I personaggi
appartengono a J. K. Rowling.
Simplicity and hope
…so
let mercy come,
and
wash away...
What
I’ve done…
What
I’ve done- Linkin Park
Quando un anno prima
la guerra era finita, Ginny aveva creduto che forse tutte le cose, con un po’
d’impegno, sarebbero tornate al loro posto.
Si era falsamente illusa che i suoi genitori
sarebbero riusciti a superare la morte di Fred in qualche modo, che Ron e
Hermione sarebbero riusciti a trovare conforto l’uno nell’altro, che
Harry…sarebbe tornato da lei.
Ma si
sbagliava.
A più di
trecentosessantacinque giorni di distanza, si trovava nella cucina vuota della
Tana a cercare di capire perché effettivamente le cose erano forse peggio di
prima.
Suo padre passava le
sue giornate nel capanno degli attrezzi.
Sua madre non riusciva
nemmeno a piangere, si limitava a guardare la lancetta dell’orologio magico con
la faccia del gemello che puntava su “Morte”.
Ron cercava come
poteva di aiutare tutti, ma quando si parlava di Hermione si chiudeva in un
mutismo assurdo.
La sua migliore amica
d’altro canto era buttata a capofitto nei lavori di ristrutturazione del mondo
magico, lasciando da parte i problemi personali.
George forse era
quello che aveva accettato per primo la morte del fratello. Con difficoltà, ma
lo aveva fatto, e ora mandava avanti il negozio si scherzi a Diagon
Alley.
Ed Harry…Harry era
praticamente sparito. Lo vedeva solo la domenica, perché sua madre lo obbligava
ad andare a pranzo da loro.
Perché per quanto
potesse stare male, Molly Weasley non dimenticava nessuno dei suoi figli.
E Harry faceva parte
della famiglia.
Ma durante i pranzi,
lui si sedeva ad un angolino con Ron e stava in silenzio. Non alzava quasi mai
lo sguardo dal piatto.
A Ginny era capitata
una sola volta di incrociare il suo sguardo, ed aveva provato una strana
sensazione, molto simile alla paura: quelli non erano gli occhi di Harry. Non
potevano esserlo. Perché il Bambino Sopravvissuto ne aveva passate tante, troppe
forse, ma mai aveva perso la speranza e la forza di combattere.
In quel momento Ginny
aveva visto in quegli occhi di giada una totale paura e disperazione, e lei
sapeva che quelle sensazione erano radicate troppo in fondo per poter essere
estirpate facilmente.
Il suo ex ragazzo
parlava solamente con Ron e Hermione. Suo fratello le aveva spiegato che non
doveva prendersela se non se l’era ancora sentita di affrontarla: ma Harry stava
passando un brutto periodo.
Subito dopo la
battaglia, aveva sentito il peso della responsabilità che si era preso togliendo
una vita. Per quanto si potesse parlare di Tom Riddle, di un assassino, era
sempre una vita che lui aveva deciso di spezzare. Ed era un concetto che lo
perseguitava, che non riusciva ad accettare.
A lui veniva più
facile parlare con Ron e Hermione, perché loro erano con lui in quei difficili
momenti, e potevano capirlo meglio di chiunque altro.
Ginny avrebbe tanto
voluto aiutarlo, ma sapeva che era qualcosa di più grande di lei e non aveva
assolutamente idea di cosa fare.
- Ginny?
–
Persa nei suoi
pensieri, la piccola di casa Weasley sobbalzò sentendo la voce di sua madre che
la chiamava.
- Ginny?
–
- Si?
–
Molly Weasley, con gli
occhi più lucidi del solito, sorrise dolcemente e le indicò l’orologio magico
attaccato alla parete vicino alla poltrona dove lei era
seduta.
- Cara tu sei molto
più alta di me. Potresti gentilmente prenderlo? –
Lo sguardo sorpreso
che la madre vide sul viso della figlia, la spinse a continuare. – E’ venuto il
momento di andare avanti. Io lo so. Fred non lo avrebbe voluto. Abbiamo passato
già troppo tempo a piangerci addosso. –
I singhiozzi che Molly
non era riuscita a trattenere, fecero piangere un po’ anche lei. Era la prima
volta che si concedeva di versare qualche lacrima dopo i funerali.
Annuì, si alzò dalla
poltrona del salotto, e si allungò per raggiungere l’orologio. – Mamma vuoi che
lo faccia io? –
Molly fece cenno di no
con il capo. Poi prese la bacchetta. – E’ giusto che sia io. In futuro
probabilmente, anzi sicuramente, tu avrai un compito molto più importante.
–
Ginevra, con lo
spettro di un sorriso sul volto, annuì leggermente. Sapeva con precisa esattezza
a cosa sua madre si stesse riferendo.
Harry...
