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Autore: Aleberyl 90    07/02/2010    4 recensioni
I compiti in classe...che seccatura! Soprattutto se la tua preparazione in materia equivale a quella di un cucchiano da caffè!
Ma chissà...se si riuscisse a trovare qualcuno che ti aiuti nel tortuoso percorso dell'inglese lo studio potrebbe anche essere più divertente!
...sempre che non si venga fraintesi in qualche modo...
La mia prima ff su Ranma! Spero di avervi incuriosito...un bacio! ^__^
Genere: Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nessun suono più dolce di quello della campanella di fine lezione può deliziare le orecchie stanche di uno studente.
 

Akane lasciò cadere la penna sul banco e si stiracchiò inarcando la schiena, grata di poter finalmente liberarsi dal torpore conseguente ad otto ore consecutive di lezione. Mentre i suoi compagni si lanciavano uno dopo l’altro oltre la soglia della loro classe, ansiosi di concludere al più presto la loro giornata in un luogo che non facesse alcun riferimento alla parola “scuola”, cominciò a radunare tutto il suo materiale e a sistemarlo nella sua borsa.

Nel momento in cui fece scattare la cinghia della sua cartella, lanciò un’occhiata distratta al suo fianco: stava aspettando che anche Ranma avesse raccolto le sue cose, così sarebbero potuti tornare a casa insieme.

Spalancò gli occhi di scatto quando si rese conto che il banco accanto al suo era vuoto.
Ma allora era già andato via?

Non l’aveva aspettata, ma di questo non le importava: non era la prima volta che avrebbero percorso il tragitto verso il dojo Tendo in due tempi differenti.

Quello che la stupiva era la velocità con cui si era volatilizzato.

Fino a due minuti prima era rimasto accasciato sul banco, con le braccia incrociate e la testa appoggiata sopra di esse; sembrava assorto in una specie di trance, immobile e con lo sguardo vitreo, quasi fosse diventato una statua di cera. Akane aveva pensato che fosse semplicemente esausto, dopo la lunga sessione di studio del giorno prima e la notte passata in bianco; un vero straccio, insomma. Ma chi poteva biasimarlo?

Ad Akane non era sfuggito il repentino cambiamento del suo fidanzato: non aveva aperto bocca da quella mattina, quando, appena superati i cancelli del liceo, si era chiuso in un silenzio di tomba e rifiutava categoricamente di parlare con chicchessia. La cosa positiva era stata la totale scomparsa dei suoi sintomi da “isteria da esame”, come l’aveva definita sua sorella Nabiki prima di salutarli all’ingresso dell’edificio per raggiungere la sua classe; ma stare in compagnia di un Ranma apatico, laconico e imbronciato era uno spettacolo di gran lunga più inquietante.

Akane avrebbe voluto dirgli qualche parola di conforto prima che la professoressa Hinako facesse il suo ingresso – la sua ora era la penultima della giornata – ma il comportamento del ragazzo l’aveva completamente spiazzata, privandola anche di ogni minima idea che le era venuta in mente per raggiungere il suo scopo; non sapeva proprio che tipo di approccio usare per poterlo incoraggiare e si vide costretta a lasciar perdere.

Quando finalmente l’insegnante d’inglese ebbe messo piede al di là della soglia della loro classe, brandendo un voluminoso fascicolo tra le braccia – chiaramente troppo pesante per la sua costituzione fisica, ma decisamente minaccioso per gli studenti, la ragazza sentì un forte schiocco e sobbalzò per la sorpresa, ritirando la mano che aveva premurosamente appoggiato sulla spalla di Ranma.

Spostando velocemente lo sguardo su quest’ultimo per chiedergli se anche lui avesse sentito quel fragore improvviso, si rese immediatamente conto con orrore che la fonte del rumore era più vicina di quanto credesse. Ranma aveva gli occhi sbarrati e la schiena rigida come un ciocco di legno; le sue dita, contratte in una strana posa, avevano appena spezzato di netto una matita, le cui due metà ora giacevano inermi sul piano del banco del ragazzo.

-          Ranma! – aveva esclamato Akane senza pensarci, - cos’è successo? –

Si rese conto solo un secondo dopo che non poteva minimamente sperare di ottenere una risposta da lui.

