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Autore: kia84    25/01/2010    1 recensioni
Una storia romantica, ironica e piena di fisse mentali... Sam vuole essere invisibile. Ha due genitori adorabili, un fidanzato praticamente perfetto e un lavoro che odia con tutta se stessa. Non è soddisfatta della sua vita, ma prosegue la sua routine quotidiana come se nulla fosse finchè non arriva l'uragano...
Genere: Romantico, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Il mio nome è Sam, Samanta Fox. Sam per gli amici e giuro che ne ho così pochi che, se non mi avessero affibiato questo nomignolo, mi sarei anche scordata come mi chiamo. Sono una ragazza banale che fa una vita mortalmente noiosa. Prima studio-casa-studio, adesso lavoro-casa-lavoro...ovviamente con le dovute pause per mettere qualcosa nello stomaco per continuare quell'assurda e monotona routine. Non avevo mai perso un giorno per rimanere a casa con l'influenza, era inaccettabile per il mio corpo. Ero sempre stata seria ed inflessibile, fin da quando avevo iniziato a frequentare le prime scuole gli altri mi stavano alla larga come se avessi il morbo sella secchiona; durante la crescita e l'avanzamento delle classi la situazione non era affatto cambiata ed io navigavo nella solitudine, ovviamente se non contavo quel cretino che continuava a girarmi sempre intorno torturando i miei nervi saldi. Il cretino in questione si chiama Christopher Wolf, Chris per tutti ma proprio tutti. Si era trasferito nella mia scuola quando frequentavo le medie e da subito era diventato l'idolo di tutti: bello, famiglia ricco-borghese, gentile ed affabile. Tutti lo volevano e lo cercavano ma lui si mascherava dietro i suoi sorrisi, cercando, spesso con risultato, di nascondere l'imbarazzo e la timidezza che provava, e questo ai loro occhi lo rendeva ancora più adorabile. Ovunque andassi il suo nome mi seguiva come una scia ed io non ne potevo più. La sua evidente timidezza, così evidente almeno per me visto che nessuno ancora se n'era accorto, lo portava spesso ad isolarsi nella biblioteca della scuola e da quel momento non ci fu tregua per me. Il primo giorno, per attirare la mia attenzione, parlò di tutto quello che gli frullava nella testa facendo battute su ogni cosa risultando opprimente. L'unica parola che mi veniva in mente per descriverlo era rompipalle. Venne ogni pomeriggio, sicuro di trovarmi sempre in quel luogo, che aveva odore di vecchio, e costantemente sola. Divenne quasi un appuntamento ed io mi abituai presto alla sua presenza iniziando ad apprezzare la sua compagnia; iniziammo a conoscerci e diventammo amici, nonostante il mio comportamento esasperato nei suoi confronti non era cambiato di una virgola, ma a lui piaceva e in fondo piaceva anche a me. Era diventato una sorta di gioco tra di noi. I compagni di scuola quando ci vedevano insieme ci prendevano in giro; "il lupo porta a spasso la volpe" dicevano, io cercavo inutilmente di ignorarli ma Chris mi diceva di lasciar perdere e sorrideva a loro con fare canzonatorio mentre si informava dell'ultima partita di basket della scuola. Chris era sempre stato così, non voleva mai iniziare a fare una discussione con qualcuno ed era accomodante con chiunque gli chiedesse un favore. Lo vedevano una sorta di messia quando giravamo per i corridoi insieme: finalmente qualcuno era arrivato per portare sulla retta via quell'associale pecora nera. Nessuno mi vedeva di buon occhio, specialmente quella nostra strana amicizia della quale erano invidiosi. Continuò in quel modo anche durante il liceo, soltanto che anno dopo anno gli scherzi di quei cretini peggioravano ed io ero sempre stata il loro bersaglio migliore. Chi meglio di una ragazza che taceva tutte le angherie subite e non correva dal suo migliore amico per spifferare quello che gli altri compagni le facevano alle spalle di lui? Ero orgogliosa e non volevo l'aiuto di Chris per quello, specialmente visto che lui era la causa di quelle ripicche. In qualche modo riuscii a superare gli ultimi anni di scuola abbastanza indenne mentre prendevo il diploma con voti che superavano di poco la sufficienza e dovevo subire passivamente l'alzata di spalle del mio migliore amico, che passava con il massimo dei voti come se nulla fosse. Era quella la verità, io avevo sempre sgobbato sui libri per alzare inutilmente la mia media scolastica mentre lui non aveva mai aperto un libro di alcuna materia in vita sua e sapeva la lezione a memoria soltanto dopo averla ascoltata una volta. Era disumano. E non per questo era meno intelligente di me, che facevo fatica per ogni cosa; lui non si era mai procurato voti alti per la sua bellezza o notorietà e per questo lo apprezzavo. Poi venne il college e le cose cambiarono in fretta. Nuovi amici, Chris che aveva accettato un lavoro come modello per una rivista, io indaffarata a seguire più corsi del normale, lui costantemente circondato da ragazze super belle da fare invidia a chiunque, io a fargli da spalla se sua madre chiamava e lui non voleva sentirla. Abitavamo persino nella stessa camera del dormitorio e all'inizio andava tutto bene ma la nuova routine ci separò in fretta. Sembravamo due estranei che abitavano nello stesso posto e che non si vedevano mai. Il suo lavoro da modello e le sue uscite mondane ogni notte, ubriacandosi e facendo scorribande per tenerlo sempre sulla cresta dell'onda in quel settore, gli fecero guadagnare i primi spot in tv e successivamente alcuni provini per il cinema. Non c'era quando mollai gli studi per seguire un uomo, del quale ero follemente innamorata; non c'era quando scoprii che mi tradiva e mi usava come bancomat aperto 24 ore su 24 soltanto per soddisfare i suoi capricci. Mi resi conto troppo tardi di quello che mi stava succedendo e già il mio cuore soffriva quando finalmente aprii gli occhi e quel fatuo innamoramento svanì all'improvviso. Quando tornai al dormitorio lo trovai li ad aspettarmi, mi comunicò della morte di mia nonna e finalmente piansi tutte le lacrime che mi ero ingoiata fin'ora. E lui c'era. Mi strinse tra le braccia assorbendo il mio dolore per mescolarlo al suo, mi sentivo finalmente a casa. Passammo la notte così, abbracciati, a volte parlammo a lungo altre volte eravamo immersi nel più profondo silenzio ad ascoltare il respiro dell'altro. Ci accorgemmo troppo tardi del bacio che unì le nostre labbra, era stato un gesto automatico e sembrava così giusto mentre sentivo la pressione delle sue carnose labbra sulle mie. Era stato un bacio dolce che mi fece battere più forte il cuore. Quando finì, restammo a fissarci per un tempo interminabile negli occhi, eravamo entrambi disorientati ed imbarazzati, poi lo vidi indietreggiare di qualche centimetro con la testa e rimasi di sale accorgendomi della lacrima che mi rigava il viso. Lui l'asciugò e chiuse gli occhi facendo finta di dormire, così feci anch'io, qualche secondo dopo, cancellando quel gesto dai miei pensieri. Dovevo dimenticarmi di quel bacio, noi non potevamo che essere soltanto dei semplici amici l'uno per l'altro, nulla di più. Non potevamo rovinare quello che c'era tra di noi per uno stupido errore commesso in un momento di debolezza. Durante il funerale mi rimase accanto, poi ricominciammo le nostre vite come se nulla fosse successo. Mi trovai un lavoro come impiegata in uno studio amministrativo e presi un monolocale in affitto verso la periferia, dove i prezzi riuscivano ad essere decenti per una persona con pochi mezzi con cui vivere. Chris mi sembrò distante, ormai perso nel suo mondo con il suo manager che provava in tutti i modi di metterlo in risalto per qualsiasi rivista scandalistica che mi diede il voltastomaco. Ogni tanto ci sentivamo per telefono per sapere a che punto eravamo con le nostre vite, riusciva ancora a farmi ridere mentre mi raccontava di alcuni aneddoti che vedeva nel suo strambo lavoro. Una volta mi portò persino ad una di quelle feste senza controllo della bella vita, gli eccessi mi fecero paura così come il suo bere e la sua sfacciataggine da ubriaco. Non lo riconoscevo più. Quello non era il mio mondo e sicuramente una volta non era nemmeno il suo. Dov'era finito quel ragazzo timido che si imbarazzava facilmente arrossendo come un peperone per una parola di troppo? Me ne andai di fretta con la scusa di dovermi alzare presto per il lavoro. Lavoro che odiavo con tutta me stessa e che mi arrecava soltanto scocciature e una ventata di ira repressa. Lui non telefonò il giorno seguente ed io gliene fui grata anche se una parte di me rimase delusa da quel gesto. Proseguii nella mia monotona vita finchè non incontrai Derek. Un affascinante veterinario amante dei libri, della musica classica e del buon vino; ci incrociammo nella mia solita libreria mentre sfogliava un libro d'arte. Era così diverso da Chris che mi colpì subito. Iniziammo a frequentarci senza impegno per tastare il terreno, era piacevole stare in sua compagnia; sembrava di sentire una brezza leggera sulla pelle dopo aver sofferto per anni dell'agonia del caldo asfissiante. Era una tranquilla ed appagante storia tra un uomo e una donna finchè una telefonata non travolse di nuovo la mia vita. Ero nella sua stanza, avevamo passato la notte a fare l'amore e adesso lui dormiva pacificamente sotto le coperte con una mano sul cusco e l'altra sul mio fianco. Aprii gli occhi di scatto al suono di quella maledetta suoneria e tastai il comodino per cercare di agguantare il cellulare. Quando lo feci, mi misi seduta lanciando delle occhiate oltre le mie spalle per paura che tutto quel rumore avesse svegliato Derek. Fortunatamente i suoi sospiri profondi non cessarono.

"Pronto?" squittii nervosamente senza nemmeno aver visto il nome sul display.
"Sam sono io." quelle parole mi misero ansia e una rabbia improvvisa fece capolino in me.
"Ma che ore sono?" gli chiesi spaesata stringendo gli occhi a due fessure. Era fortunato di non vedermi in faccia in quel momento.
"Sono appena passate le 5." mormorò lui con fare tranquillo. Per poco non caddi dal letto.
"Cosa? Ma sei impazzito? Perchè diamine mi chiami a quest'ora?" ruggii come meglio potei, senza però alzare troppo il volume della voce.
"Scusami, stavi dormendo." non era una domanda e la mia rabbia ammontò.
"Ovvio che stavo dormendo. Non sono così cretina da rimanere sveglia soltanto per aspettare queste stupide telefonate notturne."
"Forse è meglio che ti chiami ad un'ora più consona." disse tirandosi indietro come se si sentisse in colpa.
"Ormai è inutile. Parla." sospirai con esasperazione mentre mi portavo una mano alla fronte.
"Mi hanno dato il ruolo da protagonista!" gridò con tutto il fiato che aveva in gola. Sentivo la sua voce entusiasta, feci un sorriso felice.
"Chris è una notizia stupenda!" sussurrai addolcendo la voce.
"Lo so. Mi ha appena chiamato il mio manager per confermare la mia parte in questo film...ho sempre avuto ruoli secondari e quando finalmente faccio un provino, quasi per scherzo, mi ritrovo ad essere l'attore principale in un film. Probabilmente non verrà neanche trasmesso al cinema, ha un basso budget e tanti attori emergenti, ma è un buon inizio di qualcosa che potrebbe essere la mia carriera. Dovevo dirtelo subito perchè ancora non riuscivo a crederci...dirtelo è come rendere la cosa reale. Sei sempre stata tu la mia ancora, la persona affidabile con i piedi per terra. Il mio sostegno. Dovevi essere la prima a saperlo." disse tutto d'un fiato ansimando un pò verso la fine. Immaginavo il suo viso leggermente arrossato che non riusciva a mascherare il suo grande sorriso.
"Lo sai che ti sosterrò sempre...anche se quando fai delle scemenze devo dirtelo chiaro in faccia." borbottai imbronciata al ricordo delle sue stramberie quando andava in quelle feste senza senso.
"Il mio caro grillo parlante." mormorò lui con affetto rendendomi felice ed imbarazzata.
"Grazie di avermelo detto."
"Non ringraziarmi, dovevo condividere con te questa gioia. Dobbiamo andare a festeggiare. Domani...cioè oggi. Stasera." non era tanto una proposta quanto un'affermazione. Avrei voluto tanto acconsentire a quell'invito ma non potevo. Avevo già promesso a Derek di vederci dopo il lavoro per andare ad una mostra di arte moderna, dove partecipavano delle opere di un suo amico, e mangiare qualcosa a fine serata. In quel momento avrei voluto disdire l'appuntamento con l'uomo che dormiva al mio fianco, ma non potevo fargli questo.
"Non posso Chris. Sono già impegnata, mi dispiace." mormorai mordicchiandomi il labbro inferiore dal nervosismo. Speravo che non facesse domande perchè altrimenti avrei dovuto raccontargli tutto, avrei dovuto parlargli di Derek e non ne avevo voglia.
"Dove devi andare?" ed ecco la prima domanda che mi colpì direttamente allo stomaco. Forse sarebbe stato meglio non dirgli niente e prendere la scusa di un contrattempo qualche ora prima dell'appuntamento, ma sarebbe stata una carognata troppo grossa nei suoi confronti.
"C'è una mostra d'arte moderna in centro e..." iniziai a temporeggiare in cerca di un aiuto che non sarebbe mai arrivato. Mi sentivo una perfetta idiota.
"Tu odi l'arte moderna. Cosa ci vai a fare?" la seconda domanda fu più dolorosa e mi stordì completamente. Cercai in fretta la scusa più banale che potesse venirmi in mente e gliela dissi.
"Le cose cambiano in fretta. Non la odio, ma dovrei avere un motivo evidente se non mi piace quindi devo verificare di persona. Può essere un fatto di incomprensione, vorrei capirla meglio prima di esprimermi." avrei voluto sbattere ripetutamente la testa contro il muro. Quando il mio cervello aveva smesso di funzionare?
"Ma cosa stai dicendo? Hai fumato per caso?"
"No che non ho fumato. Non so perchè se uno volesse ampliare i propri orizzonti tu lo devi fermare con frasi assurde come queste." borbottai sulla difensiva con tono aggressivo.
"Chi è lui?" ed ecco il colpo di grazia che mi mise k.o.
"Cosa?" boccheggiai annaspando in cerca di consonanti e vocali perse per strada.
"Se dici cavolate del genere e vuoi andare in un posto dove non entreresti nemmeno pagata ci deve essere per forza lo zampino di un uomo. Come si chiama?" la sua voce aveva assunto un tono serio e snervante. Perchè adesso mi faceva il terzo grado? E perchè mi sentivo in colpa per non averglielo detto prima?
"Derek. Non lo conosci, è un veterinario." sospirai alla fine in un sussurro.
"Ah. Da quanto tempo vi frequentate?" cosa diavolo voleva dire Ah?
"La prossima settimana saranno 5 mesi."
"Caspita, già 5 mesi..." mormorò lui inespressivo lasciando la frase in sospeso.
"Io..." balbettai incapace di andare avanti, ma lui mi fermò.
"Non importa. Facciamo così, spostiamo la cena a domani sera e venite entrambi. Siete miei ospiti. Va bene?" improvvisamente divenne più affabile e non seppi come comportarmi. Cosa gli prendeva? Perchè dal tono quasi accusatorio era passato a quello della gentilezza più pura? Non riuscivo a capirlo.
"Va bene, ne parlerò con Derek e poi ti farò sapere." acconsentii infine chiudendo gli occhi. Non avrei mai voluto che quella cena accadesse. Sapevo di non poter nascondere Derek in eterno e che prima o poi lo avrei dovuto presentare al mio migliore amico ma c'era qualcosa che mi tratteneva. Qualcosa che mi gridava di non farli conoscere. Qualcosa che mi diceva di non mischiare quei due mondi insieme altrimenti si sarebbero rotti alcuni legami importanti. Ma non volevo più sentire quella voce. Entrambi facevano parte della mia vita e avevano il diritto di conoscersi. Dovevo smetterla di essere paranoica.
"Allora aspetterò tue notizie. Buona notte Sam." mi sussurrò Chris all'orecchio, come se non ci fossero i cellulari a farci da barriera. Sentivo persino il suo respiro sul lobo e sul collo, mi salì un piccolo brivido involontario lungo la schiena.
"Buongiorno Chris." gli risposi di rimando chiudendo la conversazione prima di commettere qualche gaffe madornale. O che lui mi sentisse sospirare, era fuori luogo.

