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Autore: rhys89    02/01/2010    14 recensioni
Sembri addirittura insicuro, quasi temessi un mio rifiuto.
Come se io potessi anche solo
pensare di rifiutarti.
Rifiutare
te.
Te che sei semplicemente perfetto.
Te che sei ciò che bramo di più al mondo.
Te che sei l'ultimo, folle, desiderio che esprimerei, se condannato morte.

Piccola one-shot ispirata al film Dorian Gray (del 2009).
Un flusso di coscienza che racconta (o almeno prova a raccontare) i pensieri di Basil durante la festa in maschera da Dorian. La sua ultima festa.
Un'intrusione sconsiderata nella mente di un artista, di un gentleman... di un uomo innamorato.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Basil Hallward, Dorian Gray
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Angolino dell'autrice


Salve a tutti!! ^_^
Sono di nuovo qui su EFP a rompere le scatole... anche se devo dire che per me questa fic è una cosa del tutto nuova: non ho mai lavorato su personaggi già esistenti (e iniziare proprio con quelli del grande Wilde non è stata in effetti la scelta migliore, ma lasciamo stare... -_-''), quindi posso solo sperare di aver mantenuto l'IC... ma se così non fosse fatemi sapere, così aggiungerò l'avvertimento per gli sprovveduti che vorranno leggere questa mia pazzia...
E adesso veniamo a noi: ho voluto scrivere questa piccola one-shot per provare a descrivere, come ho detto nell'introduzione, quelli che sono stati i pensieri di Basil durante la festa in maschera di Dorian e, soprattutto, durante la chiacchieratissima scena del bacio.
Io ADORO il libro "Il ritratto di Dorian Gray", non fraintendetemi, ma ho scelto di basarmi sul film per due motivi:
-Wilde è un genio, e su questo non ci piove, dunque mi sarebbe sembrata un'eresia intromettermi nel suo capolavoro.
-Mi è venuta l'ispirazione proprio guardando la sopracitata scena del bacio e, dato che nel libro non c'è e che, ovviamente, la pellicola non riporta i pensieri dei personaggi, mi è sembrato interessante provare a immedesimarmi nel caro artista, per vedere cosa ne sarebbe venuto fuori.
Prendete questa mia piccola fic per quello che è, ovvero un esperimento nato dall'unione dei miei due amori: Wilde e lo yaoi.
Spero vi piaccia come è piaciuto a me scriverla...
Un'ultima cosa: tutti i dialoghi sono fedelmente ripresi dal film, così come le scene narrate.

E, per finire, i disclaimer: anche se non ci sarebbe nemmeno bisogno di sottolinearlo, i personaggi appartengono al grande Oscar Wilde, mentre i diritti del film... bho, saranno di chi li ha acquisati, di certo non miei XD.
E, ancora più ovvio, io non ci guadagno un centesimo a scrivere questa storiella.

