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Autore: domaris    11/01/2010    2 recensioni
"Non ho nessuna intenzione di adottare un cane."
Un insolito primo incontro tra Gibbs e DiNozzo.
La storia è pre-serie e pre-slash a parte l'epilogo che è ambientato durante la settima stagione e fa riferimento alla puntata di Natale (7x10 Faith)
Genere: Commedia, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Nota: in fondo al capitolo le risposte alle recensioni.

Capitolo 4

Gibbs aveva sperato di trovare il detective pronto ad aspettarlo in strada, prima di ricordarsi la reazione che aveva avuto ai farmaci. Bussò con forza alla porta dopo aver suonato impazientemente il campanello fino a quando non sentì dei passi avvicinarsi.
Quando finalmente la porta si aprì l'ex marine dovette ricorrere a tutta la propria autodisciplina per non fare qualcosa di sconveniente. DiNozzo aveva gli occhi semichiusi, i capelli arruffati e indossava soltanto i pantaloni di una tuta. Quando lo riconobbe sembrò illuminarsi e sfoggiò un sorriso che gli dava tutta l'aria di un monello pronto a fare qualche birichinata.
- Gibbs, pensavo che ci saremmo visti in centrale! - esclamò il giovane sorpreso.
- E come pensavi di arrivarci? - gli chiese ironicamente guardandolo dritto negli occhi.
Il detective arrossì leggermente e annuì mentre spalancava la porta per farlo entrare.
- Dammi dieci minuti e sono pronto. C'è del caffè fresco in cucina se vuoi servirti...
Gibbs seguì con lo sguardo il giovane fino a quando non sparì dietro ad una porta, poi lasciò vagare lo sguardo per la stanza. L'appartamento non era diverso da centinaia di bilocali ammobiliati abitati da poliziotti scapoli e, a parte alcuni dvd e altri oggetti sparsi sul tavolino posto davanti al divano, non c'erano molte indicazioni dei gusti e delle preferenze di chi lo abitava. Non c'erano fotografie, soltanto un paio di manifesti cinematografici appesi al muro. Per un attimo si chiese se anche la camera da letto era così impersonale ma risolutamente si avviò verso il cucinino, dove la macchina del caffè lo aspettava invitante.
Se ne versò una tazza e la annusò sospettosamente prima di berne un sorso, sorpreso di trovarlo, anche se troppo leggero per i suoi gusti, fatto con una buona miscela stranamente familiare.
Tony lo raggiunse in quel momento e Gibbs lo osservò mentre si versava il caffè e vi aggiungeva una quantità esorbitante di zucchero e crema. Il giovane colse l'espressione disgustata e non poté fare a meno di ridere.
- Mi piace lo zucchero, è la mia unica debolezza, - disse prima di bere.
- Non dovresti portare il braccio appeso al collo? - chiese Gibbs seccamente, avendo notato che il giovane cercava di muoverlo il meno possibile.
Tony sorrise, facendo roteare il braccio.
- Mi limita troppo nei movimenti, e poi non fa così male.
La malcelata smorfia di dolore smentiva l'affermazione. Gibbs rimase a fissarlo dritto negli occhi per alcuni lunghi attimi, prima di avviarsi alla porta.
- In tal caso finiamola di perdere tempo, abbiamo un colpevole da arrestare.
Il resto della mattinata lo trascorsero alla centrale cercando qualcosa che permettesse loro di ritrovare il sospettato tra una telefonata e l'altra da parte del medico legale e del tecnico di laboratorio dell'NCIS. Finalmente riuscirono a trovare una pista che li portò ad appostarsi in una strada alla periferia della città, poco distante dalla casa della sorella dell'uomo che stavano cercando.