Lanciai un'occhiata verso Derek, ma notai che stava ancora dormendo. Mi tirai in piedi e presi una vestaglia dalla sedia accostata alla parete, la indossai e andai in cucina a farmi un the caldo. Quella bevanda placò l'ansia improvvisa che mi aveva procurato quella telefonata. Avevo appena ammesso con il mio migliore amico di avere un uomo ma, invece di sentirmi bene con me stessa, avevo paura della sua reazione. La sua voce era stata strana quando aveva ricevuto la notizia, in un primo momento avevo pensato che fosse quasi geloso e possessivo perchè avevo creato un altro legame oltre a quello che ci univa...forse era anche deluso del fatto che non glielo avessi detto prima e aveva ragione, dopo pensavo di essermelo immaginata. Era distante e preso dalle sue cose mentre mi chiedeva di presentargli Derek. Sapevo che mi sarei sentita mortalmente in ansia per quell'incontro. Bevvi un altro sorso, ormai il the era diventato tiepido e il suo aroma si sentiva a malapena ma era lo stesso buono. Me ne preparai un altro in attesa di stendere completamente i miei nervi. Qualche minuto dopo, Derek fece capolino dalla porta scoccandomi un bacio sulla guancia per poi mettersi a preparare il suo caffè solubile. Lo osservai attentamente. Alto 1.70, ben piazzato e un pò robusto tanto quanto basta da renderlo affascinante, capelli corti castano rossicci, occhi color nocciola scuro, una voglia olivastra sulla spalla sinistra e un odore forte di peli di animali e anestetici. I primi tempi avevo odiato quell'odore, a volte non riuscivo nemmeno ad avvicinarmi più di tanto a lui senza storcere il naso, poi mi ci ero gradualmente abituata e adesso quasi non ne potevo più fare a meno. Era la mia favola della buona notte. Sorrisi mentre lo vedevo indaffarato a mischiare quello scuro intruglio che non avrei bevuto per tutto l'oro di questo mondo. Quando abitavamo insieme, Chris me ne portava sempre un tazzone fumante ogni mattina, a volte ci dividevamo lo stesso specialmente quando faceva troppo freddo; lui era un vero patito del caffè, quello forte dal sapore intenso, io lo annacquavo più che volentieri con un bel pò di latte fresco. In quel periodo, a causa della sua influenza, avevo la mania di caffeina ma adesso era tutta un'altra storia. Avevo cambiato vita, mi ero allontanata da lui e volevo cambiare le mie stupide abitudini alimentari che mi aveva inculcato lui per abitudine. Troppe abitudini che erano dure a morire ma che volevo sopprimere con tutta me stessa. Come quando avevo la fissa di indossare i maglioni, troppo grandi per il mio corpo, che rubavo dagli armadi di Chris; alcuni di essi li avevo in dei vecchi bauli che avevo trasportato in quella casa durante il trasloco. Li avevo banditi dal mio campo visivo e non volevo che Derek potesse venirne a conoscenza, altrimenti avrei rischiato domande alle quali non volevo rispondere e persino perderlo. Mi feci seria e decisi di affrontare l'argomento scottante prima che mi facesse venire un'ulcera.

"Senti Derek, prima mi ha chiamato un mio amico e mi ha chiesto se possiamo incontrarlo domani sera per una cena. Ti va?" gli chiesi titubante, facendo la finta tonta mentre osservavo con interesse il liquido rosso nella mia tazza.
"Certo, è un'ottima idea. Chi è?" mi chiese mentre si imburrava una fetta biscottata e agguantava il barattolo della marmellata di pesche per aprirla e spalmare il contenuto nella piccola fetta integrale.
"Non lo conosci, è un amico di vecchia data e vuole festeggiare con noi perchè ha appena ottenuto una parte importante in un film." cercai di temporeggiare per evitare di far incontrare quei due mondi così diversi anche soltanto platonicamente. Forse sarebbe stato meglio rifiutare subito la proposta di Chris invece di trovarmi in quel modo in difficoltà.
"Un attore. Wow...non sapevo che conoscessi un attore." adesso avevo attirato tutta la sua attenzione e questo non andava per niente bene. Mi ero incastrata da sola.
"Beh in realtà prima era un modello, è da poco che è entrato nel mondo del cinema. Si chiama Christopher Wolf." gli rivelai quasi trattenendo il respiro mentre lo osservavo attentamente per capire la sua espressione.
"Stai parlando di Christopher Wolf? Veramente? Sei sua amica?" esclamò lui a raffica mentre i suoi occhi luccicavano di eccitazione.
"Sai chi è?" gli chiesi stupita cadendo dalle nuvole. Non mi sarei mai aspettata quella reazione e nemmeno che lui seguisse riviste di gossip, non era da lui.
"Certo che so chi è. Anch'io leggo i giornali." sorrise lui con un'alzata di spalle. Morse la fetta biscottata, producendo il classico rumore croccante, e iniziò a mangiarsela con gusto.
"Non pensavo però che leggessi quel tipo di giornali." mormorai guardandolo come se gli fosse spuntato un occhio in fronte.
"Carol, la segretaria, compra un paio di riviste ogni giorno e le mette nella saletta d'aspetto per i clienti." ribattè lui semplicemente continuando a mangiare.
"Pensavo lo facessero soltanto dal dentista."
"Solo storie. Non immaginavo fossi amica di una star spesso in prima pagina per le sue uscite sfrenate e le ragazze che cambia ogni sera." commentò lui semplicemente bevendo un altro sorso di caffè. Quella frase mi irritò particolarmente. Mi sembrava troppo riduttivo parlare della carriera di Chris in quel modo, specialmente se i media non facevano altro che dargli del donnaiolo che alza il gomito. Lui non era quello che volevano mostrare, era molto di più ma a nessuno interessava andare veramente a fondo per conoscere una persona. Solo l'apparenza contava. E, per mia spiacevole sorpresa, anche Derek si era fermato soltanto ad essa e questo mi infastidiva.
"Cosa vuoi che ti dica? La vita è piena di stranezze, come le riviste che leggi." borbottai, cercando di non rispondergli male. Avrei voluto dirgliene quattro ma poi avrei dovuto spiegargli cose che volevo tenere per me o che non volevo ammettere a me stessa perchè regnavano nel mio subconscio sopito.
"Perchè non mi hai mai parlato di lui?" ottima domanda. Cosa gli avrei potuto rispondere adesso? La verità era del tutto fuori discussione, quindi optai per qualcosa che non mi avrebbe fatto risultare del tutto una patetica bugiarda. O almeno bugiarda non di sicuro, ma patetica forse visto che avevo paura di arrampicarmi negli specchi adducendo a scuse banali.
"Perchè non ce n'era motivo...lui era impegnato ed io pure. Adesso si è rifatto vivo perchè ha avuto questo grosso ruolo che potrebbe lanciarlo tra le stelle di Hollywood." sperai che non notasse il tremore nella mia voce e nemmeno il piccolo balbettamento che mi prese alla sprovvista. Ero nervosa e, al contrario di Chris che aveva preso persino delle lezioni, io non sapevo mentire bene. Chiunque poteva accorgersene e Derek non era affatto stupido.
"E visto questa specie di silenzio tra di voi, come mai ha chiamato proprio te?" stava mettendo il dito nella piaga. Faceva finta di niente o mi stava prendendo in giro? Speravo che non approfondisse l'argomento con altre domande fuori luogo.
"Probabilmente perchè nessuno a parte me gli ha risposto ad un'ora così tarda...e perchè un tempo eravamo migliori amici, come se fossi una di famiglia per lui. E' inutile arrovellarsi troppo sulla questione. Quindi devo confermare?" gli chiesi cambiando argomento. Finalmente avevo di nuovo le redini di quella conversazione scomoda. Mi trattenni per non fare un sospiro di sollievo e avere l'espressione soddisfatta.
"Si fallo. Sarà un piacere conoscerlo, specialmente se è un tuo amico. Per stasera ti passo a prendere a lavoro?" iniziò a sparecchiare, gli porsi la tazza e lui la prese tra le mie mani sorridendomi dolcemente. Mi scoccò un bacio sulla guancia e lavò il tutto fischiettando allegramente con aria spensierata.
"No, dovrò cambiarmi e rendermi almeno un minimo presentabile per andare a questa mostra. Non voglio sfigurare troppo di fronte ai tuoi amici." commentai stringendomi la cintura della vestaglia.
"Va bene. Adesso sarà meglio prepararsi in fretta così ti do un passaggio fino al tuo ufficio. La mia agenda è fitta di pazienti per oggi, quindi devo sbrigarmi." detto ciò, si asciugò le mani e corse in bagno a lavarsi.

Quando mi sedetti alla scrivania, la giornata trascorse a rallentatore come ogni giorno. Un via vai di persone mi passavano davanti, incuranti del fatto di essere fissate con occhi vacui, ed io mi chiedevo quante tra tutte quelle erano veramente felici di lavorare la dentro. O ero io l'unica che si sentiva un pesce fuor d'acqua, pensando soltanto di sprecare tempo prezioso seduta in quell'angusto cubicolo, oppure erano talmente fatti di lavoro da essersi dimenticati le loro vecchie aspirazioni. A dir la verità io non ne avevo mai avuta nessuna in particolare e spesso me ne ero chiesta il motivo senza mai arrivare ad alcuna soluzione valida. Perchè ogni adolescente di questo pianeta sapeva di preciso cosa avrebbe voluto fare dopo il diploma mentre io non ne avevo mai avuto la minima idea? Me ne stavo in disparte a studiare facendomi il culo ma in realtà ero completamente vuota dentro. Seguivo la corrente e mi davo della stupida perchè non riuscivo a cambiare, dovevo essere un individuo unico e non uno della massa ma, guardandomi intorno, erano soltanto futili parole sprecate al vento. Passai la giornata in stato apatico compilando i registri di fatturazione mentre rispondevo alle lamentele dei clienti con voce professionale e pacata. Con la fantasia mi stavo godendo un tramonto romantico sulla spiaggia, in compagnia di una coperta e una birra, e rimanevo a guardare e ad aspettare qualcosa che forse non sarebbe mai arrivato; intanto avevo messo il pilota automatico per continuare a svolgere le mie pallose mansioni. C'era serenità in quel sogno, una pace che non mi sarei mai aspettata; non ero lo stesso pienamente felice, ma mi accontentavo di quel mondo chiuso nella mia testa. Sembrava il posto magnifico di uno dei miei tanti libri preferiti. Quel sogno ad occhi aperti finì all'improvviso quando il cellulare nella mia borsa iniziò a squillare la famosissima suoneria YMCA dei Village people, volevo morire. Quel bastardo di Chris me l'aveva cambiata come tono di chiamata a suo nome l'ultima volta che ci eravamo incontrati in una caffetteria. Alcune teste si girarono nella mia direzione, era talmente imbarazzante che avrei voluto affondare la testa nella tazza del cesso. O almeno sbatterci dentro quella del mio miglior amico dopo averlo torturato per bene per quel gesto infame. Risposi immediatamente per far tacere quel dannato cellulare, maledicendo mentalmente il nome che compariva sul display.

"Ti odio!" gli sbottai con tutta l'amarezza che avevo in corpo.
"Grazie. Fammi indovinare, non ti piace YMCA giusto? Non riesci ad apprezzare le vecchie canzoni che hanno fatto un'epoca." commentò lui, lo vedevo scuotere la testa con decisione mentre faceva una smorfia ridicola. Trattenni un sorriso, non doveva sempre averla vinta lui. Riusciva a farmi infuriare così velocemente quanto sbollire un secondo dopo ridendo a crepapelle.
"Alcune canzoni sono troppo sopravalutate. Smettila di mettermi suonerie imbarazzanti!" gli ordinai sussurando con voce implacabile ed imperiosa. Sapevo che non mi avrebbe ascoltata per niente, ma mi piaceva minacciarlo anche se inutilmente.
"Ritieniti fortunata, non ti ho messo Marylin Manson." disse lui sogghignando.
"Devo ringraziarti per questo? Cosa vuoi?" gli chiesi bruscamente. Forse stavo esagerando, ma le occhiate curiose dei colleghi puntate su di me mi rendevano nervosa. Perchè diamine avevamo degli uffici piccoli e aperti, ammassati gli uni agli altri senza pareti per dividerli? Non si poteva nemmeno avere un pò di privacy la dentro. Invidiavo gli uffici spaziosi dei tre capi.
"Volevo sapere se il tuo ragazzo ha accettato la cena di domani sera."
"Non è il mio ragazzo...non ho più 17 anni! Chiamalo soltanto Derek. Comunque si, ha detto che per lui va bene." mormorai facendo un sospiro.
"Ottimo, allora confermo la prenotazione." sembrava eccitato in quel momento peccato che io avrei voluto rifiutare all'istante. Sapevo di non potermene più tirare fuori e la cosa mi causò un momento di claustrofobia.
"Avevi già prenotato anche se non eri sicuro di quello che ti avrei detto?" gli chiesi accigliata. Che sbruffone presuntuoso, come se nessuno potesse dirgli mai di no.
"Sono sicuro di te, non puoi deludermi." mormorò lui con tono basso, quasi impercettibile come se in realtà fosse stato soltanto un sospiro e non una frase. All'improvviso, mi sentii paonazza mentre i battiti del mio cuore galoppavano impazziti nel petto. Aveva detto veramente quelle parole? Cosa significavano? Si era per caso bevuto il cervello?
"E questa da dove l'hai presa? Da un copione?" feci io cercando di sdrammatizzare la situazione. Non volevo dare troppo peso alla sua frase, non più del dovuto almeno perchè ne avevo paura.
"Già, un copione. Senti, adesso devo andare ma ti mando un messaggio con su scritto l'ora e l'indirizzo. Ci vediamo domani. Ciao." e chiuse la conversazione di colpo senza nemmeno lasciarmi il tempo di ricambiare il suo saluto. Rimasi interdetta da quello strano comportamento, non era da lui. Solitamente era difficile farlo smettere di parlare, a volte dovevo persino minacciarlo dicendogli che avevo altro da fare e sbattergli il telefono in faccia per poter tornare alle incombenze della mia vita patetica. Adesso lo aveva fatto lui ed io ci rimasi male. Aveva avuto anche uno strato tono di voce che non riuscivo a comprendere e mi chiesi più volto cosa stesse succedendo, ma la risposta era vuoto totale. Mi irritava arrivare al punto di dubitare seriamente di conoscerlo sul serio...ero sempre stata io l'unica con cui si confidava e lo leggeva come un libro aperto, ma adesso non sapevo più cosa pensare. Mi sentivo quasi un'estranea per lui; lui che era il mio unico amico, la mia un'unica ancora in un porto sicuro. Forse dipendevo da lui più di quanto volevo e mi sarei aspettata, non doveva essere così. Fin da piccola avevo fatto di tutto per evitare la dipendenza da altre persone, persino dai miei stessi genitori, e adesso mi rendevo conto di non esserci riuscita con Chris. Dipendevo dalla sua amicizia, dai suoi alti e bassi e questo mi faceva male. Dovevo riuscire a ristabilire un rapporto normale tra di noi e forse prendere un pò le distanze e non corrergli accanto appena mi chiamava. Ero irrecuperabile.