L’agitazione che emanava il ragazzo era palpabile, quasi della stessa entità dello spirito combattivo che liberava di fronte ad un nemico particolarmente tenace.

Sospirando, consapevole di non poter fare nulla per fagli cambiare atteggiamento in quel frangente, Akane lo lasciò al suo tormento interiore e tornò a sedersi al suo posto. Anche lei non si sentiva particolarmente rilassata davanti alla prospettiva di dover sostenere un compito in classe, ovviamente, ma si sentiva in qualche modo tranquillizzata dal fatto che c’era comunque qualcuno che stava di gran lunga peggio di lei.

Si era sentita subito in colpa per aver provato una cosa del genere. È vero, Ranma aveva le sue colpe e non aveva cominciato a studiare nei tempi utili al raggiungimento della promozione, ma il giorno prima si era talmente impegnato che sarebbe stato un vero peccato se la professoressa Hinako l’avesse bocciato.

No, non poteva lasciare le cose così come stavano, doveva dirgli qualcosa per farlo stare meglio!

Aveva voltato per l’ennesima volta il viso verso di lui e, una volta accettato il fatto che non l’avrebbe degnata di uno sguardo nemmeno se gli avesse sventolato un gatto sotto il naso, si sforzò di mostrarsi il più allegra possibile (c’era sempre la coda dell’occhio a fare da ambasciatore…) e cinguettò: - Coraggio, Ranma! Fatti forza e vedrai che andrà tutto bene! –

Contrariamente alle sue aspettative, il ragazzo la degnò di una sorta di risposta – non verbale, naturalmente. Lo vide sussultare violentemente e schiantare di colpo la testa sul banco, afflosciandosi.

Akane storse il naso e abbassò il pugno che aveva sollevato a mezz’aria nel momento in cui aveva pronunciato le parole “Fatti forza!”. Onestamente non sapeva come interpretare quella reazione, ma perlomeno lo aveva risvegliato dal torpore in cui era caduto.

Lo vide tirarsi su di scatto quando uno dei loro compagni fece cadere tra le sue braccia il foglio con le domande della prova. L’aveva afferrato al volo e scorto con occhi avidi ancor prima che la distribuzione dei compiti fosse giunta al termine.

Il brusio che serpeggiava tra la classe andò affievolendosi sempre di più man mano che tutti ebbero ricevuto la loro copia. L’insegnante si era arrampicata sul piano rialzato della cattedra e aveva assistito a tutta la scena gettando occhiate una volta alla classe, un’altra al fumetto che teneva tra le mani. Quando il capoclasse annunciò che ciascun alunno era pronto a cominciare, Hinako si ridestò dalla contemplazione di una vignetta particolarmente divertente e incenerì letteralmente lo sventurato ragazzo che aveva avuto la cattiva idea di interrompere la sua lettura.

-          Aaaah!! Cretino, cretino! Mi stavo divertendo un mondo! – aveva piagnucolato agitando le braccia come una bambina capricciosa.

-          M-Ma il compito… - aveva balbettato il capoclasse, stralunato.

Hinako avrebbe sicuramente estratto di tasca una delle sue monete da 5 yen e passata all’attacco, se il pensiero del compito non l’avesse spontaneamente attraversata come una scarica elettrica.

-          Il compito? Avete un compito, oggi? –

-          Ma se ce li ha appena distribuiti!! – aveva sbraitato Hiroshi, brandendo il suo foglio sopra la testa.

Approfittare della ghiotta occasione che la professoressa aveva servito su un piatto d’argento, ovvero sfruttare la sua “amnesia” per rimandare il compito in classe, non era minimamente appagante quando davanti a te si parava l’ottusa signorina Ninomiya. Procedere con l’esame, a quel punto, diventava quasi una questione di principio. Senza contare, poi, che quella era l’ultima possibilità per tutti coloro che avrebbero rischiato di venire bocciati in inglese: molto meglio togliersi subito il pensiero, piuttosto che essere costretti a dover recuperare la materia prima dell’inizio del nuovo anno scolastico o, peggio, durante le vacanze estive.

