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Autore: domaris    06/01/2010    4 recensioni
"Non ho nessuna intenzione di adottare un cane."
Un insolito primo incontro tra Gibbs e DiNozzo.
La storia è pre-serie e pre-slash a parte l'epilogo che è ambientato durante la settima stagione e fa riferimento alla puntata di Natale (7x10 Faith)
Genere: Commedia, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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Nota: in fondo al capitolo le risposte alle recensioni.

Capitolo 2

Gibbs era, se possibile, più irritato del giorno prima. La omicidi di Baltimora aveva apparentemente assegnato il caso ad un giovane detective che avrebbe ripreso servizio solo quella mattina e che quindi ne avrebbe saputo quanto lui se non meno. Inoltre continuava a piovere e non beveva un caffè che si potesse definire tale da quando era finito in quello strano locale, il pomeriggio precedente. Mise la mano in tasca e ne tirò fuori il biglietto da visita. C'era scritto, in caratteri eleganti, “Zara's Corner – Sweets and Puppies”. Dolci e cuccioli, un connubio decisamente originale, ma un'altra tazza del caffè di quella donna l'avrebbe bevuta volentieri. Al momento però doveva accontentarsi della brodaglia distribuita dalla macchinetta della Centrale di Polizia, in attesa che il detective DiNozzo si decidesse a farsi vivo.
Passarono altri cinque minuti prima che un giovane che dimostrava a malapena trent'anni entrasse nella stanza, richiamando l'attenzione di tutte le donne presenti. Il nuovo venuto sembrava appena uscito dal letto, i capelli bagnati di pioggia sparati in ogni direzione e un sorriso che dava l'idea che in quel letto non ci fosse stato da solo. Gibbs si augurò che non fosse il detective con cui avrebbe lavorato, anche se non si aspettava molta competenza da un poliziotto, sperava almeno in qualcuno che sapesse cosa fosse la professionalità.
Le sue speranze si dissolsero non appena il capitano, dalla porta del suo ufficio, richiamò a gran voce il detective.
- DiNozzo, subito nel mio ufficio! Agente Gibbs, venga anche lei, - aggiunse con espressione tempestosa.
Il giovane si volse nella loro direzione e per qualche secondo riuscì a mantenere un'espressione vagamente colpevole, prima che un sorriso impenitente tornasse ad apparire sul suo viso nel momento in cui i suoi occhi incontrarono quelli freddi e penetranti di Gibbs. L'ex marine scosse lievemente la testa infastidito, gli ci mancava soltanto un dannato bel ragazzo pronto a flirtare con chiunque invece di fare la sua parte di lavoro.
Date le premesse riuscì a malapena a nascondere la sorpresa quando DiNozzo tirò fuori dalla tasca un taccuino, si sistemò sull'orlo della scrivania del capitano e cominciò a riassumere il caso, dimostrando una competenza che non si sarebbe mai aspettato.
Quando ebbe finito, fu il capitano ad intervenire.
- Agente Gibbs, siamo a corto di uomini per cui tutta la collaborazione che posso offrirle è questa. DiNozzo risponderà direttamente a lei per tutta la durata del caso, a patto che in seguito l'NCIS ci fornisca un rapporto completo e dettagliato.
Detto questo fece un vago cenno con la mano che indicava chiaramente il desiderio di essere lasciato solo nel suo ufficio.
Non appena la porta si fu chiusa dietro di loro il giovane si volse verso di lui e gli chiese, con voce carica di entusiasmo:
- Allora signore, da dove cominciamo?
L'ex marine gli rivolse una delle sue famose occhiatacce, prima di replicare, convogliando tutta la propria irritazione nel tono di voce.
- Gibbs, non signore. Io lavoro per vivere.
DiNozzo non si lasciò intimorire, guadagnandosi una punta di rispetto dall'uomo più anziano.
- Voglio che il rapporto del coroner venga inviato immediatamente al Dottor Mallard, all'NCIS di Washington. Noi andremo ad interrogare i testimoni, - ordinò.