Tony era eccitato, gli piacevano gli appostamenti ed era passato diverso tempo dall'ultima volta. Ma soprattutto gli piaceva l'idea di restare per qualche ora in compagnia di Gibbs senza nient'altro da fare che assaporarne la presenza e cercare di conoscerlo meglio. La sera prima lo aveva spiazzato, non tanto per lo spirito di osservazione, sapeva che l'agente dell'NCIS era considerato un eccellente investigatore, ma per quello che aveva detto su di lui. Non era abituato a ricevere complimenti ed aveva la netta impressione che Gibbs non fosse abituato a farne. Certo non glielo aveva esattamente detto in faccia e sospettava che se fosse mai accaduto sarebbe stato un avvenimento eccezionale, ma era bello sapere che pensava questo di lui. Zara aveva ragione, doveva dirgli la verità prima che le cose si complicassero ulteriormente. Il peggio che poteva accadere era che lo prendesse per pazzo o che lo scacciasse disgustato. Nulla che non gli fosse già accaduto in passato. Scosse la testa e decise che si sarebbe preoccupato più tardi, si volse verso Gibbs e gli chiese se poteva andare a comprare qualcosa da mangiare in un take away nelle vicinanze.
L'ex marine lo osservò allontanarsi e fece un mezzo sorriso mentre prendeva il telefono per chiamare Abby. Le avrebbe fatto compilare un dossier su DiNozzo per rispettare i regolamenti ma per quanto lo riguardava la decisione era ormai presa. Non sarebbe stato difficile convincere il giovane detective a lavorare per lui anche se questo avrebbe impedito qualsiasi altro tipo di rapporto. Si passò una mano tra i capelli, spazientito. Che diavolo andava a pensare adesso? Era passato del tempo da quando un bel viso e un sorriso ad illuminarlo erano stati capaci di coinvolgerlo, soprattutto se appartenenti ad un altro uomo. Gli sarebbe passata, si disse. E poi c'era la regola dodici e non era disposto ad infrangerla per nessuno.
Un paio d'ore dopo Gibbs era pronto a piantargli una pallottola in fronte. Per un po' lo aveva lasciato fare, considerandone le chiacchiere al pari di un rumore di sottofondo, ma dopo avergli ordinato un paio di volte di tacere con scarso risultato aveva i nervi a fior di pelle e, quando il giovane si mise a succhiare rumorosamente con la cannuccia, la mano partì istintivamente.
- Hey! - esclamò il detective, strofinandosi la testa.
- Abituati DiNozzo, o non diventerai mai un agente federale, - rispose Gibbs osservandone attentamente la reazione.
Tony spalancò gli occhi, incapace di nascondere la sorpresa.
- Che significa, agente Gibbs? - chiese sospettoso, incapace di credere a quello che sperava significasse.
L'ex marine riportò lo sguardo verso l'esterno per non rischiare di perdere movimenti sospetti, poi rispose con una domanda.
- Perché ti hanno scelto per questa collaborazione?
Il giovane incurvò le spalle impercettibilmente.
- Nessuno vuole lavorare con i federali, soprattutto con il famoso agente Gibbs dell'NCIS, - replicò ritrovando il sorriso sull'ultima battuta.
- E il tuo partner non ha nulla in contrario al fatto che tu lavori con me per tutto questo tempo? - chiese con tono sospettoso.
Il giovane mascherò il suo vero stato d'animo dietro un sorriso brillante, prima di replicare con noncuranza.
- Non ne ho uno, sono il jolly del dipartimento, vado dove serve.
DiNozzo aveva i modi di chi proveniva da una famiglia agiata e gli avevano affidato il ruolo del tappabuchi perché non lo volevano tra loro, questo era evidente.
- Quando avremo finito qui, presenterai domanda di assunzione all'NCIS e verrai a lavorare per me.
- E' un ordine? - chiese dubbioso e al tempo stesso divertito. Sperava soltanto che Gibbs sarebbe stato ancora disposto a lavorare con lui, dopo aver saputo la verità.
- A Washington ci sono casette come queste a non molta distanza dal Navy Yard. Potresti persino prenderti un cane, - disse Gibbs con noncuranza, pensando improvvisamente all'amichevole giovane labrador che cercava un padrone.
Tony pensò di essere fortunato a non avere più niente di liquido per le mani. Ma l'espressione di comico orrore che gli attraversò il volto non passò inosservata.
- Non ti piacciono gli animali, DiNozzo? - chiese l'agente con un'espressione che il giovane cominciava a riconoscere come di mascherato divertimento. Lo squillo del cellulare di Gibbs lo sollevò dal trovare una risposta.