Trascorsi la giornata con il pilota automatico, senza quasi accorgermi nemmeno delle domande che mi rivolgevano, nello stesso modo passai la serata insieme a Derek. Soltanto di notte mi sarei sentita una merda per non essere stata veramente con lui alla mostra, ma per il momento continuava a venirmi in mente la conversazione che avevo avuto con Chris. Mi tormentava rendendomi inquieta. Rifiutai persino di andare a dormire nell'appartamento di Derek, adducendo come scusa un terribile mal di testa e un impegno di lavoro per il quale dovevo svegliarmi prima del solito, lui non disse nulla e mi sorrise baciandoli sulla guancia mentre mi lasciava sotto il mio portone. La parte di me presente quella sera si era annoiata mortalmente a quella mostra incomprensibile e piena di filantropi snob e stravaganti. Non di certo il mio genere di compagnia, ma del resto non che ne avessi veramente di compagnia. Mostravo quel mio finto sorriso di allegria mentre fingevo di ascoltare le conversazioni degli amici esuberanti di Derek e a guardare le loro opere con occhi interessanti. Chris aveva ragione, io odiavo l'arte moderna.
La mattina successiva ero troppo agitata per concludere qualcosa, ero così sbadata da essere ripresa più volte dai miei capi e altrettanto da far cadere sulla camicia di uno di loro un caffè bollente che gli bruciò il petto formando una chiazza scura che si espandeva a vista d'occhio. Di certo il mio comportamento da svampita non mi metteva in buona luce con i miei datori di lavoro. Se volevano trovare un modo per sbarazzarsi di me lo stavano trovando. Svolgevo bene il mio lavoro, anche se non mi accanivo per niente per brillare in esso, ma credevo mi vedessero un pò come una palla al piede e ben felici di sbarazzarsi di quel fastidio. Però poi chi avrebbe lavorato sulle scartoffie che nessuno voleva riordinare e compilare? Non dicevo mai di no e tacevo. Mi odiavo da sola. Sospirai di sollievo quando il mio orario di ufficio fu terminato per poi darmi dell'imbecille appena sentii l'ansia attanagliarmi il corpo. La giornata non era ancora finita, c'era qualcosa di peggiore da affrontare rispetto a un caffè buttato per sbaglio sulla camicia immacolata del tuo capo. Arrivata a casa, mi preparai meticolosamente come al solito per poi fissarmi allo specchio e fare una smorfia di angoscia. Ero così banalmente vestita che potevo benissimo essere scambiata per della tappezzeria. Tailleur semplice e nero con una scollatura rotonda dalla quale sbucava una collana di perle bianche, ballerine scure ai piedi che mi facevano sembrare quasi una suora, capelli scuri strettamente rinchiusi in un rigido chignon che mi faceva male alla testa e il lucidalabbra era l'unico cosmetico che spiccava sul mio viso pallido. Non mi piacevo per niente, specialmente visto che ero consapevole che non era la prima volta che mi vestivo in quel modo per uscire la sera. Volevo evitare di vedermi così allo specchio. D'impulso, sciolsi lo chignon lasciando ricadere i miei folti capelli neri sulle spalle che in controluce sembrava quasi un manto violaceo. Mi tolsi la gonna e il maglioncino, scaraventandoli alla cieca sul pavimento, poi corsi all'armadio rovistando tra gli abiti appesi criticando mentalmente il gusto noioso che avevo deciso di tenere nella mia patetica vita. Fortunatamente l'unica cugina, che non mi trovava del tutto un essere completamente inutile e noioso, gestiva uno dei negozi più in della città che vendeva diverse marche note. Shannon, questo è il suo nome, mi aveva regalato due abiti con scarpe annesse e molto costose per gli ultimi natali, con la speranza di mostrare finalmente la mia femminilità invece di continuare a nascondermi dietro vestiti anonimi e un pò squallidi. Quei due abiti spiccavano nel mio armadio come una rosa in un campo di margherite bianche; decisi di indossare quello color avorio senza spalline, con il corpetto stretto in vita e la gonna attillata che mi arrivava circa 5 centimetri più su delle ginocchia. Ero talmente fasciata in quell'abito che mi sembrava fosse una seconda pelle, mi feci coraggio e completai il tutto salendo sopra delle scarpe alte in velluto del medesimo colore, con delle pietre grigio scuro sul davanti che davano un fascino in più alla mise. Presi la mia vecchia trousse, che ormai stava per fare le ragnatele da quanto non la usavo, e mi misi di impegno per truccarmi senza esagerare troppo. Non volevo sembrare una di quelle che vengono squadrate da capo a piedi per subire le critiche su tutto, però era anche vero che quella sera non sarei risultata la solita donna anonima che si confondeva con il divano. Dallo specchio, la mia immagine riflessa diceva a gran voce: eleganza e sensualità. Barcollai leggermente sui tacchi, non era abituata a camminarci e già sentivo formarsi delle vesciche sulle dita dei piedi; strinsi i denti pensando che il dolore si sarebbe alleviato appena raggiunto il tavolo del ristorante. Però, prima di potermi sedere avrei dovuto impormi di soffrire in silenzio evitando smorfie di qualsiasi genere per non rovinare la mia apparizione da femme fatale con Chris e Derek. Non sapevo nemmeno perchè lo stavo facendo, un colpo di testa forse...oppure sapevo benissimo il motivo ma avevo paura di ammetterlo persino a me stessa. Non mi ero mai comportata così tanto d'impulso. Mi sentivo come una delle tante donne frivole che si facevano belle per pavoneggiarsi con il proprio uomo, peccato che io avrei dato spettacolo per un intero ristorante e per due delle persone più importanti della mia vita. Ero veramente sicura di farmi vedere in quel modo? Sicuramente avrei fatto qualche gaffe terribile, specialmente con quei tacchi, ma non me ne curai in quel momento e, indossando una giacca leggera nera, uscii dall'appartamento appena sentii il citofono suonare. Salii nella macchina di Derek e partimmo subito dopo aver sentito i suoi complimenti sul mio vestito e su quanto fossi sexy. Mi mettevano in imbarazzo quei complimenti, ma lo ringraziai titubante con un sorriso sulle labbra mentre guardavo fuori dal finestrino a disagio in quella situazione. Sapevo che non dovevo fare di testa mia. Cosa mi era preso? Avrei voluto chiedergli di fare retromarcia per andarmi a cambiare di nuovo, ma rimasi zitta per affrontare l'inevitabile e la presa in giro che Chris sicuramente mi avrebbe detto appena mi avrebbe vista. Derek mi disse di entrare dentro mentre lui parcheggiava l'auto li vicino; trattenni un sospiro e varcai la soglia dicendo al personale addetto al ricevimento della clientela che Christopher Wolfe mi stava aspettando. I due uomini mi squadrarono attentamente, pensando forse che fossi una delle donne che si portava a letto l'attore oppure che non fossi alla sua altezza, non gli diedi molto peso perchè la mia attenzione era rivolta interamente verso l'uomo seduto di spalle con una capigliatura biondo cenere che urlava di essere pettinata. Era inconfondibile, lo avrei riconosciuto ovunque. Come se avesse sentito il mio sguardo fisso sulla sua schiena, Chris si voltò verso di me alzandosi dalla sedia con fissandomi con occhi sgranati ed esterrefatti. Mi sentii arrossire mentre lui si avvicinava a grandi falcate con un sorriso che fece sparire tutto e tutti intorno a me; le ginocchia stavano per cedermi e sapevo che non era soltanto per i trampoli che avevo ai piedi. Lui mi abbracciò così forte da togliermi il respiro, mi sollevò facendomi girare in circolo mentre sentivo il mio cuore contro il suo; non sapevo quale dei due batteva più forte dell'altro. Mi sentivo girare la testa e pensavo che stavo per morire di imbarazzo, gli tempestai il petto di finti pugni intimandogli di rimettermi a terra e lui dopo un'infinità di secondi lo fece. Mi prese le mani tra le sue continuando a fissarmi negli occhi con affetto.

"Sei stupenda." sussurrò lui senza staccarmi gli occhi di dosso. Era strana quella nuova situazione, non era mai successa una cosa del genere tra noi due. A volte era capitato qualche momento di imbarazzo, ma avevamo sempre recuperato facendo finta che non fosse mai successo niente.
"Anche tu non sei da buttare via." mormorai abbassando lo sguardo sulle nostre mani intrecciate, non riuscivo ad incrociare i suoi occhi. Ero rimasta persino sorpresa che non avesse ancora detto una parola del fatto che stavo diventando la sorella gemella del peperone rosso. Non sentivo altro che lui accanto a me; continuavo a ripetermi che era tutto sbagliato oppure che mi stavo perdendo nelle mie fantasticherie impossibili. Dovevo tornare in me.
"Non immagini quanto mi sia mancata." un altro colpo al cuore. Cosa gli era preso così all'improvviso? Si stava per caso esercitando per riuscire ad entrare nella parte? Solo per il film? Un gigantesco dubbio iniziò ad insinuarsi nella mia mente e mi adombrai.
"Sono soltanto un paio di mesi che non ci vediamo." commentai con un'alzata di spalle ritirando le mani dalle sue con un pò di rammarico. Tutto d'un tratto, la sensazione di imbarazzo di prima venne rimpiazzata da una di delusione e fastidio.
"Quasi due mesi e mezzo se vogliamo essere più precisi. Dov'è il tuo uomo?" mi chiese guardando dietro alle mie spalle in cerca di Derek. Non si ricordava il suo nome o lo faceva apposta? Oppure non era degno di essere ricordato? Quel suo nuovo modo di fare mi diede di nuovo sui nervi. Perchè faceva così? Adesso finalmente ero tornata con i piedi per terra.
"Derek sta arrivando. Ti prego sii gentile e non mettermi in primo piano prendendomi in giro ricordando qualche gaffe di quando andavamo a scuola." gli ordinai piegando le braccia al petto. Ci mancavano soltanto i vecchi ricordi e sarei tornata a casa a pezzi, psicologicamente parlando ovviamente.
"Sam puoi fidarti di me. Non farei mai una cosa talmente meschina da ferirti." la sua voce e gli occhi sembravano sinceri mentre si avvicinava di un passo. Ormai la distanza tra noi era praticamente nulla.
"Ne vorrei essere certa." mormorai titubante mentre i dubbi continuavano a non darmi tregua.
"Adesso sei tu a ferire me se non mi credi. Sarò mister perfezione, l'amico che tutti vorrebbero avere. Non ti farò pentire." affermò lui nel mio orecchio con tale intensità da farmi mettere i brividi, cosa che lui riusciva a fare costantemente da quando lo conoscevo. Sentivo il suo alito caldo sul collo e l'odore forte del suo dopobarba incendiava il mio olfatto. Chiusi gli occhi lasciandomi andare a quelle sensazioni.
"Sussurrate con tale intimità, così vicini l'uno all'altro, che potrebbero scambiarvi per una coppia." irruppe di colpo Derek entrando in scena alle mie spalle. Mi raddrizzai immediatamente, sentendomi un pò come un bambino colto con le mani nel barattolo della marmellata; sentivo le mani sudate dal nervosismo e, appena incrociai lo sguardo neutrale di Derek, abbassai gli occhi sulle pietre grigio scuro delle mie scarpe. Non riuscivo a sostenere il suo sguardo, mi sembrava quasi di averlo tradito in qualche modo anche se effettivamente non avevo fatto niente...o almeno non ancora.
"Non è la prima volta. Tu devi essere Derek, giusto?" sorrise cordialmente il mio miglior amico stringendogli la mano con energia e decisione. Sembrava la classica icona dell'attore perfetto, bellissimo e strapagato anche se era ancora agli albori della sua carriera; qualunque uomo si sarebbe sentito a disagio di fronte a lui, ma Derek era tutt'altra storia. Non si stava facendo intimidire da quel mondo diverso dal suo, anzi sembrava volerlo affrontare di petto e con un sorriso tra le labbra. Lo ammiravo per quello. Sapevo che il mio migliore amico non era uno di quelli che si vantava del proprio status sociale, ma trovare una persona che tenesse testa alla sua immagine da nuovo divo del cinema era veramente uno spettacolo.
"Tu non hai bisogno di presentazioni. Christopher Wolf. Non mi sembrava vero quando ieri Samanta mi ha detto che era tua amica. Non mi aveva mai parlato di te." ohi, ohi...non iniziava bene la conversazione. Speravo non ci fosse un doppio significato nelle sue parole altrimenti avrei dovuto pormi un sacco di domande alle quali non volevo rispondere. Ma Derek continuava a sorridere imperturbabile e questo mi impose di smetterla di dubitare del suo strambo comportamento ambiguo.
"Nemmeno di te. Strano. Chissà cosa passa in testa alla nostra Sam? Forse non siamo così importanti come crediamo...ovviamente è soltanto un'ipotesi." mormorò Chris seraficamente senza smettere per un attimo di guardare Derek fisso negli occhi, cosa che fu ricambiata con la stessa intensità. Sembravano due bambini che stavamo giocando a chi abbassava lo sguardo per prima, una sorta di sfida da dementi che mettevano i confini nel loro territorio. Ma si sbagliavano se credevano che io fossi il territorio, avrebbero avuto una cattiva sorpresa se avessero continuato in quel modo.
"Giusto, un'ipotesi." confermò Derek annuendo, il suo sorriso sembrava di plastica. Non era affatto un buon segno per me.
"Su venite, così ordiniamo qualcosa da mangiare. Improvvisamente mi è venuta tanta fame." esclamò Chris indicandoci il tavolo preso a suo nome. Mi posò delicatamente una mano in mezzo alla schiena e mi guidò al nostro posto scostando galantemente la sedia per farmi sedere. Mi sorrise ammiccante mentre si piazzava alla mia sinistra, seguito a ruota da Derek alla mia destra.
"Tesoro, vuoi un pò di vino?" mi chiese quest'ultimo dopo che il cameriere ci portò una bottiglia d'annata di alcune vigne provenienti dall'Italia.
"Meglio di no. Non te lo consiglio." scosse la testa Chris versandomi dell'acqua per poi fare lo stesso nel suo bicchiere.
"Perchè no scusa?" gli chiese Derek alzando un sopracciglio, non cambiò per nulla espressione ma nei suoi occhi lessi qualcosa che mi incutì timore.
"Perchè Sam si ubriaca facilmente, a volte anche solo con un goccio di alcol...e ti assicuro che il vino le arriva in testa in un attimo. E' meglio non farla bere se vuoi portarla a casa tutta d'un pezzo senza sbronza e il mal di testa del giorno dopo. Non ti ringrazierebbe affatto, lo so per esperienza. Dovresti conoscerla bene." lo stuzzicò con finto tono scherzoso Chris. E dico finto perchè non poteva essere altrimenti, specialmente se glielo leggevo in viso. Dove cavolo mi ero andata a cacciare? Perchè si stavano comportando come due perfetti idioti? Non mi erano mai piaciute quelle manie di grandezza e superiorità degli uomini, le ritenevo superflue ed ignobili e adesso ne ero persino la causa. Peggio di così non poteva andare la serata...o forse si? Non volevo nemmeno saperlo.
"Probabilmente con me non ha mai avuto il bisogno di bere per passare la serata." commentò Derek in tono talmente amabile da farmi venire la carie ai denti oppure un'ulcera in stato avanzato. Adesso persino lui assecondava le battute e i capricci del mio migliore amico. Mi sembrava di essere su un campo di battaglia ed io mi trovassi in mezzo a due trincee nemiche che si sarebbero fatte fuori in breve tempo.

