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Autore: Isangel    01/02/2010    13 recensioni
Bella ed Edward. Lei una giovane ventitreenne abbandonata dal fidanzato James per la sua inaspettata gravidanza. Lui un colto e irruente venticinquenne segnato da due traumi: l’abbandono della madre Elizabeth e della moglie Tanya. Il destino vuole il loro incontro. E così l’amore.
Genere: Romantico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

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Bella

 

L’autobus sussultò un paio di volte, avendo centrato due buche. Sbuffai, stufa delle strade dissestate che ormai conoscevo a memoria. Fuori dal finestrino, scorgevo di sfuggita i svariati abitanti di New York.

Il cellulare vibrò nella tasca dei miei jeans. Lo cavai fuori, portando il ricevitore all’orecchio senza nemmeno dare un’occhiata al display. Sapevo già chi era.

“Pronto?”

“Bella, dove diavolo sei?”, sbraitò Jessica Stanley, il mio superiore, nonché la persona più antipatica che avessi mai conosciuto.

Sospirai impercettibilmente. “Sono sul pullman. Arriverò tra cinque minuti…”

“Neanche per sogno! Vedi di muoverti, o giuro che ti faccio licenziare!”, sibilò, furibonda.

“Certo”. Le sbattei il telefono in faccia, incurante delle possibili conseguenze.

Puttana, troia e zoccola. Lo era nel vero senso della parola. Aggiungiamoci anche stronza con la esse maiuscola. Jessica era tutta droga, festini e sesso sfrenato. Ancora mi chiedevo come facesse un tappo come lei ad essere sempre impeccabile. Non un riccio fuori posto, sempre. Camicette con le tette in fuori e jeans a vita talmente bassa da scorgere i peli pubici erano all’ordine del giorno.

E pensare che i miei genitori avevano dato a me della puttana.

Il mondo era ingiusto, questo lo sapevo. Ma mi bruciava.

D’altronde ero sola, ormai. Non avevo né fratelli né sorelle. Zii manco a parlarne. I miei genitori mi evitavano da due settimane. E da un mese ero incinta.

Perché arrivi sempre a pensarlo, Bella? Sei proprio masochista…

Nonostante fosse il figlio del mio ex, lo amavo già. Era pur sempre il mio bambino. Già stavo pensando al nome, senza ricordarmi che mancavano ancora otto mesi di gestazione.

Quando avevo visto il test di gravidanza, i miei castelli di carta avevano già cominciato a crearsi. Io e James ci saremmo sposati. Avremmo avuto molti altri bambini. Avrei invitato anche le mie amiche, con cui avevo litigato da un bel po’ proprio a causa sua…

Poi se ne era andato. Puff. Svanito. Niente matrimonio. Niente bambini. E niente James.

Avevo provato a rintracciarlo, ma il cellulare era costantemente spento.

Due settimane, e non si era ancora fatto sentire. E io soffrivo, contenendo a stento il mio dolore.

Il pullman si fermò proprio davanti al bar di fronte a Central Park in cui lavoravo come cameriera. Mi facevo schifo da sola. Ero uscita con centodieci e lode dall’università, laureandomi in giornalismo, e facevo la cameriera.

Beh, almeno il bambino non sarebbe morto di fame.

Eppure non potevo non ammirare la fantomatica New York. Con i suoi grattacieli, il suo panorama e il suo traffico mattutino, era qualcosa di unico al mondo. Il clima non era caldo e soffocante come quello di Phoenix, in Arizona, ma mi ci stavo facendo l’abitudine.

Entrai e Jessica mi si piazzò davanti, le mani sui fianchi. Maglietta super scollata, rossa. Minigonna in jeans e tacco alto dodici centimetri. Meglio di così non poteva fare.

“Ti rendi conto di che ore sono, Bella?”, mi urlò dietro, facendo voltare la gente nel raggio di due chilometri.

“Il pullman è arrivato tardi, non posso farci niente”, replicai, gelida. Non mi piaceva il tono che usava con me. Non mi piaceva e basta.