Ranma non aveva aperto bocca, apparentemente assorto nell’analisi di ogni singola domanda. Aveva mantenuto un’espressione concentrata, Akane aveva notato, anche durante tutta la discussione tra Hinako e gli studenti con più sale in zucca di lei.

Alla fine, comunque, la professoressa Hinako si era ricordata dell’enorme pacco di fogli che aveva portato in classe con sé quella mattina ( - Credevo che fossero i miei fumetti! - ) e scrisse sulla lavagna l’ora di inizio e di riconsegna dell’elaborato prima di tornare a tuffare il naso nel suo avvincente fumetto.

Ben presto il grattare delle matite sui fogli aveva riempito l’aula, insieme ai vari mugugni di studenti che non sapevano dove mettersi le mani.

Akane rispose senza troppe difficoltà ai quesiti che le venivano rivolti e, tra una riflessione e l’altra, gettava delle occhiate al suo fianco. Ranma sembrava profondamente assorto, mordicchiava l’estremità della matita con fare nervoso e una vena pulsava sulla sua tempia, ma per il resto appariva molto più tranquillo di prima. Sollevata, la ragazza tornò a concentrarsi sul suo documento e per la fine dell’ora l’aveva consegnato, correttamente compilato, alla professoressa Ninomiya.

Non appena anche Ranma ebbe consegnato il suo (dovette rincorrere Hinako per tre corridoi prima che lei accettasse di prendere in custodia il compito che le stava venendo consegnato dopo il suono della campanella di fine ora), era tornato in classe e si era accasciato sul suo banco, stremato. Akane non fece in tempo a chiedergli come era andata, perché all’insegnante-bambina si era immediatamente sostituito il professore dell’ultima ora.

Ciò che non aveva potuto fare a meno di notare, comunque, è che Ranma aveva mantenuto la medesima posizione fino alla campanella che decretava la fine delle lezioni.

Per questo non poteva che sorprendersi della vitalità che aveva dimostrato scappando via dall’aula senza aspettarla.
Probabilmente l’aveva repressa fino a quel momento: ovviamente non poteva permettersi di fuggire né prima, né durante il compito di inglese.

Pazienza. Gli avrebbe chiesto le sue impressioni quella sera a cena.
Si caricò la cartella in spalla e si avviò a passi lenti verso i cancelli del Liceo Furinkan.

 

 

-          Sono a casa! – annunciò la ragazza superando le porte scorrevoli dell’abitazione dei Tendo.

-          Oh, Akane, bentornata! – la accolse Kasumi con un sorriso, asciugandosi le mani sul grembiule. – Com’è andato il compito? –

-          Non male, – rispose Akane con una scrollatine di spalle. – Per fortuna erano argomenti che avevo già studiato. –

-          Bene – annuì la sorella, compiaciuta. – E Ranma com’è andato? –

Akane la guardò incredula.

-          Non è ancora tornato?! – esclamò sbigottita.

-          Oh, sì – rispose Kasumi, - ma quando gliel’ho chiesto non ha voluto dirmi nulla… a proposito, non siete tornati a casa insieme? –

La sorella minore non riusciva a credere a quanti sforzi il suo fidanzato stesse facendo per evitare di toccare per la seconda volta l’argomento “compito in classe”. Doveva aver sottovalutato le sue preoccupazioni se non aveva nemmeno l’intenzione di parlarne con Kasumi, che era la tranquillità fatta persona.

-          Ehm… avevo ancora qualcosa da fare a scuola – farfugliò a mo di spiegazione per la domanda di Kasumi. – Sai dov’è Ranma, ora? –

-          Non so, credo sia andato in palestra ad allenarsi… O forse a riposare? Non aveva un bell’aspetto quando è rientrato… - mormorò l’altra portandosi una mano alla guancia con fare materno.

La minore delle Tendo dubitava fortemente che Ranma avrebbe potuto riposarsi a dovere fino al momento in cui gli esiti dell’esame sarebbero stati resi noti.
Probabilmente aveva fatto in modo di far perdere le sue tracce per non dover essere costretto a parlare con nessuno.  

-          Vado ad allenarmi un po’ in palestra anch’io – proclamò infine Akane, procedendo di gran carica in direzione delle scale che portavano al piano superiore.