Quando finalmente vennero a portarci le nostre ordinazioni, iniziammo a mangiare e la conversazione si spostò su piani decisamente più leggeri. Del tempo, di sport, di notorietà, dei gossip e delle riviste scandalistiche ma Chris non sembrava molto incline a parlare di quest'ultimo argomento e Derek, glielo lessi negli occhi, pensò che quei pettegolezzi succulenti sul suo conto fossero veri. Non sapeva quanto potesse sbagliarsi. Chris incominciò a raccontare del suo nuovo ruolo da protagonista, era parecchio su di giri ed eccitato per quel lavoro e conoscendolo ci avrebbe messo tutto se stesso per svolgere al meglio quell'impegno. Lo aveva sempre fatto. Lo osservai attentamente rimanendone abbagliata, a volte lo prendevo in giro per la sua capigliatura definendola come "sconvolta" perchè sembrava costantemente appena sceso dal letto oppure da una nottata di fuoco, era un pò più alto di Derek e decisamente per nulla muscoloso al suo confronto. Alto e dinoccolato avrebbe detto mia madre, uno che evitava la palestra come la peste anche perchè non gli sarebbe servita a molto visto il suo fisico asciutto e il suo metabolismo veloce da far invidia a più di mezzo mondo. Non ingrassava mai. Io al solo pensiero di mangiare un biscotto rischiavo di diventare un armadio. Aveva lasciato la timidezza a casa a quanto sembrava, visto la sua loquacità e la passione che ci stava mettendo per spiegare quello che gli era successo. Non era da lui comportarsi così specialmente di fronte a un estraneo, mi sarei aspettata al massimo qualche battuta spiritosa delle sue per smorzare l'imbarazzo che provava ma niente. Era come se stesse parlando soltanto con me, come se ci fossimo soltanto noi due a quel tavolo con il nulla intorno. Non riuscivo a distogliere lo sguardo dai suoi occhi verde scuro dove potevo scorgere delle pagliuzze castane e il sorriso con quei suoi denti bianchi...quel sorriso dava alla testa. Era come una droga stargli accanto, lo era sempre stato. In tutti quegli anni trascorsi insieme era stato difficile stargli accanto senza rimbecillire del tutto e saltargli addosso come facevano le nostre compagne di scuola da quando aveva iniziato a fare il modello. Fortunatamente si era tagliato quella barbetta chiara che gli circondava la bocca carnosa e quasi metà del viso; non che non mi piacesse quella barba, anzi era tutto il contrario. L'avevo sempre trovata attraente in lui, come se lo rendesse più maturo...più uomo. Ricordo ancora la tentazione che avevo al liceo di passare la mano sui suoi capelli o su quel manto quasi castano, a tratti un pò rossiccio, che gli evidenziava quella bocca da mordere. La mia adolescenza è stata tutto un fatto di ormoni da tenere a bada e, con gli anni e la sua vicinanza, la mia vita non era cambiata di una virgola. Rimasi ad ascoltarlo incantata dalla sua voce e dai suoi gesti, mi stava trasmettendo il suo entusiasmo ed io sorrisi genuinamente ad ogni sua battuta e non lo facevo per gentilezza. Improvvisamente, sentii la mano di Derek stringere la mia accanto al piatto e tornai immediatamente alla realtà; mi raddrizzai sulla sedia, sentendomi in colpa per il mio comportamento svenevole, e voltai lo sguardo su di lui facendogli un sorriso rassicurante. Speravo di essere riuscita a non inculcargli ulteriori dubbi, non volevo che prendesse un abbaglio e che la nostra storia potesse avere dei problemi per un attimo di vecchia debolezza, ma Chris era soltanto un amico. Lo era sempre stato e la cosa finiva li. Mi affrettai a stringere a mia volta la mano di Derek, a quel gesto Chris interruppe per qualche secondo la sua fitta parlantina per osservare le nostre mani intrecciate. Il suo sguardo si adombrò per così poco che mi chiesi se effettivamente l'avesse fatto, tonò in fretta alla conversazione di prima dopo aver bevuto un sorso di vino rosso. Non era mai stato avvezzo a gustare il vino, ma quella sera sembrava ne avesse bisogno per andare avanti così come ne avrei bisogno anch'io; avrei dato qualsiasi cosa per ubriacarmi in quel momento e scordarmi di quel disastroso incontro. Il resto del racconto del mio miglior amico a mala pena riuscii ad ascoltarlo e probabilmente lui se ne era reso conto ma continuò a fare buon viso a cattivo gioco facendo finta di non accorgersi di niente. La serata continuò come se niente fosse, sembrava la fiera delle menzogne e delle apparenze ed io volevo soltanto andarmene a casa. Quando finalmente lo feci, salutai sulla porta Derek con un bacio sulla guancia e mi rinchiusi dentro il mio appartamento lasciandolo solo davanti al cancello a prendere quella leggera brezza che la notte portava con se. Lo lasciai senza una scusa, non avevo la forza per inventarmene una plausibile quella sera. Ero stremata e volevo soltanto dormire, chiudere gli occhi ed entrare nel mondo dei sogni dove tutto era perfetto e non esisteva niente che poteva paragonarsi ai problemi sottointesi di quella cena tra Derek e Chris. Il guaio era che non riuscivo a dormire per niente, mi giravo e rigiravo nel letto senza darmi pace mentre mi tornavano in mente i volti di tutti e due che si affrontavano con quello stupido sorriso in faccia. Quando la sveglia suonò ero già in piedi da un pezzo a sistemare gli scaffali della mia camera con la mia terza tazza di tè, ormai tiepida sul pavimento. Non avevo chiuso occhio e le mie occhiaie lo confermavano, facevo paura e non mi sarei specchiata per nessuna ragione al mondo quel giorno. Per mia fortuna era sabato e quel giorno non dovevo andare da nessuna parte; di solito mi sentivo con Derek per metterci d'accordo per il resto della giornata ma non avevo alcuna intenzione di chiamarlo. Non quel giorno almeno. Volevo rimanere tranquilla nel mio paradiso immaginario e godermi il panorama fino in fondo, specialmente tutto quel silenzio che mi rendeva rilassata. Era la prima vera giornata in tutta la mia vita che mi dedicavo finalmente a me stessa e non sapevo cosa fare. Non avevo grandi hobbies e starmene con le mani in mano a non fare niente non se ne parlava nemmeno, e con ciò anche fare le famose "pulizie di primavera" era fuori luogo. Dopo aver passato diverse ore accovacciata sulla mia poltrona preferita ad immergermi completamente in un fantasy che mi portò in un altro mondo, molto differente dal mio, lessi così dettagliatamente di quella radura che mi sembrava di esserci distesa su quel manto erboso coperto di lavanda mentre osservavo spuntare dal bosco un uomo che si avvicinava lentamente, illuminato da un improvviso raggio di sole che lo guidava verso di me. I suoi occhi incollati nei miei come se mi conoscesse da una vita e sapeva quello che volevo. Ed era lui, in quel momento. Peccato che quando tornavo alla realtà, uscendo fuori da quel libro, mi rendevo conto che il volto dell'uomo assomigliava quasi come una goccia d'acqua a quello di Chris; e dico quasi perchè sentivo che non era lui. Era strana quella fantasia racchiusa nella mia mente con un Chris come protagonista che in realtà non era veramente lui, mi sembrava un rompicapo al quale non riuscivo a venire a capo. Misi da parte il libro, turbata dai miei pensieri, e andai alla finestra. Era una bella giornata di sole ed era inutile sprecarla rinchiusa in casa. Decisi di fare un giro, presi le chiavi della vecchia Mustang che mi aveva regalato mio padre per il mio ventesimo compleanno. Quella vecchia ferraglia, di un blu sbiadito, era stata la mia prima vera macchina usata e adesso era soltanto un rottame che andava avanti a fatica, ma a me piaceva e non volevo sbarazzarmi di lei visto che ne ero affezionata e che non mi mollava mai per strada nonostante la vecchiaia. Era fedele come pochi al mondo. Non avevo una meta precisa, guidai senza pensare a nulla di preciso mentre la radio mi faceva compagnia in quel mio viaggio improvvisato. Mi resi, conto qualche minuto più tardi, di stare percorrendo il vecchio quartiere dove i miei genitori avevano comprato casa soltanto cinque anni prima. Ricordo di aver trovato strano il loro trasferimento in quella casa dopo aver vissuto in quella vecchia, dove avevo vissuto la mia infanzia, per ben trentacinque anni dal loro matrimonio. Mi era enormemente dispiaciuto che avessero venduto una parte che custodiva gelosamente i miei ricordi: le mie cadute dalle scale, i miei sorrisi d'intesa con papà, le ginocchia sbucciate e curate dalle amorevoli mani di mia madre, l'albero che scalava Chris per arrivare alla finestra di camera mia in piena notte dopo che i miei avevano spento le luci augurandomi la buona notte. Capivo dal sorriso di mia madre, quando si chinava per baciarmi prima di uscire dalla mia camera, che sapeva delle incursioni di Chris. A volte mi accorgevo che lasciava persino due bicchieri di latte con un piattino di biscotti, il fiuto di una madre non sbaglia mai o almeno il suo era sempre infallibile. Mio padre sembrava costantemente sulle nuvole ma era un genitore molto affettuoso e gentile se pur non sempre presente. Entrambi mi amavano molto; non sapevo esattamente quando avevo iniziato a cambiare, ma un giorno iniziai ad allontanarmi da loro senza nessun motivo apparente. Sentivo un vuoto lancinante nel petto e avevo capito di essere sola, che ormai loro due non facevano più parte del mio mondo e che io ero cresciuta. I miei genitori non fecero niente per farmi restare, sapevano che avevo bisogno di allontanarmi da quel mondo di protezione ed affetto e, nonostante non ne capissero il motivo di fondo, rimasero inermi e in silenzio a vedermi da lontano farmi donna. I miei genitori erano fatti così. Loro pensavano di darmi tutto il tempo che volevo per capire me stessa e non volevano intralciare il mio cammino perchè dovevo creare da sola il mio futuro senza critiche o commenti altrui. A volte era strano il loro modo di pensare ma mi amavano incondizionatamente ed io amavo loro. Sembra tutto un contro senso, lo so bene, ma da qualcuno avrò pur ereditato la mia testa bacata e testarda. Fermai la macchina nel vialetto e suonai alla porta che mio padre si era ostinato a colorare di blu. Era l'unica porta di quell'isolato a non essere bianca o color mogano, mio padre diceva sempre di tenerci a fare la differenza. Aspettai pazientemente osservando il piccolo giardino che mia madre curava amorevolmente, i semi era germogliati in un arcobaleno di fiori dai toni vivaci. Erano ormai passati quattro mesi da quando non vedevo i miei genitori e, quando me li ritrovai davanti di colpo, capii che avevo passato troppo tempo lontano da loro. Sembravano invecchiati di colpo in quei quattro mesi e mi sentii un pò in colpa quando mia madre mi sorrise apertamente e mi strinse tra le braccia. La sentii pericolosamente fragile in quel momento, come se, per puro caso, la mia stretta si fosse fatta più ferrea avrei rischiato di sgretolare le sue ossa sul pavimento. Ebbi paura di farle male e sciolsi l'abbraccio un pò impacciata. Era bella come sulle foto che mi aveva mostrato del matrimonio, quando irradiava felicità da tutti i pori e sorrideva a mio padre mentre i loro sguardi si perdevano l'uno con l'altro. Si amavano ancora come allora, nulla era cambiato tra loro in quegli anni. Li avevo sempre invidiati con la loro complicità e la fiducia reciproca che si dimostravano giorno dopo giorno. Fin da adolescente avrei voluto un rapporto come il loro, un compagno che mi guardava con lo stesso sguardo che riservava mio padre alla mamma. Come se fosse l'unico a vederla veramente, l'unico che sapesse esattamente a cosa stesse pensando senza nemmeno doverglielo chiedere, l'unico che conosceva tutto di lei e l'amava senza chiedere nulla in cambio. Volevo tutto quello, ma non credevo di poterlo mai avere. Loro erano una persona sola ed erano gli unici. Abbracciai mio padre ricordandomi le volte che lo facevo quando uscivo dalle elementari fiondandomi felicemente tra le sue braccia, finchè non ero entrata alle medie ed evitavo quelle effusioni tra padre e figlia in pubblico. Forse quello era stato uno dei sintomi iniziali del mio cambiamento. Li seguii dentro casa stringendo la mano di mia madre mentre con l'altra le accarezzavo lentamente il dorso sentendo ogni ruga e ogni vena in rilievo che aveva. Era dimagrita in quei mesi di assenza e non ne capivo il motivo. Rimasi con loro per diverse ore a parlare del passato, del mio lavoro e di Derek; poi mia madre uscì vecchi album di foto dove compariva una versione più piccola di me in ogni tappa della sua crescita finchè non arrivammo al primo album che la signora Fox chiamava "l'arrivo di Chris". Per i miei genitori lui era come un secondo figlio e sapevo che avrebbero voluto vederci insieme ma che non si sarebbero mai intromessi nella vita della figlia per guidarla nella strada che per loro poteva essere quella giusta. Mio padre andò a preparare il tè e rimanemmo l'una vicina all'altra, sedute su un piccolo divano verde nel salotto.

"Sei cresciuta in fretta." esordì Meredith Fox accarezzando con un dito il mio volto su una fotografia di quando avevo circa 5 anni e aiutavo mamma ad inserire i bulbi nel giardino della nostra vecchia casa.
"Non credo."
"Si, piccola. Sei sempre stata una piccola adulta. Sguardo intelligente e serio, carattere forte e caparbio, affettuosa e generosa...facevi domande e affermazioni che a nessun bambino della tua stessa età sarebbe venuto in mente di fare. Eri speciale e adorabile, anche se a volte un pò troppo saccente, e lo sei tutt'ora." mi disse dolcemente mia madre.
"Saccente intendi?" cercai di scherzare sentendomi un pò a disagio dalle sue parole.
"Si, anche quello. Tutto a posto con Derek?" il suo sguardo mi scrutò attentamente mettendomi con le spalle al muro. Era l'unica che ci riusciva così facilmente.
"Certo, perchè me lo chiedi?" iniziò a lampeggiarmi e a suonare una specie di sirena nella testa che mi avvisava del pericolo e mi invitava a scappare dalla parte opposta pur di evitare domande scomode.
"Sento che sei turbata da qualcosa e non ne capisco il motivo, quindi pensavo che forse lui..."
"Lui non ha fatto niente mamma. E' sempre carino e gentile, non posso chiedere di meglio." ribattei con un'alzata di spalle cercare di non fare trasparire l'incertezza nella mia voce. Ogni tanto quel rapporto mi causava dei dubbi; Derek mi dava stabilità e concretezza, con lui non c'erano mai sorprese e a me piaceva controllare la mia vita. Mi piaceva controllare la nostra relazione, quindi l'intermezzo che aveva creato Chris con la sua cena mi aveva fatto tremare rimescolando le carte in tavola. Chris per me era sempre stato come un uragano, il guaio è che quando se ne andava, cosa che faceva spesso, dovevo raccattare sempre tutti i cocci che lasciava.
"Hai sentito Chris ultimamente? Come sta?" ecco la domanda che stavo aspettando e che lei si era trattenuta a fare da quando avevo varcato quella soglia.
"L'ho visto ieri, ha invitato Derek e me a cena per festeggiare il suo nuovo ruolo in un film come protagonista. Era felice e la cena è stata piacevole." commentai evitando di addentrarmi in quello che era realmente successo a quel tavolo.
"Tutto qui? Spendi solo poche parole per il tuo migliore amico?" chiese mia madre con espressione contrariata mentre corrugava la fronte.
"Beh, non c'è altro da dire." temporeggiai fissando con molto interesse le mie mani intrecciate sul grembo. Unghie che facevo crescere a fatica, specialmente durante l'uragano Chris dove, dal nervosismo, continuavo a mangiucchiarmele non riuscendo più a smettere.
"Sono così felice per lui. Più tardi gli telefonerò per congratularmi, è un tesoro di ragazzo."
"Forse era meglio che lo adottavate quando andavo al liceo...però potresti ancora farlo, basta che glielo chiedi. Credo che lui ne sarebbe contento." commentai un pò troppo acidamente ricevendo un'occhiata bonaria da parte di mia madre. Non si arrabbiava mai quella donna.
"Sei ancora gelosa di lui? Bambina lo sai che vi adoro entrambi nello stesso modo, non devi essere gelosa. Specialmente di lui." mi sorrideva scuotendo la testa come quando da bambina mi diceva di non fare una cosa.
"Mamma non lo sono." esclamai con disappunto mentre osservavo il suo sguardo soffermarsi su una vecchia fotografia di Chris e me insieme, in camera mia, quando lui mi stava aiutando a fare gli scatoloni per trasferirli nel nostro appartamento. Quell'istantanea aveva fermato il momento esatto quando, per colpa della mia goffaggine, stavo scivolando facendo cadere a terra lo scatolone pieno di libri che avevo tra le braccia; lui mi sorresse afferrandomi saldamente la mano, piena di imbarazzo feci una smorfia contrariata a mio padre che scattava la foto mentre Chris mi fissava divertito con un sorriso da copertina. Ricordo che quel giorno a mala pena riuscii a ringraziarlo. Troppe emozioni nel giro di una ventina di secondi: il contatto tra le nostre mani, la mia sbadataggine e l'interruzione di mio padre con quella sua fissa con le macchine fotografiche. E le nostre mani ancora strette, l'una nell'altra.
"Quindi ieri è stata la prima volta che Chris e Derek si sono conosciuti. Da quant'è che stai con Derek adesso?" la sapeva benissimo la risposta, ma faceva finta di niente come se fare la svampita fosse di moda. Lo faceva sempre.
"Sei mesi."
"Si, sei mesi. E quand'è che lo porterai qui a casa? Anch'io e tuo padre vorremmo conoscerlo. Potresti portare anche Chris quel giorno, ovviamente se non è impegnato con quel film." ed ecco la parte finale che aspettavo in trepida attesa. Sapevo che avrebbe detto anche questo.
"Vedrò cosa posso fare. Adesso sarà meglio che me ne vada, ho un appuntamento con Derek tra poco e non vorrei rischiare di fare tardi. Scusati con papà da parte mia se non rimango a bere il tè. Ci sentiamo prossimamente." dissi tutto ciò alzandomi dal divano in tessuto verde mentre iniziavo ad avvicinarmi lentamente verso la porta d'ingresso seguita a ruota da mia madre.
"Sicura di non poter restare un altro pò?"
"Sicura, non preoccuparti. A presto mamma." abbassai la maniglia facendo entrare i raggi del sole che scaldarono l'ingresso mentre una leggera brezza di vento spostava i miei capelli scuri e anonimi.
"E non fare passare altri quattro mesi prima di tornare qui da noi." affermò mia madre, non tanto come un ordine ma più come una supplica, mentre posava la sua mano sulla mia nella maniglia.
"Tranquilla. Ciao." le diedi un bacio sulla guancia ed uscii di fretta per raggiungere la portiera della mia macchina che, per la vecchiaia, fece fatica ad aprirsi. Dovetti fare forza affinchè quel rottame seguisse i miei movimenti, poi partii quasi sgommando ancora una volta senza una vera meta.

Ero una stronza idiota. Non riuscivo a stare di nuovo in casa dei miei per più di qualche ora prima di sentirmi soffocare dalle loro stesse parole. Era un comportamento infantile il mio e piuttosto permaloso, non riuscivo a cambiare...o forse non lo volevo veramente. Di punto in bianco, sterzai decidendo di andare al parco a correre un pò, almeno così avrei cercato di scacciare dalla testa certi pensieri strani che mi erano venuti in mente sul divano di mia madre. Non ero una grande appassionata del jogging, infatti Chris ed io facevamo parte dello stesso club degli scansafatiche sportivi, ma a volte ne avevo un bisogno viscerale come se correre avrebbe salvato in qualche modo la mia vita. Fortunatamente ero uscita di casa con jeans e maglietta, almeno non avrei fatto troppe figuracce in quel parco. Parcheggiai vicino l'entrata e, appena oltrepassai la ringhiera che costeggiava tutto quel verde, iniziai a correre a perdifiato evitando i passanti per pochi centimetri. Sentivo il vento che sferzava potente ed implacabile sul viso, ero finalmente libera in quel momento. Niente più pensieri, nessuna preoccupazione...soltanto la consapevolezza dello sforzo dei muscoli delle mie gambe e il mio fiato corto. Mi sentivo bene. Alcuni minuti più tardi, mi fermai ad una fontana e mi chinai per bere qualche sorso di acqua fresca, il mio corpo me ne fu immediatamente grato. Mi sciacquai la faccia e chiusi gli occhi con un sorriso stanco ma estasiato. Rimasi appoggiata a quella fontana finchè all'improvviso non sentii tre voci di ragazze che parlavano concitatamente su una panchina dietro le mie spalle. Rizzai le orecchie al suo nome.

