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Autore: Arial    15/12/2009    2 recensioni
Sam è convinto che Dean al suo fianco sia in pericolo e decide di allontanarlo nell'unico modo possibile: regalandogli una nuova vita. Il suo piano, però, si rivela un disastro, lasciando Dean da solo e per la prima volta in vita sua, completamente vulnerabile.
Genere: Azione, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Il 53 di Barker Avenue è un condominio dall’aria tutto sommato rispettabile

 

 

 

 

Il 53 di Barker Avenue è un condominio dall’aria tutto sommato rispettabile. Una facciata un po’ vecchiotta, qualche aiuola ben tenuta e un alberello solitario, sotto cui è parcheggiata una splendida Harley.

Ho provato il suo citofono più volte, Dean non è in casa. Mi poggio contro la portiera dell’Impala, aspettando che torni.

Tamburello con le dita sul cofano a ritmo di una canzone immaginaria, chiedendomi come sarebbe più giusto comportarsi. Per ora potrei limitarmi a tenerlo d’occhio, assicurandomi che Lilith e i suoi si tengano alla larga. Non c’è bisogno di rovinargli la vita, trascinandolo di nuovo in questo schifo. Magari Dean è davvero solo depresso, capita a tutti, non c’è bisogno dei demoni…

Lo vedo arrivare da lontano. Inizialmente è solo una sagoma indistinta, che mi sfugge non appena esce dal pallido alone dei lampioni. Poi man mano riesco a distinguerlo con sempre maggiore chiarezza. Non ci credo: indossa una tuta da jogging e tiene fissato un ipod sul braccio, roba da sfotterlo nei secoli dei secoli. Nonostante il tutore alla gamba sinistra, il suo passo è bilanciato e il suo ritmo costante. Direi che è quasi del tutto guarito.

Mi sposto dietro la macchina, per evitare che mi veda.

È ormai al portone, quando un tizio sbucato dal nulla lo atterra. Tutto accade in una manciata di secondi: l’uomo lo colpisce con un pugno al volto e Dean, sbilanciato, cade. L’impatto con l’asfalto è violento, picchia la testa. Il suo aggressore si prepara a sferrargli un calcio, ma Dean è più veloce e gliene assesta uno sulla gamba d’appoggio. Mi sembra di sentire sin da qui il rumore del ginocchio che si rompe, ma l’uomo non fa una piega: è un fottutissimo demone.

Attraverso la strada in un lampo, sperando che basti la mia fama a farlo scappare: non posso usare i miei poteri davanti a Dean. Per una volta, la fortuna è dalla mia: una semplice occhiata e quel demone da niente si dà alla fuga. Resisto alla tentazione di inseguirlo per farlo a pezzi e mi chino su mio fratello: -“Tutto bene, amico?” chiedo, porgendogli la mano.

-“Sono stato meglio” ribatte, rimettendosi in piedi.

Faccio un rapido esame delle sue condizioni: ha un occhio pesto ed è probabile che domani non potrà neppure aprirlo, perde sangue da un taglio non troppo profondo alla tempia sinistra ed ha qualche escoriazione sul viso. Poteva andare decisamente peggio.

Dean non sembra essere molto d’accordo, si porta una mano alla testa e fa una piccola smorfia: -“Quel coglione, provare a rapinare uno che fa jogging…” mormora, arrabbiato. “Ehi…”

-“Sam.”

-“Sam, io sono James. Che ne dici se ti offro da bere per sdebitarmi? Ho un paio di casse di birra e qualche bottiglia avanzata dall’ultima festa. Giuro che in genere non mi faccio pestare per invitare sconosciuti a casa” conclude con un sorriso.

Uno simile mi tende immediatamente le labbra: -“Certo, James. Giuro che non salvo i ragazzi per poi farmi invitare a casa loro” rispondo, incapace di rifiutare.

-“Touché” commenta, prendendo le chiavi e facendomi strada lungo le scale. Si ferma dopo cinque impervie rampe: -“I primi tempi era una tortura” dice, indicandosi la gamba.

-“Niente ascensore, eh?”

-“Il bello dei vecchi palazzi… Scusa il caos, mi sto dando al bricolage. Dopo un paio di bicchieri non dovresti farci più caso, comunque” assicura, facendomi posto sulla soglia.

Lì lo zerbino recita “welcome to the jungle”, direi che certe cose non cambiano proprio mai.

L’ingresso dà su un ampio open space, in cui è racchiusa tutta la zona living. L’arredamento è moderno e funzionale, ma non asettico. I colori caldi delle superfici e del mobilio, che sfumano in morbide gradazioni che vanno dal rosso, all’arancio, al marrone; il tocco retrò fornito da uno splendido giradischi e da qualche vecchio poster; tutto concorre a dare l’idea di un ambiente caldo ed accogliente, vissuto. Questa è una casa, casa sua…

-“Sei ancora con me, Sam?”

-“Eh? Sì, certo. Mi davo un’occhiata in giro, bell’appartamento!

-“Grazie, allora non ti spiacerà se vi lascio da soli, mentre mi sistemo la faccia… Quello è il bar, lì c’è il giradischi: fa come se fossi a casa tua.”

