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Autore: Rota    23/01/2010    2 recensioni
Un ninja usa le proprie mani per uccidere; come un qualsiasi altro strumento di lotta, un’arma mortale per recidere le gole e aprire i ventri.
E’ attraverso le mani che noi tutti formuliamo magie ed evochiamo strambe creature al combattimento. E’ attraverso le mani che eseguiamo tecniche avanzate e fin troppo letali. Si muovono marionette, si formano posizioni, si manovrano volontà ed elementi con le mani.
Alla fin fine, l’uomo è tale solo per mezzo della propria mano. L’animale che afferra con presa salda fa suo l’oggetto che vuole, e da qui ogni sentimento di possesso e di competizione – a chi manovra meglio una tal cosa – viene praticamente spontaneo.

[KibaShino, per il compleanno di Mister Aburame (L)]
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Shino Aburame | Coppie: Shino/Kiba
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Jenuary the 23rd'
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mani
Mani
Sono così forti



“Adoro le tue mani, Shino… Sono grandi, sono lisce… sono così forti le tue mani, Shino!”

Un ninja usa le proprie mani per uccidere; come un qualsiasi altro strumento di lotta, un’arma mortale per recidere le gole e aprire i ventri.
E’ attraverso le mani che noi tutti formuliamo magie ed evochiamo strambe creature al combattimento. E’ attraverso le mani che eseguiamo tecniche avanzate e fin troppo letali.
Si muovono marionette, si formano posizioni, si manovrano volontà ed elementi con le mani.
Alla fin fine, l’uomo è tale solo per mezzo della propria mano. L’animale che afferra con presa salda fa suo l’oggetto che vuole, e da qui ogni sentimento di possesso e di competizione – a chi manovra meglio una tal cosa – viene praticamente spontaneo.
Tutto è iniziato con questo dito che a tutti gli altri si oppone, questo dito che noi chiamiamo pollice.
Il pollice è lo strumento d’evoluzione per eccellenza, prima che del ninja proprio dell’essere umano.
Una cosa così piccola – così insignificante all’apparenza – condensa in sé il significato della nostra intera esistenza.
Spaventoso, se ci si pensa con calma.
Così, ogni volta che il mio sguardo si fissa sopra una delle mie mani, io vedo in quelle non la semplice arma di un mercenario di professione, quanto piuttosto la vittoria di una specie animale sull’altra.
L’intera storia scritta nel mio palmo.
Eppure… eppure la mia mano ha dei risvolti pratici forse ancora più interessanti. Ma qui si parla di natura sociale dell’uomo, che come molte altre creature viventi ha trovato la forza nel gruppo e non nel solo singolo.
Per cui, ciò che importava all’uomo era anche la formazione di un legame che avrebbe tenuto uniti tutti i membri prima della famiglia, poi del Clan, di un Villaggio, di un Paese, infine di una Cultura vera e propria.
Anche questo nostro aspetto si basa tutto sulle mani.
Con le mani noi possiamo picchiare, possiamo ferire, far danno… Con le mani noi accarezziamo. Questi gesti esprimono sentimenti ben precisi, i chiari intenti di una psiche che si esplica nella semplicità palese.
Ed ecco che le mani comunicano tutto un mondo interno ancora prima della parola.
Sono il mezzo di comunicazione primitivo per eccellenza, le mani. Sono lo strumento che ci permette d’esprimere concetti che le parole ovattate dalla consuetudine, dall’omologazione e dalla convenzione non sanno esprimere. Perché l’uomo s’è evoluto, e forse anche troppo, e ha perso quella parte animale che lo rendeva così intenso e genuino.
Siamo più simili a sassi, alle volte, che a gatti ringhianti.

“Adoro le tue mani, Shino… Sono grandi, sono lisce… sono così forti le tue mani, Shino!”