Ormai era quasi notte e l'aria all'interno della macchina era gelida. Per un attimo Tony pensò di chiedere a Gibbs di accendere il riscaldamento ma sapeva che non lo avrebbe fatto per evitare di rivelare la loro posizione. Così incrociò le braccia, prima di ricordarsi della ferita e lanciare un'esclamazione di dolore.
Gibbs gli diede un'occhiataccia per poi puntare l'attenzione verso l'auto che stava arrivando.
- Che diavolo... - esclamò rendendosi conto che si trattava di un'auto della polizia che si fermava proprio davanti alla casa che stavano tenendo d'occhio.
Lui e DiNozzo uscirono di corsa dalla loro auto cercando di intercettare i due uomini in divisa ma prima che potessero evitarlo uno di loro aveva bussato alla porta intimando agli occupanti della casa di aprire.
L'appostamento era sfumato e Gibbs era talmente furibondo che non degnò neppure di una parola i poliziotti e aspettò a malapena che il detective fosse risalito in macchina per partire a tutta velocità verso la centrale, dove intendeva dirne quattro all'idiota che aveva approvato quell'operazione mandando all'aria la sua.
Dopo essersi sfogato urlando contro il capitano e facendo rapporto sull'accaduto al proprio direttore, decise di riguardare tutti i documenti che avevano raccolto sul caso fino a trovare una nuova pista da seguire per intrappolare il loro assassino. Dopo aver lanciato un'occhiata gelida e sprezzante agli occupanti della centrale, raccolse il portatile e alcune carte, facendo cenno a Tony di prendere il resto e si avviò all'uscita, sicuro che il giovane lo avrebbe seguito. Non aveva intenzione di passare un minuto più del necessario in presenza di quegli incompetenti.
- DiNozzo, hai ancora caffè in casa? - chiese improvvisamente.
Il giovane sembrò pensarci un attimo prima di sfoggiare uno dei suoi sorrisi e rispondere.
- Sicuro, ma dovresti fare qualcosa per questa dipendenza dalla caffeina, agente Gibbs. Non è salutare.
Gibbs gli lanciò un'occhiataccia e replicò duramente.
- Mai mettersi tra un marine e il suo caffè, ti conviene impararlo se vuoi sopravvivere.
- Sissignore! - esclamò il giovane accennando un saluto militare prima di aggrapparsi alla maniglia, mentre l'ex marine frenava bruscamente.
Più tardi, i resti di una pizza e di un paio di birre sul tavolino in mezzo alle carte relative al caso, Tony si sentiva piacevolmente rilassato e pronto ad una azione che in un momento di maggior lucidità avrebbe considerato incosciente. Aveva pensato tutto il giorno a come introdurre il discorso ma non era venuto a capo di nulla ed ora non gli restava che buttare la bomba e sperare che le conseguenze non fossero disastrose.
- Ancora caffè? - chiese alzandosi dal divano.
Gibbs si limitò a fare un cenno di diniego e Tony si diresse al mobiletto dove teneva i liquori, pensando che nei prossimi minuti qualcosa di forte sarebbe servito ad entrambi.
- Cognac o scotch? - propose dopo aver constatato che la sua collezione di alcolici lasciava alquanto a desiderare.
L'ex marine lo scrutò sospettosamente, notando che il giovane non era più tranquillo quanto prima.
- Scotch e faresti meglio a dire quello che hai sullo stomaco prima di farmi decidere che assumerti sarebbe una pessima idea.
Tony si sentiva un nodo in gola, ma ormai non poteva tirarsi indietro. Versò lo scotch e ne porse un bicchiere a Gibbs. Prese un lungo respiro e si buttò, parlando a tutta velocità per non perdere il coraggio.
