordo che in questo momento lavoro da solo.»
«Sono le prove generali per quando sarai ufficialmente il Settimo Hokage» ridacchio Konohamaru, tirandosi su e stirando i muscoli indolenziti, pronto a congedarsi.
«In questo momento una decina di assistenti mi farebbero molto comodo. Voi due non...?»
«Io devo tornare agli interrogatori di Saibatsu e degli altri nobili» disse Sai al volo.
«Io sto per addormentarmi qui» disse Konohamaru.
«E poi adesso sei ufficialmente il grande stratega che ha sgominato la nuova Radice grazie all'infiltrato Kakashi... Puoi fare questo e altro» sorrise Sai, ripetendogli quello che tutti gli ripetevano da quando avevano catturato Iida.
«Va bene, va bene... Smettetela di farmi perdere tempo» Naruto li scacciò con un cenno infastidito. «Mentre uscite dite a Koichi di trovarmi almeno Jiraya!»


Era trascorso qualche giorno dal ritorno di Kakashi a Konoha; maggio si stava avviando a diventare giugno, l'aria era profumata di miele e il villaggio intero tratteneva il respiro, in attesa.
Nello scontro avvenuto ai confini del Paese erano rimasti feriti in maniera grave soltanto Chiharu e Kakashi, il che poteva già considerarsi un piccolo miracolo; gli uomini della Radice si erano arresi non appena erano stati circondati dagli Anbu, e questo aveva evitato di accrescere il numero dei feriti.
Grazie a quella missione e alla retata di Sasuke ora alla Foglia si ritrovavano con le prigioni piene, il che si traduceva in un mucchio di lavoro in più per shinobi, forze dell'ordine e personale amministrativo, ma soprattutto per Naruto: a causa del ricovero di tutti i membri del gruppo sette, infatti, l'intero staff degli assistenti dell'Hokage si era reso irreperibile.
Kotaro era quello che se la passava meglio: lo avevano esaminato da cima a fondo per verificare che l'apertura forzata delle porte del chakra non lo avesse reso precocemente anziano, avevano decretato che poteva cavarsela e poi lo avevano incatenato a un letto perché finalmente permettesse ai normali processi di guarigione di agire. Tenten gli aveva fatto una predica leggendaria, che probabilmente aveva fatto più danni di qualunque nemico, e poi gli aveva formalmente proibito di riprendere gli allenamenti fino alla completa guarigione – punizione orribile per qualunque Lee.
Almeno lui era cosciente. Chiharu e Hitoshi, invece non lo erano.
A dire il vero Chiharu aveva ripreso conoscenza per un momento, mentre un medico le faceva i prelievi per gli esami: aveva cercato di attaccarlo, era stata rimessa giù a forza, e quando aveva capito di trovarsi in ospedale aveva detto che se qualcuno di loro avesse avvisato i suoi genitori lo avrebbe ammazzato. Considerati i parametri completamente sballati non l'avevano presa sul serio, finché non aveva aggiunto 'o trascinato in tribunale'. I medici sono molto sensibili alle questioni legali... Per evitare ulteriori aggressioni l'avevano sedata mentre completavano le analisi, e avevano disposto il massimo riserbo sulle sue condizioni in attesa di ordini dall'alto.
Hitoshi invece non aveva riaperto gli occhi da quando era precipitato da un albero con la faccia sporca di sangue. Sasuke lo aveva fatto trasportare in ospedale d'urgenza, ma Sakura in quel momento era impegnata con Kakashi e lo avevano affidato alle cure di un altro medico. Quando lei era riuscita a liberarsi e vederlo, non aveva potuto fare molto più di quello che aveva fatto il collega, confermando il coma. Le cause erano ignote.
Da allora non si era mai staccata dal suo capezzale; aveva letto e riletto le analisi almeno ottocento volte, lo aveva visitato, esaminato, vegliato; Sasuke le dava il cambio quando usciva dal dipartimento, così da permetterle di tornare a casa dagli altri figli, ma si incrociavano solo per pochi minuti ogni giorno e si parlavano appena.
Sasuke si sentiva responsabile per quello che era successo: non avrebbe dovuto permettere a Hitoshi di partecipare a una missione così impegnativa finché aveva quelle emicranie; era stato imprudente, aveva messo l'orgoglio degli Uchiha davanti alla salute di suo figlio. Il senso di colpa lo rendeva schivo e taciturno, il che non migliorava i suoi rapporti con Sakura.
A tutto questo, che già dava non pochi pensieri a Naruto, si aggiungeva la vera ragione per cui il villaggio tratteneva il respiro: anche Kakashi era ricoverato.
Il veleno iniettato dall'Aburame della Radice era un signor veleno, e nonostante avessero recuperato l'antidoto in tempo Kakashi non si era svegliato, né aveva reagito a uno qualunque dei farmaci che gli avevano dato. I medici non sapevano prevedere cosa sarebbe successo né darne una spiegazione.
Jin, da solo, passava quasi tutto il giorno a vegliarlo.

