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Autore: chia    29/06/2005    2 recensioni
Una scelta difficile...una decisione che cambierà tutto: si verificherà il prevalere di un passato dolce e indimanticabile o l'emergere di un presente che riesce ancora a mettere in agitazione, a far sognare? il testo è più che altro una riflessione,un lento ed inesorabile ricordo...una dura e imprecisa decisione. leggete non ne rimmarrete delusi...almeno spero! fate sapere...chia
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Improvvisamente aprì gli occhi ancora tanto pesanti e irrimediabilmente umidi, cercando di abituarsi a quel nero denso e oscur

AMARE IL PASSATO O IL PRESENTE?

 

Improvvisamente aprì gli occhi ancora tanto pesanti e irrimediabilmente umidi, cercando di abituarsi a quel nero denso e oscuro che la notte con il suo tocco silenzioso le aveva donato.

Donato…si perché lei amava il buio, amava le ore notturne in cui tutto il mondo si fermava e in cui poteva finalmente soffrire senza esser scorta…senza pregiudizi, senza opinioni…sola.

Alcune lacrime calde le scesero su di una guancia e si fermarono proprio sul margine più estremo del labbro quasi desiderose di divenire un elemento decorativo in quel quadro di sofferenza, destandola definitivamente.

Alcuni oggetti ora, mantenendo il loro colore grigio-nero, stavano prendendo forma.

Era tutto così familiare…il gigantesco armadio che dominava inconsapevole la stanza con la sua mole, la poltrona di pelle nera ormai rassegnatasi al ruolo di appendi abiti, il piccolo canestro appeso alla parete arrabbiato per l’utilizzo ultimamente così ridotto, il grande stereo sollevato per almeno qualche ora dal suo assiduo lavoro e…il corpo di un giovane addormentato accanto a lei con una maglietta di topolino scolorita e stropicciata sotto il peso del corpo caldo contro il materasso.

Non si mosse, rimase semplicemente in ascolto…attese speranzosa il cadenzato e regolare respiro generato dalla quella figura che  così immobile sembrava aver deciso di appartenere ad un altro mondo.

La disdetta dell’ultimo micidiale pensiero accorse trionfante alla ragazza: un soffio delicato e inconfondibile portò un accenno minimo di sorriso sulle lebbra ancora umide e particolarmente salate di lei.

Lui era lì.

Accanto a lei dopo tanto tempo.

E ci sarebbe sicuramente rimasto a meno che…

Silvia, questo era il suo nome, decise impassibile di allontanare l’insignificante pensiero che malvagiamente aveva tentato di fare capolino nella sua mente.

Non era giusto.

Non lo era per entrambi.

O almeno fu ciò che lei tentò di imporsi.

Lui l’aveva fatta sorridere, l’aveva fatta sentire sicura e protetta, l’aveva amata.

Lo ricordava bene…LEI.

Come non riusciva assolutamente a dimenticare l’immagine di quegli occhi chiari che dopo mesi di coma l’avevano guardata inconsapevoli e spaventati e come ancora, quella frase detta a bassa voce con un’incredibile sforzo, riusciva a distruggerla, disintegrarla:

 

< Tu chi sei? Ci conosciamo?>

 

Un sibilo impercettibile, ma presente e continuo: questo erano divenute per lei quelle parole.

Lui non si ricordava nulla, assolutamente nulla.

Neppure lo sconvolgente incidente che gli permise di intravedere, come ospite privilegiato, la morte.

I suoi ricordi si limitavano tristemente all’infanzia: alla palla nera e rossa che incombeva come un gigante sulle gardenie appena piantate, agli enormi e dolci biscotti della nonna riempiti ad oltranza

con gocce di cioccolato, al trenino su rotaie che mai cominciò il suo viaggio.

La memoria si fermava inesorabile a quel punto, senza lasciare la benché minima speranza a lei…alla loro storia insieme.

Possibile che non ci fosse un piccolo spazio per il loro primo appuntamento?

Per quell’afoso pomeriggio d’agosto sorpreso da un temporale estivo in piena regola?

Loro era seduti sull’erba dell’ampio parco sottostante il palazzo dove la giovane abitava,stavano chiacchierando del più e del meno cercando senza successo di non divenire banali o sembrare impacciati, agitati…le prime gocce li avvisarono di correre via ma entrambi, troppo presi dagli occhi che l’altro riversava nei propri, non ci badarono sottostando poi ad una adeguata e simpatica punizione: una doccia rinfrescante e…all’aria aperta.

Perché anche il loro primo bacio (atteso, sospirato, sognato, bramato ed infine ottenuto) non compariva nelle reminiscenze del ragazzo?

Come era possibile che le lunghe chiacchierate sotto il cielo addobbato unicamente per loro da infinite stelle, le lunghe corse sulla battigia, i momenti romantici e quelli più desolanti non riuscivano a scalciare via il buio dei suoi ricordi?

Troppi erano i perché e troppo poche erano le risposte ancora sensate, credibili…

Mossa da un impeto di nostalgia, di sentita commozione Silvia accarezzò il braccio liscio del giovane che fermo nella stessa posizione continuava a dormire tranquillo, sicuro che il giorno seguente, quella bella ragazza che aveva conosciuto al suo risveglio sarebbe stata lì, pronta ad aiutarlo.