Poi Molly, puntando la
bacchetta sulla fotografia di Fred Weasley, pronunciò una semplice
parola.
- Evanesco -
***
Da quello strano ed
improvviso giorno, tante cose erano cambiate in casa sua. Suo padre aveva smesso
di rintanarsi nel capanno con i suoi oggetti babbani, quando sua madre era
andato a riprenderlo con una forza e una decisione così grande che solo colei
che aveva ucciso Bellatrix Lestrange poteva avere.
Lo stesso giorno,
quando Ron era tornato a casa e aveva visto che la foto del gemello mancava,
sorrise malinconicamente e aveva cercato Ginevra.
- Devo dirti una cosa.
-, le aveva annunciato.
- Eccomi.
–
Suo fratello si era
seduto sul suo letto e l’aveva guardata negli occhi. – So che ti sembrerà
strano, ma…Io e Hermione ci sposiamo. –
Gli occhi di Ginny si
erano allargati, ed un immediato sorriso pieno di felicità, le aveva illuminato
il volto. – Quando? –
- Appena il mio
testimone di nozze esce dal suo stato di catalessi -, le aveva detto Ron
tristemente.
Ginny aveva abbassato
gli occhi e li aveva strizzati forte per impedirsi di piangere d’avanti al
fratello.
Perché tutti le
parlavano di Harry?
- Ma tu e Hermione non
avevate problemi? Dicevi che non le importava nulla di
te…-
- Hermione ha dei modi
tutti suoi per reagire al dolore e alla guerra. La morte di Remus l’ha scossa
tantissimo. Lui era stato un ottimo insegnante per lei, quasi un modello da un
certo punto di vista. Aveva bisogno di qualcosa con cui sfogarsi, e io non ero
riuscito a capirlo. Ieri abbiamo parlato...parlato, sarebbe meglio dire che più
o meno abbiamo urlato…però poi ci siamo calmati…eh…beh, questo è il risultato.
–
Ginny gli aveva
sorriso. – Cioè vi sposate. Bel modo di risolvere le cose… –, gli disse
prendendolo in giro e facendolo ridere per un secondo.
Un solo secondo,
perché poi Ron era tornato serio e le aveva detto qualcosa che non avrebbe
voluto assolutamente sapere.
- Harry non lo sa
ancora. –
- Io sarò la damigella
d’onore vero? -, chiese facendo finta di non aver sentito l’ultima
frase.
- Temiamo la sua
reazione -, continuò Ron imperterrito.
- Direi che un vestito
verde per me andrebbe più che bene –
- Sta peggiorando
ultimamente. –
- Mamma sarà
eccitatissima.-
Era come un dialogo
tra sordi…però…
- Vorremmo che fossi
tu a dirglielo. –
A quell’ultima frase,
Ginny non poté più fingere di non sentire.
- Non credo sia il
caso. Io e Harry non parliamo dalla sera della battaglia. Non sono la persona
adatta a farlo. –
Dire quelle cose le
era costato molto. Ammettere che tra lei e Harry non c’era praticamente più
nessun rapporto le aveva fatto male molto più di una pugnalata nella
schiena.
Ron aveva sospirato
alle parole della sorella. Ovviamente non si era aspettato che lei dicesse
subito di sì.
- Tu sei l’unica
persona che possa tirarlo fuori dall’apatia che ha racchiuso il suo cuore e la
sua mente. Si ritiene il personale responsabile della morte di Tonks, Remus
e…Fred. Io ho provato più volte a farlo ragionare, ma resta della sua idea. –,
le spiegò il fratello con preoccupazione.
Ma lei non aveva
risposto.
Si era alzata e si era
affacciata alla finestra, pensando che in quel momento avrebbe voluto prendere
la sua scopa e volare via da tutto quel dolore.
Ma da quel giorno
Ginny ci pensava spesso. Alla possibilità di parlare con Harry, di cercare di
aiutarlo in qualche modo. Mentre, aveva notato, la sua famiglia si stava
lentamente riprendendo, Harry non aveva fatto alcun passo avanti.
Alla fine era stata
Hermione a dirgli del matrimonio, e a parte dirsi profondamente felice per loro,
Harry non aveva fatto nient’altro. Era come se fosse ancorato alla sera della
battaglia di Hogwarts, come se ci fosse stato qualcosa che gli impediva di
superare quella difficoltà.
Una volta Ginny aveva
addirittura sentito Kingsley dire a suo padre che Harry si era rifiutato di
entrare nel corpo Auror, il suo più grande sogno.
E quella cosa l’aveva
stupita abbastanza, perché il ragazzo le aveva sempre detto di voler diventare
Auror per poter fare qualcosa per il mondo magico Inglese.
Dovevano trovare il
modo di smuoverlo. E ne ebbe modo quella domenica.
