Capitolo 1
Bella
L’autobus
sussultò un paio di volte, avendo centrato due buche.
Sbuffai, stufa delle
strade dissestate che ormai conoscevo a memoria. Fuori dal finestrino,
scorgevo
di sfuggita i svariati abitanti di New York.
Il
cellulare vibrò nella tasca dei miei jeans. Lo cavai fuori,
portando il
ricevitore all’orecchio senza nemmeno dare
un’occhiata al display. Sapevo già
chi era.
“Pronto?”
“Bella,
dove diavolo sei?”, sbraitò Jessica Stanley, il
mio superiore, nonché la
persona più antipatica che avessi mai conosciuto.
Sospirai
impercettibilmente. “Sono sul pullman. Arriverò
tra cinque minuti…”
“Neanche
per sogno! Vedi di muoverti, o giuro che ti faccio
licenziare!”, sibilò,
furibonda.
“Certo”.
Le sbattei il telefono in faccia, incurante delle possibili conseguenze.
Puttana,
troia e zoccola. Lo era nel vero senso della parola. Aggiungiamoci
anche stronza
con la esse maiuscola. Jessica era tutta droga, festini e sesso
sfrenato.
Ancora mi chiedevo come facesse un tappo come lei ad essere sempre
impeccabile.
Non un riccio fuori posto, sempre. Camicette con le tette in fuori e
jeans a
vita talmente bassa da scorgere i peli pubici erano
all’ordine del giorno.
E
pensare che i miei genitori avevano dato a me della puttana.
Il
mondo era ingiusto, questo lo sapevo. Ma mi bruciava.
D’altronde
ero sola, ormai. Non avevo né fratelli né
sorelle. Zii manco a parlarne. I miei
genitori mi evitavano da due settimane. E da un mese ero incinta.
Perché arrivi
sempre a
pensarlo, Bella? Sei proprio masochista…
Nonostante
fosse il figlio del mio ex, lo amavo già. Era pur sempre il
mio bambino. Già
stavo pensando al nome, senza ricordarmi che mancavano ancora otto mesi
di
gestazione.
Quando
avevo visto il test di gravidanza, i miei castelli di carta avevano
già cominciato
a crearsi. Io e James ci saremmo sposati. Avremmo avuto molti altri
bambini.
Avrei invitato anche le mie amiche, con cui avevo litigato da un bel
po’
proprio a causa sua…
Poi
se ne era andato. Puff. Svanito. Niente matrimonio. Niente bambini. E
niente
James.
Avevo
provato a rintracciarlo, ma il cellulare era costantemente spento.
Due
settimane, e non si era ancora fatto sentire. E io soffrivo, contenendo
a
stento il mio dolore.
Il
pullman si fermò proprio davanti al bar di fronte a Central
Park in cui
lavoravo come cameriera. Mi facevo schifo da sola. Ero uscita con
centodieci e
lode dall’università, laureandomi in giornalismo,
e facevo la cameriera.
Beh,
almeno il bambino non sarebbe morto di fame.
Eppure
non potevo non ammirare la fantomatica New York. Con i suoi
grattacieli, il suo
panorama e il suo traffico mattutino, era qualcosa di unico al mondo.
Il clima
non era caldo e soffocante come quello di Phoenix, in Arizona, ma mi ci
stavo
facendo l’abitudine.
Entrai
e Jessica mi si piazzò davanti, le mani sui fianchi.
Maglietta super scollata,
rossa. Minigonna in jeans e tacco alto dodici centimetri. Meglio di
così non
poteva fare.
“Ti
rendi conto di che ore sono, Bella?”, mi urlò
dietro, facendo voltare la gente
nel raggio di due chilometri.
“Il
pullman è arrivato tardi, non posso farci niente”,
replicai, gelida. Non mi
piaceva il tono che usava con me. Non mi piaceva e basta.
Jessica
fece una smorfia derisoria. “Oh, poverina! Adesso mettiamole
a disposizione un
pullman personale per venire qui! Lo sai che se Angela sa che ti
concedo anche
un solo ritardo, mi ammazza?”, gridò, talmente
incollerita da sputare.