- E' lei il capo, – rispose il giovane con un altro sorriso.
Gibbs sospirò, irritato. Sarebbe stata una collaborazione snervante se già ora avvertiva l'impulso di dare uno scappellotto al poliziotto, per fargli entrare un po' di sale in zucca.
Il detective, senza dire nulla, si avviò verso la scrivania di una bionda provocante e flirtò con lei per qualche momento, prima di passarle il fascicolo. Poi si volse verso Gibbs.
- Julia farà le scannerizzazioni del rapporto e potrò mandare l'email al suo dottore, - spiegò il giovane spostandosi ad un'altra postazione che si distingueva dalle altre per il totale disordine che la caratterizzava. Indicandogli una sedia, sedette dietro alla scrivania e cominciò a digitare lentamente qualcosa sulla tastiera, con due dita. Poi aprì il cassetto e ne tirò fuori un cartone che conteneva due bomboloni alla crema.
- Vuole favorire, agente? - chiese mentre si metteva comodo.
Gibbs decise che fare una scenata nel bel mezzo della centrale sarebbe stato controproducente, quindi si limitò a rispondere con tono tagliente.
- Per quale motivo la sua collega non può mandare l'email, facendoci risparmiare tempo?
- Chi, Julia? - rispose ridendo il giovane. E poi spiegò:
- Mi creda, se non la mandiamo noi difficilmente verrà inviata in giornata, qui non c'è molto spirito di collaborazione, - terminò con un sospiro rassegnato.
Gibbs stava per dire qualcosa quando un suono proveniente dal computer attirò l'attenzione del giovane.
- Allegato pronto, vuole scrivere lei l'indirizzo? - chiese girando verso di lui la tastiera.
L'agente guardò con diffidenza il computer e, preso il portafogli dalla tasca del pantaloni, ne tirò fuori un biglietto da visita che tese al detective.
Il giovane annuì e, dopo aver dato un morso al suo dolce, procedette all'invio dell'email.
Quando riportò lo sguardo verso l'agente Gibbs scoprì che si stava già dirigendo verso l'uscita. Scrollando la testa, si alzò di scatto, diede un ultimo morso al bombolone e seguì l'altro uomo fuori dall'edificio.
Dopo aver discusso animatamente su quale mezzo prendere e chi avrebbe guidato, Tony salì rassegnato sull'auto di Gibbs, reprimendo uno sbadiglio. Il paio d'ore di sonno che si era concesso in mattinata, dopo aver passato la notte a documentarsi sul caso, non era di certo bastato ed ora gli sarebbe piaciuto poter chiudere gli occhi per qualche minuto. Ma appena l'altro partì sgommando sull'asfalto bagnato spalancò gli occhi e gli rivolse un'occhiata decisamente preoccupata.
- Vorrei restare tutto intero, agente Gibbs, se non le dispiace, - disse preoccupato mentre sbandavano pericolosamente in una curva.
- Mai fatto un incidente in vita mia, - dichiarò l'ex marine sicuro di sé.
Tony immaginò che gli altri automobilisti fossero stati sempre abbastanza intelligenti da fargli largo e si aggrappò alla maniglia sopra la portiera, pregando che questo non fosse un giorno sfortunato per l'uomo al volante. Fece per aprire la bocca ma decise di non distrarlo. Appena fosse stato al sicuro si ripromise di chiamare Zara e chiederle se poteva essersi sbagliata perché non era affatto sicuro che quest'uomo potesse veramente aver a che fare con il suo futuro.
Nel frattempo Gibbs, pur apparentemente assorto nella guida, osservava il giovane con la coda dell'occhio, le labbra appena increspate in un tenue sorriso soddisfatto alla vista dell'espressione preoccupata e della forza con cui stringeva la maniglia. Detestava avere a che fare con novellini entusiasti e irriverenti, era per questo che aveva persuaso il direttore a lasciargli scegliere i nuovi membri della sua squadra, ma in questo caso avrebbe potuto essere un vantaggio. Il ragazzo sembrava abbastanza disposto a seguire i suoi ordini mentre sapeva bene che un detective esperto avrebbe preteso di gestire l'investigazione per conto proprio.