Come al solito Harry
era venuto a pranzo a casa sua, ma c’era qualcosa di strano quella volta. Il
silenzio triste che aveva accompagnato pranzi e cene si era dissipato in un
mormorio che aveva come tema principale il matrimonio. Molly Weasley, non perse
l’occasione di poter fare qualcosa, perciò si rivolse a
Harry.
- Caro, hai bisogno di
un nuovo vestito immagino, sei così cresciuto… –
Ginny, che come al
solito si aspettava solamente cenni da parte di Harry, fece cadere la forchetta
sul piatto, quando la sua voce riempì la stanza.
- Si signora Weasley,
ma avrei bisogno di qualcuno che mi accompagnasse. Non sono bravo con queste
cose. –
La sua voce non era
cambiata, ma in quel momento a Ginny sembrò il suono più bello del mondo, il
canto della Fenice Fanny: una melodia che portava amore e speranza a chi la
ascoltava. A stento trattenne le lacrime di commozione e si sentì un po’ stupida
a voler piangere solo per quella sciocchezza.
Ma in fondo, quella
risposta poteva essere considerata come la prova che Harry non perso
completamente nel suo limbo personale.
Aveva bisogno di aiuto
per scegliere un vestito? Bene, lo avrebbe fatto lei.
- Ti accompagno io da
Madama McClan -, gli disse con gentilezza, guardandolo fisso negli occhi. Sapeva
che non sarebbe riuscito a dirle di no. Quando stavano insieme, la accusava di
essere avvantaggiata ad avere quegli occhi persuasivi.
Harry, stupito ( e
spaurito ), annuì, come da lei previsto. – Va bene -, mormorò, distogliendo però
subito lo sguardo.
Molly, dal suo lato
del tavolo sorrideva lievemente. Ginny era l’unica che poteva ancora fare
qualcosa per quel povero ragazzo, ed era sicura che con la sua allegria lo
avrebbe riportato in vita.
- Beh, non aspettate
molto. Il matrimonio è fra meno di un mese… -
- Se Harry è libero,
potremmo andarci il prossimo fine settimana. -, borbottò
Ginny.
Ma Harry, come se
qualcosa fosse scattato in lui, scosse la testa repentinamente. – No. Diagon
Alley è troppo affollata il sabato. Tutti i giorni tranne il sabato.
–
Quella reazione aveva
stupito tutti. Era la prima volta che il ragazzo si dimostrava così spaventato
dal contatto umano.
Ginny però annuì. – Va
bene domani allora? Che senso ha aspettare? –
La domanda doveva
essere un’altra forse. Che senso ha
continuare a vivere in quello stato?
- Certo. Ti aspetto al
Paiolo Magico. –
***
Ed eccola lì Ginny
Weasley. I capelli raccolti in una treccia laterale e un cappotto bianco che la
copriva interamente, per evitare che il freddo gelido le penetrasse nelle ossa.
Ma suo fratello doveva
scegliere proprio febbraio per sposarsi?
Era arrivata in
anticipo e da poco. Non voleva dare la possibilità a Harry di
fuggire.
Il Paiolo Magico era
completamente vuoto quel giorno, e lei ringraziò Merlino mentalmente, per averle
reso le cose abbastanza facili.
Tom, il barista,
l’aveva riconosciuta, e lei l’aveva pregata di non fare commenti quando Harry
sarebbe arrivato. E lui, come se qualcosa la sapesse, annuì. – Quel povero
ragazzo. E’ da più di un anno che non lo vedo. Ma si autodistrugge facendo
quella vita. –
Ginny annuì, e si
sedette al bancone. Resistendo alla tentazione di un buon whiskey Incendiario,
optò per una Burrobirra per ingannare il tempo.
Dopo quasi un quarto
d’ora, il campanellino della porta suonò, e lei come una molla ruotò il collo.
Era Harry, ma sembrava…incerto. Anzi, sembrava spaventato.
Si guardava intorno
come se fosse la prima volta che metteva piede lì dentro, e gli occhi verdi,
risaltavano su quel suo cappotto completamente nero. Quando la vide le sorrise,
e quel gesto le riscaldò il cuore perché non le veniva rivolto da più di un
anno. Lo poteva considerare un altro piccolo passo avanti?
Harry le si avvicinò
con calma, salutò Tom con un cenno del capo e poi si rivolse a
lei.
- Andiamo?
–
Ginny annuì,
consapevole del fatto che quando quella giornata si sarebbe conclusa, se non si
fosse decisa a fare qualcosa, nulla sarebbe cambiato.
- Certo. Hai già
un’idea di quello che ti serve? -, gli chiese mentre attraversavano il muro che
portava a Diagon Alley.
Ma Harry non le
rispose.
Ancora una volta il
ragazzo si guardava intorno come se temesse qualcosa, come se non riconoscesse
quel posto.
- Da quanto tempo non
vieni qua? -, si azzardò a domandargli.