Angela
Weber, il nostro capo, era il più dolce pezzo di pane che
esistesse. E Jessica
sapeva che con me non attaccava. Ma non sapeva che stava parlando con
una donna
incinta di un mese.
“Senti,
Jessica, ora sono qui, va bene? Dillo pure ad Angela, ma io ora sono
qui e mi
metto a lavorare!”, tagliai corto. La sorpassai malamente,
facendola traballare
su quei trampoli al posto delle scarpe.
“Puttana…”,
mormorò.
Ghignai,
amara.
Non sapeva quanto si sbagliasse.
Edward
“Papà,
mangia piano, che ti fa male”, lo ammonii, paziente.
Papà
come al solito si stava rimpinzando di cornetti, cosa non proprio
salutare per
i suoi attacchi cardiaci.
Mi
ignorò, continuando a masticare imperterrito. Mi limitai a
fumare la mia
sigaretta, tranquillo. La portai alla bocca, aspirandone il fumo. Mi
calmava,
il fumo. A Tanya non era mai piaciuto.
Infatti
mi sembrava che il suo nuovo ragazzo fosse un santarellino di Denali,
in Alaska,
vegetariano e non fumatore. Me lo aveva detto quando si era
ripresentata con le
carte del divorzio.
Due mesi fa
Tanya mi fissò
ostilmente. Si avvicinò, lanciandomi bruscamente sul tavolo
un fascicolo
voluminoso di carte. Lo fissai incredulo, per poi guardare i suoi
bellissimi
occhi neri come il petrolio.
“Che cosa
sarebbe?”,
chiesi, acido.
Tanya ghignò,
compiaciuta. “Le carte del divorzio. Devi solo firmare un
po’ di cose, non ti
costerà alcuna fatica”, disse, incrociando le
braccia al petto.
Mi sentii morire.
Tanya…
la mia Tanya, mi stava lasciando. Come la mamma.
“Ah. E dove
vai?”. Cercai
di sembrare il più distaccato possibile, ma non mi
riuscì per niente bene. La
voce mi tremava.
I suoi occhi si
illuminarono di quella luce che conoscevo bene. La luce che riservava a
me non
appena mi vedeva, i primi tempi. E che da molti mesi era ormai sparita.
“Vado a
Denali dal
mio… beh, hai capito. Sai, è
un avvocato. È vegetariano e non fuma. È un bravo
ragazzo. Lui si che mi farà
felice”, concluse, dura.
Quelle parole mi
colpirono come una pugnalata al petto. Parole che mi avrebbero fatto
sanguinare
giorni e giorni.
Sospirai. Presi la
cartella e cominciai a sfogliarla distrattamente. Gli occhi mi
pungevano come
non mai, la gola mi faceva male. Quasi non riuscivo a respirare.
“Dove ho
sbagliato, Tanya?”, mormorai debolmente.
Ero sempre stato uno
sciocco sentimentale, e mai sarei cambiato su quello.
Sbuffò, come
scocciata
dalla mia domanda. “Abbiamo sbagliato dall’inizio,
Edward. Tutto qui. Abbiamo
corso troppo in fretta. Eravamo innamorati, certo, ma ora la fiamma si
è
consumata interamente”, ribadì, il tono velenoso.
Mi girava la testa e i
polmoni mi facevano male. “Quindi è davvero
finita?”, sussurrai.
Una lacrima
sfuggì
dall’angolo degli occhi , percorrendo la mia guancia.
I suoi pozzi di oro nero
mi trapassarono l’anima. “Si”
Un
altro tiro e il mio ricordo svanì come neve al sole. Per il
momento. Avrei
fatto i conti con me stesso a casa, dove cadevo sempre a pezzi.
Ricordare
esplicitamente faceva male.
“Come
va il cuore?”, chiesi a mio padre, fissandolo circospetto.
Assomigliavo
molto a mio padre, Anthony Cullen, di cui portavo fieramente il secondo
nome. Non
potei fare a meno di notarlo anche in quel momento. La forma degli
occhi, il
naso lungo e dritto, le leggere efelidi sugli zigomi e le sopracciglia
folte e
arcuate erano identiche alle sue. I suoi boccoli grigi erano
un’ombra dei
capelli castano ramato di un tempo. Il tipo era lo stesso, solo che i
miei
erano più lisci e perennemente spettinati. I suoi occhi
erano di un intenso
castano scuro. I miei erano dello spiccicato e identico colore di mia
mamma,
verde smeraldo. Per non parlare delle labbra, piene e leggermente
troppo grandi
per il mio viso.