Jessica fece una smorfia derisoria. “Oh, poverina! Adesso mettiamole a disposizione un pullman personale per venire qui! Lo sai che se Angela sa che ti concedo anche un solo ritardo, mi ammazza?”, gridò, talmente incollerita da sputare.

Angela Weber, il nostro capo, era il più dolce pezzo di pane che esistesse. E Jessica sapeva che con me non attaccava. Ma non sapeva che stava parlando con una donna incinta di un mese.

“Senti, Jessica, ora sono qui, va bene? Dillo pure ad Angela, ma io ora sono qui e mi metto a lavorare!”, tagliai corto. La sorpassai malamente, facendola traballare su quei trampoli al posto delle scarpe.

“Puttana…”, mormorò.

Ghignai, amara.

Non sapeva quanto si sbagliasse.

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Edward

 

“Papà, mangia piano, che ti fa male”, lo ammonii, paziente.

Papà come al solito si stava rimpinzando di cornetti, cosa non proprio salutare per i suoi attacchi cardiaci.

Mi ignorò, continuando a masticare imperterrito. Mi limitai a fumare la mia sigaretta, tranquillo. La portai alla bocca, aspirandone il fumo. Mi calmava, il fumo. A Tanya non era mai piaciuto.

Infatti mi sembrava che il suo nuovo ragazzo fosse un santarellino di Denali, in Alaska, vegetariano e non fumatore. Me lo aveva detto quando si era ripresentata con le carte del divorzio.

 

Due mesi fa

 

Tanya mi fissò ostilmente. Si avvicinò, lanciandomi bruscamente sul tavolo un fascicolo voluminoso di carte. Lo fissai incredulo, per poi guardare i suoi bellissimi occhi neri come il petrolio.

“Che cosa sarebbe?”, chiesi, acido.

Tanya ghignò, compiaciuta. “Le carte del divorzio. Devi solo firmare un po’ di cose, non ti costerà alcuna fatica”, disse, incrociando le braccia al petto.

Mi sentii morire. Tanya… la mia Tanya, mi stava lasciando. Come la mamma.

“Ah. E dove vai?”. Cercai di sembrare il più distaccato possibile, ma non mi riuscì per niente bene. La voce mi tremava.

I suoi occhi si illuminarono di quella luce che conoscevo bene. La luce che riservava a me non appena mi vedeva, i primi tempi. E che da molti mesi era ormai sparita. “Vado a Denali  dal mio… beh, hai capito. Sai, è un avvocato. È vegetariano e non fuma. È un bravo ragazzo. Lui si che mi farà felice”, concluse, dura.

Quelle parole mi colpirono come una pugnalata al petto. Parole che mi avrebbero fatto sanguinare giorni e giorni.

Sospirai. Presi la cartella e cominciai a sfogliarla distrattamente. Gli occhi mi pungevano come non mai, la gola mi faceva male. Quasi non riuscivo a respirare. “Dove ho sbagliato, Tanya?”, mormorai debolmente.

Ero sempre stato uno sciocco sentimentale, e mai sarei cambiato su quello.

Sbuffò, come scocciata dalla mia domanda. “Abbiamo sbagliato dall’inizio, Edward. Tutto qui. Abbiamo corso troppo in fretta. Eravamo innamorati, certo, ma ora la fiamma si è consumata interamente”, ribadì, il tono velenoso.

Mi girava la testa e i polmoni mi facevano male. “Quindi è davvero finita?”, sussurrai.

Una lacrima sfuggì dall’angolo degli occhi , percorrendo la mia guancia.

I suoi pozzi di oro nero mi trapassarono l’anima. “Si”

 

Un altro tiro e il mio ricordo svanì come neve al sole. Per il momento. Avrei fatto i conti con me stesso a casa, dove cadevo sempre a pezzi. Ricordare esplicitamente faceva male.

“Come va il cuore?”, chiesi a mio padre, fissandolo circospetto.