- Talvolta_mi_trasformo_in_un_cane.
Gibbs era piuttosto perplesso.
- Ripeti staccando le parole, - ordinò bruscamente.
Il giovane aveva le guance rosate dall'imbarazzo quando trovò il coraggio di riprovarci.
- A volte, ma non spesso, di solito quando sono agitato o stanco oppure ho bisogno di distrarmi o scaricare la tensione...
- Oggi DiNozzo! - ringhiò Gibbs infastidito da tutto quel parlare che non portava a niente.
Tony sarebbe scappato volentieri, ma erano nel suo appartamento e nelle orecchie gli risuonavano le parole di Zara.
“E' importante che lo sappia e ti accetti così come sei, con tutti i tuoi pregi e difetti. Solo così diventerà la persona che cerchi, quella con cui ti sentirai completamente amato e al sicuro.”
Deglutì e questa volta si costrinse a parlare a velocità normale, guardando Gibbs dritto negli occhi per osservarne la reazione.
- Io posso cambiare aspetto e assumere quello di un cane.
L'ex marine rimase lungamente in silenzio, mentre cercava di decidere se il giovane lo stava prendendo in giro o se la stanchezza e l'alcool avevano avuto il sopravvento e questo non era nient'altro che un sogno.
- Non sei ubriaco o addormentato. E non mi sto inventando una storiella per ridere, - disse improvvisamente il detective, come se gli avesse letto nella mente. E poi aggiunse:
- Non è difficile immaginare cosa ti sta passando per la testa, Gibbs. L'unica altra opzione sarebbe stata quella di chiamare soccorso per farmi internare. Ma posso provarti che sto dicendo la verità.
- Ne dubito, - borbottò l'altro prima di svuotare il bicchiere.
Tony sorrise, il fatto che Gibbs non fosse scappato urlando era tutto sommato un buon segno, e gli diede la necessaria confidenza per proseguire.
- In effetti mi hai già visto nell'altra forma e sei stato molto più gentile in quelle due occasioni di quanto tu non lo sia stato durante il tempo che siamo stati insieme come colleghi.
Gibbs aveva uno sguardo interrogativo e Tony decise di non lasciargli il tempo di fare domande, preferendo proseguire a modo suo.
- Non sei così vecchio da aver perso i ricordi a breve termine, vero? Lo Zara's Corner, il caffè migliore della città, lo stesso che hai bevuto tutta la sera per altro. E poi il cane ferito, le frittelle di mele, Logan che ti ringhiava contro...
A questa provocazione Gibbs si alzò di scatto e fatti i pochi passi che li separavano, lo prese per le spalle e lo spinse contro al muro.
- Non sopporto gli stupidi. Tanto meno quelli che si credono troppo furbi, - gli sibilò in un orecchio.
- Non sto mentendo e non ti ho seguito, lo giuro! Io ero già lì a leccarmi, letteralmente, le ferite. Se mi lasci andare te lo dimostro in un attimo, - esclamò precipitosamente il giovane, consapevole della presa d'acciaio dell'ex marine e di non essere in condizione di difendersi.
Gli occhi azzurri di Gibbs sembravano volerlo trafiggere.
- Hai la possibilità di dimostrare che non sei completamente fuori di senno. Sfruttala bene o non troverai un altro lavoro tra le forze dell'ordine nemmeno in Alaska, - minacciò prima di lasciarlo andare e fare un passo indietro.
Tony rilasciò il respiro che aveva inconsciamente trattenuto e si passò nervosamente la mano tra i capelli.
- Immagino che l'offerta di un posto nel tuo team sia fuori questione adesso, - disse lasciando trapelare la delusione.