Papà
si strinse nelle spalle. “Ho appena fatto le visite con
Carlisle… la settimana
scorsa, mi pare. Va meglio… davvero”, aggiunse,
allarmato dalla mia
preoccupazione.
Mi
tranquillizzai. Se ci fosse stato davvero qualcosa di grave, mio zio
Carlisle,
uno dei medici più rinomati di New York, mi avrebbe
certamente avvertito.
Conosceva bene suo fratello.
Papà
buttò il tovagliolo nel piattino, appoggiando entrambe le
braccia sul tavolo.
Concentrò interamente l’attenzione su di me,
infastidendomi non poco. Diamine,
avevo venticinque anni, non poteva trattarmi come se ne avessi ancora
sei. “E
invece tu… hai sentito Tanya?”, disse, le labbra
strette.
A
papà Tanya non era mai piaciuta. Affermava che pareva
più una zoccola che una
vera donna, come la mamma. Papà non ce l’aveva mai
avuta con la mamma, per
l’abbandono. Anzi, nonostante avesse avuto alcune storielle
con delle donne
della sua età, non l’aveva mai dimenticata.
Speravo
di non fare la sua stessa fine. Alla fine la speranza
c’entrava sempre.
Scossi
la testa, spegnendo la sigaretta nel posacenere. Evitai i suoi occhi
indagatori, posando i miei sulla fitta trama della tovaglia.
“Sono passati solo
due mesi, papà”
Sbuffò,
infastidito. “Edward, sai bene cosa ne penso di questa
faccenda…”
“…
che siamo stati troppo avventati, non avremmo dovuto sposarci
così presto e avremmo
dovuto goderci la nostra giovinezza finché
potevamo… lo so, lo so”, lo
interruppi, ormai parafrasando a menadito le sue nozioni.
“Già”,
rincarò, la bocca una linea contratta. “Sposarvi a
venticinque anni, subito
dopo la laurea… una grossa stupidaggine. Avreste dovuto
aspettare”, concluse
per l’ennesima volta.
“Stavamo
insieme già da quattro mesi, papà. Ci amavamo sul
serio… solo che non le
bastavo, tutto qui”, tagliai corto, innervosito
dall’argomento.
Papà
capì al volo. Sorrise. “Beh, al lavoro, invece?
Come va?”
Lo
ringraziai mentalmente a più non posso. Abbozzai un sorriso.
La mascella quasi
scricchiolò. Era da ormai due mesi che non sorridevo
più. Ero sempre stato un
tipo serio e composto, nonché una testa calda di prima
categoria. Il sorriso
era qualcosa che avevo sempre riservato esclusivamente a
papà e ad Alice, mia
cugina di primo grado, la figlia degli zii Carlisle ed Esme. E poi a
Tanya, la
persona che me lo portò via per sempre. Perlomeno, da due
mesi.
“Non
male, va davvero bene. I guadagni sono proficui”, lo
rassicurai.
Si
accigliò. “Piuttosto, l’appartamento di
fronte al tuo è stato venduto?”
Mi
strinsi nelle spalle. Non ero tendenzialmente informato sulla
realtà che mi
circondava, non facevo altro che mangiare, bere, dormire, andare al
lavoro.
Agli inizi non riuscivo a fare nemmeno quello. Probabilmente se non ci
fossero
stati papà ed Alice sarei morto di stenti e tristezza.
“Credo che il signor
Endon lo abbia dato in affitto a una ragazza… ha un nome
straniero, non me lo
ricordo… me lo ha detto la portinaia”, confermai e
mio padre ridacchiò.
La
signora Cope era la persona più impicciona che avessi mai
avuto il dispiacere
di incontrare. Se ancora non sapeva che ero un venticinquenne
divorziato dopo
tre mesi di matrimonio, era un miracolo.
Per
un certo periodo di tempo aveva anche sospettato che io ed Alice (che
era mia
cugina, per precisare) avessimo una serie di appuntamenti al buio.