Harry rispose senza
guardarla, fissando il punto dove tempo prima c’era stato il negozio di
Olivander.
- Dall’anno scorso.
Quando abbiamo scassinato
- Sembra strano vero?
Che quel negozio sia chiuso -, continuò, riferendosi alla bottega delle
bacchette.
- Già. E’ un’altra
cosa che la guerra si è portata via –.
Ginny annuì, e dopo un
po’ gli fece segno di andare.
Camminarono in
silenzio, nelle vie stranamente deserte della cittadina. Era abbastanza presto
perché i negozi fossero aperti, ma non così tanto che le persone fossero già in
giro.
Il negozio di Madama
McClan si trovava proprio di fronte ai Tiri Vispi Weasley.
Vedendolo, quella
volta, fu Ginny a bloccarsi. Suo fratello George, anche grazie alla
testardaggine di Ron, aveva capito che Fred non avrebbe assolutamente voluto che
l’esercizio fosse chiuso. Era costato fatica, sacrifici e punizioni varie a
Hogwarts.
Dovette trattenere le lacrime, quando
passarono d’avanti alla vetrina colorata. Dalla battaglia lei non ci era più
entrata. Non c’era più voluta entrare. Quel posto le faceva venire in mente
tanti, troppo ricordi felici. Ricordi di una realtà che ormai non esisteva
più.
Harry probabilmente
l’aveva capito, perché le pose una mano sulla spalla con gentilezza. Quel
piccolo gesto, forse inutile per molti, fu l’unica cosa che le impedì di
lasciare libere le lacrime che impazienti chiedevano di poter
scorrere.
Dopo un paio di
profondi respiri, e un sorriso velato a Harry, i due giunsero all’atelier di
Madama McClan.
Il negozio, pieno di
stoffe ovunque, era stranamente calmo. Ogni qualvolta che Ginny ci aveva messo
piede, era sempre stato caotico e confusionario.
- Buongiorno -, disse
Harry per richiamare l’attenzione della signora che stava ordinando dei fogli in
un angolo del negozio.
La donna alzò gli
occhi e riconoscendo il Bambino Sopravvissuto, gli
sorrise.
- Signor Potter. E’ da
un sacco di tempo che non la vedo. –
Harry abbozzò un
sorriso. – Già. Sono…stato impegnato. –
Madama McClan si
rivolse a Ginny con fare malizioso. – L’amore la reclama immagino…
-
Harry e Ginny
arrossirono in sincrono, e la ragazza per darsi un po’ di contegno, chiese
quello di cui avevano bisogno.
- Madama, Harry ha
bisogno di un abito per un matrimonio. –
La sarta, annuì, e
fece salire Harry su uno sgabello per potergli prendere le misure. –
Festeggiamenti di giorno o di sera? –
- Di giorno
–
- Mmm -, borbottò la
signora. – Bene -
Dopo aver finito con
Harry, si rivolse a Ginny. – E lei signorina? –
- Io verrò con la
sposa -, rispose con gentilezza.
- Oh, meglio così
allora. Signor Potter, che colore desidera? E’ di giorno, io suggerirei un bel
rosso brillante…-.
- No -, la interruppe Harry
immediatamente – Nulla di vistoso…Nero. Con una camicia bianca.
–
- Nero? Un normale
vestito? La credevo più originale… -, borbottò la sarta.
- Per una volta vorrei
tanto riuscire a confondermi tra la folla. -, mormorò Harry. La signora lo sentì
e lo osservò a lungo prima di parlare.
- Signor Potter, le
sembrerà un paradosso detto da me, ma l’abito non fa il monaco. Non sarà un
vestito anonimo a impedire alla gente di riconoscerla. Le persone le sono
riconoscenti e la rispettano. Lei emana fiducia. -, disse mentre scriveva tutto
ciò che le serviva su un pezzo di pergamena.
Harry strinse gli
occhi, fece finta di non sentire quelle parole, e si rivolse a Ginny. – Allora?
Credi che possa andare bene? -
- Beh…non mi convince
la camicia bianca. -, disse con sincerità.
- Cioè?
–
- Sembreresti un
cameriere. Credo che la camicia sarebbe meglio…verde. Di un verde scuro.
Staresti benissimo –
- Verde? – chiese
Harry con scetticismo.
- Già…per i tuoi occhi
-, rispose Ginny senza guardarlo.
Harry ci pensò e poi
si rivolse a Madama McClan. – Cambio di programma. La mia camicia sarà verde
scuro. –
- Beh è senz’altro
un’ottima scelta -, disse la sarta soddisfatta. – Il suo vestito sarà pronto tra
una settimana. –
- Bene. Allora ci
vediamo lunedì prossimo. Arrivederci -, disse Harry.
- Buona giornata cari.