La luce del pomeriggio veniva schermata dalle tende spesse, disegnando un quadrato netto ai piedi del letto. La camera, singola, era quella riservata alle celebrità, quindi includeva una poltrona, uno specchio e un attaccapanni inaspettatamente grazioso.
Jin teneva una gamba sul bracciolo della poltrona, facendola ondeggiare di tanto in tanto, e un libro sui veleni tra le mani.
Sorvegliando il sonno di suo padre aveva visto passare alti dignitari del Paese del Fuoco, shinobi, Anbu, gente di tutti i tipi che entrava, confabulava e infine si congedava con tante condoglianze. Aveva capito che la maggior parte dei visitatori dava suo padre per spacciato, e che la loro preoccupazione principale era chi lo avrebbe sostituito, ma aveva avuto la saggezza di non dire niente di ciò che pensava né di soffermarcisi troppo a lungo.
Gli piacevano molto di più le visite di Natsumi, anche se erano per forza brevi: come tutti gli shinobi disponibili era stata messa al lavoro negli interrogatori sulla Radice, ma quando poteva venire a trovare Jin portava vestiti, snack e informazioni.
Proprio in quel momento Natsumi bussò ed entrò con un cambio di biancheria che aveva preso da casa Hatake, di cui in quei giorni aveva le chiavi.
«Ciao. Hai già finito l'altra lettura?» disse con un'occhiata al volume tra le mani di Jin, sistemando la borsa con i vestiti in un angolo. L'altra lettura a cui si riferiva era il fascicolo di Haruka, che Jin era riuscito a far sparire prima che qualcuno si chiedesse che fine aveva fatto.
«Sì. L'ho rimessa nell'Archivio, non dovrebbero accorgersene per un po'... Nel caso volessi dare un'occhiata.»
Natsumi sorrise un po' tristemente. Aveva un'idea di almeno metà del contenuto di quel fascicolo, ed era certa che non fosse la lettura ideale per un figlio che non conosceva sua madre. Ma Jin non era un ragazzino comune: lo scrutò a fondo, senza riuscire a intuire cosa ne pensasse. Allora spostò lo sguardo su Kakashi e il sorriso scemò.
I capelli grigi del Jonin erano sparsi sul cuscino con il solito disordine. Non indossava la maschera, ma le coperte erano state tirate fin sopra il naso. Aveva lo stesso colore delle lenzuola.
«Nessuna novità?» chiese Natsumi.
«Non si è mosso. Sai qualcosa di mamma?»
Le labbra di Natsumi si serrarono leggermente.
Haruka era stata arrestata dagli Anbu non appena Naruto era sparito con Kakashi, Chiharu e Baka. Anche se la Radice aveva manifestamente provato ad ucciderla, dopo tutti quegli anni al servizio di Iida non potevano semplicemente farla rientrare a Konoha con una stretta di mano: sarebbe stata interrogata, messa alla prova e giudicata.
Purtroppo in quel momento gli organi di giudizio avevano talmente tanto da fare che il procedimento sarebbe inevitabilmente andato per le lunghe.
«E' tutto fermo» disse Natsumi, sistemando un angolo delle coperte del letto. «Stiamo lavorando come degli schiavi, credimi. Non potremmo andare più in fretta.»
«Lo so» rispose Jin.
Natsumi evitò di incrociare il suo sguardo, mentre ripensava al suo incontro con Haruka...