Naturalmente
i vicini, a cui aveva certamente riferito le sue ipotesi, le avevano
creduto
sulla parola, finché Alice li aveva mandati al diavolo,
urlando a squarciagola
per le scale che fossimo semplicemente cugini.
Cercai
la cameriera per chiedere il conto. Subito quella arrivò,
porgendomi lo
scontrino. Mi sorrise più calorosamente che poteva, tanto da
rischiare una
paralisi facciale.
Era
carina, davvero, sebbene fosse vestita un po’ volgarmente.
Aveva una camicetta
rossa molto scollata e una minigonna in jeans. E poi papà
diceva che era Tanya
la zoccola.
Ma
quell’attenzione spudorata non fece che innervosirmi. Mio
padre per poco non
scoppiò a ridere alla scenetta.
Non
appena se ne andò, rise a più non posso, dandomi
una pacca sulla spalla. “La
tua bellezza colpisce ancora, figliolo. Visto a cosa serve avere un
padre come
il tuo?”, scherzò.
Per
poco non esplosi a quella stupida battuta. Sapevamo benissimo entrambi
che mia
madre Elizabeth era stata – ed era tuttora-
un donna splendida. Una pari,
come avrebbero detto gli arabi, una bellezza. E tutti quelli che
conoscevamo ci
tenevano a complimentarmi affermando che avessi ereditato la sua
avvenenza. Poco importava.
Pagammo
il conto e uscimmo dal bar, godendoci quella domenica di ottobre nella
città di
New York.
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Adoro New York, la Grande
Mela. Il mio sogno sarebbe proprio quello di visitarla, un giorno. Non
si vede
che mi piace, eh?
In questo momento,
però,
posso solo sognarmela. Nella mia stanza fa talmente freddo che mi
stupirò poco
se vedrò passare Pingu in persona a salutarmi. Nevica e fa
un freddo cane, ma
non posso non ammettere che la neve contribuisca a rendere romantico un
paesaggio.
Bene, parlando della
storia, come potete vedere, comincia a prendere forma. Entrambi sono
adulti,
consapevoli, ma dal cuore logorato dai loro problemi e da presenti e
antichi
dolori. Diciamo che il primo capitolo, è solo una
presentazione in più dei
nostri protagonisti.
Nel prossimo, invece,
avverrà il loro fatidico incontro, nel modo forse
più classico possibile… più o
meno. Non vi dico altro, non voglio rovinarvi la sorpresa! ;P (*me
molto
dispettosa stamani*)
Bon, vado,
così non vi
scoccio più. Spero di non avervi deluso con questo capitolo
e che vi sia
piaciuto quanto il prologo.
E
ora rispondo alle
carissime 12 persone che hanno recensito!
hale1843: ciao,
tesora! Che bello, anche
qui! Sono strafelice che ti piaccia questa idea! Per Jazz…
beh, vedrai, vedrai…
ti dico solo che lui ed Edward non sono parenti, ma sarà
quasi onnipresente con
Alice… attendi solo un paio di capitoli! Un bacione enorme!
piccolinainnamora: ciao, cara! Grazie mille
per i complimenti, sono contentissima che
questa storia ti intrighi! Spero che il primo capitolo non ti abbia
deluso! E
sai, anche a me piacciono molto le storie con due punti di vista (sono
molto
più comodi e chiariscono meglio una situazione. Ho provato a
usane uno per
capitolo in un’altra storia, e non è stato
molto… facile)! Per quanto riguarda
alla tua domanda… ci sono tutti, forse un po’
più avanti... (Hihi, ma non ti
dico di più, me perfida! XD) Per ora, ho fatto resuscitare
il vecchio papà di
Edward (che, per non confonderci con il nostro Eddy, l’ho
chiamato Anthony come
il suo secondo nome), che è il fratello di Carlisle. Di
conseguenza, Alice ed
Emmett sono i suoi cugini di primo grado. Lo so, un po’
complicato forse, ma
era per rompere un po’ gli schemi. Fammi sapere come ti
sembra, un bacione!
rosa62: ciao, cara! Sono
contentissima che la mia storia ti ispiri, credo che la
curiosità sia
fondamentale per continuare un libro o una storia. Per quanto riguarda
la tua
domanda… mi hai lasciata a bocca aperta. Sai
perché? Perché semplicemente, mi
hai beccata. Forse in effetti era troppo prevedibile -.-‘.