Io non so parlare.
Io – probabilmente – non ho mai davvero parlato in vita mia.
Saranno questi occhiali scuri che mi impediscono forse di scavalcare i preconcetti che mi fanno da muro a qualsiasi cosa, sarà forse il carattere che mi chiude gli occhi al sentimento umano.
Io non riesco a parlare.
Dalle mie labbra escono parole, tante parole. Sono parole atone, prive di ogni colore espressivo.
Perché è giusto così, in fondo.
Non conoscendo la persona che sono – io per primo – non posso minimamente darle voce. Non posso, perché sarebbe come dire una ingiusta bugia. Non voglio essere bugiardo, non penso che ci sia qualcuno così meschino da meritare una bugia spudorata detta a voce sicura.
I concetti che snocciolo con tanta dovizia sono semplici verità innegabili, che non possono essere confutabili per la loro palese esistenza. Mi reggo in piedi solo ripetendo ovvietà, perché se così non fosse tanto varrebbe che stessi zitto in ogni istante.
Questo mio comportamento fa soffrire la gente.
Lo sento, lo posso vedere, lo posso persino percepire.
Gente che è cresciuta al mio fianco sa poco di me pur avendo avuto il maggior contatto di molti altri personaggi.
Forse, l’unica componente che davvero potrebbe vantare la mia conoscenza sarebbe l’organismo composito che vive e si muove dentro di me, quelli che tutti chiamano volgarmente “insetti”. Sì, loro forse potrebbero dire di conoscermi.
Ma essi sono parte di me, per cui probabilmente si limiterebbero a stare zitti al loro posto.
Non lo ritengo un comportamento vile. Almeno, non fino in fondo.
Non è presunzione – anzi, eccessiva modestia. La ritrosia che mostro è dettata dalla convenienza.
Ogni tanto però il dubbio corrode anche me. Ogni tanto mi fermo a pensare se questo mio continuare a tenermi nascosto sotto cappe di pesanti abiti sia in un qualche modo lecito.
Posso affermare di vivere veramente?
Sì, la risposta è sì.
Io sto ancora cercando me stesso, non altro.
E quando troverò me stesso, lo mostrerò volentieri a tutti gli altri.

“Adoro le tue mani, Shino… Sono grandi, sono lisce… sono così forti le tue mani, Shino!”

Chiuso in me stesso, pensavo sinceramente che non avrei trovato altri prima di me.
Perché senza comunicazione non c’è nulla.
Non serve provare dolcezza verso una persona – non potrai mai mostrarle il tuo affetto.
Non serve provare simpatia verso qualcuno – non potrai mai esibire la tua felicità.
Così come non avrebbe senso provare odio, amicizia e neppure amore – niente testimonierebbe cotali sentimenti.
Perché senza base nessuna evoluzione potrebbe avere significato.
Una parola è vuota senza la giusta intonazione, ogni gesto spento senza il calore ad accompagnarlo.
Questa mia incapacità di comunicazione mi isolava più di qualsiasi altra.
Al dì là del mutismo, al di là degli occhiali scuri, al di là della serietà che mi imponevo.
Non comunicavo con nessuno degli strumenti in mio possesso.
Sentivo distintamente la solitudine fare parte di me, dolorosamente quanto intrinsecamente. Solo me stesso, senza accettare altri dentro di me.
Era doloroso, molto doloroso.
Perché l’uomo non è fatto per stare solo, non è fatto per parlare con le pietre. Quelli si chiamano matti, e vengono solamente disprezzati.
Io volevo essere accettato, pur rimanendo nelle radici Shino Aburame, e non un fantoccio ideato solo per compiacere.
Allungare la mano sì, ma non troppo.
Sarebbe stato perfetto se qualcuno abbastanza curioso avesse fatto lo stesso – ci saremmo incontrati in un punto, e saremmo stati immensamente felici entrambi.
Nessuno lo fece mai, nessuno osò avventurarsi al di là delle mie lenti scure.
Facevo troppa paura, probabilmente. Non attiravo abbastanza.
Questo era davvero triste, perché voleva dire che come essere umano ero davvero un fallimento estremo.
Questo era davvero tanto triste.

“Adoro le tue mani, Shino… Sono grandi, sono lisce… sono così forti le tue mani, Shino!”