Anche lei era stata messa in allerta come gli altri non appena era iniziata la missione di salvataggio di Kakashi. L'avevano assegnata agli shinobi che coordinavano le operazioni di rientro. Come tutti, sapeva che Kakashi non tornava da solo.
Quando diedero la notizia della comparsa degli Anbu a dorso di rospo Natsumi fece in modo di essere tra i primi ad accoglierli. Appostata appena dietro al cancello vide passare decine di uomini, alcuni mascherati e altri no. Cercò tra i passanti la chioma rossa di sua sorella, ma senza successo. All'inizio pensò che fosse colpa delle luci artificiali e delle ombre della notte, poi vide del trambusto tra le prime file. Le raggiunse nel momento in cui consegnavano Haruka ai capitani Anbu, e Jin cercava di opporsi.
«Fermalo o lo arrestiamo!» sbottò Konohamaru vedendola comparire. Jin stava iniziando ad alzare le mani.
Natsumi afferrò il ragazzino per le spalle e lo tirò indietro, bloccandogli le braccia. «Stai tranquillo. Ci penso io.»
Allora, dietro Konohamaru, incrociò gli occhi di sua sorella, sotto una massa di capelli castani che la rendevano quasi irriconoscibile. Era invecchiata dal loro ultimo incontro, ma gli occhi erano sempre i suoi, ed erano anche quelli di Jin.
«Non devono arrestarla!» ringhiò Jin cercando di divincolarsi. «E' grazie a lei che hanno saputo della Radice!»
«Lo so, calmati. Stai fermo. Lascia fare a me.»
Jin smise di agitarsi, ma rimase teso; Natsumi capì che nulla lo avrebbe allontanato da Haruka adesso che era tornata. Si chiese dove fosse Kakashi.
«Spediscilo da suo padre» suggerì Konohamaru, provvidenziale. «E' in ospedale.»
«Cosa gli è successo?»
«Veleno.»
Natsumi sentì un brivido correre lungo la schiena. Era combattuta tra il desiderio di sapere come stava Kakashi e quello di parlare con la sorella che non vedeva da quasi vent'anni, ma prima di tutto doveva occuparsi di Jin.
«Ti accompagno in ospedale» disse al ragazzino, che fece per protestare. «Prima ti togli dai piedi e prima posso fare qualcosa» gli sussurrò in un orecchio. «Li stai irritando.»
Jin mollò la presa, fissandola torvo. Per fortuna aveva grandi dosi di buonsenso e capì che il consiglio di Natsumi era buono. «Vado in ospedale da solo» annunciò, liberandosi con uno strattone. «Tu occupati di mamma.»
Natsumi lo lasciò andare, con gran sollievo di Konohamaru. Jin lanciò a Haruka un'ultima struggente occhiata, lo sguardo di qualcuno che preferirebbe farsi tagliare un braccio piuttosto che andarsene, e fu ricambiato, anche se Haruka stava automaticamente entrando nella parte della spia. Poi si allontanò con le spalle curve e i pugni serrati, come un adulto con troppo peso sulle spalle. Guardandolo, Natsumi provò un'ondata di affetto nei suoi confronti; nonostante l'occhiata di amore di Jin fosse per un'altra persona, sarebbe stata lei a sostenerlo nei giorni a venire. Voleva essere lei.
«Posso seguirvi?» chiese a Konohamaru.
Lui esitò, sapendo che lei e Haruka erano sorelle e che probabilmente una sorella non avrebbe apprezzato la parte successiva all'arresto, ma alla fine cedette. Conosceva Natsumi, erano amici: non le avrebbe fatto un torto del genere.
Così Natsumi affiancò gli altri Anbu e li seguì fino al dipartimento di polizia, dove Haruka sarebbe stata lasciata in attesa che Sasuke le trovasse una collocazione. Mentre camminavano attraverso Konoha le due sorelle si studiarono: vent'anni lasciano segni profondi sul viso di una persona, soprattutto di una che si conosceva bene. I rispettivi tratti adesso erano quasi sconosciuti, ma gli occhi di entrambe erano rimasti identici. Non si vedevano da quando Haruka era fuggita dalla Roccia insieme a Kakashi, lasciando Natsumi a gestire da sola lo spionaggio di famiglia. All'epoca aveva diciotto anni. Adesso ne aveva trentasei.
«Sei tornata» disse Haruka, sorridendo incerta.
«Anche tu» rispose Natsumi, senza ricambiare.
«Come stai?»
«Meglio di te» questa volta fu Natsumi a sorridere.
«Sono felice di vederti.»
«Anche io.»
Quando arrivarono al dipartimento Konohamaru si allontanò per parlare con Sasuke. Natsumi rimase con Haruka e altri due Anbu.
«Cosa è successo a Kakashi?» chiese subito Natsumi.
«Mi stavano attaccando, e lui si è messo in mezzo. Era un Aburame, dicevano che i suoi insetti sono velenosi...»
«Sì, lo sono.»
Haruka tacque e la fissò. Natsumi si rese conto che la sua ultima risposta suonava un po' tagliente, quasi come se la stesse accusando di qualcosa. Si passò una mano sul viso.
«Mi dispiace» disse Haruka.
«Lo so. Lo so, è solo... Siamo tutti molto nervosi. Erano anni che non si presentava una crisi del genere.»
«Sono tornata per restare.»
Natsumi tornò a fissarla, e una parte di lei si sentì minacciata dalle sue parole. Negli ultimi cinque anni aveva fatto quasi da madre a Jin, era stata tra le persone più vicine a Kakashi... Ora, con il rientro di Haruka, avrebbe perso qualunque privilegio.
«Bene» riuscì a rispondere in qualche modo. «Vedrai, sistemeranno tutto... E appena Kakashi si sarà ripreso nessuno avrà più niente da dire contro di te.»
A quelle parole Haruka sorrise, forse in maniera un po' strana, quasi come se non ci credesse davvero; poi arrivò Sasuke e la fece portare via.