Era molto probabile che il suo fidanzato si trovasse nel dojo; sperava di poterlo incontrare e verificare il suo stato d’animo attuale. Se avesse mostrato ancora segni di abbattimento avrebbe cercato di tirarlo su in qualche modo, anche per scusarsi di non essersi impegnata abbastanza nel farlo quando ce n’era più bisogno, cioè in classe.

Non impiegò molto a sfilarsi la divisa scolastica e a rimpiazzarla col gi. Durante il tragitto che separava la sua camera da letto dalla palestra, lasciò vagare i suoi pensieri sull’arco di tempo che si era appena concluso.

Il giorno prima Ranma era approdato nella sua stanza implorandole di aiutarlo con il ripasso di inglese e lei, nonostante la sua riluttanza, aveva accettato di dargli qualche dritta. C’erano state un po’ di complicazioni, è vero, ma in fin dei conti alla fine della giornata era riuscita ad inculcare qualche nozione utile nella testa del codinato.

Ora, se pensava all’eventuale bocciatura di Ranma, non poteva che sentirsi addolorata… più di quanto avrebbe dovuto, in effetti. In fondo non era lei a rischiare il fallimento tanto temuto.

Sospirò rassegnata e, suo malgrado, un sorrisetto le increspò appena le labbra.

La verità è che si sentiva responsabile. Era una situazione talmente assurda… Era come se lei fosse la mamma e lui il figlioletto capriccioso a cui lo studio non va proprio giù, e di conseguenza era suo dovere preoccuparsi della buona riuscita del proprio bambino.

Ora, analogamente, sentiva l’esigenza di doverlo eventualmente confortare se per qualche motivo il compito non fosse andato come lui sperava.
Forse crescere nello stesso ambiente di Kasumi e prendersi cura di P-Chan aveva involontariamente acutizzato il suo lato materno…

Che cosa incredibile, provare un senso di protezione per quello stupido del suo fidanzato.
Neanche fossero stati loro due a decidere di iniziare un rapporto di coppia! Ma ormai il danno era fatto e lei era irrimediabilmente coinvolta in una relazione che ogni giorno non faceva che rivelarle delle sorprese e renderle la vita decisamente più movimentata del normale.

Assorta nei suoi pensieri, non si era resa conto di essere ormai giunta davanti all’ingresso del dojo.
Rizzò le orecchie e cercò di captare qualche rumore dall’interno; apparentemente il locale era vuoto, ma non poteva dare nulla per scontato.

Akane sospirò profondamente, spinse la porta e fece capolino al di là di essa.

-          Ran… - esordì, ma non terminò neanche la frase che uno squittio incredulo la fece sussultare.

-          AGH! –

La ragazza vide chiaramente un’ombra muoversi a gran velocità tra le pareti della palestra.

-          Ranma! – esclamò sorpresa, seguendo con gli occhi la strana figura. – Sei tu? –

Non ottenne risposta: la sagoma era già sparita al di là di una piccola finestra aperta, proprio sopra uno dei tanti stemmi che abbellivano i muri della stanza.
Nonostante la confusione e la repentinità degli eventi, tuttavia, Akane non aveva alcun dubbio: quello era Ranma.
Si affrettò ad uscire dal dojo e a fare il giro dell’edificio per cercare di intercettare il ragazzo prima che svanisse nel nulla.

-          Ranma! – tentò di richiamarlo, - piantala di scappare! –

Il suo tentativo di riacciuffarlo fu inutile: il ragazzo si era già volatilizzato senza lasciare traccia.

Abbandonato l’inseguimento, Akane sbuffò pesantemente e si portò le mani ai fianchi.
Quello stupido!

E va bene, lei si stava preoccupando per lui, ma quando si comportava in quel modo era così seccante! Non riusciva a provare così tanta compassione per chi si comportava in modo così infantile e irresponsabile.
Non accettava l’aiuto di nessuno, neanche per faccende ordinarie come quella!
Basta, tanto non serviva a nulla: non l’avrebbe rincorso per mari e monti e lui non poteva nascondersi per sempre; c’erano un sacco di occasioni per incrociarsi, lei non sarebbe più andata a stanare quel codardo dalla sua tana!