Il primo interrogatorio non diede loro nessun elemento utile, mentre DiNozzo riuscì a strappare qualcosa di promettente ad una cameriera che lavorava accanto al luogo dell'omicidio. Sembrava che il detective non potesse fare a meno di flirtare con qualsiasi bella ragazza che si trovasse nel suo raggio d'azione, facilitato dal fisico e da quel sorriso fanciullesco che sfoggiava ad ogni occasione.
- DiNozzo! - lo richiamò all'ordine, irritato dal tempo che stava sprecando a conversare con una collega della testimone.
Neanche a dirlo il giovane si volse verso di lui sorridendo, e dopo un veloce saluto alla donna si affrettò a raggiungerlo.
- Eccomi! Betty mi stava dicendo che uno dei loro clienti potrebbe conoscere l'uomo dell'identikit, - gli comunicò soddisfatto.
Gibbs digrignò i denti.
- Avrebbe potuto farci risparmiare tempo e dirlo subito alla polizia. L'indirizzo? - chiese con tono urgente.
- Dietro l'angolo. Non c'è bisogno dell'auto, - rispose l'altro sollevato di poter dare un altro po' di respiro al suo stomaco, per niente contento degli scossoni che prendeva con Gibbs al volante.
Una volta a destinazione, un edificio semi abbandonato, capirono subito che c'era qualcosa che non andava. La porta dello spazio adibito ad abitazione era accostata e dall'interno proveniva un tanfo che non indicava nulla di buono. Entrarono con circospezione, con le pistole in pugno controllarono ogni stanza prima di soffermarsi accanto al cadavere.
- Non toccare niente! - intimò al giovane e poi, lanciandogli il mazzo di chiavi, aggiunse: - prendi la macchina fotografica e il kit che troverai nel bagagliaio dell'auto.
Nel frattempo aveva tirato fuori di tasca il cellulare e digitato un numero.
- Ducky? Ho un altro cadavere correlato al caso che sto seguendo, te lo faccio arrivare appena possibile, voglio che sia tu a fare l'autopsia questa volta.
Chiuse la comunicazione prima che l'altro potesse dire qualcosa e fece un'altra chiamata.
Si guardò attorno, le stanze erano sottosopra, i quadri erano stati staccati dalle cornici e le tappezzerie erano strappate in più punti, sarebbe stato difficile capire se, chiunque fosse stato, aveva trovato o meno quello che stava cercando.
- Non sarebbe meglio chiamare la scientifica? - chiese il detective appena tornato, distogliendolo dai suoi pensieri.
- Da quanto sei alla omicidi? - si informò Gibbs.
- Da quando sono qui a Baltimora, quasi due anni, - rispose l'altro orgogliosamente.
- E non hai ancora imparato a gestire una scena del crimine? - rincarò la dose con tono alquanto sarcastico.
Il giovane rimase a bocca aperta. Nessuno gli aveva mai chiesto di occuparsi di quella parte dell'investigazione ed ora gli brillavano gli occhi dall'eccitazione.
- Se mi mostra cosa fare io imparo in fretta, agente Gibbs.
L'ex marine represse ancora una volta la tentazione di colpire il giovane. Ci sarebbe stato tempo più tardi per metterlo in riga, adesso aveva altro a cui pensare.
- Metti questi, - gli disse sbrigativamente tendendogli un paio di guanti di lattice.
Poi gli porse la macchina fotografica.
- Sai usarla? - al cenno affermativo del detective, proseguì: - Fotografa il cadavere e il resto della stanza da ogni angolazione, senza tralasciare niente. Io mi occupo degli schizzi e del resto.
I due uomini lavorarono in silenzio, ognuno impegnato nel proprio compito e perso nei propri pensieri. Tony era ammirato dalla competenza dimostrata dall'agente federale ed era intenzionato ad imparare il più possibile da lui, oltre a cercare di conoscerlo meglio. Nonostante l'istintiva fiducia che aveva provato nei suoi confronti durante il primo incontro e le rassicurazioni di Zara, tendeva ad essere piuttosto diffidente quando si trattava di rivelare a qualcuno la sua 'particolare' natura e non intendeva correre rischi.
Più tardi, quando i CSI di Baltimora erano finalmente arrivati ed avevano portato via il cadavere, Gibbs aveva preteso di interrogare gli abitanti della palazzina di fronte allo stabile e di ottenere ogni informazione possibile sul morto. Quando Tony gli aveva detto che avrebbero dovuto tornare in centrale per farlo, gli mise in mano un computer portatile che aveva tutta l'aria di non essere mai stato usato prima.
- Problemi con l'elettronica? - non riuscì ad evitare di chiedergli, guadagnandosi un grugnito e la sensazione che avrebbe fatto meglio ad affrettarsi ad ottenere quelle informazioni, nonostante lo stomaco gli stesse ricordando che in tutto il giorno non aveva toccato cibo a parte il bombolone della mattina.
La risata di Gibbs lo colse di sorpresa.
- C'è un posto decente in cui mangiare da queste parti? Non me ne faccio niente di un partner svenuto dalla fame, - disse l'agente facendolo arrossire.
DiNozzo lo portò in un piccolo ristorante sgangherato con le tovaglie a quadretti sui tavoli e foto di località italiane appese alle pareti, dove vennero serviti in fretta e con grande cordialità dal proprietario.
- Vengo sempre qui, quando sono in questa parte della città, - spiegò prima di trasferire tutta la propria attenzione al piatto di pasta che aveva davanti.
L'ex marine lo osservò attentamente. Sembrava che il giovane di origine italiana avesse una grande scorta di entusiasmo e, per qualche strana ragione, gli tornò alla mente il labrador del giorno prima, decidendo che in qualche modo glielo ricordava.
“Chissà se DiNozzo si offenderebbe se sapesse che lo sto paragonando ad un cane!”, pensò divertito.
Poco più tardi lo riaccompagnò alla centrale notando che il giovane cominciava ad essere meno rigido durante il tragitto in auto. Gli ordinò di terminare le ricerche che gli aveva richiesto e di non passare la notte sveglio, poi tornò in albergo, fece un paio di telefonate a Washington e bevve un'ultima pessima tazza di caffè prima di andare a dormire, sperando contro ogni previsione che per lo meno smettesse di piovere.

Note: il terzo capitolo sarà pubblicato sabato.

Risposte ai commenti:

Fange69: Ammetto che l'idea di partenza è un po' strana (anche se in inglese questo è un genere piuttosto diffuso) e non ci saranno molte spiegazioni sul come, ma principalmente la storia racconta di come Gibbs e Tony hanno imparato a conoscersi ed apprezzarsi, quindi spero che continuerai a seguirla.

Ametista: sono contenta che ti piaccia! E non preoccuparti, la storia è già tutta scritta quindi continuerò a pubblicare i capitoli alla distanza di pochi giorni uno dall'altro.

   
 
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