Peccato che Kakashi non si fosse svegliato.
Una volta stabilita la sua collocazione Haruka era rimasta in carcere. Poco dopo erano cominciati gli interrogatori, ma andavano molto a rilento. Natsumi aveva continuato a fare da madre e da compagna, almeno per un po'. Sapeva che era una condizione destinata a interrompersi, sapeva che Jin fremeva dalla voglia di conoscere Haruka e che Kakashi avrebbe avuto occhi solo per lei, una volta sveglio... Sapeva tutto quanto, ma non riusciva a non aggrapparsi a quelle cose, finché erano solo sue.
«Volevo tornare a casa con tutti e due» mormorò Jin, riscuotendo Natsumi dai suoi pensieri. «Avevo promesso a mia madre che ci sarei riuscito... Invece guarda che disastro.»
«Tecnicamente sono a casa» tentò di sdrammatizzare lei, accennando un sorriso che scomparve in fretta. C'era troppo peso nelle parole di Jin, troppo senso di colpa. «Non potevi fare più di quello che hai fatto.»
Il ragazzino rimase pensieroso, distante. «Sai... Mio padre e mia madre hanno litigato tantissimo durante il viaggio» disse di punto in bianco. «Lei gli aveva fatto credere di essere morta.»
«Non ne sapevo nulla... Tuo padre ha sempre detto che era in missione nel Paese delle Risaie» rispose Natsumi cautamente. Si vergognava per il saltello speranzoso che aveva appena fatto il suo cuore, ma non poteva farlo trapelare.
«E invece era in missione per conto della Radice, nel Paese della Roccia» proseguì Jin, senza accorgersi di nulla. «Papà era furioso... Ma non era colpa della mamma; e io capisco perché si sia arrabbiato, davvero, ma non era colpa della mamma. Dodici anni fa l'hanno contattata...»
Jin iniziò a raccontare, senza chiedere il permesso, senza introduzione. Iniziò a parlare perché sentiva qualcosa che premeva in gola, e aveva bisogno di alleviare la tensione raccontando tutto quello che era successo.
Natsumi aveva degli impegni di lì a poco, ma guardando gli occhi sfuggenti del ragazzino decise che li avrebbe posticipati. Si sedette in fondo al letto di Kakashi, appoggiò i gomiti alle ginocchia e lasciò che Jin tirasse fuori tutto quello che aveva dentro. Rimase lì, con le mani strette l'una all'altra, tra padre e figlio. Quasi sua madre, ancora per un po'.