Carica di irritazione, tornò difilato in palestra e cominciò a tirare calci ad un avversario immaginario.
Continuò fino a quando sua sorella Nabiki non l’avvisò che la vasca del bagno era colma di acqua bollente e aspettava solo che lei vi si immergesse.

Il bagno le fece bene: i suoi muscoli si sciolsero e avvertì tutta la stanchezza – fisica e mentale – abbandonare gradualmente il suo corpo fino a che non fu completamente svanita.

Una volta essersi asciugata e rivestita, tornò nella sua camera e si sedette alla scrivania per completare degli esercizi di matematica che le erano stati assegnati per il giorno seguente.
Aveva appena pescato la calcolatrice dal suo astuccio per verificare i risultati di un’equazione particolarmente ostica, quando qualcosa la colpì delicatamente sulla testa.

-          Hm? – La ragazza sussultò dalla sorpresa e si tastò la nuca: lì, nel punto in cui aveva avvertito il buffetto, c’era qualcosa di lungo e stretto che le si era impigliato tra i capelli.

Si rese conto solo in quel momento che aveva lasciato la porta socchiusa: qualcuno doveva essere appena passato di lì, ma con movimenti talmente leggeri che non si era accorta di nulla.

Liberò l’oggetto misterioso e se lo portò davanti agli occhi: era una delle freccette a ventosa con cui lei e le sue sorelle si divertivano a giocare ogni tanto.
…E non servono solo a quello, pensò Akane notando il foglietto di carta accuratamente ripiegato che era stato legato attorno all’asta della freccia.

Ranma aveva più volte usato quella tattica per inviare messaggi nei momenti in cui le parole fossero state troppo ardue da pronunciare; se sperava di poter mantenere l’anonimato anche in quel caso, bè… si sbagliava di grosso.

Slegò il foglio, facendo attenzione a non strapparlo, e lo dispiegò. Sulla superficie cartacea erano riportate solo due parole:

Sank you”.

La ragazza lo contemplò a lungo, mentre un’appagante soddisfazione la invadeva da capo a piedi e sul suo viso si apriva un sorrisino malizioso.

 

 

 

 

Sicuramente Akane aveva già letto il suo messaggio.
Sapeva di non poter evitare ancora per molto un confronto diretto con lei, ma… non era ancora nelle condizioni giuste per poterlo fare, proprio no.

Allo stesso tempo, però, non poteva rimandare ancora il momento dei ringraziamenti; aveva fatto così tanto per lui, il giorno prima, e lui non l’aveva nemmeno degnata di uno sguardo.

Non sapeva nemmeno lui, a dire il vero, il motivo del totale stato di trance in cui era caduto; ricordava solamente di aver trascorso tutta la mattinata a chiamare a raccolta le nozioni che Akane gli aveva faticosamente fatto assimilare durante il loro pomeriggio di studio e, senza che se ne rendesse minimamente conto, era già arrivata l’ora di inglese.

Solo in seguito si era accorto di non aver scambiato nemmeno una parola con i suoi compagni di classe. Il fatto è che… non sapeva spiegarselo bene nemmeno lui, ma era come se attorno al suo corpo si fosse creata un’enorme bolla d’aria che non faceva trapelare neanche un sussurro e gli impediva ogni contatto con l’esterno. Hiroshi e Daisuke gliel’avevano riferito una volta che le lezioni furono terminate, e lui ne fu così sorpreso che quasi non voleva crederci.

Tsk… come diavolo si era ridotto. Lui, Ranma Saotome, grande esperto di arti marziali che non ha paura di niente, si era fatto mettere K.O. da un compito in classe. Un compito in classe!
Ma che diavolo gli era preso?!

Il tempo era trascorso in un batter d’occhio e quando la professoressa Hinako aveva fatto il suo ingresso in classe… bè, semplicemente era andato nel panico. La sua vocetta stridula l’aveva risvegliato improvvisamente dal suo torpore e, senza rendersene conto, era stato ricatapultato nella realtà così bruscamente che il suo shock era stato violento quanto un calcio sui denti. 

E poi, bè… il ricordo di quello che provò in quel frangente era ancora fin troppo vivido nella sua mente.