Assomigliavo molto a mio padre, Anthony Cullen, di cui portavo fieramente il secondo nome. Non potei fare a meno di notarlo anche in quel momento. La forma degli occhi, il naso lungo e dritto, le leggere efelidi sugli zigomi e le sopracciglia folte e arcuate erano identiche alle sue. I suoi boccoli grigi erano un’ombra dei capelli castano ramato di un tempo. Il tipo era lo stesso, solo che i miei erano più lisci e perennemente spettinati. I suoi occhi erano di un intenso castano scuro. I miei erano dello spiccicato e identico colore di mia mamma, verde smeraldo. Per non parlare delle labbra, piene e leggermente troppo grandi per il mio viso.

Papà si strinse nelle spalle. “Ho appena fatto le visite con Carlisle… la settimana scorsa, mi pare. Va meglio… davvero”, aggiunse, allarmato dalla mia preoccupazione.

Mi tranquillizzai. Se ci fosse stato davvero qualcosa di grave, mio zio Carlisle, uno dei medici più rinomati di New York, mi avrebbe certamente avvertito. Conosceva bene suo fratello.

Papà buttò il tovagliolo nel piattino, appoggiando entrambe le braccia sul tavolo. Concentrò interamente l’attenzione su di me, infastidendomi non poco. Diamine, avevo venticinque anni, non poteva trattarmi come se ne avessi ancora sei. “E invece tu… hai sentito Tanya?”, disse, le labbra strette.

A papà Tanya non era mai piaciuta. Affermava che pareva più una zoccola che una vera donna, come la mamma. Papà non ce l’aveva mai avuta con la mamma, per l’abbandono. Anzi, nonostante avesse avuto alcune storielle con delle donne della sua età, non l’aveva mai dimenticata.

Speravo di non fare la sua stessa fine. Alla fine la speranza c’entrava sempre.

Scossi la testa, spegnendo la sigaretta nel posacenere. Evitai i suoi occhi indagatori, posando i miei sulla fitta trama della tovaglia. “Sono passati solo due mesi, papà”

Sbuffò, infastidito. “Edward, sai bene cosa ne penso di questa faccenda…”

“… che siamo stati troppo avventati, non avremmo dovuto sposarci così presto e avremmo dovuto goderci la nostra giovinezza finché potevamo… lo so, lo so”, lo interruppi, ormai parafrasando a menadito le sue nozioni.

“Già”, rincarò, la bocca una linea contratta. “Sposarvi a venticinque anni, subito dopo la laurea… una grossa stupidaggine. Avreste dovuto aspettare”, concluse per l’ennesima volta.

“Stavamo insieme già da quattro mesi, papà. Ci amavamo sul serio… solo che non le bastavo, tutto qui”, tagliai corto, innervosito dall’argomento.

Papà capì al volo. Sorrise. “Beh, al lavoro, invece? Come va?”

Lo ringraziai mentalmente a più non posso. Abbozzai un sorriso. La mascella quasi scricchiolò. Era da ormai due mesi che non sorridevo più. Ero sempre stato un tipo serio e composto, nonché una testa calda di prima categoria. Il sorriso era qualcosa che avevo sempre riservato esclusivamente a papà e ad Alice, mia cugina di primo grado, la figlia degli zii Carlisle ed Esme. E poi a Tanya, la persona che me lo portò via per sempre. Perlomeno, da due mesi.

“Non male, va davvero bene. I guadagni sono proficui”, lo rassicurai.

Si accigliò. “Piuttosto, l’appartamento di fronte al tuo è stato venduto?”

Mi strinsi nelle spalle. Non ero tendenzialmente informato sulla realtà che mi circondava, non facevo altro che mangiare, bere, dormire, andare al lavoro. Agli inizi non riuscivo a fare nemmeno quello. Probabilmente se non ci fossero stati papà ed Alice sarei morto di stenti e tristezza. “Credo che il signor Endon lo abbia dato in affitto a una ragazza… ha un nome straniero, non me lo ricordo… me lo ha detto la portinaia”, confermai e mio padre ridacchiò.

La signora Cope era la persona più impicciona che avessi mai avuto il dispiacere di incontrare. Se ancora non sapeva che ero un venticinquenne divorziato dopo tre mesi di matrimonio, era un miracolo.