«Dove sei stato tutto questo tempo?» si lamentò Naruto non appena Jiraya ebbe messo piede nello studio dell'Hokage. «Io sto morendo sotto la montagna di cose che ci sono da fare e tu scompari?»
«Sento la tua voce ma non ti trovo tra le pile di carte... Batti la fiacca?» replicò il sennin, fingendo di non vederlo. Spostò gli incartamenti che occupavano la sedia degli ospiti e ci si accomodò, grattando la zona intorno al taglio sul viso. Aveva un vistoso cerotto bianco che gli copriva quasi mezza faccia, ma in ospedale avevano detto che era una ferita superficiale.
«Aha. Quanto sei divertente. Ascolta, ho bisogno di una mano per la storia della Radice...» iniziò Naruto.
«Hai bisogno di una mano per molto più di quello» borbottò Jiraya adocchiando il disordine imperante.
«Non me ne parlare: ho tutti gli assistenti fuori gioco e un miliardo di cose da fare!»
«Come Tsunade ai tempi della prima Radice... E' sempre la stessa storia. Non hai fatto richiamare Shikamaru da Suna?»
«Non posso! Sakura me lo ha proibito. E' stata l'unica cosa che mi ha detto prima di dedicarsi completamente a Hitoshi.»
«E perché?»
«Ma che ne so!» Naruto scostò bruscamente il braccio, in cerca di una penna, e un'intera pila di carte franò al suolo. «Porca... Quando ci vanno di mezzo i suoi figli va fuori di testa.»
«Strano che non sia andato fuori di testa pure tu» borbottò Jiraya, notando che Naruto non sembrava avere intenzione di raccogliere i documenti caduti. «Ma è preoccupante che Sakura non abbia fatto tornare Shikamaru. Gli ha detto di Chiharu, vero?»
Naruto si lasciò cadere contro lo schienale della sedia. «No. Segreto professionale. Non dirmi niente, lo so. Ci ho litigato. Ma Sakura dice che se chiamiamo Shikamaru, Chiharu non si fiderà mai più di noi, e che essendo maggiorenne ha dei diritti, e bla bla bla.»
«Quindi le parlerai tu quando si sveglia?»
Naruto nascose gli occhi dietro un documento. «Sì, le parlerò» mormorò vago.
Ma non di quel che si aspettava Jiraya, probabilmente.
«E Stupido?» chiese il vecchio.
«Peggio ancora. Quella faccenda del contratto mi farà diventare scemo. Ho una stanza piena di avvocati che studiano come tenerlo fuori dalle carceri di Suna, ma mi sta venendo voglia di gettarlo in pasto a Gaara e fregarmene. Si può essere così imbecilli? Non aveva nemmeno guardato la cartella clinica di Chiharu, che fa impressione persino a me che non ne capisco niente!»
«Però. Il vecchio adagio ha sempre ragione: tira più un pelo di...»
«...Che un carro di buoi. Lo so! Ma perché tutti i casini devono farli quando il responsabile sono io?» gemette Naruto, grattandosi nervosamente il collo nel punto in cui era stato il marchio nero di Kin. Quando era tornato dalla missione glielo avevano rimosso per mandarlo a studiare, ma gli era rimasta una snervante irritazione.
«Senti, starei a parlare dei giorni, ma non ho tempo: ho bisogno di aiuto con la Radice...»
«Non posso.»
«Ancora? Davvero...»
«C'è una cosa più importante di cui occuparsi, prima.»
Naruto smise di grattarsi e fissò Jiraya a bocca spalancata. «Cosa?»
«Hitoshi Uchiha.»
Naruto lasciò cadere le braccia sui braccioli della sedia, esausto. «Un altro come Sakura. E da quando ti interessa Hitoshi?»
«Da quando vede cose che né lo sharingan né il byakugan vedono» rispose Jiraya, scrutando Naruto di sottecchi.
«Di che stai parlando?»
«Durante la missione della Radice ha usato tecniche che lo sharingan non conosce.»
«Aspetta, frena. L'altro giorno ha detto di aver visto qualcosa là dove igli Hyuuga non vedevano niente, ma pensavamo fosse merito dello sharingan...»
«Durante la missione Fugaku non vedeva niente, e ha uno sharingan perfettamente formato. Hitoshi invece ha visto i flussi del chakra dei nobili che tentavano la fuga, e ha fatto completamente scomparire i detriti che stavano per caderci addosso. Questa non è roba da sharingan.»
«E allora che diavolo è?»
Jiraya si protese verso di lui, con un brillio eccitato negli occhi. «Non ne ero sicuro, così sono andato a frugare nei vecchi incartamenti di Orochimaru, quelli dell'archivio segreto... Se dico rin'negan ti suona qualche campanello?»
«Per niente.»
«Lo immaginavo...» Jiraya sospirò, mettendosi più comodo sulla sedia. «Il Rin'negan è una tecnica oculare leggendaria posseduta dall'Eremita delle Sei Vie. Si dice che sia stata la prima delle tecniche oculari, e che da essa abbiano avuto origine sia il byakugan sia lo sharingan. Qualcuno sostiene che dall'Eremita discenda l'intera stirpe dei ninja.»
«L'intera stirpe dei ninja... E Hitoshi dovrebbe avere 'sta roba figa?» Naruto lo fissò scettico.
«Forse. Nemmeno Orochimaru aveva molte certezze riguardo al rin'negan... Ma gli occhi di Hitoshi non sono occhi da sharingan, e alcune delle cose che ha fatto sembrano compatibili con quel che dicono gli appunti di Orochimaru sul rin'negan. Sempre secondo lui, è possibile che un possessore di sharingan sviluppi il rin'negan, ma i meccanismi secondo cui questo dovrebbe accadere restano oscuri...»
«Fammi capire... Hitoshi avrebbe sviluppato questo popò di roba da solo?» Naruto sbatté le palpebre, incredulo. «E io che pensavo che il suo unico merito fosse quello di essere mio allievo!»
«Io pensavo che fosse quello di essere belloccio» Jiraya si strinse nelle spalle. «Comunque no, non credo che lo abbia sviluppato da solo. Credo che sia merito di Kyuubi.»
«Cosa c'entra Kyuubi? Mi sto perdendo...» Naruto mandò un gemito.
«Alcune leggende dicono che l'Eremita delle Sei Vie è colui che ha creato Kyuubi e tutti i Bijuu. Il suo rin'negan sarebbe legato al chakra della Volpe. Se usiamo questa affermazione come punto di partenza, è possibile ipotizzare che il continuo contatto di Hitoshi con te e Kyuubi abbia in qualche modo stimolato l'evoluzione dello sharingan in rin'negan.»
«Adesso mi sono proprio perso.»
Jiraya sbuffò. «Io credo che Hitoshi abbia sviluppato una specie di evoluzione dello sharingan, e che questa evoluzione sia legata in qualche modo a Kyuubi. Per questo lui l'ha sviluppata e, per esempio, Sasuke no: è questione di esposizione al chakra della Volpe. A furia di combattere accanto a te, nello sharingan di Hitoshi deve essere scattato qualcosa. Nessuno, nemmeno Sasuke ti è stato più vicino dei ragazzi del tuo gruppo, in combattimento. Forse l'unica è Sakura, ma non ha eredità genetiche. Almeno, questa è la mia teoria. Orochimaru non diceva niente al riguardo.»
«Ah. Peccato che Hitoshi non possa sentire tutte queste belle novità» disse Naruto, non del tutto convinto ma tutto sommato fiducioso. «Finché non si sveglia può anche essere Buddha...»
«Appunto.»
«Appunto cosa?»
«Finché non si sveglia.»
«Eh?»
«Naruto...» Jiraya si protese nuovamente sopra la scrivania. «Se il chakra della Volpe ha risvegliato il rin'negan, forse il chakra della Volpe può svegliare anche il suo possessore.»
La mandibola di Naruto scese di diversi centimetri, dandogli un'espressione particolarmente sciocca.
«Non sto dicendo che ne sono sicuro. Sto dicendo che possiamo provare» borbottò Jiraya scrollando le spalle.
Naruto richiuse la bocca. Di colpo batté il pugno sulla scrivania, facendo sobbalzare le pile di documenti. «Vecchio, sei un genio!»