Era convinto, convinto di non essere ancora abbastanza pronto per sostenere la prova, nonostante fino a quel momento si fosse sforzato di ripetere tutti gli argomenti mentalmente – oh, com’è difficile farlo senza aprire bocca! Ma era inammissibile che si mettesse a ripetere il verbo “to be” durante le ore di lezioni estranee a quella di inglese, gli altri insegnanti non gliel’avrebbero mai permesso.
Senza contare che i suoi compagni di classe lo avrebbero preso per scemo. E Akane sarebbe stata la prima a ridere del suo comportamento così inusuale.

Akane.

Lei, più di chiunque altro, era la principale responsabile di tutte quelle terribili sensazioni che aveva provato quella mattina. Era così ansioso di dimostrarle che avrebbe potuto farcela da solo anche in quella scomoda situazione (le fonti da cui poter accaparrarsi dei suggerimenti non erano poche, ma lui non aveva intenzione di cogliere nessuna delle occasioni che gli si fossero presentate) che l’aveva inconsciamente ignorata per tutto il tempo.

Mai, mai in tutta la sua carriera da studente si era trovato a provare delle sensazioni così sgradevoli, e si ripromise che questo non sarebbe mai più accaduto fino al momento in cui si sarebbe diplomato.

E va bene, la sua fidanzata l’aveva aiutato a prepararsi per il compito, ma così facendo non aveva fatto altro che fargli temere il confronto, dipingendo la promozione come un obiettivo quasi impossibile da raggiungere.
L’aveva caricato di aspettative e questo era il risultato!

Morale della storia: Akane aveva fatto il doppio gioco.
Di conseguenza se avesse fallito sarebbe stata solo colpa sua e lui se ne sarebbe lavato le mani, giusto?
Giusto?

No, non era giusto.
Non lo era per niente!

Anzi, era…era tutto il contrario!

Akane l’aveva aiutato a ripassare, era rimasta sveglia con lui per tutta la notte e aveva fatto il possibile per non farlo stressare ulteriormente nell’arco di tempo che andava dal loro ingresso a scuola all’inizio dell’esame.

Ma quali aspettative?! Akane non avrebbe mai voluto caricarlo con niente del genere! Non era lei ad avere problemi con l’inglese, che vantaggi avrebbe potuto ricavare dal metterlo in difficoltà?

Era lui che doveva venire incontro alle sue aspettative: non poteva deluderla, dopo tutti gli sforzi che aveva fatto per aiutare uno scemo come lui!

Detestava darsi dello scemo – lungi dal sentirsi tale, ma nei casi estremi era necessario.

Quando Akane aveva tentato di incoraggiarlo, prima che la professoressa facesse distribuire i fogli con le domande, si era quasi sentito un verme. Aveva sinceramente pensato che, se avesse fallito, l’avrebbe rimpianto per tutta la vita: non riusciva neanche ad immaginare lo sguardo compassionevole di Akane misto alla delusione, era qualcosa di incredibilmente insopportabile.

Poco prima, quando l’aveva sorpreso in palestra, era fuggito come un topo impaurito. Non era riuscita a guardarla dritta negli occhi: se Akane avesse avuto quello sguardo… non sapeva come avrebbe potuto reagire.

Ma che razza di maestro di arti marziali era, se non era nemmeno in grado di affrontare le proprie paure?
Il suo animo non era ancora abbastanza temprato dal rimanere indifferente di fronte all’espressione commiserevole di una ragazza come Akane.

Aveva ancora tanto da imparare.

Si ridestò improvvisamente dalle sue riflessioni, colpito da un pensiero improvviso.
Da quando era diventato così saggio?
Sorrise compiaciuto di fronte alla scoperta di un’altra delle sue doti.

Meditare sull’intera faccenda gli aveva fatto bene; aveva riacquistato un po’ della sua spavalderia e si sentiva già meno abbattuto. Non era ancora dell’umore adatto per affrontare il discorso “esame” con i membri della famiglia (non intendeva fare pronostici di alcun tipo, per evitare delusioni) e stava valutando l’alternativa di scendere dal tetto su cui si era rifugiato e spostarsi in camera da letto saltando la cena, quando uno scricchiolio alle sue spalle lo fece sussultare.

