Sam lascia il mio appartamento,
chiudendosi la porta alle spalle.
Mi poggio contro la parete e
porto le mani alla fronte, cominciando a massaggiarla con rapidi movimenti
circolari. Chiudo gli occhi, combattendo una momentanea vertigine.
Non bastavano gli incubi, il mio
buon samaritano doveva anche rivelarsi uno psicopatico.
Mi trascino fino al letto e mi ci
butto a faccia in giù. Affondo il viso nel cuscino e lo ritraggo con un
sibilo. Forse dovrei metterci del ghiaccio o una bistecca su quest’occhio,
come nei film.
Mi giro su un fianco, sperando
che le pillole facciano effetto alla svelta. Ho bisogno di dormire, sono
esausto.
Avverto un lieve fruscio, come di
deboli passi o di parole sussurrate a mezza voce. È arrivata.
Allungo il braccio a tentoni, fino ad incontrare l’interruttore
dell’abat-jour. Illumino la stanza, sentendomi immediatamente più
leggero. Dovrebbero vedermi adesso gli uomini del dipartimento:
l’intrepido James Ford si lancia nelle case in fiamme, ma ha paura di
dormire al buio… Colpisco la lampada con rabbia, ritrovandomi nuovamente
nell’oscurità.
Scoppio a ridere. Certo che
c’è davvero da andarne fieri: non solo cacasotto, pure coglione.
“Non devi avere paura del buio, Dean.”
Ed eccone un’altra da
aggiungere alla lista: matto come un cavallo.
Il materasso cigola e si abbassa,
come se qualcuno si fosse disteso al mio fianco. Sento le sue dita sul collo,
mi sfiorano la pelle, gelide e delicate. Passano a
carezzarmi il volto, evitando però con cura la zona tumefatta.
Porto le ginocchia al petto e mi
avvolgo più strettamente nella coperta.
-“Ti
prego, lasciami in pace. Lo so che non esisti”
sussurro.
“No? Questo non è forse reale, Dean?” chiede allegra, schiaffeggiandomi.
Resto in silenzio.
“Oh, Dean, non fare così. Sai che amo la tua voce! Non vorrai che diventi di
nuovo cattiva…”
Mi stringe in un abbraccio,
modellando il suo corpo contro il mio. Le sue mani percorrono il mio petto, veloci, minacciose. Serro la mascella, preparandomi al
dolore. Mi bacia invece la schiena, seguendo con le labbra la linea dei
muscoli.
-“Che cosa vuoi?”
domando, stanco di combattere.
“Voglio che tu lo accetti, Dean!”
-“Cosa?”
“Che non devi temere il buio, perché il buio è
già dentro di te…”
Detto questo, scompare.
Le palpebre mi si fanno di colpo
pesanti; l’ansia, la paura, l’angoscia tutto svanisce. Prima che me
ne renda conto, sono profondamente addormentato.
Vengo svegliato dal telefono che
squilla. Mi porto la cornetta all’orecchio e un uomo mi chiede se abbia
mai riflettuto sui potenziali rischi che corre il mio portfolio azionario.
-“Non l’avevo mai fatto, amico. Ti ringrazio per avermi
aperto gli occhi” dico, riagganciando.
Il led dello stereo segna le
9.15, sembra che io sia stato una delle prime chiamate dell’aspirante
broker.
-“Il solito culo”
commento, alzandomi.
Ho un cerchio alla testa, ma la
tequila non è stata devastante come al solito. Mando giù un paio
d’aspirine e mi butto sotto la doccia. L’acqua bollente allenta
almeno in parte la tensione nei miei muscoli. Chiudo gli occhi e punto la
faccia contro il getto, godendo dell’immediata sensazione di benessere.
Vorrei restare qui tutto il giorno, senza pormi domande, senza pensare.
Tranquillo, in pace. Peccato che la caldaia la pensi diversamente: un fischio
improvviso e l’acqua diventa freddissima.
Mi stringo nell’accappatoio
e vado a vestirmi, deciso a non congelare definitivamente. Mi siedo sul letto e
osservo sconsolato la porta della camera: chi si credeva di essere quel tipo,
l’incredibile Hulk? Dovrei ripararla e chiamare
un tecnico per lo scaldabagno: a Lucy verrebbe un colpo vedendo la casa in
queste condizioni…
Al diavolo! Infilo il giubbotto,
afferro il casco e le chiavi e lascio l’appartamento: voglio correre e la
mia piccola è qui proprio per questo.