Tutta la mia esperienza, però, non si ferma ad un passato particolarmente incolore.
La mia adolescenza non è stata felice, lo devo ammettere. Anche se gli impegni come ninja mi hanno distratto dalla personalità che mutava e si faceva dolorosamente acuta e sensibile, ho trovato modo e tempo di crogiolarmi nel mio stesso dolore. Come una persona misera da compatire appieno.
Stanco di aspettare, sono arrivato a concepire l’atto dell’azione.
E allora, se le mie parole non potevano esprimere nulla, avrei detto tutto con le mie mani.
Ho pensato a questo, e devo dire che idea più brillante mai mi è venuta né mai mi verrà in futuro.
Piccole cose, all’inizio, come sfiorare le braccia e le spalle, prendere per mano la gente, accarezzare la pelle.
Niente di complicato, niente di elaborato – tentavo sempre di essere istintivo, questo lo sentivo io per primo – solo per far vedere che ero coinvolto.
Ma non funzionò, all’epoca non funzionò per nulla.
Perché non sentivo la necessità di trasmettere qualcosa a qualcuno.
In verità, non avevo trovato quel qualcuno che ritenessi davvero capace di intendermi, avevo paura di non essere compreso per cui non tentavo neanche di esserlo.
Il solito circolo vizioso che prende in sé ogni stupido troppo dubbioso.
Vinto, pensavo di aver concluso la partita che avevo appena iniziato – così, indegnamente.
No, mi sbagliavo davvero. La mia vita cominciava proprio a quel punto.

“Adoro le tue mani, Shino… Sono grandi, sono lisce… sono così forti le tue mani, Shino!”

La pelle di Kiba non è morbida a toccarsi.
E’ il risultato di anni e anni di allenamenti feroci, di corse a perdifiato, di scontri mortali.
Eppure, quando ci passo sopra le dita – lentamente, molto lentamente, perché è così bello sentire ogni movimento che il contatto produce – si tende tutta, e freme per qualcosa che mi sfugge.
Bella, la considero bella.
Sul petto ampio mi soffermo di più, la carne lì è morbida quando si rilassa; sul ventre mi piace passare più volte sui muscoli delineati, come a volerli ridipingere io; sulle spalle, sulle braccia e sulle gambe passo velocemente, quasi una carezza, a dare un senso di scatto e rapidità a quegli arti così dinamici.
Sul viso – oh, sul viso – ogni riflessione mi pare vana.
Perché ci sono talmente tanti modi per imprimere lì un sentimento che farne un elenco sarebbe troppo lungo.

Adesso, che lo sto toccando ancora una volta, lui sorride. Sorride come mai l’ho visto fare in tanti anni.
Io non dico una sola parola, lui neppure.
Oh forse sì, lui mi ripete continuamente una frase, una frase che mi lascia sempre sbigottito.
-Adoro le tue mani, Shino… Sono grandi, sono lisce… sono così forti le tue mani, Shino!-
Io mi soffermo a guardarmi le mani, ogni volta. Mi pare davvero incredibile che ogni cosa che io non riesco a dire con la mia tanto decantata “ragione superiore” passi attraverso una semplice carezza.
E’ paradossale.
Ma il mio sentimento per qualcuno non è stato mai così forte.
Oh, dio! Le mie mani toccano per parlare. Toccano e toccano ancora, senza vergogna alcuna, senza pudore non necessario.
Perché vergognarsi di una cosa che viene dal profondo della nostra essenza?
Non mi sono sentito così vivo come in questo momento che sto zitto e tocco l’uomo che amo.

Le mie mani si intrecciano alle sue, muovendosi piano in aria come a ballare, lievi.
I suoi occhi sono pozzi profondi in cui è facile perdersi – difficile trovare la volontà di risalirvi fino alla superficie.
-Shino…-
E’ quella sua voce che mi tenta fino a rendermi ansioso di ogni suo minimo gesto.
Sono le sue mani – le sue meravigliose mani – a farmi perdere totalmente la ragione infine, e a consegnarmi interamente a un sentimento che non potrei più imbrigliare.






Questa è solo una delle piccole ff che ho preparato per questo giorno speciale.
E' il 23 Gennaio, compleanno del mio amato, amatissimo Shino.
Sul mio lj troverete tutti i link delle altre ff a tema.
Grazie di aver letto **
Alla prossima ^^

   
 
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