CAPITOLO SEDICESIMO: IL RIPOSO INTERROTTO.
Anche quel pomeriggio Phoenix
aveva pranzato a casa di Elena, sotto insistenti richieste della
ragazzina, che si sentiva molto più sicura quando il Cavaliere di Atena era
vicino a lei. Da quando aveva visto suo nonno morire davanti ai suoi occhi,
calpestato dai piedi sporchi dei soldati di Arles, poco più di un anno prima,
Elena era rimasta sola, ma non aveva mai abbandonato la sua modesta casa di
pietra nell’unico villaggio dell’Isola del Riposo. Né aveva mai abbandonato la
speranza di una vita migliore, proprio come suo nonno le aveva insegnato.
Phoenix la ammirava, poiché
nonostante la sua apparente fragilità di orfanella Elena non aveva mai mostrato
di cedere alla disperazione, non aveva mai tentennato di fronte alla vita,
continuando ad andare avanti, incurante della propria solitudine. Di una solitudine
che la ragazzina sembrava non sentire, trovando forza e consolazione nella
preghiera e nella fede in Atena.
Terminata la corsa attraverso le
Dodici Case, Lady Isabel, accompagnata da Phoenix, aveva visitato personalmente
l’Isola del Riposo, a cui la Dea aveva dato la sua protezione millenni
addietro, per la fedeltà e la dedizione che gli abitanti avevano dimostrato
alla causa della giustizia. Aveva celebrato lei stessa una piccola funzione per
ricordare il nonno di Elena, capo del villaggio, e ne aveva nominato un altro,
lasciando sull’isola un piccolo gruppo di soldati, con il compito di difenderla
in caso di ulteriori attacchi e di aiutare gli abitanti a ricostruire le case
distrutte dall’incendio appiccato dagli scagnozzi di Arles.
Phoenix faceva spesso visita ad
Elena, trovandola sempre intenta in qualche lavoro manuale, che fosse la
coltivazione dei pochi terreni fertili che l’isola vulcanica offriva o la
cucitura o il rammendo di abiti e di sacchi. Attività che la ragazzina
praticava con costanza e dedizione, amando rendersi utile, a se stessa e alla
piccola comunità. Si era sentito spesso in colpa Phoenix, per aver tardato nel
suo intervento, quel fosco pomeriggio dell’anno precedente, e non essere
riuscito a salvare il vecchio capo. E aveva cercato di compensare i suoi sensi
di colpa con le continue visite alla nipote, approfittando della necessità di
riparare la propria armatura. Le aveva fatto visita dopo la corsa alle Dodici
Case, nei pochi giorni trascorsi tra la fine della Guerra del Nibelungo e la
sua discesa nel regno sottomarino e infine dopo il crollo del Tempio di
Nettuno. E anche in quei giorni, terminata la Grande Guerra contro Ares, e
solidificata nuovamente l’Armatura Divina nel fuoco di Kabir, non aveva
rinunciato a passare da lei, anche solo per farle un saluto. Ed Elena aveva
insistito affinché si trattenesse ancora.
“C’è così tanto lavoro da fare
qua! Ci servirebbero altre due braccia forti e robuste!” –Le sorrideva sempre
la ragazzina, pur sapendo che Phoenix non si sarebbe mai fermato stabilmente.
Perché non era nel suo carattere, e perché il suo rango di Cavaliere gli
imponeva di scendere sempre in battaglia contro le forze oscure.
“Non hai ancora terminato con il
tuo lavoro?” –Le domandò Phoenix, alzandosi da tavola, dopo aver consumato il
frugale pasto che Elena gli aveva preparato.
“Non ancora! Questa sciarpa è
più difficile del previsto ed io non sono molto esperta! Vorrei che mia nonna
fosse ancora viva, lei avrebbe eseguito in fretta un lavoro di precisione! Era
una sarta abilissima!” –Commentò Elena, seduta su uno sgabello vicino al
caminetto, intenta a cucire pezzi di stoffa.
“Con i campi ancora da irrigare
e le bestie da rigovernare, perdi tempo dietro a una sciarpa?!” –Ironizzò
Phoenix, grattandosi dietro la nuca. Ma la risposta di Elena lo colse
impreparato.
“È una sciarpa per te,
Cavaliere! So che è poco, un dono umile per un eroe come te, ma vorrei finirla
prima della tua partenza!” –Esclamò la ragazzina, fissando Phoenix e
arrossendo. –“Ormai ti conosco, e so che possono passare mesi prima di
rivederti! Vorrei dartela prima dell’arrivo dell’inverno!”