-“Non è vero,
tesoro?” le domando, sfiorando la lucida carrozzeria.
Attraverso il ponte sul fiume,
per poi imboccare la statale per Chicago. Ci siamo soltanto io, la mia moto e
chilometri di strada liscia e deserta: il paradiso, penso ironico, canticchiando
“highway to hell”.
Quando parcheggio nuovamente
davanti al palazzo, il sole è già calato da un pezzo e i lampioni
sono tutti illuminati. Mi sgranchisco la schiena e faccio schioccare le
giunture indolenzite. Sono distrutto, ma da tempo non mi sentivo tanto bene.
Trascino leggermente la gamba sinistra, che ormai è un sordo dolore.
Poco male, massimo due giorni e tornerà a posto. Niente potrà
rovinarmi questa serata…
Le scale sono buie, persino le
luci di emergenza sfarfallano. Scuoto la testa, infastidito: pago un botto di
condominio e l’impianto elettrico sembra opera di un amish.
Per non parlare della pulizia! Non sono esattamente un fan delle
Martha Stewart di questo mondo, ma evitare almeno che l’androne puzzi di
uova marce…
Sospiro ed entro in casa, dove
viene assestato il colpo di grazia al mio buonumore: -“Lucy, che ci fai
qui?!” esclamo, sorpreso.
Non risponde nulla, non sembra
neppure essersi accorta della mia presenza. Mi avvicino di qualche passo, ma
lei continua a volgermi le spalle.
-“È finita, lo
sai…” incomincio, poi la stangata finale:
-“Perché umiliarti ulteriormente?” chiedo, crudele. Non
posso permettere che capisca quanto ci stia male, quanto mi manca. Lei è
stata cristallina in merito: se Lucy fosse rimasta nella mia vita, l’avrebbe
uccisa…
-“E così hai preso
sul serio il mio avvertimento, che carino!” dice, ridacchiando.
Di cosa sta parlando?
Uno schianto improvviso e la
porta d’ingresso viene divelta. Su di essa troneggia il ragazzo di ieri.
Ha il fiatone, uno sguardo da invasato ed impugna un lungo coltello. Era
davvero uno psicopatico.
-“Ehi,
amico, cosa vuoi fare con quello? Perché non lo metti via prima
che qualcuno si faccia male?”
Sorrido, cercando di blandirlo,
ma non è con me che ce l’ha: -“Allontanati subito da lui,
puttana!” urla, scattando in avanti con l’arma alzata.
Mi frappongo tra loro, facendo da
scudo a Lucy. Lei si stringe contro di me, avvinghiandomi braccia e gambe.
Merda, non sarò d’aiuto a nessuno così!
Sam si ferma immediatamente e
indietreggia di qualche passo.
-“Non fargli del
male” implora, abbassando il coltello.
Non capisco, che cazzo succede?
Questo qui si comporta come se fosse Lucy la minaccia!
-“Tranquillo,
Sammy, se avessi voluto ucciderlo, sarebbe già morto. Sono mesi
che ci divertiamo, vero, Dean?”
No, non ci posso credere. La sua
voce… è la donna dei miei sogni, è sempre stata lei...
Fa un gesto con la mano e scaglia
Sam attraverso la stanza. Il suo volo termina contro la parete attrezzata, che
si infrange sotto il suo peso. Viene sepolto da una valanga di legno, vetro e
libri vari.
Che diavolo…
-“Oh, ma
come ti sei irrigidito! Scommettiamo che con un bel bacio passa tutto?”
Mi afferra la testa e mi
costringe a voltarmi. I suoi occhi sono completamente bianchi, le pupille
scomparse. Non è umana. Non è Lucy.
-“Chi cazzo sei?”
-“Lucy?” domanda,
sorridente.
-“Non
credo. Senza offesa, tesoro, ma lei non si veste come
una puttana e non puzza come una fogna” ribatto, imitando il suo sorriso.
-“Vedo che non hai perso
quella linguaccia insieme a tutto il resto.”
Perché tutti si comportano
come se mi conoscessero?
La sua presa si rafforza, non
riesco a spingerla via. Finirà per incrinarmi una costola o peggio. Come
può essere tanto forte?