–
- Non è andata così
male -, mormorò Ginny –anche se non ricordavo che Madama McClan fosse così
impicciona –
- Sai che hai ragione?
–
Avevano deciso di
fermarsi ad una gelateria vicino al negozio di animali, dove poche persone erano
solite passare.
- Ginevra ma a te non
serve niente? –
Si che tu torni come
prima, avrebbe voluto
urlare.
- No. Per il
matrimonio non posso fare niente oggi. Dovrò venire con Hermione così ci saranno
anche le altre damigelle. –
- Oh, allora qui
abbiamo finito? -, chiese Harry quasi speranzoso.
- Sì, credo di si -,
disse lei un po’ delusa. – Ti stai annoiando? –
- No, è che…non esco
molto ultimamente. Non mi piace stare tra la gente -, disse Harry a bassa voce.
– E’ più forte di me. Alla Tana ci riesco perché nessuno fa riferimento
alla…battaglia, all’anno scorso. Ma qui tutti mi guardano come se fossi un eroe
-, mormorò piano. – Hai sentito cosa ha detto Madama McClan? Lei emana fiducia. Io non voglio emanare
fiducia -, continuò quasi con rabbia. – Voglio essere una persona normale, con
una vita normale… -.
- Non puoi -, lo fermò
Ginny con decisione. – Non puoi e lo sai. La gente ti è riconoscente perché ci
hai liberati da Voldemort. Tu sei il Bambino Sopravvissuto. Loro ti vedono così.
E’ ipocrita da parte tua non volerlo essere. Per tutti sarai sempre un simbolo
di speranza. Ovviamente per me, per Ron e per tutti quelli che ti conoscono bene
non è così. -, aggiunse vedendo i suoi occhi indignati e arrabbiati. - Noi
conosciamo la differenza tra Harry e il Prescelto. Ma non puoi pretendere che
tutta la conoscano. –
- E a me dovrebbe star
bene? Io dovrei accettare di essere trattato come una specie di vessillo? -,
disse alzandosi bruscamente dal tavolino dove si erano seduti. – Credevo che tu
fossi diversa, che avresti capito… -.
- Ma io ho capito. Sei
tu quello che si nasconde dietro la solitudine e la paura. E non me ne frega
niente se non riesci ad accettarlo, ma tu hai solamente paura. Paura di
affrontare il mondo. E non ci arrivi perché negli ultimi sette anni non ti sei
mai permesso di temere nulla. –
- Non è vero niente.
Tu non sai niente. Tu non sai quello che si prova a perdere la propria famiglia,
il proprio padrino, vedere i tuoi amici morire… -, disse quasi
urlando.
- IO NON SAPREI
NIENTE? -urlò Ginny a quel punto
arrabbiata - MIO FRATELLO E’ MORTO! A SIRIUS TENEVO QUANTO TENEVI TU! COLIN ERA
IL MIO MIGLIORE AMICO E TU…! TU MI HAI LASCIATO QUANDO AVEVO PIU’ BISOGNO DI TE,
QUINDI, NON OSARE DIRMI CHE IO NON SO NIENTE HARRY! –, e non le importava nulla
del fatto che molto probabilmente i proprietari della gelateria l’avevano
sentita. – Sai una cosa -, disse poi amaramente fissando un Harry mezzo shockato
e mezzo arrabbiato. – Credevo che qualcosa in te si fosse mosso, che sul serio
avessi bisogno di qualcuno che ti facesse uscire dal tuo bozzolo. Ma non è così.
Perché tu non vuoi farlo. Non vuoi uscirne. E fin quando non capirai che così
facendo non risolverai un bel nulla, io non credo di poter fare qualcosa.
–
Detto questo, prese la
borsa e si materializzò via da quel posto, lasciando un Harry decisamente
sconvolto, ma probabilmente più consapevole di quello che la guerra aveva
lasciato nel cuore di Ginevra Weasley.
***
D’allora erano passate
due settimane.
Al matrimonio
mancavano pochi giorni orami e tutti erano indaffarati nei vari preparativi.
Molly Weasley, proprio
come per il figlio Bill, anche per Ron si era trasformata in una wedding planner
perfetta. A volta scoppiava a piangere perché il suo bambino era cresciuto, ma
si riprendeva subito e tornava a lavoro.
Hermione era
completamente impazzita, a detta di Ron. Non faceva altro che controllare che
ogni cosa fosse perfetta, di non aver dimenticato nulla. Per poi rendersi conto,
una settimana prima della cerimonia, che effettivamente le mancava qualcosa di
fondamentale: il vestito.
A ricordare quel
giorno, a Ginny veniva ancora da ridere. Hermione era arrivata piangendo nel
salone della Tana, dicendo che si era completamente dimenticata dell’abito, che
non avrebbe potuto sposarsi, che Merlino la stava punendo per aver mollato
Divinazione al terzo anno.