“Elena… io…” –Balbettò Phoenix,
non sapendo cosa dire, commosso da quel piccolo gesto, carico di un affetto
sincero e profondo che così poche volte aveva conosciuto nella vita. Suo
fratello e i suoi tre compagni a parte, con cui aveva stabilito un legame che
andava al di là dell’amicizia, un legame che scivolava in un’unione eterna,
c’era stata solo una ragazza che gli aveva dimostrato un amore sincero. E
quella ragazza era morta proprio a causa sua.
Quindi aveva conosciuto
Ippolita, Regina delle Amazzoni, così simile a lui, così diversa. E proprio
quando aveva ammesso i suoi sentimenti per lei, era stata uccisa da Deimos.
Sospirando, il ragazzo aveva iniziato a credere che fosse meglio non
affezionarsi a nessuno, poiché tutte le persone che venivano a contatto con lui
parevano destinate a morire. E non avrebbe voluto che anche quella bambina
incorresse in un destino simile.
I pensieri di Phoenix furono
interrotti da un rumore acuto proveniente dal porto poco distante. Il fischio
di una nave spezzò di nuovo il silenzio del villaggio, obbligando Phoenix a
seguire Elena in strada, condotto da lei per mano lungo la via principale, che
scendeva verso la costa. Proprio in quel momento un cargo stava entrando in
porto e molta gente si era ammassata lungo i pontili, pronta per procedere allo
scarico delle merci di cui avevano bisogno.
“Ogni mese la duchessa di Thule
ci invia i rifornimenti che da soli non riusciamo a produrre!” –Spiegò Elena.
–“Purtroppo il terreno dell’isola non si presta a grandi coltivazioni e spesso,
a causa del tempo ostile, non riusciamo a coprire le richieste della
popolazione! Ma Atena è una Dea molto buona, lei ci dà tanto senza chiedere
niente in cambio!”
Phoenix sorrise, osservando la
gioia dipingersi sul volto della bambina, che corse assieme ad altri abitanti
ad aiutare i marinai a scaricare le casse lungo il molo. Era ormai pomeriggio e
il ragazzo pensò che presto se ne sarebbe andato. L’Armatura Divina della
Fenice era tornata perfetta, come il giorno in cui Efesto l’aveva potenziata
con il mithril, ed egli non amava trascorrere troppo tempo nello stesso posto.
Sempre inquieto e vagabondo, incapace di mettere stabili radici. Sempre alla
ricerca di qualcosa che neppure lui sapeva bene cosa fosse.
“Cavaliere di Phoenix?!” –Lo
chiamò una voce maschile, facendolo voltare e trovandosi di fronte un ragazzo
sui venticinque anni, con un simpatico accento scozzese. Indossava una divisa
da marinaio e aveva il volto coperto di sudore, per aver scaricato finora casse
di indumenti e generi alimentari per il villaggio. –“Cavaliere di Phoenix,
posso disturbarvi?”
“Puoi chiamarmi Phoenix,
ragazzo! Di cosa vuoi parlarmi? State facendo un bel lavoro!” –Commentò, con la
sua solita aria noncurante, che nascondeva invece un profondo interesse.
“È stata Elena a parlarmi di
voi, Cavaliere! E so che potete capire le mie parole!” –Esclamò il ragazzo, con
voce a tratti tremante, obbligando Phoenix a fissarlo con attenzione. –“C’è
un’ombra nell’Egeo! Un’ombra generata da un’isola non troppo distante dalle
coste turche, la cui oscura influenza pare estendersi su tutto il cielo! Le
navi cambiano spesso direzione, e negli ultimi giorni due cargo sono scomparsi,
addentrandosi in quella nera foschia!”
“Un’ombra, dici?!” –Commentò
Phoenix, toccandosi il mento con interesse. –“Poco lontano da qui?!” –E si
incamminò verso il pontile più rivolto a oriente, tirando uno sguardo in
lontananza. Non vide niente, soltanto un cielo scuro che copriva la sua
visuale. Ma quando fece per voltarsi, un brivido gli corse lungo la schiena,
anticipando un sinistro sogghigno che ben conosceva. –“Flegias!!! È sua
quest’aura cosmica che avverto minacciosa!!!”
“Lo avete percepito anche voi,
Cavaliere? È un mostro! Sì, un mostro come quelli di cui le leggende sono
costellate! Come quello che vidi quando ero bambino, al largo delle coste di
Sicilia!” –Esclamò il ragazzo, con voce quasi terrorizzata.
“Non temere per i mostri, li
rimanderemo nella leggenda da cui hanno avuto l’ardire di uscire! Piuttosto fai
in modo che nessuna nave segua quella rotta! Non è sicura!” –Esclamò Phoenix,
incamminandosi lungo la strada principale, per rientrare al villaggio e tornare
a Kabir. Si fermò pochi passi dopo, con le mani nelle tasche dei pantaloni,
voltandosi indietro. –“Come hai detto di chiamarti, ragazzo?”