Mi cedono le gambe, finisco in
ginocchio. All’impatto col pavimento un grido strozzato mi sfugge dalle
labbra. E poi il fisioterapista mi diceva di fare attenzione alla moto…
-“Questa
scena non ti è familiare, Sam? Ah, quanti
ricordi!” esclama, estasiata.
Il ragazzo non si è ancora
ripreso, mi sembra svenuto. Lucy gli si avvicina, squadrandolo avidamente.
-“Ehi, aspetta, mi sembrava
ci fosse dell’attrazione fra di noi” dico,
sperando di riguadagnarmi la sua attenzione. Funziona: torna indietro e si
china su di me.
-“Sempre il solito, vero,
Dean?” incomincia, scuotendo la testa. “Va bene,
non mi va più di giocare per stasera: sta fermo e presto vi
lascerò andare. Tutti e tre” assicura,
poggiando le sue labbra sulle mie.
Un bacio? Tanto casino per un
fottutissimo bacio? Ne ho viste di donne disperate, ma questa le batte
tutte… Mi prende il volto fra le mani, attirandomi ancora di più a
sé. Le mie labbra si schiudono al tocco leggero della sua lingua. Si
insinua nella mia bocca, muovendosi dapprima lentamente, poi con sempre
maggiore trasporto. Chiudo gli occhi, fingendo che sia Lucy, nonostante abbia
il sapore ferroso del sangue. Un’immagine comincia a farsi strada nella
mia mente. È indistinta e sfuocata, ma assume velocemente chiarezza.
È lei ad alimentarla, infondendole consistenza e forza, dandole vita. La
figura prende corpo sullo schermo delle mie palpebre chiuse. Non si tratta di
un essere umano: è una creatura bellissima, perfetta, ammantata di una
splendente aura di luce. Comincia a parlare in una lingua che non conosco; afferro
soltanto il mio nome, disseminato fra sillabe dal suono ricco e musicale.
“Tutto chiaro, James?” chiede alla fine.
Annuisco, vagamente intontito.
“Bene, ci rivedremo presto. Dal vivo spero”
conclude, sorridendo.
Scompare e mi trovo nuovamente
fra le braccia di Lucy. Ha smesso di baciarmi. Adesso mi osserva, incuriosita e
apparentemente soddisfatta.
-“Magari il mio lavoro
fosse sempre così piacevole!” mormora, asciugandomi il viso.
Stavo piangendo, perché?
Provo una sensazione sgradevole, un peso alla bocca dello stomaco…
-“Beh, salutami Sam quando
si sveglia” dichiara contenta.
Getta poi la testa
all’indietro, vomitando volute di denso fumo nero. Lucy crolla a terra,
esanime. Mi avvicino a lei, chiamandola per nome. Non accenna a svegliarsi, ma
il suo battito è forte e regolare. Resto immobile al suo fianco,
insicuro su come comportarmi. Comincio a carezzarle i capelli, lasciando vagare
lo sguardo nel vuoto. Cosa devo fare, che ne sarà della mia vita? Posso
provare a rimetterne insieme i pezzi… magari con Lucy al mio fianco?
Una mano mi si posa sulla spalla,
Sam: -“Tranquillo, si riprenderà” dice, in un vano tentativo
di incoraggiamento.
-“E se ricorderà la
metà di quanto è successo, avrà bisogno di uno psichiatra
per il resto dei suoi giorni…”
-“Tu no?” domanda serissimo.
Scoppio a ridere: -“Io non
ero bilanciato neppure prima, amico.”
-“Già, ma forse
questo è un bene” commenta, mesto.
Non so perché, ma qualcosa
nel suo tono mi mette in allarme: -“Che vuoi dire?” chiedo.
-“Non posso spiegarti molto
adesso, ma sei in pericolo: devi venire con me.”
Scuoto la
testa, divertito: -“Come no. Mi dispiace, Taxi Driver, ma a
‘sto giro passo: trovati un’altra fanciulla
da salvare!”
-“Scusami,
Dean, non mi lasci scelta.”
-“Che…”
L’ultima cosa che vedo prima di sprofondare nel buio, è il suo pugno che cala sulla mia testa.
Note: Grazie a tutte, davvero. Da una parte mi dispiace quasi postare così velocemente, perché da un paio di settimane non riesco a scrivere neppure le cartoline e continuare ad aggiornare ‘sta storia mi faceva sentire almeno un po’ “attiva”. Per favore, non fatemi rinchiudere XD
Un bacione ^^