Lo sfiorò con delicatezza, salì con le lunghe e affusolate dita fino a raggiungere la spalla, poi su fino al collo per fermarsi infine al viso.

Aspettò.

Niente.

Non provò niente.

Il brivido che mentalmente si era ricreata speranzosa di ottenerlo, non si presentò.

Il ritmo regolare del cuore non si decise a velocizzarsi: perché i battiti non danzavano a ritmo di quella strana canzone che più volte, in passato, aveva riproposto al solo intravederlo da lontano?

Attese ancora un po’.

Si avvicinò ulteriormente a lui permettendo al suo corpo un contatto con quello dell’altro.

Ancora non ottenne i risultati sperati.

Involontariamente spostò sulle labbra del giovane la mano che si era, dopo il vago errare, adagiata sul petto e con un movimento inconsapevole prese a disegnarne il contorno.

Lo fece una volta, e poi una seconda, una terza e poi…

Stop.

No.

No.

Che stava facendo?

Era forse impazzita?

Quel gesto…

Quel preciso e brutalmente dolce gesto.

 

<Non temere lui si sveglierà e sarà tutto come prima >

 

Quella voce, quella maledetta voce.

 

            < Piangi piccolina, piangi…io sono qui con te, sfogati pure >

 

Perché non si decideva ad andarsene una volta per tutte?

 

           

 

Ancora?

 

           

  E ora perché ridi? Ti divertono forse le disgrazie altrui? >

 

Basta…basta.

 

           

 

Doveva cancellare, dimenticarsi di lui…dell’altro.

L’altro.

Il suo sorriso sempre stampato in faccia come in uno dei quei cartelloni pubblicitari a volte tanto irritanti, si ripeteva di fronte a lei.

Le sue parole.

Dette dolcemente.

 

            < Vai da lui, ha bisogno di te >

 

Dette con tono malinconico…quasi riuscite ad uscire incolumi prima di uno sfogo, un pianto…

Ma lei di chi aveva bisogno?

Chi poteva farla ridere ora?

Chi?

Nessuno forse? Entrambi? Oppure uno solo dei due? Si ma quale?

Colui che tendeva, nella sua mente, a sopranominare l’altro era un giovane fantastico.

Lo aveva conosciuto per caso…un giorno come tanti altri, un giorno divenuto speciale.

Erano due persone completamente diverse ma una il completamento esatto dell’altra.

Grazie a lui, lei era rinata in un momento buio, e ora proprio per lui si ritrovava nuovamente nell’oscurità.

Avrebbe dovuto dimenticare…ma come si può farlo?

La sua voce roca, i suoi occhi nero catrame, le lunghe e possenti braccia, le sue mani…quelle dita che spesso si divertivano a disegnarle il contorno della bocca con i polpastrelli.

 

Chiuse improvvisamente gli occhi, quasi a rinnegare tutto.

Nell’accecante nero che da sola si era ricreata cercò a tastoni la mano del corpo che era ancora accanto a lei…la strinse.

Voleva certezze…

Ma quali stupide certezze?

 Riaprì gli occhi.

Si sedette sul letto, poggiando la schiena contro il muro freddo.

Sul comodino di fianco a lei lampeggiava silenziosamente un cellulare.

La stava cercando.

Non ragionò.

Gli rispose.

Parlò piano stringendo i modo anomalo il ricevitore.

Non doveva andarsene, lo voleva trattenere lì.

Quando la conversazione terminò il suo cuore batteva…ma al ritmo di una nuova canzone.

Strinse più forte la mano del suo ragazzo.

Ancora nulla di preciso, di definito.

Solo dolore.

Un dolore intenso, acuto.

Un bruciore che persistente aveva dominato per tutta la serata e che solo per un breve momento, era stato alleviato.

Quel breve momento.

Il suo cuore diceva di correre via da quella stanza, da quella camera, da quel ragazzo ora sconosciuto.

Le diceva di raggiungere l’altro, di abbracciarlo…di non lasciarselo sfuggire.

Ma la ragione…

No lei non era d’accordo…

Se il suo ragazzo avesse ricordato improvvisamente ogni cosa?

Se fosse tornato tutto come un tempo? Quando erano veramente felici…

Se tutto ciò fosse realmente successo lei che avrebbe fatto?

Lei amava quel giovane venuto dal nulla che silenziosamente l’aveva rapita…ma amava pure

quel ragazzo pieno di vita che per primo le aveva rubato ogni cosa…           

O meglio…amava il ricordo di quest’ultimo.

Non un ricordo morto, seppellito ma ancora scalpitante, intenso.

 

Che doveva fare ora?

Era forse più giusto amare un passato che l’aveva fatta sognare e che miracolosamente sarebbe potuto tornare?

Ma sarebbe poi realmente mai tornato come prima?

Questa era l’unica certezza….

No.

Non sarebbe tornato uguale, non poteva…adesso.

Ora era tutto cambiato…ora c’era l’altro…la ragione che ancora riusciva a tenerla viva.

Allora?

La conclusione qual’era?

Amare il presente? Quel presente che la agitava dolcemente e di tanto in tanto la disorientava con una parola in più, detta a bassa voce?

Si.

Si.

Lei lo sapeva che fare.

Passato o presente nel suo futuro?

Sorrise.

Ne era certa e non avrebbe cambiato idea…non ora.

Si vive una volta sola e bisogna farlo bene…nel tempo più giusto.

 

  
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