“Mi chiamo Cliff, signore! Cliff O’Kents!” –Rispose
questi.
Non ci fu tempo di aggiungere
altro che il cielo si oscurò all’istante, mentre violente folgori lampeggiarono
nell’aria, schiantandosi sui moli, sulle casse e sulle navi ormeggiate. Gli
abitanti del villaggio scapparono via gridando, ma molti vennero raggiunti da
quei potenti fulmini neri, che ustionarono i loro corpi, stramazzandoli a
terra. Le navi esplosero e fiamme immense lambirono il cielo, in un crepitare
sinistro di ombre. Phoenix corse verso il porto, cercando Elena e chiamandola a
gran voce, senza riuscire a localizzarla, in quella ressa confusa di persone in
preda al panico.
“Cavaliere di Phoenix!” –Gridò
Cliff, rialzandosi, dopo essere stato sbalzato a terra dallo schianto di un
fulmine.
“Mettiti in salvo, ragazzo!” –Lo
intimò Phoenix, guardandosi nervosamente attorno e riuscendo finalmente a
localizzare Elena, appoggiata al muro di un edificio, assieme ad altre donne.
–“Elena!!!” –Phoenix scattò verso di lei, ma non appena si mosse un muro di
fulmini neri si schiantò di fronte a lui, impedendogli di andare oltre. Un muro
che pareva muoversi ad ogni gesto del Cavaliere, seguendolo in ogni piccolo
movimento e imprigionandolo in una gabbia di oscura energia.
“Non avere tanta fretta,
Phoenix!” –Esclamò infine una voce, che sembrava provenire da quel cielo nero
che aveva sormontato l’Isola del Riposo in un’innaturale fretta. –“I giochi
sono appena iniziati, e non ti è concessa la facoltà di ritirarti!” –Aggiunse,
mentre un violento schianto fece esplodere il cargo con cui Cliff e gli altri
marinai erano giunti, generando un’onda d’urto che sbatté a terra decine di
persone, uccidendone alcune, e distrusse quel che restava del molo e dei bei
pontili di legno recentemente ricostruiti.
Un uomo apparve tra le fiamme,
avvolto in un turbinare di fulmini neri. E sogghignò avvicinandosi a Phoenix.
Soltanto quando gli fu vicino, e poté incrociare il suo sguardo perverso, il
Cavaliere di Atena si accorse che il suo nemico stava camminando sull’aria, a
mezzo metro da terra, incurante delle fiamme che lambivano i piedi della sua
armatura. Nera come la notte, la corazza dell’uomo era simile alle vesti di un
monarca, ornata di gemme e di fregi, con un elmo a forma di corona e un lungo
mantello nero con il collo di pelliccia. In mano stringeva uno scettro, corto e
massiccio, con il volto di una fiera feroce sulla sommità. Non era affatto
alto, né robusto, ma l’emanazione cosmica che ostentava con fierezza fece
trasalire Phoenix, spingendolo a rialzarsi in fretta, prima che l’uomo gli
puntasse contro lo scettro nero e scagliasse un raggio di energia verso di lui.
“Sono Arne dello Scettro di
Brandeburgo!” –Si presentò l’uomo, accennando un inchino. Più per ironia
che per sentimento. –“Ed è inutile che ti dica che sono qua per te, Cavaliere
di Phoenix! Perciò indossa la tua Armatura Divina e combatti! Qua! Adesso!
Concedimi l’onore di affrontare chi ha dimostrato una forza necessaria per
sconfiggere il mio maledetto mentore!”
“Il tuo mentore?! Ma che stai
dicendo? Chi diavolo sei?!” –Esclamò Phoenix, tenendosi a debita distanza dal
raggio d’azione di quello scettro.
“La permanenza nel vulcano Kabir
ti ha liquefatto l’udito?” –Ironizzò Arne, sfoderando un sorriso che a Phoenix
parve una vera smorfia. –“Sono il servitore di Flegias incaricato di porre
termine alla tua esistenza! E sono stato io a chiedere di essere il tuo
avversario, desideroso di confrontarmi con l’uomo che ha zittito la superbia
del Cavaliere di Virgo! Perciò non farmi rimpiangere la mia scelta!”
“Il Cavaliere di Virgo?!”
–Balbettò Phoenix, non capendo.