Ma erano corse
immediatamente da Madama McClan che aveva assicurato loro che il vestito sarebbe
stato pronto una settimana prima del matrimonio.
Lei però non era
molto…attiva. Né entusiasta.
Il litigio con Harry
l’aveva spossata completamente. Anche se forse a qualcosa era servito perché
Hermione l’aveva ringraziata.
- Mi hai ridato il mio migliore amico. E’ il
regalo di nozze più bello che potevi farmi -, le aveva detto. Ed
effettivamente, Harry andava più spesso alla Tana; le era capitato di vederlo
ridere e sorridere con gli altri. Ma non con lei.
Quando capitava di
incrociare il suo sguardo, distoglieva subito gli occhi. Ginny non sapeva cosa
pensare, ma di una cosa era certa. Non le sarebbe corsa dietro quella volta. Si
era stancata di dover aspettare un ragazzo costantemente in ritardo. E aveva
intenzione di attuare quella sua nuova filosofia di vita proprio a partire dal
matrimonio, ballando con tutti i ragazzi che glielo avrebbero
chiesto.
Quel giorno, erano
tutti di sotto a montare il grandissimo tendone per la cerimonia. Aveva
intravisto anche Harry e perciò si era rifiutata di uscire dalla sua stanza.
Inscenando un finto mal di testa, aveva chiesto a sua madre di poter stare a
letto quel giorno.
Toc
toc.
Ma evidentemente non
era possibile stare in pace…
- Avanti -, disse
svogliatamente, per poi coprirsi subito con le coperte quando la faccia di Harry
fece capolino dalla porta.
- Posso entrare?
-
Maledizione proprio
oggi che ho il pigiama con le pecore? Pensò con
disperazione.
- Certo -, rispose
però.
- Tua mamma mi ha
mandato a controllare come stavi… -, le spiegò richiudendosi la porta dietro le
spalle…
- Sto bene, ora puoi
andare -, disse forse un po’ troppo freddamente.
- Ok, me lo merito –,
disse alzando le mani, quasi come se fosse un segno di pace. – Ma in realtà
vorrei parlarti. Se ti va. Perché ho come l’impressione che tu non stia per
niente male, ma che vuoi solamente evitarmi. -
Ginny abbassò la testa
per non far vedere che era arrossita.
Cosa avrebbe dovuto
fare? Doveva ascoltarlo? Doveva farsi insultare di nuovo?
Ovviamente
no!
- Ok -, ma
evidentemente il suo cervello e la sua bocca non erano collegati.
Harry si avvicino alla
finestra e si appoggiò con la schiena.
- Devo spiegarti un
bel po’ di cose –
- Tu non mi devi
assolutamente niente –
- Hai ragione. Io voglio spiegarti un bel po’ di cose -,
disse zittendola con lo sguardo.
- A che proposito? –,
chiese lei facendo la sostenuta, ma felice in fondo del fatto che Harry fosse andato a
cercarla.
- Me. Lo so, ti
sembrerà un po’ egoista, ma è così. Prima di tutto ti chiedo scusa per l’altro
giorno. Ho detto delle cose stupide e dettate dalla rabbia… -, disse guardandola
negli occhi e Ginny non poté fare altro che annuire. – E poi voglio raccontarti
quello che mi è successo dopo la battaglia. –
Lentamente, Ginny
annuì. – Va bene, ti ascolto. –
- Non è semplice…Ecco
vedi, quando è finito tutto mi sono sentito…libero per un momento. Felice.
Felice perché finalmente potevo essere una persona normale. Però…-, continuò con
amarezza – ho capito che non sarebbe stato possibile. Mi sono sentito egoista ad
essere felice dopo che tutte quelle persone, Fred compreso, erano morte. Ho
riflettuto sul fatto che avevo tolto una vita, e mi sembrava così…sbagliato. Mi
sembra ancora sbagliato. –
Il dolore che gli
vedeva negli occhi era profondo e sincero. Harry, come lei aveva sospettato sin
dall’inizio, non riusciva a perdonarsi l’omicidio. Era un qualcosa che andava
troppo contro la sua natura. E vedere come aveva serrato i pugni attorno al
davanzale della finestra, le fece venire un’improvvisa voglia di andare da lui
ed abbracciarlo, per fargli passare tutto il dolore che sentiva con il suo amore
e il suo affetto.
- La ricerca degli
Horcrux mi aveva spossato. Immagino che Hermione ti abbia raccontato tutto vero?
–
Ancora una volta Ginny
annuì. Alla fine era riuscita a sapere grazie alla sua migliore amica a cos’era
servito il loro viaggio dell’anno precedente. Ed era rimasta sconvolta quando
aveva saputo degli Horcrux e dei Doni della Morte.