La stanza in cui era ricoverato Hitoshi non era lussuosa come quella di Kakashi, ma poco ci mancava. Sakura aveva fatto in modo che il figlio avesse la camera migliore subito dopo la suite, come era stato vent'anni prima per Sasuke. La situazione, sotto molti aspetti, era analoga a quella di allora... Ma essere madre, adesso, rendeva tutto infinitamente peggiore.
Anche essere quello in salute rendeva le cose peggiori, rifletté Sasuke, seduto sul divanetto accanto alla porta con un faldone di documenti da leggere. Non ricordava troppo bene il periodo in cui era stato ricoverato dopo il suo ritorno a Konoha, ma credeva difficile che fosse peggiore di quello attuale.
Mise giù l'ennesimo resoconto degli interrogatori agli uomini della Radice – tutti ugualmente irrilevanti – e prese un altro fascicolo, con poche speranze.
Era nei momenti in cui il lavoro lo opprimeva in quel modo che rimpiangeva la presenza del suo vecchio mentore, Taira. Lui e Reiki gli avevano insegnato il mestiere, ma probabilmente si erano portati in pensione un paio di trucchi, lasciando la sua squadra personale disperatamente a corto di esperienza. Sasuke era stato tentato di richiamarli in servizio per avere una mano... poi una conversazione avuta con Ryuichiro gli aveva fatto cambiare idea.