“Non ti ho forse detto che è
stato il mio mentore? Di lui fui uno dei tanti discepoli, assieme a Loto e
Pavone, e ad altri sette compagni, e da lui appresi molto, riuscendo a
sviluppare la fiamma del cosmo latente dentro di me! Ma a differenza degli
altri discepoli non avevo interesse alcuno a servire Atena o la giustizia,
intendendo usare i miei poteri solo ed esclusivamente per me stesso! Virgo non
era molto d’accordo con questa mia teoria egocentrica, il che tutt’oggi mi
sorprende, considerando quanto arrogante e pieno di sé quell’uomo fosse! Un
uomo che non ha adorato nessun’altro che se stesso, più di quanto abbia mai
venerato Atena!” –Esclamò Arne. –“Ma dovevo comunque seguire i suoi
insegnamenti o da solo non sarei riuscito ad imparare così in fretta come
invece ho avuto modo di apprendere durante l’addestramento! Molto prima di Loto
e Pavone, di Birnam o di Ana, io avevo mostrato un potenziale bellico da far
impallidire il Cavaliere della Vergine, un potenziale che lo spaventava, perché
sapeva essere pari al suo! O forse anche superiore! Per questo mi negò
l’investitura, dichiarandomi indegno! E per questo rifiutò di continuare ad
addestrarmi! Perché sapeva che avrei potuto sorpassarlo, ed umiliarlo
quand’anche avessi voluto!”
“Superare Virgo? Difetti anche
tu di modestia a quanto pare!” –Ironizzò Phoenix.
“Ti sbagli, Cavaliere di
Phoenix! Io sono un uomo che non ha mai preteso di essere un Dio, né una sua
pallida imitazione! Ma sono fiero dei miei poteri e perfettamente in grado di
valutare i miei stessi limiti! Non trovi?!” –Aggiunse, puntando lo scettro
verso Phoenix e scagliandogli contro un raggio di luce nera, avvolto in un
turbinio di fulmini, che sbatté il Cavaliere a terra, stringendolo in una morsa
di folgori. Quindi, sogghignando con soddisfazione, Arne mosse il braccio con
cui reggeva lo scettro, continuando a tenere Phoenix prigioniero del raggio di
energia nera, e lo scaraventò contro il muro di un edificio, osservandolo
mentre le macerie cadevano su di lui.
“Phoenix!!!” –Gridò Elena a tale
vista. E iniziò a correre verso di lui.
“Dove vai, ragazzina?” –Esclamò
Arne, scagliando guizzanti scariche di energia nera addosso ad Elena, che venne
sbattuta a terra.
“Vigliacco! Prenditela con me!”
–Urlò Cliff, lanciandosi contro Arne con un bastone.
“Come desideri!” –Ironizzò Arne,
avvolgendo Cliff in un groviglio di fulmini neri e scaraventandolo a terra,
poco distante da Elena, con i vestiti strappati e numerose ustioni sul corpo.
–“Qualcun altro vuol morire quest’oggi? Non temete, che lo vogliate o meno,
accadrà comunque! Ah ah ah!”
“Sei un pazzo!!!” –Gridò una
voce, obbligando Arne a voltarsi verso i ruderi dell’edificio crollato sopra
Phoenix, che esplosero improvvisamente, rivelando un’abbagliante luce color
amaranto. Il Cavaliere della Fenice apparve tra le macerie, rivestito della sua
splendida Armatura Divina, richiamata dall’espandersi del suo cosmo, che si
concretizzò in un mucchio di fiamme che gli avvolsero la mano destra. –“Prendi
questo, Arne! Pugno infuocato!!!” –Gridò il Cavaliere, dirigendo un
turbinoso attacco di fuoco contro il suo avversario, che, per niente impressionato,
non fece altro che roteare lo scettro avanti a sé, generando una barriera di
energia di forma circolare su cui si infranse l’assalto di Phoenix.
“Nient’altro?!” –Esclamò Arne,
sollevando il sopracciglio destro.
In quel momento due uomini,
rivestiti da armature nere come la sua, seppure di fattezze diverse, apparvero
dietro di lui, rimasti fino a quel momento nascosti nelle tenebre di cui
Flegias era signore. Thalis della Renna e Viron del Galletto.
“Portateli tutti sull’Isola
delle Ombre! Pare che il fabbisogno di schiavi sia aumentato!” –Ironizzò Arne,
mentre i due Cavalieri neri si dirigevano verso Cliff, che aiutava Elena e
altre persone a rialzarsi.
A quella visione Phoenix si
mosse, correndo in loro soccorso, ma Arne si interpose tra loro, piombando sul
Cavaliere di Atena con lo scettro nero puntato verso di lui. Un raggio di
energia scaturì dal volto della fiera, ma Phoenix lo schivò in fretta, balzando
in alto e lanciandosi contro Arne, che fu abile a roteare lo scettro e a
colpire al petto Phoenix ancora in volo, sbattendolo a terra ed esponendolo
nuovamente al tiro del bastone energetico.