Gibbs gli prese il mento tra le mani, costringendolo a guardarlo. E si sorprese a confrontare il colore di quelle iridi con quelle del giovane labrador.
- Non se riesci a convincermi, ragazzo, - disse con un tono quasi gentile, lasciandolo andare.
Il giovane annuì e si toccò dove per un attimo era stata la mano dell'altro uomo. Poi si diresse verso il divano.
Avvenne sotto i suoi occhi ma se c'era un trucco Gibbs non aveva fatto in tempo a vederlo. Un attimo prima il detective DiNozzo era davanti a lui, quello successivo un familiare giovane labrador era disteso sul divano, gli occhi insolitamente verdi fissi su di lui. Sconcertato, si avvicinò lentamente, attento all'umore dell'animale che sembrava pronto a scappare da un momento all'altro. Quando gli fu davanti vide chiaramente la ferita sulla zampa, corrispondente a quella che il poliziotto si era procurato il giorno prima.
- Com'è possibile? - chiese fra sé, mentre tendeva la mano aperta, cercando di non sembrare minaccioso.
Il cucciolo guaì ma non si mosse e timidamente lo leccò. Un momento dopo al suo posto c'era nuovamente DiNozzo, lo stesso sguardo incerto del cane.
- Non so bene come, so solo di averlo ereditato da mia madre e che ci sono altri come me. Anche se questo l'ho scoperto solo recentemente. Zara saprebbe spiegarti, ma probabilmente sei disgustato come mio padre e...
Lo scappellotto lo prese talmente alla sprovvista che ammutolì completamente, restando a bocca aperta.
- Sospetto che dovrò usare spesso i metodi del mio ex capo per metterti in riga, DiNozzo, - sentenziò Gibbs prima di lasciarsi sfuggire un mezzo sorriso davanti all'espressione offesa del giovane.
- Intendi dire che mi vuoi lo stesso? - chiese Tony speranzoso.
- Non ho alcuna intenzione di lasciarti andare, - chiarì l'ex marine, prima di aggiungere: - anche se mi aspetto di svegliarmi da un momento all'altro e scoprire di essere nel mio letto a Washington.
Il sorriso che illuminò il volto del giovane era talmente gioioso da risultare irresistibile e Gibbs non poté fare a meno di avvicinarsi fino a sfiorargli le labbra con le proprie prima di bloccarsi.
Tony sospirò, rassegnato.
- Ci hai già ripensato, vero?
- DiNozzo, ho visto cose che non avrei mai immaginato possibili ed è tardi, credo di aver diritto a un ultimo bicchiere prima di andare a dormire e sperare di digerire tutto quanto, - rispose onestamente.
Il giovane fece un'espressione contrita ma non si scusò.
- Senti, puoi dormire qui se vuoi. Non sembra a vederlo ma è molto comodo, - offrì indicando il divano.
Gibbs lanciò un'occhiata verso la finestra. Pioveva a dirotto e in albergo avrebbe trovato ad attenderlo solo un letto con le molle rotte e un wisky di infima qualità. Per non parlare del caffè imbevibile.
Più tardi, comodamente sistemato sul divano, ripensò a tutto quello che gli era capitato da quando era giunto a Baltimora, cercando una spiegazione logica che gli sfuggiva. Alla fine il rumore della pioggia contro i vetri e il leggero russare proveniente dalla stanza accanto lo cullarono fino a farlo addormentare.

Note: il quinto capitolo sarà pubblicato venerdì.

Risposte ai commenti:

jaspe e fange69: grazie, sono abituata a scrivere per me stessa e un paio di amiche, è davvero un piacere trovare qualcun altro che apprezzi le mie storie.

Ametista: in bocca al lupo per il compito di latino!

   
 
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