Si erano incontrati mentre Sasuke usciva per andare in commissariato, dopo aver dormito qualche ora di ritorno dall'ospedale. Ovviamente la madre di Ryuichiro aveva bisogno di altri soldi, e ovviamente lui glieli avrebbe passati senza fiatare. Indennità di vedovanza, la definiva tra sé.
In quel periodo lo stress lo aveva reso irrequieto. Senza rendersene conto aveva iniziato a passare molto più tempo a tormentare il segno maledetto sul suo collo, e forse era stato per quello che lo sguardo di Ryuichiro era caduto proprio lì.
«E' un tatuaggio curioso» aveva commentato educatamente.
«Non è un tatuaggio.»
Sasuke non sapeva perché non aveva semplicemente evitato l'argomento. Ryuichiro lo aveva fissato con aria interrogativa, perché lui non era uno shinobi, non conosceva il marchio maledetto, non sapeva di Orochimaru e di tutta la sua storia passata... Ryuichiro non lo conosceva affatto, parlando in termini generali, e nemmeno Sasuke conosceva Ryuichiro.
Forse era stato quello a farlo sentire diverso: tutti a Konoha sapevano chi era Sasuke Uchiha, tutti guardandolo vedevano il traditore dietro al poliziotto, al marito, all'onesto cittadino. Ma non Ryuichiro.
«In realtà è una maledizione» aveva ripreso Sasuke, nonostante non fosse sua intenzione. «Un marchio che risale a tanti anni fa, e che per un certo periodo ha cercato di divorarmi. Adesso è sotto controllo, ma deve essere sempre monitorato.»
«Non sembra in gran forma» aveva detto Ryuichiro, osservandolo con la testa inclinata. Poi aveva sussultato come se avesse detto qualcosa di offensivo. «Mi dispiace.»
«Lo so» aveva risposto rigidamente Sasuke. «Lo farò esaminare da Sakura, quando Hitoshi starà bene.»
«Ho saputo del ragazzo...»
«Scusa, ma sono in ritardo per il lavoro.»
«Certo. Mi perdoni, sono stato inopportuno.»
Ryuichiro si era fatto da parte con un inchino frettoloso, e Sasuke si era sentito come se fosse stato lui quello che veniva congedato.
«Non sei stato inopportuno... Grazie per la tua preoccupazione» aveva borbottato a disagio.
«Prego, anche se non merito ringraziamenti» Ryuichiro aveva rialzato la testa. «Dopotutto, così come ha controllato quel marchio riuscirà a controllare ogni cosa. E' nel sangue degli Uchiha.»

Sasuke non pensava che Ryuichiro fosse attaccato al nome che dopotutto non portava nemmeno, ma a quanto pareva era così. E, come sempre, anche quella volta aveva toccato i tasti giusti.
Quel ragazzo riusciva a influenzarlo al punto da renderlo inquieto. Non era solo la somiglianza con Itachi, né i suoi sensi di colpa per non essere riuscito a portare a termine la vendetta per la sua famiglia... Era qualcosa di più: la sensazione di essere piccoli e inermi; come il brivido che si avverte durante le eclissi di sole. In fondo, la stessa sensazione che aveva trasmesso Itachi tanti anni prima.
Eppure Ryuichiro lo spingeva sempre verso la luce. Itachi lo aveva attratto verso le tenebre di Akatsuki e della vendetta, ma Ryuichiro lo aveva indirizzato più volte verso il sole. Era strano, inspiegabile. Soltanto Naruto e Sakura, prima, erano riusciti a fare una cosa del genere.
Sasuke accarezzò distrattamente il marchio sul suo collo. Era tiepido al tatto. Anzi, caldo.
Il sangue degli Uchiha...
Posò lo sguardo su Hitoshi, che riposava apparentemente sereno. Anche Hitoshi era un Uchiha. Come tutti gli Uchiha, avrebbe lottato e alla fine avrebbe vinto. Il suo sharingan era la dimostrazione che la perseveranza veniva premiata. Doveva essere così, dovevano essere vicini alla vittoria. Erano un clan. Anche se erano un clan maledetto...
La porta della stanza si spalancò inaspettatamente, facendolo trasalire e decretando la caduta rovinosa di tutti i documenti che erano accanto a lui sul divano. Non ebbe bisogno di voltarsi per sapere chi era entrato, perché l'irruenza bastava da sola a presentarlo.
«Sasuke! Proprio tu, bravo!» esclamò Naruto, incrociando il suo sguardo con aria baldanzosa.
«Sei rumoroso» sospirò Sasuke, chinandosi per raccogliere i fogli.
«Poche balle, abbiamo cose molto importanti da fare, qui!»
«Quali cose? Sakura è d'accordo?» Sasuke rialzò la testa e vide che Jiraya si era unito a Naruto. Questo gli accese tutti i campanelli di allarme. «Sakura non ne sa niente» realizzò.
«Non ha bisogno di saperlo» minimizzò Naruto, con un cenno vago.
«Cosa vuoi fare?»
«Un tentativo per svegliarlo» intervenne Jiraya.
Sasuke si irrigidì subito, sulla difensiva.
«Fidati, vuoi provare questa cosa anche più di me» ghignò Naruto. «Qui stiamo parlando dell'evoluzione dello sharingan!»
Sasuke fu preso alla sprovvista. Guardò Naruto, poi Jiraya, e ancora Naruto. «Cosa c'entri tu con lo sharingan?»
«Non lui» rispose Jiraya, «La Volpe.»
Sasuke fece una smorfia. Quasi tutti i suoi incontri con Kyuubi erano stati burrascosi, e avevano implicato la distruzione di un gran numero di palazzi. Non aveva tanta simpatia per i Bijuu.
«Senti, lo sai che non sono bravo a spiegarmi» disse Naruto con impazienza, dondolandosi da un piede all'altro. «Lasciami fare, dai. Di solito ci prendo.»
Sasuke stava per ribattere acidamente, ma si fermò prima di aprire bocca. In effetti, di solito Naruto ci prendeva con le idee strampalate.
«Non è nulla che Sakura non farebbe» assicurò Jiraya. «Almeno credo.»
Sasuke fece un respiro profondo. Avrebbe preferito dividere la responsabilità con sua moglie, ma dubitava che Naruto avrebbe aspettato il suo arrivo. E poi... un'evoluzione dello sharingan? Aveva senso, considerati gli strani poteri di Hitoshi. Aveva senso eccome. La comparsa tardiva, il modo in cui vedeva il chakra... Sasuke fremette. In fondo Naruto aveva ragione: voleva provare quella cosa anche più di lui.
«Come funziona?» chiese, spostando lo sguardo su Hitoshi.
Jiraya fissò Naruto, che si strinse nelle spalle. «Chiederò a Kyuubi.»