"Chris Wolf!" urlò una con una voce talmente stridula che avrebbe fatto accapponare la pelle a chiunque l'avesse sentita in tutto l'emisfero.
"Oddio è proprio lui! Che figo!" la seguì un'altra con il medesimo tono di voce. Avrei voluto indossare i tappi alle orecchie in quel momento, almeno non sarei diventata sorda a causa di quel ridicolo gruppetto di adolescenti.
"Io però non ce lo vedo tanto in questo ruolo. E' strano...non mi convince." ribattè la terza con voce dubbiosa e per nulla convinta.
"Ma...forse hai ragione, ma è talmente figo che nessuno ci farà caso se non saprà recitare. Dopotutto è un modello." questa era la seconda. Già me la immaginavo mentre guardava con adorazione la foto di Chris nella rivista che stava sfogliando. Se il mio migliore amico l'avesse sentita ci sarebbe rimasto male. Lui non avrebbe mai voluto essere notato soltanto per l'aspetto e odiava le persone che continuavano ad adularlo per questo. Peccato che il suo corpo era impossibile non notarlo.
"Si ma ha già partecipato ad altri film, questo ruolo probabilmente lo metterà nella hit degli attori più famosi dell'anno. Ci scommetto." la prima non demordeva affatto nella sua adulazione. Mi veniva quasi da ridere
"A me non interessa un granchè, vorrei soltanto farmelo. Se soltanto lo incontrassi per strada...quanto saranno fortunati i suoi amici!" questa era di nuovo la seconda che con un sospiro comune fantasticava sul giovane uomo. La carne era debole.
"Lo sapete che si è appena lasciato con la cugina di Paris Hilton?" ed ecco che siamo arrivati ai gossip. La parte più succulenta per loro e quella meno gradita per me.
"Io ho sentito che si frequenta con Megan Fox! Lei aveva tradito il suo fidanzato per lui...si, quello di Transformers."
"Io ho letto invece che ha una tresca con la sua co-protagonista. Una fonte a loro vicina nel set dice che come coppia sono molto affiatati." artigliai quel poco di unghie che mi erano rimaste nella fontana e sentii che se ne ruppe una ma non ci  feci molto caso. Ero intenta a cercare di fare dei respiri profondi per calmarmi prima di girarmi ad affrontare quelle cretine per dir loro quanto erano stupide. Comportamento infantile ed ingiustificato, si è vero ma quando sentivo quelle cose non ci vedevo più dalla rabbia.
"Ma chi è l'attrice?"
"Se non sbaglio si chiama Rachel Bishop...il volto nuovo di Armani jeans."
"Oddio ma è bellissima! Qui succederà di tutto tra quei due!" non volli sentire altro. Di scatto, ricominciai a correre ancor più veloce di prima digrignando i denti con lo sguardo duro puntato sulla strada davanti a me. Il petto ed il fianco mi dolevano, ma continuai la mia folle corsa per raggiungere la mia auto e sentirmi al sicuro.

Tornai a casa incapace di affrontare altre mete improvvisate dal mio folle istinto. Mi preparai un bagno caldo e una bottiglia di vino con il calice, non avevo fame perchè ormai mi si era chiuso lo stomaco a sentire blaterare quelle stupide ragazzine. Mi rilassai a mollo mentre il vino mi offuscava la mente. Ero alticcia e con lo stomaco vuoto, ma non me ne curai affatto. Sicuramente ero il ritratto della pateticità, per questo motivo continuai a riempirmi il calice commentando aspramente le ore appena passate fuori di casa. Non mi faceva per nulla bene il tempo libero. Riconsiderai persino la serata precedente come un fallimento totale, non dovevo acconsentire a quella folle idea di Chris. A causa sua stavo andando di nuovo fuori testa. Mi accorsi di essermi addormentata quando sentii la suoneria del cellulare. Mi allungai verso il lavandino sentendo la stanza girare intorno a me, dopo innumerevoli squilli finalmente riuscii a rispondere ma avevo la bocca impastata e il cervello non del tutto attivo quindi mi fu difficile dire pronto e capire chi c'era al di là del filo.

"Pronto?" dovetti richiedere sentendomi completamente stordita. L'acqua ormai era diventata quasi fredda e probabilmente mi sarei presa presto un raffreddore, sentii la schiena farmi male quando mi mossi nella vasca.
"Samanta sono Derek. Stai bene?" chiese il mio uomo con tono preoccupato.
"Derek ciao. Qui tutto bene." mormorai con tono di voce alticcio. Era inutile sperare che non se ne accorgesse.
"Sicura? Hai una voce strana..."
"Solo un bicchiere di troppo, ma sono innocua. Non faccio danni." anche se ne avrei voluti fare a bizzeffe in quel momento.
"Questo mi rincuora. Pensavo ci sentissimo oggi per organizzare di vederci da qualche parte." come ogni dannato sabato, pensai con una smorfia mentre schiaffeggiavo allegramente con la mano la superficie dell'acqua. Lo trovavo divertente. Ero ancora completamente ubriaca se mi divertivo così.
"Scusami ma oggi sono talmente a terra che non riuscirei nemmeno a vestirmi." blaterai ondeggiando lievemente il capo con occhi sbarrati dalla confusione e dalla curiosità. Volevo fare le bolle con la bocca.
"Perchè hai bevuto? Qualcosa non va?" ma che domande del cavolo stava facendo? E poi ero io quella ubriaca.
"Adesso uno non può più ubriacarsi in santa pace a casa propria?" ribattei scocciata strascicando le parole.
"Scusa. Ci sentiamo allora in settimana, chiamami quando vuoi e quando ti sarai ripresa. Aspetterò. A presto Samanta." chiuse la telefonata con questa frase come se non vedesse l'ora di finire la conversazione. Sembrava quasi che gli facessi paura. Forse era meglio così, non mi aveva mai vista o sentita nelle vesti da ubriaca ma c'era una prima volta per tutto e io lo avevo appena spaventato. Mi veniva da ridere.

Riuscii ad uscire dalla vasca e a mettermi un telo di spugna attorno al corpo mentre ridevo come una pazza. L'alcol aveva degli strani effetti su di me. Andai in salotto e mi rannicchiai sopra la mia poltrona preferita facendo le fusa ad una mano invisibile. Per poco non miagolavo. Presi d'impulso il cellulare e selezionai il nome di Chris, fortunatamente rispose al secondo squillo. La sua voce mi sembrava sorpresa e felice di sentirmi.

"Sam!" esclamò lui con brio.
"Chris!" mormorai io un pò troppo esuberante.
"Wow...a quanto pare hai bevuto. Fammi indovinare...vino rosso, giusto?" era sempre stato bravo in queste cose.
"Da quando sei a conoscenza della mia spesa quotidiana? Per caso mi hai messo una cimice o una microspia? No, perchè altrimenti mi rivesto subito prima di farti vedere un pò troppo." da quando ero diventata così sfrontata? Il guaio è che invece di sentirmi in imbarazzo avrei tanto voluto continuare a provocarlo. Ridacchiai sorniona.
"Ecco...in questi momenti avrei veramente voluto metterti in casa una microspia." sospirò lui con rammarico e qualcosa di indefinibile, almeno per me in quelle condizioni.
"Beh allora potresti benissimo fare un salto qui e vedere con i tuoi occhi." se mi sarei ricordata di tutto questo, appena finito l'effetto dell'alcol, mi sarei sotterrata la testa in giardino e avrei espatriato per non dover più vedere Chris. Oppure avrei potuto fare alla vecchia maniera e cavarmi direttamente gli occhi...no, forse era meglio l'espatrio.
"Vorrei poter accettare la tua offerta, e non immagini quanto, ma mi hanno praticamente blindato in questo set e non posso muovermi da qui. Mi dispiace." sembrava realmente dispiaciuto. Poi, improvvisamente, notai in sottofondo musica parole e risate ed iniziai ad adombrarmi in viso. Dove diavolo si trovava?
"Chris su vieni! Ho bisogno di labbra di fuoco per incendiare questo posto!" esclamò una voce di donna. Mi sentii stringere il cuore mentre, piano piano, la stanza iniziò a fermarsi. Stavo tornando alla realtà nel modo peggiore possibile. Che stupida che sono. Io lo cercavo e lui si divertiva con altre donne.
"Si, arrivo Rachel! Aspetta un attimo! Sam adesso devo andare. Vai di filata a farti un caffè doppio e non mi interessa se ti fa schifo, bevilo e cerca di tornare in te. Forse me ne pentirò perchè questo tuo lato da brilla mi è sempre piaciuto, ma dovrò essere per il momento il ragazzo con la testa sulle spalle. Non so se dopo mi ringrazierai, ma fallo ugualmente."
"Despota. Dove ti trovi?" gli chiesi fingendo che non mi interessasse. Facevo schifo a fingere.
"Stiamo facendo una pausa e siamo entrati in un bar. Siamo io, Rachel, altri attori e qualche membro della troupe." spiegò lui semplicemente. Forse troppo semplicemente per i miei gusti.
"Rachel..."
"Si, la protagonista femminile del film. Ti piacerebbe. Adesso devo proprio andare prima che Rachel inizi a fare uno striptese al barista che le ha chiesto i documenti per farla bere. Sam ti richiamo più tardi. Ciao."

E non richiamò. Attesi fino a notte fonda con il cellulare in mano, ma di lui nessuna notizia. Sembrava si fosse dimenticato di me. Era troppo preso da questa Rachel per ricordarsi di contattare la sua migliore amica. Non sapevo nemmeno quante tazze stracolme di caffè bollente avevo mandato giù nell'attesa che il mio cellulare intonasse la canzone dei Village People. Non chiusi occhio per la caffeina nel mio sangue, ma la sbornia passò lentamente  lasciando il posto a tutta quella rabbia repressa che mi portavo dietro da anni, come se fosse un bagaglio personale e culturale. Avevo una mezza intenzione di prendere una bambolina voodoo delle sue sembianze e riempirla di spille con tanta crudeltà da poter sentire persino da lontano il suo urlo di dolore. Se lo meritava. Dopo un breve spuntino di mezzanotte, che in realtà era delle tre del mattino, riuscii finalmente a chiudere gli occhi per qualche ora. Mi svegliai di scatto sentendo la porta suonare e mi accorsi di essere rimasta a dormire sulla poltrona con soltanto il telo di spugna addosso. Non mi ero cambiata da quando ero crollata nella stessa posizione. Strizzando gli occhi per metterli a fuoco, vidi sul display del cellulare che erano le 7.15 del mattino e mi chiesi chi diavolo fosse così squilibrato a rompere le scatole così presto. Barcollai verso la porta, trascinandomi addosso la coperta sul divano come se fosse una sorta di scialle, e la aprii massaggiandomi il collo mentre sbadigliavo apertamente mettendo in mostra le mie tonsille al nuovo venuto. Ero in uno stato pietoso e avrei sborsato tutto il mio conto in banca per non dovermi guardare allo specchio in quel momento...oppure mi sarei volentieri addebitata più di sette anni di sfiga rompendo quelli che mi riflettevano al mio passaggio, cornici comprese. 
Sbuffai facendo spostare la frangetta ormai troppo lunga ed aprii la porta senza nemmeno chiedere chi fosse. Mi ritrovai davanti Chris con due bicchieroni di carta grandi con un intruglio scuro fumante che assomigliava tanto al caffè e ne aveva persino l'odore. Arricciai il naso facendo un passo indietro e lui entrò in casa con un sorriso sulle labbra come se fosse a casa sua. Strano come le cose non fossero mai cambiate. Con un sospiro esasperato, sbattei la porta infischiandomene del rumore che avrebbero sentito i vicini e tornai a sedermi sulla poltrona tirandomi su la coperta, non volevo che capisse che avevo dormito praticamente nuda e che lo ero ancora. Mi faceva sentire a disagio quella consapevolezza.