Per un certo periodo di tempo aveva anche sospettato che io ed Alice (che era mia cugina, per precisare) avessimo una serie di appuntamenti al buio. Naturalmente i vicini, a cui aveva certamente riferito le sue ipotesi, le avevano creduto sulla parola, finché Alice li aveva mandati al diavolo, urlando a squarciagola per le scale che fossimo semplicemente cugini.

Cercai la cameriera per chiedere il conto. Subito quella arrivò, porgendomi lo scontrino. Mi sorrise più calorosamente che poteva, tanto da rischiare una paralisi facciale.

Era carina, davvero, sebbene fosse vestita un po’ volgarmente. Aveva una camicetta rossa molto scollata e una minigonna in jeans. E poi papà diceva che era Tanya la zoccola.

Ma quell’attenzione spudorata non fece che innervosirmi. Mio padre per poco non scoppiò a ridere alla scenetta.

Non appena se ne andò, rise a più non posso, dandomi una pacca sulla spalla. “La tua bellezza colpisce ancora, figliolo. Visto a cosa serve avere un padre come il tuo?”, scherzò.

Per poco non esplosi a quella stupida battuta. Sapevamo benissimo entrambi che mia madre Elizabeth era stata – ed era tuttora-  un donna splendida. Una pari, come avrebbero detto gli arabi, una bellezza. E tutti quelli che conoscevamo ci tenevano a complimentarmi affermando che avessi ereditato la sua avvenenza. Poco importava.atenevano a complimentarmi affermando che avessi ereditata la sua avvenenza.on aveva dovuto manda

Pagammo il conto e uscimmo dal bar, godendoci quella domenica di ottobre nella città di New York.

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Adoro New York, la Grande Mela. Il mio sogno sarebbe proprio quello di visitarla, un giorno. Non si vede che mi piace, eh?

In questo momento, però, posso solo sognarmela. Nella mia stanza fa talmente freddo che mi stupirò poco se vedrò passare Pingu in persona a salutarmi. Nevica e fa un freddo cane, ma non posso non ammettere che la neve contribuisca a rendere romantico un paesaggio. 

Bene, parlando della storia, come potete vedere, comincia a prendere forma. Entrambi sono adulti, consapevoli, ma dal cuore logorato dai loro problemi e da presenti e antichi dolori. Diciamo che il primo capitolo, è solo una presentazione in più dei nostri protagonisti.

Nel prossimo, invece, avverrà il loro fatidico incontro, nel modo forse più classico possibile… più o meno. Non vi dico altro, non voglio rovinarvi la sorpresa! ;P (*me molto dispettosa stamani*)

Bon, vado, così non vi scoccio più. Spero di non avervi deluso con questo capitolo e che vi sia piaciuto quanto il prologo.

 

E ora rispondo alle carissime 12 persone che hanno recensito!

hale1843: ciao, tesora! Che bello, anche qui! Sono strafelice che ti piaccia questa idea! Per Jazz… beh, vedrai, vedrai… ti dico solo che lui ed Edward non sono parenti, ma sarà quasi onnipresente con Alice… attendi solo un paio di capitoli! Un bacione enorme!

piccolinainnamora: ciao, cara! Grazie mille per i complimenti, sono contentissima che questa storia ti intrighi! Spero che il primo capitolo non ti abbia deluso! E sai, anche a me piacciono molto le storie con due punti di vista (sono molto più comodi e chiariscono meglio una situazione. Ho provato a usane uno per capitolo in un’altra storia, e non è stato molto… facile)! Per quanto riguarda alla tua domanda… ci sono tutti, forse un po’ più avanti... (Hihi, ma non ti dico di più, me perfida! XD) Per ora, ho fatto resuscitare il vecchio papà di Edward (che, per non confonderci con il nostro Eddy, l’ho chiamato Anthony come il suo secondo nome), che è il fratello di Carlisle. Di conseguenza, Alice ed Emmett sono i suoi cugini di primo grado. Lo so, un po’ complicato forse, ma era per rompere un po’ gli schemi. Fammi sapere come ti sembra, un bacione!

rosa62: ciao, cara! Sono contentissima che la mia storia ti ispiri, credo che la curiosità sia fondamentale per continuare un libro o una storia. Per quanto riguarda la tua domanda… mi hai lasciata a bocca aperta. Sai perché? Perché semplicemente, mi hai beccata. Forse in effetti era troppo prevedibile -.-‘. Comunque è proprio così. Non solo in riferimento al lieto fine, ma ammetto di essermi ispirata alla canzone di Alessandra Amoroso (il riferimento al film “Amore 14” è assolutamente da escludere, è orribile). A presto, cara, fammi sapere. Un bacio!

