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Autore: DanP    23/12/2009    7 recensioni
La loro convivenza era iniziata con le peggiori premesse.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Signore e Signori, buongiorno e benvenuti. *si inchina*

Questa è la primissima fanfic pubblicata sul meraviglioso sito che è EFP, quindi abbiate pietà di me. *inchino più profondo*

Ed è anche la prima fanfic che scrivo su Viewfinder, manga che mi ha stregato l'anima e che ultimamente non fa che popolare i miei sooooogniiii OçO....sbaaaaavvvv....ehehm...* si riprende*

Non vi tedierò più di così, dunque spero apprezzerete questa raccolta di ficcine che durerà finchè Asami ed Akihito non deciderenno di trasf....trasferirsiiiiiii....*ç*.....cough, cough....evadere dalla mia mente deviata!

Buona lettura e lasciatemi un commentino!!!!Baci!!!^__^

 

 

“E' da anni che aspetto lo scatto perfetto, anche adesso.”

 The stories of a couple

 A Christmas story (first part)

 

Akihito non amava granchè le feste di Natale, le spiegazioni di questo potevano essere molteplici: perchè la stragrande maggioranza di tutti i lavori affidatigli durante l'intero anno triplicava improvvisamente, non lasciandogli tempo nemmeno per respirare, perchè i suoi avrebbero gradito la sua presenza, (e puntualmente dall'inizio di Dicembre la sua segreteria era colma di richieste, suppliche e improperi di sua madre.), ma soprattutto, ed essenzialmente, perchè il motto “a Natale siate tutti più buoni” sembrava non arrivare ai neuroni di quello Yakuza da quattro soldi con cui era costretto a passare le suddette “vacanze”.

La loro convivenza era iniziata con le peggiori premesse.

Quando il pervertito aveva messo piede in casa sua dicendogli, in un tono che non ammetteva repliche, di fare le valigie, ecco, quello aveva fatto traballare la sua nota -inesistente- capacità di sopportazione.

-A che scopo?- aveva chiesto spazientito.

L'altro l'aveva guardato con quel suo solito ghigno.-Ti trasferisci.-

Nel giro di un paio d'ore il suo adorato, vecchio, disordinatissimo appartamento era stato svuotato di ogni cosa.

E lui si era ritrovato con un espressione di puro sconcerto ed una valigia sgangherata in mano, di fronte ad uno dei complessi di appartamenti più costosi e all'avanguardia di tutta Tokyo.

-Dio, come ti odio.- aveva concluso alla fine Akihito, non sapendo davvero a chi si stesse rivolgendo.

 

Ovviamente, col tempo, aveva finito per adorare quella sua nuova sistemazione.

Dalle immense vetrate del salotto, che ogni mattina, puntualmente, facevano entrare una luce soffusa che, da bravo fotografo qual'era, l'aveva incantato, al piccolo stanzino che aveva arredato come camera oscura.

E col tempo, aveva accettato anche quella strana relazione, fatta di insicurezze da parte sua, e una sorta di sentita freddezza da parte di Asami.

Ma nonostante tutto c'era ancora qualcosa di indistinto e silenzioso che, poco a poco, si era insinuato nella sua mente.

L'assoluta certezza che se avesse anche solo pensato di lasciare quel bastardo senza sentimenti che era il suo amante -e questo era un altro argomento spinoso, che anche dopo mesi di convivenza, lui non si sentiva in grado di affrontare- il suo cuore avrebbe nutrito una sofferenza simile a quella provata ad Hong Kong.

Non che vedesse quella relazione come assolutamente giusta, perché anche l'idea di convivere come una normalissima coppia lo lasciava sempre basito e gli riempiva la testa di immagini che mal si addicevano alla realtà dei fatti: non sarebbero mai stati una coppia-normale....di amanti.

E di certo quello lì, non lo avrebbe mai lasciato andare, perché le sue proteste sembrava in qualche modo sortire sempre l'effetto contrario a quello sperato.

E così dopo due anni di convivenza aveva finito per accettare quel loro scapestrato ed insulso legame.

 

In quel periodo però un pensiero ricorrente lo tormentava: il regalo.

Negli anni precedenti, per un motivo o per l'altro era riuscito a sopravvivere, anche se ogni volta che, anche solo per sbaglio, aveva accennato alla questione, Asami gli aveva rivolto un sorrisetto non propriamente rassicurante.

Quel sorriso, pensò con sconcerto, quello che gli faceva scorrere mille brividi lungo la schiena e che poi lo facevano subito pentire di aver parlato.

Così aveva concluso che se davvero Asami teneva a ricevere qualcosa per quella stupida festività avrebbe dovuto cercare altrove.

 

Come se non fosse stato sufficiente a peggiorare il suo umore, in quelle settimane non aveva smesso un istante di nevicare e sui marciapiedi si andava formando una sottile coltre di ghiaccio e fanghiglia grigiastra.

Con la neve era giunto anche un freddo pungente che gli faceva lacrimare gli occhi e intirizzire le mani mentre camminava sulla strada del ritorno.

Nell'aria impazzavano i jingle natalizi e le strade erano gremite di gente, come se l'intera Tokyo avesse deciso all'unanimità di uscire per comprare regali solo in quel preciso istante, il pensiero non lo rallegrò minimamente, al contrario, la sua mente fu invasa da un improvviso sconforto.

Aveva impiegato ore a spiegare ai suoi amici che, no, non avrebbe potuto partecipare alla festa organizzata da Yoshida, non senza scatenare una strage, perlomeno.