“Scettro Nero, libera il tuo
potere!!!” –Gridò Arne, scagliando migliaia di fasci di luce nera contro
Phoenix, che si muoveva rapidamente, sfrecciando in ogni direzione, per evitare
di essere raggiunto, mentre i raggi di energia distruggevano il suolo e gli
edifici attorno.
“Maledizione! Devo
contrattaccare!!!” –Si disse Phoenix, evitando un fascio di energia con una
capriola in avanti e dandosi poi la spinta con le mani per balzare in alto,
sopra la pioggia di raggi neri. –“Cadi, Arne!!!” –Gridò, piombando su di lui
con la gamba tesa e il tacco dell’Armatura rivolta verso il viso del nemico.
Quella volta il guerriero dello
Scettro di Brandeburgo non riuscì a sollevare l’arma in tempo, venendo
raggiunto dal tacco di Phoenix sulla guancia destra e spinto a terra. Ruzzolò
per diversi metri sul selciato, perdendo l’elmo a corona e la presa dell’arma
che, cadendo, sembrò spegnersi della sua luce nera. Phoenix si avvicinò allo
scettro, con l’intenzione di distruggerlo, e a tal vista Arne inorridì,
gridando da lontano.
“No, ti prego non farlo!!!” –E
schizzò come un fulmine verso Phoenix, ma questi lo respinse scagliandogli
contro un centinaio di piume infuocate, che si conficcarono nel terreno sotto i
piedi di Arne, esplodendo all’istante e scaraventandolo indietro.
“La tua magia oscura finisce
qui!” –Sentenziò Phoenix, calando con forza il tacco sullo scettro e
spezzandolo in due. Ma non appena lo ebbe troncato, migliaia di indistinte
forme nere ne uscirono, fluttuando nell’aria e avvolgendosi attorno
all’incredulo corpo del Cavaliere di Atena. –“Che succede? Che trucco è
questo?!”
“Nessun trucco, nessun inganno!
Non sono un prestigiatore come il Cavaliere mio maestro! I miei poteri sono
reali, Phoenix!” –Sogghignò Arne, avvicinandosi e osservando la determinazione
con cui la Fenice Divina tentava di liberarsi da quel groviglio di ombre, da
quell’ammasso di tenebra che stava lentamente spegnendo il fuoco del suo cosmo.
–“Hai davvero creduto che temessi per il mio scettro? Povero stolto, così poco
conosci dei misteri dell’ombra! Noi Cavalieri delle costellazioni dimenticate
siamo stati risvegliati da Flegias, che ci ha fatto dono di questo nuovo corpo
e di nuove corazze appositamente forgiate! La nostra vera sostanza, che ci
sorregge e ci mantiene in vita, è un’ombra! Niente di più! E adesso tu, che un
tempo hai camminato sotto un cielo oscuro, ergendoti a signore della Regina
Nera, assaporerai nuovamente il gusto di quei momenti! Precipita, Phoenix,
nella notte più buia!” –Esclamò Arne, mentre i due pezzi dello Scettro
fluttuavano in aria riunendosi in un’unica asta, nella sua solida presa. Quindi
scaraventò indietro il Cavaliere di Atena, ancora avvolto in un groviglio
indistinto di spiriti neri.
“Phoenix!!!” –Gridò Elena,
cercando di liberarsi dalla presa di Thalis della Renna, senza riuscirvi. Venne
ammucchiata assieme ad altre persone nei pressi del molo in fiamme, in attesa
di essere condotta sull’Isola delle Ombre, a terminare la sua vita come una
schiava della grande fornace.
“Sprechi il fiato, bambolina! Il
Cavaliere di Phoenix sta veleggiando verso le profondità del Tartaro, condotto
dalle ombre nostre alleate! Per quanto si dimeni e cerchi di liberarsi da
quella stretta poderosa, egli fallirà! Ah ah ah! Sta già fallendo!” –Esclamò
Arne, tirando un’ultima occhiata al suo avversario. –“Sei stato forse il meno
adatto, Phoenix, ad affrontare i miei poteri! Forse Pegasus, Cavaliere della
luce, avrebbe avuto meno difficoltà! Ma tu, che del fuoco sei signore, e che
nel cuore covi l’ombra del male che hai recato un tempo alle persone a te care,
difficilmente riuscirai a far strage delle creature della notte! Perché in
fondo siete figli della stessa madre! Ah ah ah!” –E gli volse le spalle,
incamminandosi verso il molo, dando ordini a Thalis di controllare che nel
resto del villaggio non vi fossero abitanti nascosti. –“I lavori, quando si
fanno, devono essere eseguiti bene! Flegias ha chiesto la morte di Phoenix e la
schiavitù di questo misero popolo, ed io eseguirò i suoi ordini! Forse in
questo modo riuscirà a vedermi diversamente, alla pari con coloro che ha
nominato Capitani dell’Ombra! Devo ringraziarti Ikki di Phoenix! Forse Flegias
sostituirà uno di quegli incapaci di Iaculo o di Licantropo con me, che sono
più degno di loro di comandare!”