Rin'negan?
La mole di Kyuubi era come sempre imponente rispetto alla rappresentazione che Naruto aveva di sé stesso. Fermo davanti alle grandi sbarre della gabbia, l'uomo cercava di attirare l'attenzione della Volpe.
Mai sentito nominare.
«Bugiarda!» sbottò Naruto. «Sento puzza di menzogna fin qui.»
La Volpe tacque, immersa nei propri pensieri. Era accoccolata in un angolo, con le code rivolte verso l'ingresso. Ogni tanto le muoveva nell'aria.
Non mi piacciono gli Uchiha, disse. Non mi sono mai piaciuti. Rimpiango di non essere riuscita a uccidere l'ultimo, vent'anni fa.
«Piantala, dai. L'Eremita delle Sei Vie non è quello che ha creato te e gli altri Bijuu? Non vuoi rivedere il suo rin'negan?»
Perché dovrei voler rivedere l'unica cosa che ha il potere di soggiogarmi?, disse Kyuubi a sé stessa, guardandosi bene dall'esprimerlo a voce alta.
L'Eremita non è negli occhi di quel ragazzino, fu ciò che spiegò invece. L'Eremita è morto secoli fa.
«Dai, non costringermi a costringerti» piagnucolò Naruto, aggrappato alle sbarre della gabbia in atteggiamento di supplica. «Voglio vedere com'è questo rin'negan. Svegliami Hitoshi! Fammi questo favore.»
La Volpe fece un lungo sospiro di esasperazione. Naruto avrebbe potuto costringerla, effettivamente. C'erano molti modi in cui avrebbe potuto farle fare quel che voleva... ma aveva sempre chiesto; o supplicato, come in quel momento. Kyuubi non sapeva se fosse per ignoranza o bontà d'animo, tuttavia sapeva di occupare una posizione di inferiorità rispetto a Naruto: era lui ad avere potere sul sigillo che la imprigionava.
Ci pentiremo di averlo fatto... mormorò, sollevandosi sulle quattro zampe e voltandosi a fronteggiare il Jonin biondo. Portami da lui.



Sì, se ne sarebbero pentiti.





* * *

Buongiorno a tutti!
Sono riuscita a completare in tempo il capitolo,
e sono persino a buon punto con quello successivo!

Ohibò, questa parte della storia è stata una sorpresa anche per me,
devo confessarlo.
Ma visto che mi piace ed è divertente, ho deciso di tenerla...
Anche perché stranamente mi ricorda un po' le vecchie atmosfere di Sinners.

Grazie a tutti voi che leggete e a chi trova il tempo di lasciare una recensione.
Arrivederci alla prossima settimana!



  
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