"Come sta oggi la mia cara ubriacona?" improvvisamente voleva fare il simpatico? Speravo se ne andasse in fretta, non lo sopportavo quel giorno.
"Sobria ed intontita." borbottai tirando su la coperta fin sotto il naso nascondendo uno sbuffo.
"Lo sospettavo, per questo ti ho portato il caffè. Bevilo visto che è ancora caldo." disse porgendomi uno dei due bicchieri fumanti.
"Odio il caffè." storsi il naso scuotendo la testa ribadendo che per me quell'intruglio era puro veleno.
"Lo so. Bevilo." stavolta fu implacabile e mi prese la mano facendomi stringere il bicchiere in essa. Quasi saltai a quel contatto.
"Cosa ci fai tu qui? Non avevate iniziato già con le riprese?" gli chiesi soffiando sopra il bicchiere mentre guardavo quel liquido scuro con forte antipatia continuando a pensare a quale potesse essere il motivo che lo faceva sedere spaparanzato e comodo nel divano del mio appartamento come se fosse una cosa abituale.
"Non ancora. Inizieremo tra due settimane, per il momento stiamo studiando il copione, il regista e altri membri della troupe stanno scattando foto al luogo per trovare quello che vogliono, i costumisti ci stanno facendo provare un mucchio di costumi di scena per decidere meglio il look di ogni personaggio. Domani Rachel ed io abbiamo i primi scatti ufficiali per promuovere il film. Dobbiamo essere in studio praticamente all'alba." raccontò lui con un sorriso canzonatorio e un pò stanco. Oltre alle sue occhiaie malcelate vedevo nei suoi occhi la stessa felicità che avevo notato proprio la sera precedente a cena.
"Certo e perchè sei venuto qui? Potevi benissimo rimanertene a casa a riposare visto la giornataccia di domani...sempre che per te non sia un divertimento." commentai allusivamente con una smorfia, che cercai forse inutilmente di nascondere dietro il caffè, mentre in testa continuavo a ripetermi un nome. Rachel.
"Di certo con Rachel in studio mi divertirò, specialmente se dobbiamo fare foto appassionanti piene d'amore e di possesso. Dovresti vederla quando si avvinghia a me e mi guarda seducente...sembra così reale." continuava a raccontare queste cose con lo stesso tono di voce di sempre inconsapevole di quello che stava procurando alla mia fragilità emotiva. Quando sarebbero usciti quei fastidiosissimi scatti ci avrei giocato a freccette con la faccia di entrambi. Strinsi i denti per non mandarlo letteralmente a quel paese.
"Allora buon divertimento, sai dove si trova la porta." mormorai freddamente con un'alzata di spalle mentre posavo il bicchiere semi vuoto sul tavolino vicino ai miei piedi. In quel momento volevo sbarazzarmi di qualsiasi cosa che riguardava lui, anche soltanto il contatto con quel pezzo di cartone mi faceva ribrezzo. Mi alzai di scatto dalla poltrona mentre andavo in cucina a prepararmi una tazza decente di tè per cambiare il sapore che avevo in bocca. Volevo fargli capire che non era ben desiderato nel mio appartamento, ma a quanto sembrava lui faceva orecchie da mercante e stava al gioco spiazzandomi ed innervosendomi con quel sorriso disarmante. Lo odiavo.
"Ehi, non ho mica detto che me ne sarei andato. Sbaglio o sei gelosa?" disse lui venendomi dietro come un cagnolino in cerca di approvazione ed affetto. A volte non riuscivo proprio a capirlo.
"Nei tuoi sogni!" ribattei dandogli la schiena mentre toglievo la tazza fumante dal microonde e ci mettevo dentro una bustina di tè al cocco. Mi piaceva quel gusto intenso, era come essere trasportata in un'isola deserta al caldo mentre l'odore di noci di cocco si mescolava all'odore dell'Oceano.
"Sbaglio o sei nuda sotto quella coperta? Ti sei di nuovo addormentata su quella poltrona con soltanto il telo di spugna da farti come pigiama, sei la solita Sam!" arrossii all'istante a quelle parole e mi strinsi ancor di più nella coperta. Mi sentivo in imbarazzo con il suo sguardo che mi squadrava da dietro, sembrava quasi che avesse un radar molto potente a posto degli occhi. Come cavolo aveva fatto a capire che ero nuda?
"Smettila di fissarmi in quel modo!" esclamai agitata stringendo con entrambe le mani la tazza bollente rischiando la scottatura. Non riuscivo ancora a girarmi per farmi vedere da lui nel mio stato pietoso con le guancie rosse e tracce evidenti della notte precedente.
"Quale modo?" sentivo che stava trattenendo una risata e questo mi fece irritare maggiormente. Ma era venuto per prendermi in giro? Continuava a fissarmi con quel suo sorrisino stampato in faccia, lo sentivo bene. Ormai lo conoscevo come le mie tasche e non sapevo se era propriamente una cosa positiva.
"Come se fossi una delle tante ragazze che ti porti a letto dopo una nottata in discoteca...peccato però che il mattino successivo non ti ricordi mai il nome di quelle ragazze, il mio te lo ricordi continuamente visto che sei spesso qui." commentai acidamente alzando gli occhi al soffitto.
"Ti innervosisco?" lo sentii sogghignare. Mi voltai di scatto verso di lui lanciandogli un'occhiataccia brusca mentre il suo sorriso non voleva eclissarsi per nessuna ragione.
"No, mi irriti." affermai tornando nel salotto ad appollaiarmi nella mia poltrona preferita. Uscì anche lui dalla cucina e si appoggiò con la spalla al muro proprio all'entrata di quella stanza che ormai era diventata troppo stretta e soffocante per me.
"Ogni volta che mi vieni in mente o sei seduta su quella poltrona nella stessa identica posizione mentre bevi un tè oppure sei in biblioteca concentrata su tomi di libri di ogni genere, spesso con il sorriso sulle labbra mentre eri rinchiusa nel tuo mondo fantastico. Avrei sempre voluto raggiungerti e sentire ciò che provavi, vedere ciò che ti rendeva felice e serena e cercare in qualche modo di riportarlo alla realtà per togliere la tristezza dal tuo volto. Fin da quando ti ho conosciuta è rimasta un pò come la mia missione, ma ancora non ci sono riuscito." sorrideva dolcemente mentre parlava, come se fosse perso tra dei ricordi piacevoli della nostra adolescenza. Almeno per lui era stata tutta rosa e fiori, io avevo dovuto difendermi contro tutti specialmente a causa della sua vicinanza.
"Allora buona fortuna, anche se non capisco il motivo di questa tua inutile missione. Perchè pensi a me?" gli chiesi facendo la parte dell'indifferente mentre mi nascondevo il viso dietro la tazza e guardavo per terra non osando incrociare il suo sguardo.
"Perchè il tuo pensiero mi rilassa e mi fa tornare il buonumore. Sei una sorta di dolcificante per la prima colazione o durante i momenti difficili. Mi tiri su." disse allegramente con un'alzata di spalle senza mai smettere di fissarmi. Era così disinvolto mentre buttava frasi ambigue a doppio senso che mi spiazzava completamente, sembrava recitasse una parte e a me non piaceva per niente essere una delle vittime delle sue sceneggiate. Perchè alcune volte non riuscivo a capire se fosse sincero o meno? Mi sentivo frustrata. Non era facile stare accanto a lui.
"Preferirei essere zucchero di canna."
"Allora uno zucchero di canna speciale." il suo sorriso divertito mi abbagliò facendomi quasi male agli occhi che per questo dovetti abbassarli verso terra. "Anche ieri ti ho pensato perchè mi sono preoccupato per te dopo la telefonata che mi hai fatto...era ancora pomeriggio e tu eri già ubriaca, brutto segno. Pensavo che ti fosse successo qualcosa di serio se ti sei ridotta in quelle condizioni, avrei voluto raggiungerti subito ma non potevo così non hai fatto altro che tormentare la mia mente per tutta la sera e l'intera notte. Quindi ho chiesto un giorno di permesso e sono corso qui da te, con del caffè per farti riprendere e per essere trattato così acidamente dalla mia migliore amica. Mi dispiace di non essere la persona che desideravi vedere stamattina, se vuoi chiamo Derek e gli dico di raggiungerti." improvvisamente sembrava che quel sorriso avesse perso qualcosa di importante, qualcosa che adombrò pure me facendomi sentire in colpa. Cercava di fare finta che nulla fosse cambiato nel giro di pochi secondi ma ero convinta che mettendo in ballo Derek si fosse raffreddata l'atmosfera.
"Non volevo vedere Derek, non lo vedo dalla nostra cena." gli dissi con voce ferma cercando di fargli capire qualcosa che nemmeno io volevo confermare a me stessa.
"Perchè?" una semplice domanda che mi complicò la vita.
"Perchè è passato l'uragano." gli risposi semplicemente con un'alzata di spalle come se lui dovesse sapere ciò a cui mi riferivo. Ma lui non poteva capire che stavo parlando proprio "dell'uragano Chris", lui non sapeva niente di quel nomignolo. Fece finta di nulla e tornò ad addolcire il suo sorriso, come se quella notizia per lui fosse davvero importante, quello che lui voleva sentirsi dire. Non sapevo mai come dover reagire con lui quando faceva o diceva cose spiazzanti come in quella situazione.
"Bene, allora passeremo la giornata insieme come ai vecchi tempi. Facciamo la spesa, passiamo in libreria, ti cucinerò un buon pranzetto, facciamo una passeggiata al parco, ci intrufoliamo nel mercatino delle pulci, mi leggi alcuni capitoli di un libro, andiamo ad affittare un dvd e ci facciamo portare una pizza gigante per la cena, ed infine io torno a casa...o per meglio dire, sul set. Questo è quello che facevamo ogni domenica, ricordi?" come potevo non ricordarlo? Ricordavo ogni singolo giorno passato con lui.
"Si ricordo." confermai con un mezzo sorriso d'intesa.
"Ottimo, allora alza quel culetto e vatti a vestire altrimenti faccio quello che mi hai proposto ieri. Dopotutto vederti nuda mi ha attraversato la mente parecchie volte, specialmente dopo quella telefonata provocatoria...sai, basta che ti togli quella coperta e ti sfili quel telo di stoffa e..."
"Chris sarà meglio che tu ti vada a fare una doccia fredda oppure la pianti di prendermi in giro. E' inutile che ti dica di fare come se fossi a casa tua, giusto?" gli dissi con una smorfia mentre lo raggiungevo all'entrata del salone.
"Giusto. Casa tua è sempre stata una seconda casa per me, compresa quella dei tuoi genitori quando abitavamo nello stesso quartiere per non parlare poi del nostro vecchio appartamento. A volte penso ancora a quel periodo e a noi due insieme e mi viene nostalgia di quel posto. A te non manca?" non capivo perchè stava camminando nel viale dei ricordi, mettendo il dito nella piaga, facendosi una dose forte di una droga chiamata nostalgia. Che senso aveva tutto quello? Cosa gli stava succedendo all'improvviso?
"Il passato è passato ormai, non c'è bisogno di tirarlo sempre fuori come un coniglio dal cilindro. E poi non è successo nulla di così eclatante da continuare a rivangarlo. Tutto bene Chris?" gli chiesi titubante posandogli una mano sul braccio, come se quel contatto mi avesse rivelato il vero significato delle sue parole e dei suoi pensieri. Peccato che non succedeva così.
"Si Sam, non preoccuparti. Va a vestirti, io ti aspetto qui." mi rispose tranquillamente con un sorriso sulle labbra. Sentivo quel sorriso come una carezza su di me, ma era strano e non riuscivo a definire cosa c'era che non andava in esso.
"A dopo." annuii debolmente sorpassandolo per andarmi a rifugiare in camera mia e chiudere la porta alle mie spalle.

Eseguimmo passo dopo passo le tappe che lui aveva stilato prima e ci divertimmo come ai vecchi tempi, ma quella strana sensazione che lui mi dava non voleva andarsene dalla mia mente. Così non riuscii a godermi la giornata fino in fondo come avrei dovuto fare. Andammo prima in libreria, dove passammo diverse ore a rovistare tra le novità e tra i volumi che ormai avevano fatto un pò di polvere tra gli scaffali, successivamente ci trovammo dentro un supermercato a fare provviste secondo le idee di Chris per il menù del giorno. Mi era sempre piaciuto vederlo gironzolare nei vari reparti per toccare e scegliere attentamente la merce migliore che avevano a loro disposizione, era stupefacente vedere un uomo comportarsi così risultando persino naturale in mezzo agli ortaggi. Ridacchiai divertita mentre lo osservavo prendere in mano una melanzana per tastare se era troppo matura o meno. Sembrava un professionista del settore e non un attore. Nessuno era a conoscenza della sua folle passione per la cucina, peccato che non si metteva spesso ai fornelli ma era un bravo cuoco e sicuramente qualcuno, presto o tardi, se ne sarebbe accorto...forse un'altra donna. Per il momento, custodivo gelosamente quel segreto tra noi due, come se rivelarlo ad altri potesse rovinare quell'affinità che si era venuta a creare tra di noi. Lui cucinava ed io mi godevo placidamente il risultato a partire dal riempimento del carrello a quando si toglieva il grembiule, che gli avevo regalato qualche natale passato, e portava i piatti fumanti o freddi a tavola accompagnati dalle bevande giuste e da decorazioni troppo perfette che ti dispiace quasi mangiarle. Questa era una delle parti migliori che Chris mi offriva, il lato di lui che conoscevo soltanto io e ne ero felice. Chissà come la gente avrebbe appreso la notizia dai media che l'attore-modello Christopher Wolfe era un cuoco sublime? La maggior parte di loro sarebbe stata piacevolmente stupita e si sarebbe offerta a lui con della panna, o persino con del caramello, sul corpo per farselo leccare via...un'altra parte delle persone, specialmente gli uomini, avrebbero riso di lui facendo una figuraccia misera con l'altro sesso. La percentuale più bassa invece si sarebbe chiesta chi fosse quel ragazzo, bello o brutto era soggettivo, e ad alcuni di loro non sarebbe importato mentre altri avrebbero voluto saperne qualcosa di più di quel ragazzo misterioso che sembrava avere il profilo del tuo vicino di casa figo ma, proprio perchè era figo, intoccabile ed irraggiungibile, come una sorta di sogno. Un giorno tutti avrebbero scoperto chi fosse Chris, avrebbero parlato di lui, commentando la vita e le donne che i media gli attribuivano, lo avrebbero odiato oppure amato ma tutti avrebbero saputo di lui e probabilmente quel film era veramente il suo trampolino di lancio per quel mondo che frequentava a stento. Si sarebbero aperte porte inimmaginabili davanti a lui e si sarebbe scordato dei vecchi amici, era naturale quel cambiamento, nessuno riusciva a rimanere quello di una volta dopo aver varcato quella soglia e lui di certo non ne sarebbe stato immune. Forse era meglio godersi gli ultimi momenti in compagnia del Chris normale e prepararsi mentalmente a vedere sugli schermi il suo nuovo volto da star del cinema. Quasi non mi sembrava vero di quello che stava per succedere, ma ero io l'unica dei due a rendersi conto della fama e della notorietà che stavano per addossarsi sulle sue spalle. Secondo lui non sarebbe cambiato niente e mi ripetè più volte, durante il suo squisito pranzo, che stavo esagerando. Lui non voleva sentire sciocchezze simili. Per lui ero il suo punto fermo in tutto quel casino che lo circondava e di certo non mi avrebbe allontanata a causa di un film che aveva riscosso un'infinità di dubbi sul pubblico che a mala pena sapeva di cosa parlava. Volevo allontanare da me il pensiero che presto tutto sarebbe finito, come quel nostro piccolo segreto della domenica e di lui ai fornelli...non avrei più avuto niente da lui, dovevo rassegnarmi e lo stavo già facendo giorno dopo giorno. Lui mi sorrise e in quel momento la mia mente si sgombrò. Fissai quel sorriso, appoggiando il mento sulla mano, rimanendo incantata dal suo bagliore. Osservai minuziosamente ogni dettaglio, ogni sfumatura, ogni movimento di quelle labbra carnose che si dischiudevano divertite ad una mia battuta, l'espressione dei suoi occhi che si addolciva mentre mi scostava una ciocca di capelli scuri per passarmela dietro l'orecchio e intrattenere le sue dita qualche secondo di più del dovuto. Lo amavo, lo avevo sempre amato dal primo giorno in biblioteca. Era la prima volta che lo confessavo a me stessa e quella consapevolezza mi spiazzò del tutto. Adesso mi sentivo più vulnerabile e fragile in sua compagnia, conoscevo i miei sentimenti anche se li avevo sempre saputi in fondo, perchè erano sempre li in agguato ogni volta che ricompariva lui nella mia vita cercando sempre di travolgermi, e questo mi metteva in una specie di posizione di svantaggio nei suoi confronti. Lui avrebbe potuto farmi male anche con soltanto una parola, un gesto oppure con una foto compromettente nei giornali scandalistici ed io sarei crollata. Non sarei riuscita a superarlo, non con lui. Non potevo rovinare il nostro rapporto con stupidi pensieri d'amore e di certo dovevo trovare un modo per stargli ad una ragionevole distanza, almeno che non suscitasse troppe domande da parte sua. Dovevo farlo me stessa, per la mia sanità mentale ed emotiva. Non potevo dipendere da lui. Probabilmente era stupido anche perchè quella follia era soltanto unilaterale, lui non provava altro che un affetto fraterno per me, non aveva mai fatto nulla per farmi capire il contrario. Lo sapevo, lo sentivo e a volte ne soffrivo. Mi accontentavo e stavo dalla mia parte senza superare il nostro confine invisibile. Dovevo allontanarmi da lui prima di non riuscire a fare un passo indietro e far finta che non fosse successo nulla. Dovevo stare attenta. Quei suoi sorrisi, quelle sue mezze frasi...tutto di lui avrebbe potuto rovinare i miei intenti. Non mi era per nulla di aiuto. Mi sentivo come una di quelle ragazzine che sbavavano dietro all'attore strafigo del giornale e che ci ricamava sopra la sua fantastica storiella d'amore con tanto di cavallo bianco. Ero patetica. Restammo a parlare a lungo, io sulla poltrona lui sul divano; parlavamo delle novità, dei soliti discorsi che ci portavamo dietro e le scene più esilaranti che avevamo vissuto insieme e che facevano parte di noi. Ridemmo fino alle lacrime. Avrei tanto voluto passare altri mille giorni come quello. Uscimmo di nuovo stavolta per raggiungere la videoteca e scegliere un film che andava ad entrambi. Nessuna guerra, nessuna sparatoria, niente di troppo melenso altrimenti mi sarei buttata tra le sue braccia e chi si è visto si è visto. Adesso era diventata difficile persino la scelta del film quando prima non lo era mai stata. Finalmente concordammo entrambi per Il nome della rosa con un Sean Connery appena invecchiato ma pur sempre sexy, nella sua tunica marrone da frate. Avevamo visto quel film almeno una decina di volte, ma non ci stancavamo mai di riguardalo facendo sempre degli assurdi commenti su ogni minima scena come del resto facevamo con tutti gli altri film, specialmente quelli della nostra top ten e questo ne faceva parte a pieno titolo. Tornati a casa, in compagnia di Sean Connery e una bustona di popcorn e tacos con salsa piccante, la pizza gigante con un mix di salumi e ortaggi sarebbe arrivata a breve grazie al fattorino, preparammo l'atmosfera in sala e ci tuffammo nelle montagne innevate del nord Italia tra le fredde mura del maestoso "monastero dei delitti", come lo chiamava sempre Chris in tono lugubre per poi scoppiare a ridere insieme a me. Di nuovo quel sorriso, quella risata ricca e genuina...sarebbe stata una lunga serata di tentazioni e freni inibitori accesi sull'allarme rosso. Di male in peggio. La sua vicinanza su quel piccolo divano, con la semi oscurità della stanza che ci avvolgeva come una coperta, stavano mettendo a dura prova i miei nervi ormai del tutto guasti quanto il mio cervello ormai del tutto fuso. Non riuscivo a gustarmi il film, ero talmente nervosa che rischiavo di sobbalzare per le cose più assurde come lo sfioramento delle nostre ginocchia oppure delle mani quando si incontravano nella ciotola dei popcorn, persino per delle scene piene di tensione che ormai sapevo a menadito eppure in quel momento era come se fosse stato tutto cancellato dalla mia testa. In quel momento sentivo tutto più amplificato ed io ne avevo paura. Era impossibile che Chris non se ne fosse accorto, avevo a mala pena risposto ai suoi commenti con grugniti che mi facevano sembrare un animale e risatine spaventose quanto nervose che mi facevano assomigliare a una delle iene del Re leone. Una pessima combinazione. Ma lui non disse niente. Continuò a comportarsi come sempre facendomi risultare l'unica esaltata nella stanza. Avrei voluto andare a nascondermi e forse ero ancora in tempo prima di continuare a fare stupide figuracce delle quali mi sarei pentita fino alla mia morte. Più il film si addentrava sul più bello più notavo che la distanza tra noi si accorciava a vista d'occhio, avrei tanto voluto essere cieca e stupida in quel momento ma la causa di quella vicinanza ero stata proprio io a crearla. Non avevo più i comandi del mio corpo, che ormai libero di decidere a posto della mia testa,  così aveva sfruttato l'occasione per sfiorare la spalla di un ignaro Chris che in quel momento sembrava la vittima di un agguato sessuale. Non poteva più stare tranquillo neppure con la sua migliore amica nelle vicinanze. Improvvisamente ero diventata una sorta di mangiatrice di uomini...o per meglio dire, ero diventata la mangiatrice ufficiale di Chris Wolfe e l'idea mi eccitò ulteriormente. La mia mano fece di testa sua ed iniziò lentamente ad avvicinarsi a quella di lui, come in quel film pessimo e demenziale dove la mano del protagonista sfigato era diventata assassina. Il guaio è che la mia non uccideva ma era arrapata come il resto del corpo. Cercai di bloccarla, sforzandomi di rimanere concentrata sul film mentre allontanavo dalla mente strani pensieri lussuriosi su Chris legato sul mio letto mentre gli saltavo addosso per baciarlo e mordicchiargli le labbra a tal punto da non fare respirare entrambi. Volevo perdermi in lui. Chiusi la mano a pugno così forte da conficcarmi le unghie sul palmo, emisi un piccolo grugnito di dolore ma riuscii a tornare in me e tornai alla distanza di sicurezza normale per la mia libido completamente alterata e per la mia sanità mentale. Con un sospiro di sollievo, mi raggomitolai su me stessa abbracciando le ginocchia e appoggiando la testa tra esse. Non osavo guardare dalla sua parte, temevo quello che potevo leggere nei suoi occhi, probabilmente avrebbe chiamato la neuro più vicina per farmi rinchiudere dentro e poi se ne sarebbe lavato le mani andandosene dalla parte opposta pur di non dovermi più vedere. E avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo. Improvvisamente, sentii il cuscino del divano sotto di me affondarsi un altro pò mentre Chris si avvicinava con disinvoltura e mi faceva cadere il suo braccio attorno alle spalle stringendosi al mio fianco, per non dare un peso eccessivo a quel gesto fece una battuta che portò entrambi a ridere a crepapelle per una semplice scemenza; lo ringraziai mentalmente per aver fatto scemare la tensione che continuavo a sentire dall'inizio del film. Restammo in quella posizione per i rimanenti quaranta minuti e finalmente non pensai a nient'altro che non fosse il calore delle sua braccia e al senso di benessere che sentivo tra esse. Feci tacere la mia testa e tutti mi sembrò migliore. Persino Sean Connery con quella tunica sembrava più sexy di prima. Sentivo una certa indolenza nei nostri corpi, quando il film finì continuammo a guardare i titoli di coda come se avessero un certo fascino magnetico. La stanza sembrò farsi più scura di prima a causa dell'assenza delle immagini nello schermo e l'atmosfera tornò a farsi tesa tutto di un colpo, sentivo di nuovo la sua vicinanza come una minaccia per me e il mio istinto gridava di salutarlo e sbatterlo fuori dalla porta ma il mio corpo restò inchiodato accanto al suo. Non voleva separarsi, come se costasse della sua stessa vita, che sciocchezza.