- E’ stato difficile e
pesante, dal punto di vista mentale specialmente. Quando dovevo portare il
medaglione di Serpeverde mi sentivo costantemente arrabbiato con me stesso. Per
tanti motivi ma principalmente per aver messo in pericolo te, Ron e Hermione…E
poi è arrivata la battaglia. Ti ricordi quando mi sono finto…morto? -, chiese
con cautela.
A quel ricordo Ginny
trasalì. Come poteva aver dimenticato quel momento? Il tempo si era fermato in
quell’istante e tutto ciò che le era passato per la testa era stato come poteva
fare per raggiungerlo.
- Prima è successa una
cosa. Mi sono consegnato a Voldemort come ben sai. E mentre attraversavo la
foresta proibita ho usato uno dei Doni della Morte –.
- La pietra della
resurrezione -, mormorò Ginny e Harry annuì.
- Esattamente. Sono
riuscito a vedere i miei genitori, Remus e Sirius. Loro mi hanno dato la forza e
il coraggio per presentarmi dinanzi alla morte. E mentre Voldemort mi scagliava
l’Avada Kedavra addosso, il mio ultimo pensiero sei stata tu. Tu e il tuo
sorriso. -, disse sorridendo dolcemente. – Poi sono arrivato in una specie di
Limbo e ho potuto scegliere. Se tornare indietro e affrontare il dolore, o
lasciarmi andare al sonno eterno. Ovviamente ho scelto di tornare. Non avrei mai
potuto lasciarvi nel bel mezzo di una guerra con Voldemort vivo. Però… Negli
ultimi mesi, ho desiderato non aver fatto quella scelta. Ho creduto che forse
morire sarebbe stata la cosa migliore…-.
- Migliore per te? -,
chiese Ginny sbalordita e anche un po’ arrabbiata.
- Migliore per tutti.
Per te e per gli altri. Lo sai, i Mangiamorte non sono del tutto scomparsi
ancora e voi siete in pericolo ancora oggi. Dobbiamo solo ringraziare che non ci
sia Bellatrix in giro, o probabilmente né io né te saremmo qui a parlare.
–
- Lo vedi Harry? Hai
questa dannata tendenza a voler salvare e proteggere chiunque…non puoi! -,
sbottò Ginny, esasperata.
- Lo so, ma ti prego,
fammi finire. Dopo la battaglia, io…sarei voluto tornare subito da te. Ma tutto
il peso dei sette anni passati mi si è riversato addosso in un attimo. Come hai
detto tu l’altro giorno, ho capito di non poter essere solo Harry per il mondo
magico. E in un certo qual modo mi sono sentito tradito dalle stesse persone che
avevo salvato…Le cose che hai detto…sono vere. Difficili da accettare, ma vere.
Ma quel giorno ho capito che a piangermi addosso non risolvevo nulla…-, le disse
con una strana luce negli occhi.
- E allora?
–
- Sono entrato nel
corpo Auror –
Harry si rese conto di
averla sorpresa, quando la vide impallidire. – Sono contenta per te…ma non ne
hai avuto abbastanza di guerra e battaglie? –
Il ragazzo annuì e le
si avvicinò con cautela, per poterle sedere vicino. – Si. Infatti sono…nella
sezione logistica. Essere me ha i suoi
vantaggi*. Ho potuto saltare la prova psicologica. I miei superiori
sostengono che mettermi d’avanti ad un Dissennatore in questo momento sarebbe da
sadici. La battaglia arriva in extremis per quelli della mia sezione. Anche se
credo che non riuscirò a starmene seduto quando ce ne sarà bisogno… -, mormorò
con un sorrisetto.
- Lo credo anche io -,
borbottò Ginny, in tono poco lusinghiero.
Stettero in silenzio
per un po’, ma non fu imbarazzante. Entrambi avevano il bisogno di metabolizzare
le varie cose che Harry aveva detto.
- Quindi -, disse la
ragazza interrompendo la calma – ora sei tornato tra di noi? Voglio dire…parli,
mangi e scherzi? –
Harry rise a quelle
parole, trovandola più dolce e tenera che mai. – Si…ma mangiavo anche prima…
-
- Hai capito quello
che intendo -, lo freddò con un’occhiataccia.
- Beh diciamo che sono
a buon punto e…a proposito. Ho cambiato il vestito del matrimonio.
–
Ginny lo guardò ad
occhi sgranati. – Non avrai mica cambiato la camicia? Ti sarebbe stata così
bene… -
- Non ho cambiato solo
la camicia. Ho cambiato tutto. -, le disse con una certa
pomposità.
- Cosa avresti
combinato? –
- Ho cambiato colore.
Vestito blu e camicia…bianca. –
Ginny lo guardò
dubbiosa. – Bianco e blu? Ma il verde… -
- Sta bene con i miei
bellissimi e stupendi occhi lo so -, disse facendola ridacchiare. – Ma volevo
provare qualcosa di nuovo. E come dice Madama McClan: l’abito non fa il monaco…
-.