Non aveva proprio idea di quale sarebbe stata la conseguenza se dopo la frase di Asami:

-Per la Vigilia tornerò prima.- (E questo chiaramente voleva dire “vedi di essere a casa.”)

Lui avesse coraggiosamente scelto di rispondere: “ho altri impegni”.

Davvero, non aveva nemmeno osato pensare a quale sarebbe stato il suo atroce destino, anche se Asami delle volte dimostrava di non essere poi così originale.

 

Giunto a destinazione, spalancò la porta, sorpreso di non sentire il vociare del televisore o il fruscio dei fogli di giornale, suoni familiare che testimoniavano la presenza dell'altro uomo in casa.

Si avviò così fino in salotto ed improvvisamente sentì lo scatto dell'interruttore alle sue spalle.

La stanza si fece improvvisamente buia, ed il ragazzo si chiese come mai le tapparelle fossero abbassate a quell'orario assurdo, sperando non fosse un espediente creato per dare inizio ad uno dei suoi giochini perversi.

 

Aveva tutta l'intenzione di girarsi ed iniziare l'ennesima sequela di insulti rivolti alla sua squisita persona quando sentì un nuovo scatto, molto più vicino a lui, che inondò la stanza di una luce calda, dai riflessi argento.

Rimase a fissare stupito la fonte di quella luce innaturale, faticando a trovare le parole per esprimere ciò che stava provando.

-Tu hai fatto....l'albero di Natale?!-riuscì infine a dire, non senza sforzo.

Ma non era un semplice e pacchiano albero, di quelli che si vedono nei film strappalacrime, pieno di statuine, palline e altre cianfrusaglie irriconoscibili.

No, quell'albero era semplicemente....divino.

Con graziosissime palline trasparenti, decorate con ricchi e raffinati disegni argento, tutte con qualche fantasia differente

Dalla cime si districavano dei sottilissimi fili del medesimo colore, che andavano ad unirsi alle piccole luci ad intermittenza, appoggiate ai rami, e diffondevano una sorta di bagliore ultraterreno nell'intera stanza.

Akihito rimase con la bocca spalancata per qualche minuto prima che l'altro accendesse la luce, riportandolo alla realtà.

-Ma come....?Cosa....- balbettò il ragazzo, continuando ad indicare l'oggetto incriminato.

 

Il padrone di casa se ne stava del tutto a proprio agio, poggiato allo stipite della porta con un flute di champagne in mano, braccia conserte e gli occhi che gli brillavano per il divertimento.

-Non vedo perché la cosa ti debba sconvolgere a tal punto. E' un semplicissimo albero di Natale, tutto qui.- concluse Asami.

Ma per lui non era “tutto qui”.

Asami che addobbava un albero doveva presagire la fine del mondo, o nel minore dei casi, alla sua, di fine.

Messo da parte ogni sorta di catastrofismo si riscosse dal suo torpore e puntò dritto verso la cucina, tentando di dimenticare il suo shock.

 

Da qualche parte della casa, appena entrato, doveva aver sentito una sorta di profumo invitante, ma era un pensiero poco ragionevole, si disse.

In nessuna dimensione all'uomo conosciuta poteva accadere che fosse Asami Ryuichi a cucinare la cena.

Eppure ciò che campeggiava sopra il tavolo della cucina era un tripudio di pietanze dall'aspetto delizioso, che spandevano nell'aria una fragranza di una bontà inimmaginabile.

-Trovo oltraggioso e vagamente offensivo che tu non mi ritenga capace di cucinare, né tanto meno di decorare casa come si deve.-

Asami andò ad accomodarsi sul divano ed Akihito si costrinse di stargli a debita distanza.

Non credeva granchè alle leggende natalizie, ma quello che stava accadendo in quella casa doveva essere per forza opera di un Dio misericordioso, che aveva finalmente avuto pietà della sua povera anima.

Dio, pregò, allora ti importa di me!

-Non è che non ti creda capace...solo ritengo più facile immaginare che tu abbia puntato la tua pistola addosso a qualcuno e gli abbia intimato di preparare tutto...- e fece un ampio gesto della mano -questo.-

Asami alzò le spalle, respirando a fondo.

-Mi sarebbe stato più facile pagare qualcuno per farlo, ti pare?E comunque dubito che al mondo esista essere umano con il mio stesso senso estetico....perciò...-

In quel momento Akihito maledì lui e la sua irritante boria.

Però, se era rimasto a casa tutta la mattina per fare tutti quei preparativi....

Sorrise e gli puntò contro un dito, con fare indagatore.

-D'accordo, se davvero hai fatto tutto tu, a che scopo scomodarsi tanto?-

L'uomo continuò a mantenere la sua solita espressione di superiorità.

-Mon cher, non mi serve una giornata di lavoro casalingo per portarti a letto, questo lo sai.-rispose subito, sorridendo.

Il ragazzo finse di non aver sentito e continuò ad attendere la risposta.

-Alla fin fine credo di aver fatto tutto questo per....vedere l'espressione idiota che avevi quando sei entrato in salotto.- disse, alzando appena un dito nella sua direzione.

No, nessun Dio misericordioso, era sempre lui.

Alla fine, non è che si aspettasse davvero una risposta ricca di sentimento ma un minimo di tatto poteva sprecarlo....

Scivolò su una sedia fissando con odio l'orologio.

Quella giornata, pensò con orrore, ancora non era giunta al termine.

 

Continua......

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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