"E' tardi." mormorai cercando di non sottolineare troppo la tensione nella mia voce. Quelle due parole dovevano mettere fine alla serata appena trascorsa, eppure rimasero là nell'aria, sospese tra di noi in attesa di trovare la loro giusta collocazione e una meta dove approdare.
"Già è tardi." confermò con un sospiro senza fare nemmeno il minimo gesto di allontanarsi da me alzandosi dal divano. Continuava a fissarmi ed io mi perdevo nella profondità del grigio-azzurro dei suoi occhi, come se ormai non mi importasse più della figuraccia che stavo facendo. Mi sembrava una discussione tra scemi la nostra ed io non avevo nessuna intenzione di interromperla.
"Domani sarà una giornata faticosa per te." c'erano un sacco di scuse che gli avrebbero fatto varcare quella porta senza sapere di preciso quando avrebbe fatto ritorno in questo piccolo appartamento, scuse plausibili e doveri da rispettare come i nostri lavori, ma in quel momento stava passando tutto in secondo piano. Avevo paura di svegliarmi e capire che era soltanto uno dei tanti sogni ad occhi aperti che facevo da quando lo avevo conosciuto. Mi stavo rimbecillendo e lui di certo non era d'aiuto.
"Si, molto faticosa. Devo alzarmi presto, forse è meglio se..."
"Cosa?" gli chiesi io interrompendo la sua frase. Temevo le sue parole, avrei voluto rimanere così in eterno con lui però avrei preferito che rimanesse zitto.
"Non lo so...me ne sono dimenticato..." la distanza tra di noi iniziava ad accorciarsi lentamente mentre l'atmosfera si faceva rovente. Ormai avevo perso la testa e lui sembrava nella stessa situazione con mio eterno compiacimento. Come due calamite, i nostri visi erano a pochi millimetri l'uno dall'altro ed io, spostando lo sguardo dai suoi occhi magnetici, non riuscivo a smettere di fissare bramosa le sue labbra carnose ed ammalianti. Le volevo. Volevo sentirle sulle mie, volevo morderle, succhiarle e perdermi in esse senza più fiato. Non riuscivo più a resistere ed i miei pensieri non andavano oltre a queste fantasie.
"Allora non pensarci più." mormorai avventandomi sulle sue labbra come un assetato in mezzo al deserto. Lui ricambiò il bacio con foga mettendomi una mano dietro la nuca, tra i capelli, per spingermi sempre di più addosso a lui. Come se io avessi avuto la forza e la voglia di staccarmi, pensai con ironia mordendogli il labbro inferiore sentendolo gemere e insinuare l'altra mano sotto la maglietta. Improvvisamente, mi ritrovai sdraiata sul divano con lui sopra di me senza nemmeno sentire il bisogno di chiedere una pausa per far ricaricare i miei polmoni, ormai del tutto a corto d'aria. Non mi importava più di niente che non fosse lui. Con un'abilità straordinaria, che in un altro momento mi avrebbe fatto riflettere a lungo sulla sua esperienza con l'altro sesso, mi slacciò facilmente il reggiseno in un solo gesto ed io mi ritrovai la sua mano sul mio corpo. Scendeva lentamente dal collo, saliva sul seno per stuzzicarmi il capezzolo ormai turgido, da li proseguì il suo percorso attraversando la mia pancia lasciando invisibili cerchi concentrici sul mio ombelico per poi scendere giù, verso la zona proibita, dove iniziò a slacciarmi il bottone dei jeans e ad abbassarmi la cerniera. Scongiuravo, a chiunque mi sentisse, di non farmi svegliare proprio in quel momento. Doveva pur esserci un pò di giustizia in questo mondo. La sua mano mi fece dimenticare persino il mio nome. Chiusi gli occhi, abbandonandomi alle sensazioni che mi faceva provare, e sospirai di piacere mentre sentivo le sue labbra spostarsi sul collo. Denti e lingua fecero il loro lavoro tormentandomi la pelle ormai del tutto arrossata dopo il suo passaggio. Mi sentivo in paradiso e nulla al mondo mi avrebbe riportato alla realtà in quel momento...a parte proprio Chris, che improvvisamente sembrava come essersi ridestato da tutta quella passione e si stava ritraendo mettendosi a sedere. Confusa ed arruffata, mi rimisi seduta anch'io notando, mio malgrado, che lui evitava di guardarmi negli occhi come se si sentisse in colpa per qualcosa. Quell'idea mi fece male al cuore, un colpo dritto in petto che mi ferì più di una lama vera. Perchè si era fermato di colpo? Perchè non aveva nemmeno il coraggio di guardarmi negli occhi? Che cosa gli era successo? O meglio, cosa cavolo era successo a noi? Cos'eravamo adesso? Quei dubbi continuavano a martellarmi nel cervello, mi sistemai come meglio potei cercando di coprirmi il più possibile mentre mi davo della scema. Mi sentivo vuota e sola, come se lui non fosse veramente accanto a me, ed improvvisamente il freddo sul mio corpo mi fece rabbrividire e il bisogno di riscaldarmi, buttandomi addosso tutte le coperte che avevo in casa, mi urlava incessante all'orecchio. Avevo una gran voglia di piangere, ma strinsi i denti, non volevo dargli questa soddisfazione.
"Aspetta...forse è meglio se torno a casa." esordì lui, rompendo quel rumoroso silenzio che si era creato tra noi, mentre si alza di scatto aumentando la distanza che ormai ci separava. Non c'era bisogno di altre parole per capire a cosa stava pensando. Soltanto un errore. Desideravo fargli male in quel momento, desideravo sbattergli ripetutamente la testa contro il muro per vederla sanguinare e poi infilargliela nel forno acceso al massimo grado. Strinsi i denti prima di sbraitargli contro quello che veramente mi passava per la testa. Se lo sarebbe veramente meritato, ma rimasi zitta. Ingoiai l'amaro che avevo in bocca e feci buon viso a cattivo gioco. Voleva far finta di niente ed io lo avrei assecondato almeno per il momento, ma un giorno avrebbe scontato tutto.
"Come? No...no ti prego." mormorai risultando sincera persino alle mie stesse orecchie. Non volevo che se ne andasse, non lo avrei permesso, ma una parte di me lo avrebbe ucciso volentieri. Non volevo restare effettivamente sola in quel momento.
"Io non so..."
"Non dire niente. Rimani a dormire qui, con me, come se fosse una delle nostre solite domeniche. E' una nostra tradizione." gli feci un sorriso titubante ma allo stesso tempo incoraggiante al quale non avrebbe potuto dire di no.

Lui annuì evitando ancora il mio sguardo. Non riuscivo più a parlare, ormai la conversazione era pari a zero ed io non volevo essere l'unica tra di noi a cercare di mantenere a galla quel che restava di quella serata. Mi tolsi le scarpe sdraiandomi sul divano dando le spalle a lui. Finalmente sentii i suoi occhi su di me che percorrevano il mio corpo, avrei voluto girarmi in quel momento per decifrare i sentimenti nascosti in quello sguardo. Rimasi ferma, con le mani vicino al viso, finchè non lo sentii sdraiarsi accanto a me accostandosi alla mia schiena. Quando il suo braccio mi circondò, in una posa di protezione, chiusi gli occhi incapace quasi di respirare per paura che lui scappasse via come un fulmine. E lui lo fece. Il mattino seguente, mi svegliai con i muscoli intorpiditi, a causa del fatto che ero rimasta a dormire nella stessa posizione per tutta la notte, e un attimo prima di aprire gli occhi mi accorsi con rammarico che lui non c'era più. Il suo corpo aveva abbandonato il mio e la protezione del suo braccio sopra di me mi faceva sentire indifesa e con il gelo che mi arrivava fino alle ossa. Era una sensazione terrificante. Richiusi gli occhi di scatto per non vedere più niente. Volevo fuggire dalla cruda realtà che il mattino mi aveva appena portato. Sentii il cellulare vibrare sul tavolino di fianco, mi allungai per afferrarlo senza nemmeno avere la forza di alzarmi e neppure leggere il nome sul display. Pessimo errore.

"Samanta finalmente! Sono ore che cerco di chiamarti...in realtà è da ieri sera ma tu non mi hai mai richiamato. Ero preoccupato." era la voce di Derek che mi fece quasi schizzare fuori dal divano. Mi ero completamente dimenticata di lui. Come avevo potuto?
"Derek...scusami...non mi ero accorta delle tue chiamate." mormorai chiudendo gli occhi mentre mi tiravo una manata in testa incredula di quell'atroce dimenticanza. Una marea di sensi di colpa mi colpì all'improvviso stordendomi del tutto.
"Credo di essere arrivato almeno alla ventisettesima telefonata. Stavo per uscire e venire da te per controllare che tu stessi bene, ma mi hanno chiamato dalla clinica per un'urgenza ed ero l'unico medico disponibile. Si può sapere cosa ti è successo?" sentii lo sbattere di una portiera e pensai che fosse appena entrato in macchina.
"Nulla...ho soltanto dimenticato di riattivare la suoneria del cellulare ieri sera, ero molto stanca e sono crollata a dormire sul divano." spiegai in fretta temendo che i sensi di colpa, che già sentivo, si amplificassero ancora di più. Ero sempre stata pietosa nel dire bugie, quindi buttavo li per li una mezza verità sperando che non risultasse troppo inverosimile e che le persone riuscissero a vedersela senza dire nulla al riguardo. Speravo che succedesse anche a Derek, dopotutto lui non era il tipo da fare tante domande, probabilmente pensava che fossi un'eccentrica sbadata ed era meglio che si fissava su quell'idea piuttosto che indurmi a dirgli la verità su quella notte.
"Hai dormito sul divano? Non è da te, spero soltanto che non ti sia svegliata con il torcicollo o dolori simili." il suo tono era preoccupato ma anche cauto quasi come se stesse parlando ad una pazza e dovesse cercare le parole giuste per non fare irritare la svampita.
"Tranquillo, non ho avuto nessun fastidio simile durante la notte te lo assicuro." mormorai sentendomi le guance in fiamme al ricordo del corpo di Chris appoggiato alla mia schiena e al suo tepore che mi aveva cullata fino al mio risveglio. Dopo il gelo aveva attanagliato la mia pelle e il mio cuore.
"Beh, meglio per te allora. Adesso devo proprio andare. Stasera ci vediamo? Lo so, forse non dovrei metterti fretta e lasciarti i tuoi spazi visto che avevi detto che ti saresti fatta sentire tu in settimana ma..." scossi la testa e cercai di intonare la mia voce affinchè risultasse tranquilla e sorridente, mentre in realtà mi sentivo male. La mia decisione era già stata presa, dovevo soltanto metterla in atto e non pensarci più.
"Per stasera va bene, ma non mi va di rimanere a casa. Potremmo andare fuori a cena e poi restare da te per la notte. Vorrei evadere da casa mia per alcuni giorni." non poteva essere più che vera quella frase. Non volevo rimare troppo a lungo sola in quell'appartamento pieno di ricordi che facevano male. Sentivo come se qualcosa dentro di me si fosse irrimediabilmente spezzato all'improvviso e che non ci fosse nessuna cura per rimediare a quello che era successo.
"Sai bene che sei sempre la benvenuta e che casa mia è anche la tua. Spero che userai i cassetti che ti ho liberato in camera da letto, almeno così non sei costretta a fare avanti e indietro con un borsone ogni volta. A stasera allora." finalmente il tono della sua voce sembrava rasserenato e più allegro, specialmente al momento dei saluti. Si era sentito rassicurato dalla mia messa in scena e questo a me bastava, non volevo che gli sorgesse il minimo sospetto.
"A stasera. Ciao." mi affrettai a chiudere tirando un sospiro di sollievo poi, come se quel piccolo momento di pace fosse stato soltanto un sogno, scagliai con tutta la forza che avevo in corpo il cellulare contro la parete che mi stava davanti. Non fece assolutamente una buona fine, ma non me ne curai affatto.