FRENKY85: buondì, cara! Grazie per la tua sincerità, la apprezzo davvero moltissimo. Questo significa che la storia ti ha davvero incuriosito, e ne sono realmente felice!

Per rispondere alla tua domanda (che non è assolutamente cretina, anzi, ogni domanda è intelligente, come dice il mio prof XD), ti dico che è in riferimento al lieto fine. Se tu noti, nel prologo, ho iniziato con:  "Pioveva. Il cielo era oscurato da nubi grigi e temporalesche. Faceva quasi paura.
Un tuono illuminò per un istante il cielo, seguito dopo due secondi da un enorme rimbombo" 
Il titolo è quindi un segno del lieto fine. Il “cielo” di Bella ed Edward si rischiarerà presto, l’amore li porterà lontano dal passato e riempirà quei vuoti incolmabili. Un po’ troppo filosofico, eh? Forse, ma persa che rosa62 invece l’ha capito! Inoltre, ammetto di essermi ispirata alla canzone di Alessandra Amoroso (assolutamente splendida, ma non considerare il film, ti prego, è orrendo. Non voglio offendere nessuno, è solo un’opinione). Detto questo, spero che recensirai anche questo capitolo! Fammi sapere! Un bacione!

GloRK92: sono contenta che ti piacciano i doppi pov. Sono molto comodi, e, personalmente, adoro infiltrarmi nella testolina di entrambi. Un grosso bacio!

MaryAc_Cullen: grazie, carissima, per il tuo futuro sostegno! Eccoti il primo capitolo, sperando che ti sia piaciuto! Fammi sapere! Un bacio enorme!

volpessa22:  oddio, cara, che bello rivederti anche qui! Hai mantenuto la promessa!  Hihi, ti adoro! Sono stracontenta che ti piaccia! Guarda, James e Tanya sono così cattivi che li avrei strozzati con le mie stesse mani è_é! Un bacione, fammi sapere!

Elly4ever: Cara, ma che bello rivederti anche qui! E chi si vuole liberare di te? Assillami quanto ti pare! XD Grazie mille per i complimenti (*me rossa rossa*)! Spero di non averti deluso con questo capitolo, ma fammi sapere comunque, okay? Tanto non mi offendo! Un bacione enorme!

manuelitas: ciao, cara! Inizio col dirti, che anche io adoro i doppi pov e infatti sono presenti in tutti i capitoli che finora ho scritto! La continuerò di certo, sperando che vi piaccia! Personalmente, mi ci sono già affeziona5ta (che pazza sentimentale, eh?). Un bacione e fammi sapere!

Rosellina89: Ciao, cara! Eccoti il primo capitolo, sperando che ti sia piaciuto! Bacione!

ilariaechelon: Grazie mille per i complimenti, cara! Sono contentissima che ti piaccia! Spero che ti piaccia anche dopo aver letto il primo capitolo, davvero! Un grosso bacio!

nanerottola: evviva, una che comprende la mia ossessione per i lieto fine! Bella, nanerottola! Sono felicissima che ti piaccia, ed eccoti quindi il primo capitolo. Spero di non aver deluso nessuno, sappi solo che i sue si incontreranno nel prossimo, che posterò a breve! Fammi sapere! Un bacione!

 

Grazie mille agli angioletti che hanno recensito, a chi mi ha aggiunta tra i preferiti e i seguiti e chi ha letto senza commentare! Se siete ancora con me, vuol dire che riuscirete a sopportarmi!

Vi prego, recensite e fatemi sapere se la storia è da continuare!

Un bacione enorme a tutti!

 

 

 

  
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