“Sbagli!!!” –Urlò Phoenix, con
tutta la voce che aveva in corpo, espandendo il suo cosmo, molto più di quanto
avesse fatto finora. Era rimasto in silenzio per tutto quel tempo, per quei
lunghissimi minuti in cui aveva creduto di morire davvero. Soffocato, strozzato
da quel groviglio di ombre che non gli davano pace, che sembravano cibarsi dei
suoi dubbi, dei suoi sensi di colpa, per il male commesso un tempo e per la
sorte di Ippolita, che non era stato in grado di salvare, Phoenix era stato sul
punto di cedere, ammettendo con disperazione di non riuscire a strappar via
quei tetri fantasmi dal suo corpo. Ammettendo che più si dimenava e più si
scuoteva, e nient’altro risultato otteneva che sentirli entrare sempre più
dentro di sé.
Così aveva aspettato, aveva
socchiuso gli occhi, inspirando a fatica, lasciando che la calma spazzasse via
l’angoscia che lo aveva invaso per essere caduto in trappola. Indirettamente
era stato proprio il Cavaliere dello Scettro di Brandeburgo, con le sue parole
sull’origine delle ombre, a dargli la soluzione per vincere, probabilmente
perché non lo credeva capace di tanto. Ma si sbagliava! Commentò
Phoenix, bruciando il cosmo, lasciandolo risplendere come vivida fiamma. Sì!
Sbagliava di grosso! Ardi fuoco della speranza!!!
Un ventaglio di fiamme si aprì
dal corpo di Phoenix, sprigionando un’accecante bagliore, che sembrò spazzar
via per un momento l’oscura cappa che sovrastava l’Isola del Riposo. Un
ventaglio di fiamme dall’energia così potente da incenerire le stesse ombre che
lo tenevano imprigionato.
“Aaahhh!!!” –Gridò Phoenix,
lasciando esplodere il cosmo ardente che celava dentro. La potenza che veniva
dal cuore. La consapevolezza di un uomo che ha perdonato se stesso, accettando
il passato e non lasciandosi più travolgere da esso. –“Ippolita! Guardami dal
Paradiso dei Cavalieri dove riposi adesso, assieme alle compagne a cui avresti
voluto donare una terra! Guardami e ammira lo splendore del presente che ti è
stato negato! Io, Phoenix, saprò viverlo anche per te! Questa è la fiamma della
vita, Arne, e né tu né alcun’ombra o fantasma potrà mai spegnerla!!!” –Esclamò
fiero, liberandosi di quel mucchio di spiriti neri e generando una violenta tempesta
di fuoco e stelle, che invase l’intera baia. –“Ali della Fenice!!!” –E
scagliò il suo devastante colpo contro il custode dello Scettro di Brandeburgo,
il quale, troppo sconvolto per la repentinità dell’assalto, poté solo
dirigergli contro un grosso fascio di luce nera, che servì soltanto a scemare
l’attacco ma non a evitarlo.
Arne venne travolto in pieno dal
battito di ali della Fenice Divina e scaraventato in alto, trapassato da parte
a parte dal fuoco incandescente, fino a ricadere sui resti di un pontile
crollato, con l’armatura notevolmente danneggiata. E lo scettro ricadde accanto
a sé, andando definitivamente in frantumi. A quella visione, Thalis della Renna
e Viron del Galletto indietreggiarono impauriti, sicuri di non avere alcuna
speranza con Phoenix.
“Se persino Arne ha fallito…”
–Balbettarono. Ma si lanciarono comunque contro il Cavaliere di Atena, non
volendo passare per codardi, dirigendo contro di lui due attacchi di energia,
che Phoenix non ebbe problemi ad evitare, balzando in mezzo a loro e colpendoli
entrambi con un pugno di fuoco. Proprio in mezzo al petto. Crollarono a terra all’istante, con il busto
spezzato in due e fiotti di sangue nero che sgorgavano fuori.
Quindi Phoenix fece per
incamminarsi verso Elena, Cliff e gli altri abitanti, che si abbandonarono a
grida gioiose e a esclamazioni di sollievo, congratulandosi con il Cavaliere
per la vittoria riportata. Ma il cielo sopra l’Isola del Riposo ancora non
accennava a schiarirsi.
“Ti faccio i miei complimenti,
Phoenix! Adesso capisco come hai potuto superare il Cavaliere di Virgo!”