Sprofondai la testa tra i cuscini del divano ed iniziai a piangere. Piansi fino a farmi male, finchè i miei condotti lacrimali avevano esaurito le loro scorte di acqua. Mi rifiutai di sapere quanto tempo era passato da quando avevo chiuso la conversazione con Derek, avevo deciso di concedermi il tempo necessario per la mia autocommiserazione e non volevo nemmeno sprecarne un momento. Mi abbandonai a quel tormento interiore, raggomitolandomi su me stessa in posizione fetale, mentre i cuscini sotto di me erano ormai umidi ed inutilizzabili. Quando finalmente riuscii a smettere, e l'ultimo singhiozzo finì una lunga serie di altrettanti ancor più rumorosi, mi risistemai al meglio pronta per inoltrarmi di nuovo nella solita routine che era la mia vita. Dopotutto non era successo niente che potesse interrompere le mie patetiche abitudini quotidiane. Giusto? Non era successo nulla, continuavo a ripetermi la solita litania sperando in cuor mio di crederci io stessa. Tornai ai vecchi ritmi. Lavoro-casa-Derek. La mia tecnica della menzogna si stava perfezionando, specialmente con il mio uomo ma facevo molta fatica a digerire i miei sentimenti. Fare finta di niente non era facile. Allontanavo il pensiero di lui dalla mente ogni volta che potevo, ma la notte mi tormentava perchè non potevo controllare i miei incubi. Incubi di un risveglio senza avere la sua presenza accanto. Agitata mi svegliavo di scatto, sperando di non fare troppo rumore da svegliare Derek che era realmente al mio fianco, allora mi stringevo a lui e soffocavo i singhiozzi contro la mano. Le notti erano un vero inferno. Durante alcune delle nostre cene, Derek mi aveva persino chiesto di Christopher e di come stava, per tutta risposta gli mostravo a forza un sorriso di circostanza e dicevo che non avevo sue notizie da qualche giorno e che probabilmente era impegnatissimo nel set. Era la verità, non mentivo su questo. Un granello in meno nel mio sacco dei sensi di colpa verso il mio partner. Scossi la testa, scacciando per l'ennesima volta quel triste pensiero dalla mia mente, e tornai a concentrarmi sul registro che avevo aperto sulla scrivania. Una miriade di numeri ed importi mi imploravano la loro attenzione, quindi cercai di svolgere il mio lavoro il più rapidamente possibile senza margine d'errore o sbavature della penna. Dopotutto ero la migliore in quell'ufficio per quanto riguardava il mio lavoro, soltanto che lo odiavo con tutta me stessa. Avrei preferito fare cento volte la dog-sitter piuttosto che dover calcolare conti inutili che a me non sarebbero serviti a niente. Questo era il mio punto di vista, lavoravo soltanto per mantenermi. Nel momento stesso in cui avevo finito di compilare quel registro, mi avevano piazzato sulla scrivania altri tre libri di giornale da compilare e correggere. Sbuffai infastidita. Correggere i conti e gli errori altrui non era mai stata una delle mie massime aspirazioni del futuro. Controllai l'orologio da polso che mi aveva regalato mio padre per il mio ventesimo compleanno, ancora due ore e sarei uscita da quel tugurio di numeri, quindi mi sarei dovuta sbrigare se avessi voluto finire tutto il lavoro in tempo. Non avevo mai lasciato nulla a metà e quella non sarebbe stata la prima volta. A causa dell'abitudine, diedi uno sguardo fugace al display scheggiato del cellulare ma sembrava morto. E dico morto non soltanto perchè nessuno mi cercava ma specialmente perchè lo schianto contro il muro era stato talmente potente da rendere praticamente inutilizzabile quel maledetto cellulare. Ormai non ero più io il capo, ma lui. Lasciai perdere quel rudere e lo gettai nella borsa così da non averlo sempre davanti agli occhi. Dopotutto chi mi avrebbe dovuto chiamare? Nessuno, a parte Derek ma lui sapeva benissimo come riuscire a contattarmi se veramente lo avrebbe voluto. Quando erano passate le due ore, ormai stavo già rimettendo in ordine la scrivania pronta per lasciare quell'ufficio fino al mio ritorno dell'indomani. Feci un accenno di saluto con la testa al mio capo mentre gli passavo di fianco per andare con la mustang a casa di Derek. Ormai avevo riempito gran parte dei cassetti in camera sua e la mia casa, le rare volte che ci entravo, mi sembrava sempre più spoglia. Dopo quella notte facevo fatica ad entrarci. E facevo ancor più fatica a guardare quel dannato divano, avrei voluto venderlo o persino dargli fuoco se fosse bastato a togliermi dalla testa ogni gemito e brivido che avevo sentito. Quando entrai nell'appartamento di Derek, con il mazzo di chiavi che mi aveva dato lui soltanto qualche giorno prima, iniziai a preparare qualcosa di semplice da mettere sotto i denti. Non ero una grande cuoca ma almeno potevo dire che i miei piatti erano commestibili e decenti per il palato. Forse a volte un pò banali ma pazienza. Non ero io la cuoca e Derek apprezzava lo sforzo senza dire niente al riguardo. Meno male, perchè l'indomani sarebbe stata una lunghissima giornata. Derek mi aveva invitato a pranzo dai suoi genitori ed io temevo soltanto all'idea di trovarmi davanti a sua madre per essere esaminata. Non avevo mai incontrato i suoi genitori e la cosa mi metteva in ansia. Come sarei potuta sembrare ai loro occhi? Scialba e taciturna? Il mio essere affabile sarebbe stato scambiato per lecchinaggio? Sarei piaciuta a loro? In quel periodo mi sentivo proprio un disastro e sicuramente sarei sembrata uno schifo ai loro occhi. Dovevo interpretare la parte della perfetta fidanzata amorevole che fa impazzire anche la madre più scorbutica. Peccato che non ho mai avuto un riscontro del genere. Il tipo per il quale avevo preso una folle sbandata, per poi essere cornificata e sfruttata economicamente appena si era rivelato il momento giusto per lui, ovviamente non aveva la minima intenzione di presentarmi i suoi ed era stato meglio così...l'unica madre che avevo conosciuto era stata quella di Chris, Chantal Wolf, e sinceramente avrei preferito eclissarmi quel giorno quando lui mi aveva invitata a casa loro. Quella donna mi detestava, per lei ero come un insetto fastidioso che era meglio schiacciare sotto un tacco piuttosto che osservarlo ridere con il figlio. Mi trattava con sufficienza e mi rivolgeva a mala pena la parola, ma ho avuto l'onore di incrociare le sue occhiate da snob ed era stato emozionante. Ricordo ancora come Chris cercava di scusarsi per il comportamento da stronza di sua madre e come spesso mi difendeva davanti a lei, ma alla fine era tutto inutile. Lei era sgradevole e perfida, non poteva cambiare e non lo avrebbe fatto di certo per me. Per lei non ero degna di stare accanto a suo figlio nemmeno come semplice amica. Cavolo, lo avevo fatto di nuovo! Ecco che mi ritornava in mente Chris e il suo mondo che avrei voluto potesse scomparire dalla mia vita in un colpo solo. Come facevo a ricascarci di nuovo senza quasi nemmeno accorgercene? Quando Derek arrivò a casa mi rimisi la maschera da perfetta compagna innamorata sul volto e passammo la serata in tranquillità senza alcuna interruzione di sorta, ansia e pensieri strani compresi. Un pò di tregua forzata per la mia mente. Quando mi risvegliai tra le sue braccia, mi divincolai con abilità dal suo abbraccio a tentacoli senza doverlo svegliare e iniziai a prepararmi psicologicamente per l'incontro con i suoi genitori. Dopo tre tazze di tè e l'ansia alle stelle, mi rifugiai in bagno ripetendomi come un mantra la frase "ce la farai, andrà tutto bene" mentre mi fissavo allo specchio con gli occhi sbarrati e un tremito leggero alla mano destra. Derek, quando si svegliò, dovette aspettare almeno un'ora prima di potersi sbarbare e prendermi in giro per la mia agitazione. Secondo lui era da stupidi reagire in quel modo soltanto per incontrare sua madre che era un pezzo di pane. Detestavo quando mi derideva prendendomi per scema, se lui era mister perfezione che non si alterava mai e che non cambiava mai umore non tutti eravamo come lui; non gli risposi e iniziai a vestirmi come si deve. Un tailleur anonimo di un grigio smorto con una maglia bianca di sotto, nulla di particolare nè troppo appariscente e nemmeno troppo invisibile da confondersi con la tappezzeria, mi sentivo vecchia vestita in quel modo. Un filo di trucco mi diede l'aria di una persona ancora più seria, feci una smorfia nel vedere il risultato. Forse ero vestita in modo troppo formale per quell'incontro, quasi come se fosse un meeting di lavoro, ma non me ne importava perchè a causa delle prese in giro del figlio la mia ansia era scemata trasformandosi quasi in fastidio. Ormai non vedevo l'ora di togliermi quella giornata dalla lista delle cose di fare in coppia. Quando mi trovai nel salotto della famiglia Noland, proprio seduta accanto alla madre di Derek su un divano di pelle marrone, feci i miei sorrisi di circostanza e feci finta di ascoltare le sue parole ridacchiando ogni tanto come ci si aspettava da me. La signora Noland era una cara donna sui sessant'anni, ma non proprio il pezzo di pane che mi aveva rassicurato che era il figlio. Faceva mille domande, nascondendole con la gentilezza che persino una reticente come me se ne rendeva conto, era un pò troppo assillante per i miei gusti e continuava a chiamarmi cara in un modo che mi dava i brividi. Era tutto l'opposto di Chantal Wolfe, ma rimaneva ugualmente una temibile donna che mi metteva paura. Forse ero soltanto ossessionata ma non mi faceva un effetto diverso da potermi rilassare in loro compagnia. Derek sembrava cieco al modo di fare assillante della madre, quasi come se io stessi esagerando, e non faceva nulla per farla tacere un momento; al contrario, la incitava raccontandole di tutte le nostre uscite degli ultimi due mesi. Ed io, come una scema, stringevo i denti e annuivo senza dire nulla. Come mi ero ridotta? Di punto in bianco, la signora Noland mi mise in grembo tre album fotografici che ritraevano Derek da quando aveva un giorno di vita a quando aveva fatto la festa del diploma. Ogni foto era seguita da un commento minuzioso della donna, che raccontava persino di quante volte suo figlio doveva farsi cambiare il pannolino durante il giorno...avrei preferito non venire a conoscenza di quel segreto. Finalmente, notai un leggero imbarazzo in Derek, allora anche lui era umano dopotutto. La ciliegina sulla torta avvenne mentre la signora Noland ci stava servendo i fagiolini nei piatti.

"Cara ne vuoi un altro pò?"
"No grazie, sto bene così."
"Cara, ma stai mangiando come un uccellino." notare che era la terza volta che mi riempiva il piatto con i suoi fagiolini e che la bistecca che mi aveva servito era grande quanto il piatto stesso. Se avessi mangiato un altro boccone di fagiolini probabilmente glielo avrei sputato in faccia senza fare troppi complimenti alla cuoca. Non ce la facevo più, mi sentivo una botte.
"Suvvia tesoro, lasciala stare poverina. Le hai già dato cibo a sufficienza per un'intera settimana." questo era il signor Noland che ribatteva alla moglie. Avrei fatto un altare a quell'uomo.
"E' troppo magra. Una donna deve avere i fianchi larghi per essere sicura di portare a termine una gravidanza nel modo più semplice possibile senza complicazioni. Non è vero cara?" a quella domanda mi andò di traverso l'acqua ed iniziai a tossire in cerca di ossigeno. Derek mi si avvicinò battendo dei colpi sulla mia schiena, avrei piuttosto voluto che mi tappasse le orecchie cosicchè non avrei sentito più le chiacchiere fuori luogo di sua madre. "O santo cielo, cara va tutto bene? Ti serve una mano? Vuoi un pò di acqua?" mi chiese lei con quel suo modo affabile che tanto iniziavo ad odiare. Scossi ripetutamente la testa alzando una mano, non volevo che si avvicinasse più del dovuto o mi avrebbe dato il colpo di grazia.
"Tesoro, lascia fare a Derek. Ci penserà lui alla nostra Samanta." giuro che se non stavo per morire per un pò d'acqua lo avrei baciato quell'uomo.
"Oh insomma, non posso parlare più nemmeno in casa mia? Samanta, cara, Phil ed io abbiamo ormai una certa età e ci piacerebbe vedere al più presto un nipotino. Derek è il nostro unico figlio e questo sarebbe il regalo più grande che potreste farci. Ormai è da un pò che state insieme e siete una splendida coppia...inizialmente ero un pò preoccupata dalla donna che lui voleva portarci a casa per fare le presentazioni, ma poi quando ti ho vista ho capito subito che sei la persona adatta per mio figlio. E un bel nipotino non starebbe male in questo quadretto." sentivo che a breve, se non fossi morta per soffocamento, sarei andata sottoterra per merito di un infarto. Cosa aveva detto quella donna?
"Macy, così farai scappare la nostra Samanta."
"Ho detto soltanto la verità. Cosa c'è di male?" borbottò contrariata la donna tornando al suo posto.
"Non starla a sentire, è una brava donna ma dice sempre tutto ciò che le passa in testa senza nemmeno riflettere. Allora Samanta, Derek mi ha detto che conosci Christopher Wolf. Com'è lui in realtà? E' un donnaiolo come dicono i giornali scandalistici? Quel ragazzo ormai è sulla bocca di tutti, sta facendo carriera."

Volevo scappare da quella casa, mi sentivo soffocare dentro quelle mura. Il padre di Derek era completamente precipitato dalla mia scala dei favoriti dopo la sua ultima uscita. Dove ero andata a finire? La madre che voleva convincermi a fare un figlio e il padre che sembrava il portinaio del palazzo tutto eccitato a sapere i nuovi gossip sul mio ex migliore amico. Non ricordo nemmeno cosa gli avevo risposto in quell'istante, sicuramente gli avevo propinato la stessa frase che avevo detto al figlio qualche giorno prima così almeno non aveva più motivi per estorcermi la verità per placare la sua morbosa curiosità. Nemmeno fosse una donna. Perchè mi cacciavo in situazioni inverosimili senza nemmeno averlo voluto? Dopo pranzo, ebbi un pò di tempo per tirare qualche sospiro di sollievo senza averli intorno: la signora Noland si era chiusa in cucina per lavare i piatti senza volere l'aiuto di nessuno mentre il marito si era confinato nella sua vecchia poltrona di pelle color cioccolato scuro e, aperta una birra, si guardava una partita di football facendo ogni tanto zapping su un programma che parlava di celebrità. Mi dissi che allora per lui era come una fissazione sapere qualcosa di più di un attore emergente e che faceva già molta notizia. Per l'ennesima volta maledissi quello strana amicizia che mi legava a Chris, forse se non lo avessi mai conosciuto la mia vita sarebbe stata molto diversa e forse avrei evitato di illudermi in un futuro roseo e felice con una persona irraggiungibile per i miei livelli. Per i livelli di tutti, a dire il vero. Quando uscii dal bagno, incrociai nel corridoio Derek che si fece avanti con un sorriso abbracciandomi. Fortunatamente lui non aveva preso dai suoi genitori, e questo di certo era un bene per la nostra relazione perchè dormire accanto a un uomo che era un incrocio tra il chiacchiericcio incostante della signora Noland e quello inutile del signor Noland che occupava il suo tempo tra sport e pettegolezzi. Ero decisamente allegra per quella notizia.

"Tesoro tutto bene?" mi chiese lui massaggiandomi le spalle con forza. Cercai di rilassarmi sotto il suo tocco ma ero troppo tesa quel giorno per sciogliermi come al solito.
"Si...a parte un'imminente gravidanza che non sapevo nemmeno di avere." mormorai con tono ironico facendo una smorfia.
"Lascia stare, non devi dare troppo peso alle parole di mia madre dopotutto penso che ogni genitore esprima quel desiderio al figlio prima o poi." sembrava non volerci arrivare. Perchè cercava di scusare la madre con frasi patetiche? Per lui sembrava non ci fosse nulla di sbagliato e per questo non mi appoggiava. Come se fossi io la pazza visionaria in quel momento.
"Si ma io pensavo poi, visto che ci siamo appena conosciute e mi ha riempita di domande un pò inopportune." non volevo risultare troppo meschina con le parole ma era come se Derek me le stesse buttando fuori dalla bocca a forza.
"Tu piaci a mia madre e questo mi rende felice. Per lei era stato difficile rimanere incinta di me e adesso vorrebbe avere un nipotino. A dire la verità anch'io vorrei avere un figlio e formare una famiglia con te ma non voglio metterti fretta. Per questo non ti ho detto niente, so che un giorno quando sarai pronta formeremo la nostra famiglia, ma è ancora presto per questo. Quindi lascia perdere quello che dice mia madre, stai tranquilla." disse lui cercando di rassicurarmi con le sue parole, peccato che mi aveva messo in agitazione proprio con quelle. Non mi aveva mai parlato delle sue intenzioni anche se avrei potuto capirlo già da un pò, ma avevo fatto finta di niente evitando di dargli troppo peso. Forse una parte di me aveva sempre sperato in una via di fuga da quella relazione e quindi, trovandomi nello stato attuale delle cose, era come se mi svegliassi finalmente da un lungo torpore rendendomi conto di trovarmi invischiata in qualcosa più grande di me che probabilmente non desideravo veramente ma che avrei accettato inerme. Ero fatta così dopotutto. Non che mi dispiacesse rimanere sola, e di certo non era per quello che non lo lasciavo, ma sapevo di voler bene a Derek e rompere con lui non mi esaltava nemmeno un pò. Lui era perfetto, ero io quella che aveva problemi. Era normale desiderare una famiglia, aveva ragione ma io tremavo all'idea di crearne una.
"Hai ragione tu Derek, scusami...il fatto è che sono nervosa quindi non reagisco bene alle uscite come quella di tua madre. L'ho presa un pò troppo seriamente. Ultimamente non ci sto tanto con la testa." mormorai grattandomi il braccio un pò a disagio in quella situazione.
"Infatti ti ho visto abbastanza agitata negli ultimi giorni, ma ho preferito non farti pesare la mia preoccupazione. So che non apprezzi del tutto questo genere di attenzioni, quindi ho voluto evitartele ma ti sono stato vicino come ho potuto." come avrei mai potuto abbandonare un uomo così? E poi per cosa? Per un'insana fantasia adolescenziale? Non ne valeva la pena. Più mi parlava con dolcezza più me ne convincevo. Un giorno sarei riuscita a ricambiare i sentimenti che provava per me, dovevo soltanto lasciarmi andare un pò con lui e mettermi il cuore in pace.
"Sei adorabile. Grazie." gli sorrisi con tenerezza e con gratitudine. Finalmente un vero sorriso dopo settimane, forse stavo veramente facendo un passo in avanti.
"Samanta c'è una cosa di cui volevo parlarti da un pò di tempo, volevo aspettare fino al nostro ritorno nel mio appartamento ma visto che siamo in argomento te la dico adesso. Volevo proporti di andare a vivere insieme, visto che ormai praticamente ti sei trasferita da me ma volevo renderlo ufficiale. Cosa ne pensi?" mi chiese lui tenendo strette le mie mani tra le sue. Quella domanda mi spiazzò letteralmente. Ero davvero pronta a compiere quel passo?



CIAO A TUTTI, MENTRE MEDITO ATTENTAMENTE SU COME PROSEGUIRE "LA PROFEZIA DI SANGUE" (SPERANDO SEMPRE CHE QUALCUNO DI BUON CUORE COMMENTI...) HO INIZIATO A SCRIVERE UN'ALTRA STORIA. PROMETTO CHE QUESTA SARA' PIU' BREVE ;)
POSTO LA PRIMA PARTE NELLA SPERANZA CHE PIACCIA A QUALCUNO.
UN BACIONE

   
 
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