Buona lettura a tutti! ^_^

Sei la mia maledizione

Sono di nuovo nel tuo salotto, Dorian. Io, come Aghata, Henry e altre decine di persone. Mi sorprendo sempre di quanto grande sia la tua casa, nonostante la frequenti da molti mesi, ormai.
Hai dato una festa, stasera. L’ennesima. E mi ritrovo a pensare che io ti ho accompagnato alla tua prima festa, qui a Londra.
Era un ricevimento come tanti. Noioso, almeno per me. Invece a te è piaciuto. Del resto non mi meraviglia: eri così curioso di fare nuove esperienze che, credo, ne saresti stato entusiasta anche se si fosse rivelato un completo disastro.
È stato in quell’occasione che hai conosciuto Henry Wotton… è stato in quell’occasione che hai iniziato ad allontanarti da me.
A volte mi tormento ancora, pensando che se ti avessi detto di no, se fossi riuscito a resistere di fronte a quei tuoi occhi imploranti e a quel tuo sorriso di uno splendore disarmante… se ce l’avessi fatta, noi non saremmo mai andati a quel ricevimento, e tu non l’avresti mai incontrato.
Poi mi dico che invece avrei soltanto rimandato l’inevitabile.
È una bella festa: ci sono maschere, musica, danze e tanti invitati.
Aghata sostiene sia la migliore che tu abbia mai dato. A me, onestamente, non fa né caldo né freddo.
Non mi piace la confusione, non mi è mai piaciuta. Sono un artista, io, preferisco la compagnia di una tela a quella della cosiddetta “crema” londinese.
Eppure sono qui. Di nuovo. E ti cerco tra la folla.
Dove sei finito, Dorian?
Sei sparito non appena ti ho chiesto in prestito il quadro, il MIO quadro, dopo aver buttato lì che era troppo prezioso per esporlo al pubblico.
Ma io non mi arrendo.
Mi congedo velocemente dai miei interlocutori e vado nell’altra stanza, nella speranza di trovarti.
In effetti ci sei.
Sei sdraiato sul grembo di una donnetta e ridi spensierato mentre lei e la sua compagna ti vezzeggiano in mille modi.
Mi è sempre piaciuto il tuo sorriso. Anche se lo preferivo quando era puro. Puro ed innocente, come eri tu quando ti ho conosciuto.
D’un tratto ti volti e mi vedi. E il tuo sorriso si spenge.
Dio, devo avere un’espressione terribile.
«Chiedo scusa.» Dico abbassando lo sguardo. Poi mi volto e faccio per andarmene.
«Mi… mi volevi?»
La tua domanda mi blocca all’istante.
Mi volto a guardarti. Hai l’espressione leggermente incuriosita, ma naturale.
Strano, mi era sembrato… no. No, era una frase di circostanza, nessuna allusione.
Ora sono diventato anche paranoico… mi sento ridicolo.
Faccio retro front e sparisco dalla tua vista, senza risponderti.
Mi sorprendo un poco quando sento i tuoi passi raggiungermi, fuori da quell’antro di perdizione che è diventata la tua sala. Mi sorprendo e non posso impedire ad un sorriso di incrinare l’aria seria e disdegnata che avevo deciso di mantenere.
Ma come posso riuscirci, con te?
In breve mi sei accanto. Non chiedi niente, ma non ce n’è bisogno: vuoi una spiegazione.
Bene, l’avrai.
«Quel dipinto è la mia opera migliore,» inizio, continuando a camminare e dandoti ostinatamente le spalle «sarebbe molto apprezzato, se…»
«Il dono più grande che un amico mi potesse fare.» Mi interrompi, troncando sul nascere quello che sarebbe potuto essere un ottimo discorso di persuasione.
Ma non mi interessa… non quando mi fermi, facendomi voltare. Non quando mi ritrovo il tuo viso così vicino al mio ed un tuo braccio sulla mia spalla.
«Infatti…» continui, sistemandomi la giacca con brevi carezze che mi fanno quasi sospirare «infatti vorrei poterti dire quanto grande.» Concludi, con un sorriso.
Sorrido anch’io, l’irritazione di poco fa ormai totalmente dimenticata.
Ma non per questo intendo lasciar perdere: ho bisogno di quel quadro.
È la mia opera d’arte… è quasi mio figlio, tanta è la cura che gli ho dedicato. Non tenermi lontano da lui, Dorian… per favore.
«Allora non è irragionevole riaverlo per un po’ in prestito…» Insinuo, sperando di riuscire a convincerti.
Tu non dici niente. Mi viene da credere di averti spiazzato con la mia richiesta: forse non pensavi che avrei insistito tanto… ma non so dirlo con certezza, perché la tua insicurezza non dura che un momento.