- Beh almeno tu hai le
idee chiare…a me ancora il vestito manca…-, rispose
mestamente.
- Lo sapevo -, le
disse facendole l’occhiolino. – Per questo c’è una…sorpresa per te.
–
- Una sorpresa per me?
–
Le si leggeva chiaro
in faccia lo stupore e Harry fu ancora più felice. Prese la bacchetta che aveva
poggiato sul comodino e con un gesto fluido, una scatola bianca si presentò
d’avanti a Ginny.
- Cos’è?
–
- Aprilo -, si limitò
a risponderle.
Con le mani tremanti,
Ginny si accinse a scogliere il fiocco dorato che decorava la scatola. Alzò la
parte superiore e per poco non si commosse.
Era
un…vestito.
Un vestito
meraviglioso.
Era di seta blu, con
un ampio scollo, e arrivava fino alle ginocchia. Inizialmente stretto, finiva
con una gonna ampia.
- Harry non dovevi -,
disse con voce tremante.
- Invece si…ho sempre
voluto farti un regalo, ma non ne ho mai avuto occasione. E poi…ho anche una
cosa da chiederti… -
Con gli occhi lucidi,
e le guance arrossate, Ginny lo spronò ad andare avanti.
- Io non so
esattamente come sia messa al momento la tua vita…sentimentale. E non voglio
incasinarti… Perciò non sentirti obbligata a dirmi di si…ma mi piacerebbe che tu
venissi con me al matrimonio…-.
Aveva parlato con
calma e serenità, e se non fosse stata per la mano sinistra chiusa a pugno tanto
da essere sbiancata, sarebbe potuto sembrare
leggermente…freddo.
- Io…si…certo… -,
riuscì a balbettare, prima di abbracciarlo forte e scoppiare a piangere.
Era più che altro un
modo di sciogliere la tensione.
Aveva avuto seriamente
paura che per loro due non ci fosse più possibilità, e ora sentirlo ricambiare
l’abbraccio con così tanta premura, le faceva credere che forse non tutto era
perduto.
E, ne ebbe la prova
certa, quando lui si staccò un attimo solo per prenderle il viso tra le mani e
baciarla delicatamente, come solo lui aveva fatto, e come solo lui avrebbe fatto
in futuro.
Le sue labbra erano
calde e morbide, e le fecero venire in mente una sola, unica, meravigliosa
sensazione: la felicità.
Dopo tanto tempo sentì
di nuovo la serenità invadere il suo corpo…Harry, rifletté in un secondo di
lucidità, era l’unico ad avere il potere di mandarla in paradiso con un solo
semplice gesto…
- Ginny, hai
visto…?-
Immediatamente si
staccarono, ed entrambi ebbero una strana sensazione di dejà vu, quando irruppe
con una certa verve nella stanza della sorella.
E forse fu per questo
che tutti e tre cominciarono a ridacchiare.
- Si Ron, cosa volevi?
–, chiese Harry senza lasciare la ragazza dalla stretta morsa in cui l’aveva
rinchiusa.
- Veramente cercavo
te…Mamma sta andando fuori dai gangheri perché ho sbagliato un incantesimo…e lo
sai che non si arrabbia mai quando ci sei tu…Comunque noto che sei impegnato -,
disse il Rosso facendo sorridere Harry sfacciatamente. – Vedi di non esagerare,
è sempre la mia sorellina… -.
- Si certo Ron -, gli
rispose Harry con condiscendenza e una certa malizia – Potrei dirti la stessa
cosa di Hermione…ma te la sposi, quindi… -.
Le orecchie di Ron
diventarono subito rosse e Harry scoppiò a ridere di nuovo.
- Avete finito? -,
borbottò Ginny un po’ offesa da tutto il testosterone che stava opprimendo la
sua stanza. Per tutta risposta, Harry abbassò il capo e le rubò un altro bacio
veloce prima di seguire Ron fuori dalla stanza.
Istintivamente lei
allungò un braccio per trattenerlo. Non voleva che se ne andasse. Non voleva che
la lasciasse di nuovo.
Harry lo capì, e le
sorrise dolcemente. – Torno tra cinque minuti. –
Certo, pensò Ginny
mentre si ributtava sul letto con le guance in fiamme e il cuore che batteva
forte, non si era ancora risolto tutto. Ma le cose stavano migliorando. E lei
sapeva che con Harry e la sua famiglia accanto sicuramente sarebbe stato tutto
più facile.
Eccomi di nuovo qua,
questa volta con Harry e Ginny, i miei preferiti…
Beh, che dire…la
storia si spiega da sola. Dopo la guerra non è possibile che tutto sia facile…ma
con un po’ di pazienza si risolve tutto, no??
Alla
prossima…
Francesca