Comunque è proprio
così. Non solo in riferimento al lieto fine, ma ammetto di
essermi ispirata
alla canzone di Alessandra Amoroso (il riferimento al film
“Amore 14” è
assolutamente da escludere, è orribile). A presto, cara,
fammi sapere. Un
bacio!
FRENKY85:
buondì,
cara!
Grazie per la tua sincerità, la apprezzo davvero
moltissimo. Questo
significa che la storia ti ha davvero incuriosito, e ne sono realmente
felice!
Per
rispondere alla
tua domanda (che non è assolutamente cretina, anzi, ogni
domanda è intelligente,
come dice il mio prof XD), ti dico che è in riferimento al
lieto fine. Se tu
noti, nel prologo, ho iniziato con:
"Pioveva.
Il cielo
era oscurato da nubi grigi e temporalesche. Faceva quasi paura.
Un tuono illuminò per un istante il cielo, seguito dopo due
secondi da un
enorme rimbombo"
Il titolo
è quindi un segno del lieto fine. Il
“cielo” di Bella ed Edward si
rischiarerà
presto, l’amore li porterà lontano dal passato e
riempirà quei vuoti
incolmabili. Un po’ troppo filosofico, eh? Forse, ma persa
che rosa62 invece
l’ha capito! Inoltre, ammetto di essermi ispirata alla
canzone di Alessandra
Amoroso (assolutamente splendida, ma non considerare il film, ti prego,
è
orrendo. Non voglio offendere nessuno, è solo
un’opinione). Detto questo, spero
che recensirai anche questo capitolo! Fammi sapere! Un bacione!
GloRK92: sono contenta
che ti piacciano i doppi pov. Sono molto comodi, e, personalmente,
adoro
infiltrarmi nella testolina di entrambi. Un grosso bacio!
MaryAc_Cullen: grazie, carissima, per il
tuo futuro sostegno! Eccoti il primo capitolo,
sperando che ti sia piaciuto! Fammi sapere! Un bacio enorme!
volpessa22:
oddio, cara, che bello
rivederti anche qui! Hai
mantenuto la promessa! Hihi, ti adoro!
Sono stracontenta che ti piaccia! Guarda, James e Tanya sono
così cattivi che
li avrei strozzati con le mie stesse mani è_é! Un
bacione, fammi sapere!
Elly4ever: Cara, ma che
bello rivederti anche qui! E chi si vuole liberare di te? Assillami
quanto ti
pare! XD Grazie mille per i complimenti (*me rossa rossa*)! Spero di
non averti
deluso con questo capitolo, ma fammi sapere comunque, okay? Tanto non
mi
offendo! Un bacione enorme!
manuelitas: ciao, cara!
Inizio col dirti, che anche io adoro i doppi pov e infatti sono
presenti in
tutti i capitoli che finora ho scritto! La continuerò di
certo, sperando che vi
piaccia! Personalmente, mi ci sono già affeziona5ta (che
pazza sentimentale,
eh?). Un bacione e fammi sapere!
Rosellina89: Ciao, cara! Eccoti il
primo capitolo, sperando che ti sia piaciuto! Bacione!
ilariaechelon: Grazie mille per i
complimenti, cara! Sono contentissima che ti piaccia!
Spero che ti piaccia anche dopo aver letto il primo capitolo, davvero!
Un
grosso bacio!
nanerottola: evviva,
una che comprende la mia ossessione per i lieto fine! Bella,
nanerottola! Sono felicissima che ti piaccia, ed eccoti quindi il primo
capitolo. Spero di non aver deluso nessuno, sappi solo che i sue si
incontreranno nel prossimo, che posterò a breve! Fammi
sapere! Un bacione!
Grazie
mille agli
angioletti che hanno recensito, a chi mi ha aggiunta tra i preferiti e
i
seguiti e chi ha letto senza commentare! Se siete ancora con me, vuol
dire che
riuscirete a sopportarmi!
Vi
prego, recensite e
fatemi sapere se la storia è da continuare!
Un
bacione enorme a
tutti!