«Non sono sicuro di averti… mai espresso in pieno la mia gratitudine…» Dici poi, accarezzandomi il collo con una strana espressione.
Ti guardo. Studio quegli occhi che da molte notti, ormai, popolano i miei sogni.
E d’improvviso capisco. Capisco cosa vuoi fare… e capisco che non posso permetterlo. Anche se mi odierò, per ciò che sto per dire.
«Io non credo che…»
Mi interrompi, di nuovo… stavolta con un bacio.
E il tempo si ferma.
Sento le tue labbra sulle mie. Sono morbide… come le avevo sempre immaginate. Anzi, molto di più.
E sono dolci, più dolci del miele più puro.
Una dolcezza che vorrei ritrovare anche nel tuo gesto… ma non ci riesco.
Non ci riesco perché non c’è dolcezza. Perché sono quasi certo che il tuo sia soltanto un metodo poco ortodosso per farmi desistere dalla mia richiesta…
Ma, nonostante tutto, quando ti separi da me… io mi sento morire.
Inizio a scivolare in un abisso senza fine, accompagnato solo dal tuo viso e dal suono della tua voce…
È per resistere a quella forza che mi trascina in basso che mi aggrappo alla mia coscienza: perché io, in un angolo nascosto del mio cuore, so che tutto ciò è sbagliato, so che finirà male… e so che devo fermarti… prima che sia troppo tardi.
Per questo, quando ti avvicini una seconda volta, io mi ritraggo.
La mia pallida imitazione di ribellione, però, non pare scalfirti minimamente.
Ti appropri di nuovo della mia bocca, ma questa volta è un tocco diverso, delicato… intimo. Come quando sfiori il naso con il mio, per tornare a guardarmi negli occhi.
Ma è inutile mentire a se stessi: io so che te non ricambi i miei sentimenti…
Ma allora perché, Dorian?
Perché mi fai questo?
Vorrei chiedertelo, davvero… ma non riesco a trovare la voce.
O, forse, non voglio sapere la risposta.
Così, quando le tue labbra si spostano sul mio collo, mi abbandono a te.
Mi lascio inghiottire dal vortice di sensazioni che mi ha sopraffatto, rifiutandomi di pensare a qualsiasi altra cosa che non sia il calore sempre più forte che mi pervade.
Mi sento bruciare da un fuoco che non voglio estinguere… ma presto, troppo presto, quel contatto paradisiaco si interrompe.
Sposto di nuovo lo sguardo su di te.
Ti sei allontanato un po’, e adesso mi stai studiando. Per la prima volta dopo tanto tempo rivedo in te il riflesso di quel ragazzino timido che posava per il mio quadro.
Sembri addirittura insicuro, quasi temessi un mio rifiuto.
Come se io potessi anche solo pensare di rifiutarti.
Rifiutare te.
Te che sei semplicemente perfetto.
Te che sei ciò che bramo di più al mondo.
Te che sei l’ultimo, folle, desiderio che esprimerei, se condannato morte.
E, con gli occhi persi nei tuoi, mi basta un solo battito di cuore per decidere.
Questa volta sono io ad avvicinarmi al tuo volto.
È un bacio carico di desiderio e disperazione, il mio.
Quella stessa disperazione che riempie l’animo di chi conosce fin troppo bene la realtà… ma per una volta, una misera volta, decide che non gli importa. Che tutto sommato può concedersi il lusso di non essere sempre impeccabile e di godersi la vita, attimo per attimo.
Proprio come fai te.
D’un tratto, però, cambi atteggiamento.
Abbandoni ogni delicatezza e premi con decisione le mie spalle per farmi scendere, allontanandomi da te.
E io mi lascio cadere in ginocchio, docile. Del resto non potrei fare altrimenti: sono totalmente soggiogato.
Ti guardo dal basso.
Sei… bellissimo, Dorian.
Poi le tue mani si muovono, e le vedo slacciare lente i bottoni dei tuoi pantaloni.
Alzo di nuovo lo sguardo su di te, rispecchiandomi nella tua espressione lussuriosa.
Giusto… per te è solo sesso, niente di più.
Ma sai una cosa? Va bene così.
Ti voglio, questa adesso è la mia unica certezza.
Ti voglio, ti ho sempre voluto, e non m’importa se dopo dovrò patire le pene dell’inferno.
Sei la mia maledizione, Dorian… ma mai dannato amò tanto la causa della sua rovina.
   
 
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