–Esclamò Arne, rimettendosi in piedi e pulendosi il sangue che gli colava da un
labbro. –“E adesso mi rendo conto che sconfiggerti sarà per me ulteriore motivo
di vanto e di orgoglio! La consapevolezza di aver sconfitto anche il mio
mentore, che così vicino a Dio si proclamava! Un sillogismo così semplice,
quanto banale! Io vinco te, che hai vinto lui, e come tale sono superiore a
entrambi!”
“Che diavolo stai dicendo, Arne?
Il colpo subito ti ha dato alla testa?!” –Ironizzò Phoenix, nascondendo lo
stupore nel vedere il Cavaliere ancora vivo e pronto a dar battaglia. –“Vuoi
forse ridurre le lotte tra Cavalieri a mere equazioni matematiche, a sterili
rapporti di forza che non esprimono realmente tutto ciò che vi sta dietro?!”
“Silenzio!!! Non di una morale
hai bisogno! Ma di buone difese! Perché l’attacco che ti travolgerà sarà
potente! Come immensa e vasta è la notte senza confini!” –Esclamò Arne,
espandendo il proprio cosmo, che calò sull’intera isola come un manto di
velluto scuro, impaurendo gli abitanti, che corsero a rifugiarsi dietro i resti
di alcuni edifici. –“Credevi che i miei poteri fossero tutti nello Scettro?
Ebbene, sbagliavi! Ammira adesso la grande ombra che Flegias ha risvegliato in
me! Avvento delle tenebre!!!” –Gridò, sollevando un immenso muro di
energia nera, che al suo comando si mosse, sfrecciando nell’aria e abbattendosi
violentemente su Phoenix, il quale, sopraffatto da quel distruttivo potere,
venne scaraventato contro una costruzione, abbattendola e rovinando
all’interno.
“Come vorrei che Virgo fosse
qua, a lamentarsi ancora per la mia scarsa propensione alla giustizia! O che ci
fosse Dhaval, vecchio illuso convinto che i nostri poteri vadano usati al
servizio degli altri!” –Commentò Arne, avvolto in concentriche pareti di
energia nera, una protezione invalicabile e al tempo stesso un efficace
strumento di offesa. –“Mostrerei loro cosa ho ottenuto, da quando ho lasciato
Angkor Wat seguendo le orme del Maestro di Ombre! Ho ottenuto di essere il suo
araldo, e di portare nel mondo le tenebre in suo nome!!! Ah ah ah!”
In quella Phoenix si risollevò,
scuotendosi dalla polvere e dai frammenti di pietra franati su di lui. Gettò
via l’elmo scheggiato dell’Armatura Divina, ringraziando Efesto e il fuoco di
Kabir che lo avevano salvato. Ma riconobbe che il potere di Arne superava
quello di molti avversari affrontati fino a quel momento, caricandosi dell’odio
e delle tenebre con cui Flegias e i suoi adepti tentavano di coprire il mondo
intero. Un potere reale, che non doveva sottovalutare.
“Ancora in piedi?! Non
preferiresti stare seduto?!” –Ironizzò Arne, smuovendo le pareti di energia
nera che lo avvolgevano e dirigendole contro Phoenix. –“Avvento delle
tenebre!!!”
Il Cavaliere di Atena, che si
era preparato a quella mossa, incrociò le braccia avanti a sé, caricandole di
tutto il fulgore del suo cosmo e preparandosi a ricevere le immense pareti di
energia oscura che Arne gli diresse contro. L’impatto fu tremendo e Phoenix
venne spinto indietro, scavando profondi solchi nel terreno con i piedi.
Tuttavia non cedette, bruciando al massimo il proprio cosmo e tentando di
opporre la luce della speranza a quel muro di ombra. Vedendolo così impegnato,
così carico di determinazione, Arne si infuriò, aumentando l’intensità del
proprio assalto, generando una nuova parete nera che si abbatté su Phoenix,
scaraventandolo ancora una volta indietro. Ancora una volta tra le macerie di
un edificio distrutto.
Quando il Cavaliere si rialzò,
notò alcune crepe sull’Armatura Divina, dovute alla violenta pressione
esercitata dal Cavaliere dello Scettro di Brandeburgo, il quale sembrava però
aver perso la sua parlantina e il suo modo superbo, forse a causa del
prolungarsi dello scontro.
“Hai perso il fiato?” –Ironizzò
Phoenix, avanzando e portandosi di fronte a lui.
“Lo conservo per il nostro
scontro, Phoenix! Consapevole che soltanto uno di noi si salverà! Io non
riuscirò a piegarti con i miei muri di ombra, ma neppure tu riuscirai a
raggiungermi con i tuoi attacchi, protetto come sono da una difesa
insormontabile che trae dalla tenebra la sua forza!” –Affermò Arne, bruciando
ancora il proprio cosmo. –“Ma in un modo o nell’altro tutte le battaglie
giungono alla fine!”