Lascia la stanza, togliendomi d’impaccio. È la prima volta che provo una sensazione simile in sua presenza; nonostante la sua cordialità, per questo Dean io sono un estraneo e non riesco ad accettarlo: guardarlo negli occhi e non scorgervi quella scintilla d’amore che li ha sempre illuminati; nascondergli la mia identità, consapevole che se sapesse, darebbe fuori di matto…

Il mobile bar è decisamente poco fornito, segno che almeno con l’alcol ha smesso.

Ha solo della tequila, acqua tonica e una bottiglia di preparato per cocktail: margarita.

Dispongo il tutto su un basso tavolino davanti al divano, poi prendo del sale, dei bicchieri e del ghiaccio. Ci vorrebbe un lime…

-“Margarita, eh? Vuoi farmi ubriacare per svaligiarmi casa?” domanda da sopra la mia spalla.

Non l’ho sentito arrivare, sa ancora muoversi.

-“Scoperto. Ti va bene il drink?” chiedo, porgendoglielo.

-“Certo.”

Prende posto sul divano. Ha fatto una doccia, i suoi capelli sono bagnati e li asciuga distrattamente con un asciugamano. Li porta più lunghi del solito, ora che è libero dalla disciplina militare di John Winchester. Chissà, forse ha sempre desiderato farlo.

Ha un piccolo cerotto sulla fronte. L’occhio destro ha già cominciato a gonfiarsi, è pesto e quasi completamente chiuso. Sul viso gli si è dipinto un vasto ematoma violaceo, che evidenzia il pallore della sua pelle: Dean non sta bene come avevo creduto finora.

Si china sul tavolino e afferra una piccola custodia rigida. Ne estrae un paio d’occhiali dalla montatura nera, poi li inforca.

-“Porti gli occhiali!” esclamo, allibito.

-“È forse illegale?” chiede, bevendo un sorso di tequila.

-“Ma non li avevi prima” insisto.

-“Ho le lenti a contatto di solito. Insomma, Sam, non hai mai visto nessuno con gli occhiali?

No, non è possibile: Dean non è mai stato miope, l’avrei saputo. Che altro avrà alterato quel figlio di puttana?

Continuo ad osservarlo, scioccato, e Dean comincia a mostrare i primi segni di disagio: -“Allora, Sam, non sei una faccia nota, cosa ti porta in città?”

-“Mio fratello abita qui” rispondo il più sinceramente possibile.

Il suo sguardo si addolcisce: -“Come si chiama tuo fratello?”

-“Dean.”

Impallidisce visibilmente e versa parte del drink. Poi si ritrae, come se l’avessi colpito.

-“Tutto bene, James?” domando, sconcertato.

-“Sì, certo. Come mai non sei con lui?”

Sembra una curiosità innocente, ma il significato è chiaro: vuole che me ne vada.

-“È meglio che gli stia alla larga” dico, guardandolo negli occhi.

-“Non capisco, è tuo fratello, come puoi dire certe cose?”

Ci siamo, Dean e il suo senso della famiglia partono all’attacco. Se sapesse davvero quello di cui parla…

-“Diciamo soltanto che non sarebbe così contento di vedermi, gli procuro solo casini.”

-“Già, hai proprio la faccia del piantagrane tu” commenta, sarcastico. Butta giù il suo margarita in un colpo solo: -“Questo era per tuo fratello. Vediamo quanti ci toccherà scolarcene, per risolvere i nostri problemi, Sammy.

La bottiglia si svuota ad una velocità allarmante. Verso le due, giace dimenticata su un pavimento disseminato di patatine e snack di vario tipo. Siamo entrambi brilli e Dean sta ridendo! Ride come non faceva da anni, da prima dell’Inferno, da prima del patto e io non posso fare altro che guardarlo a bocca aperta, estasiato. E se poi pensa che ci stia provando, beh, sarà imbarazzante, ma poco importa…

-“Ok, sono fatto” annuncia Dean, dopo l’ennesimo brindisi. “Un altro bicchiere e non riuscirei neppure ad arrivare al letto.”

-“Probabile” ribatto, solo parzialmente lucido.

-“Siccome non mi andrebbe che ti rompessi il collo sulle mie scale, se vuoi, puoi prenderti il divano per stanotte. Sempre che non ti faccia troppo schifo il tuo vomito…

-“Ehi, non ho vomitato!” comincio, indignato. Provo a mettermi in piedi, ma ricado scompostamente all’indietro.

-“Peggio per te allora, almeno prima era roba della casa” dice, riprendendo a ridere. “Vado a prenderti delle coperte e un cuscino.”

Poggio la testa contro la morbida imbottitura e chiudo gli occhi, cercando di tenere fuori tutti quei colori: l’appartamento di Dean è passato da caldo a psichedelico, con l’aumentare del livello d’alcol nel mio sangue. Poi sento le mani di mio fratello che mi guidano verso il cuscino e che mi stringono addosso delle coperte. Dean lascia la stanza.

Mi addormento con un sorriso sulle labbra: per la prima volta dopo mesi dormiamo di nuovo sotto lo stesso tetto.

 

 

 

 

Note: Siccome la storia è già scritta, sarebbe crudele farvi aspettare troppo per l’aggiornamento. Ah, com’è grande e generoso il mio cuore! *se la canta e se la suona XD*

Grazie mille per i commenti <3

Credo tu abbia ragione, Francesca: ogni tanto non fa male occuparsi anche di Sam… *il suo io da Deangirl è traumatizzato da una tale affermazione O_O*

Alla prossima ^^

   
 
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