“Potrebbe essere la tua
fine, Arne!” –Rispose Phoenix, avvolto nell’ardente aura del suo cosmo. –“E
forse la meriti per non aver compreso gli insegnamenti di Virgo e aver
abbandonato Atena e la giustizia! Un uomo come te, con il tuo potenziale
cosmico, sarebbe stato un valido aiuto nella lotta contro le forze oscure!”
“Dovrei lottare contro me
stesso, Phoenix?! Ah ah ah! Trovo più soddisfazione nel lottare con teee!!!”
–Gridò Arne, scagliando contro Phoenix una sequenza di muri di ombra. Ma il
Cavaliere di Atena caricò il pugno destro di cosmo incendiario e iniziò a
tempestare ogni piano di energia di colpi, frenando la loro avanzata, senza
arretrare di un passo. –“Che stai facendo, Phoenix? Sbatti i pugni contro il
muro? Ah ah ah! Provo pena nel vedere come ti sei ridotto, incapace di idee
migliori! Avvento delle tenebre!!!” –Caricò nuovamente Arne.
Ma in quel momento, in quella
frazione di secondo, che Phoenix così tanto aspettava, il Cavaliere di Atena
balzò avanti, lanciandosi in mezzo alle pareti di ombra, non curandosi del
dolore che provava, con il pugno destro che ardeva di incandescente energia.
Prima che Arne completasse l’attacco, e che nuovi muri di tenebra si
abbattessero su di lui, Phoenix lo colpì al petto, sul lato opposto del cuore,
fracassando la sua armatura e sbattendolo a terra. Il contraccolpo spinse
anch’egli indietro di qualche metro, ma il Cavaliere di Atena fu abile ad
aprire le ali della sua corazza e planare compostamente a terra.
“Co… come hai fatto, Phoenix?!”
–Tossicchiò Arne, rantolando sul terreno. –“Come hai potuto calcolare il
momento esatto in cui colpirmi?”
“Non è stato poi così difficile,
Arne! C’era una falla nella tua difesa! Una falla che forse avresti potuto
prevedere tu stesso se invece di pensare a come usare i tuoi poteri avessi
trascorso più tempo ad ascoltare gli insegnamenti del tuo maestro!” –Commentò
Phoenix, avvicinandosi. –“I tuoi muri di ombra sono una difesa insormontabile,
questo è un dato di fatto! Ma non eterna! Poiché essi scompaiono per un breve
istante quando li lanci contro il tuo nemico, durante l’attacco! La prima volta
ho creduto che tu avessi generato nuove pareti di ombra, ma poi, durante il
secondo assalto, ho percepito chiaramente la tua mossa! Tu spingevi i muri
avanti, ricreandoli poco dopo, un millesimo di secondo dopo! Un tempo così breve
da non lasciare spazio a nessuno per avvicinarsi, sfidando la pressione
dell’attacco, e colpirti! Ma hai fallito! La superbia ti ha punito! Io sono
certo che tu conoscessi tale punto debole, ma il desiderio di primeggiare con
Virgo, credendoti capace di un colpo segreto che unisce attacco e difesa, ti ha
tradito, portandoti alla rovina!”
“Maledetto Phoenix! Maledetto
quel cane di Virgo!” –Ringhiò Arne, rimettendosi in piedi e espandendo ancora
il suo cosmo. –“Ma avrò comunque la mia vittoria!!! Avvento delle tenebre!!!”
–Esclamò, dirigendo un mucchio di pareti oscure contro Phoenix, il quale,
quella volta, si limitò a volgere i palmi aperti delle braccia verso di lui,
fermando l’avanzata dei muri di tenebra. Quindi, bruciando il proprio cosmo
ardente, spinse indietro tali pareti, travolgendo Arne e distruggendo la sua
corazza, il suo corpo e i suoi sogni di gloria.
Quando i resti del Cavaliere
nero ricaddero sul selciato, parve a Phoenix di vedere uno spirito nero
abbandonarli e fluttuare via, perdendosi nel vento. Forse richiamato dal
Maestro di tutte le ombre. Phoenix sospirò, accasciandosi sulle ginocchia per
riprendere fiato, prima che Cliff e Elena corressero verso di lui, per
sincerarsi delle sue condizioni. Il ragazzo li pregò di non preoccuparsi, di
non aver tempo neppure per curarsi. Doveva raggiungere i suoi compagni e
affrontare assieme a loro questa nuova minaccia. Cercò Andromeda con il cosmo,
e non fu affatto stupito di trovarlo impegnato in battaglia. In una dura
battaglia. Strinse i pugni, chiedendosi però cosa ci facesse suo fratello nella
penisola del Siam.