Si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere la testa di Akane che spuntava al di là delle tegole: si stava arrampicando su per la scala a pioli che i Tendo tenevano da sempre appoggiata a una delle pareti esterne della loro casa.

Ranma avvertì il suo stomaco fare una capriola all’indietro. Si sentiva di colpo molto agitato: non credeva che il confronto diretto sarebbe arrivato così presto – anche se avrebbe dovuto aspettarselo, dopo averle mandato quel messaggio di ringraziamento.

Distolse lo sguardo da lei fino a quando non l’ebbe raggiunto e si fu inginocchiata accanto a lui. Sentiva montare il nervosismo, ma allo stesso tempo avvertiva un senso di trepidazione che non sarebbe stato in grado di reprimere ancora per molto.

Sbirciò Akane con la coda dell’occhio: sembrava perfettamente a suo agio, le mani appoggiate in grembo e un’espressione neutrale dipinta sul viso.
Non sembrava arrabbiata… questo lo rincuorò.

Fece violenza su se stesso per decidersi a sollevare il mento verso di lei. Si sentiva tremendamente imbarazzato per quello che aveva fatto in palestra e vedere la sua fidanzata mantenere un atteggiamento così compito non faceva che rendergli tutto più complicato del previsto. Oltretutto, pareva che stesse aspettando qualcosa.

Catturò un mutamento nei connotati della ragazza. A quel punto, incapace di resistere all’enorme flusso di sensazioni che andavano accavallandosi nel suo spirito a velocità sempre più sostenuta – impazienza, curiosità, agitazione, puntò lo sguardo verso di lei.
Si sorprese quando realizzò che stava sorridendo. Un sorriso appena accennato, tranquillo e in qualche modo malizioso. I suoi tratti non erano altro che enigmatici.

Di colpo Ranma avvertì tutto lo stress scivolare via dal proprio corpo e, a sua volta, ebbe l’impulso di aprirsi in un gran sorriso. Era una necessità talmente forte che non poteva controllarla, ma lasciò che i suoi muscoli agissero per lui.

I due giovani rimasero immobili a scrutarsi per qualche minuto, immersi in un silenzio che nessuno dei due, e Ranma in particolare, sapeva come interpretare. Nonostante tutto, però, non c’era alcuna traccia di rancore o rabbia nei loro atteggiamenti.

Per questo Ranma si stupì non poco quando la sua fidanzata, pur mantenendo la stessa identica espressione di poco prima, tirò fuori dal nulla un martello di gomma e lo usò per colpirlo sulla testa.

-          Ahio! – si lamentò lui, incredulo, massaggiandosi il punto in cui il martello lo aveva toccato. – Ma che fai? –

-          Scemo – rispose Akane riducendo gli occhi a due fessure.

Ranma la guardò stralunato.

-          Cosa?! –

-          Non hai imparato nulla di quello che ti ho insegnato ieri? – continuò lei, con un’espressione di irritazione mista a divertimento.

Il ragazzo non sapeva dove la ragazza volesse andare a parare.
Come sarebbe a dire “non hai imparato nulla”?! Akane non aveva avuto alcun modo di leggere le risposte del suo compito in classe, non poteva sapere come fosse andato!

Forse era andata a parlare con la professoressa Hinako alla fine delle lezioni, quando lui era già andato a casa?
Accidenti, era scappato via apposta per non essere costretto a dover richiamare alla mente nulla che facesse riferimento all’inglese o alla sua insegnante… e invece ci aveva pensato Akane!

Mentalmente, scosse la testa: no, Akane non avrebbe potuto fare una cosa del genere; ricordò a se stesso che la ragazza non aveva alcun motivo per gioire del suo fallimento. Ma allora cosa significavano le sue parole?

Non aveva fiducia in lui e nel suo operato? Oppure pensava che le domande dell’esame fossero talmente difficili che per lui non ci sarebbe stata alcuna speranza di superarlo, non importa quali risposte fossero state riportate negli appositi spazi?

Eppure, a conti fatti, era quasi sicuro di aver risposto in maniera almeno accettabile a più della metà delle domande…

La consapevolezza di aver appena formulato qualcosa di molto simile a un pronostico lo fece sobbalzare.
Oh, accidenti! Aveva promesso di non pensarci più!
Che stupido!

Akane se la stava godendo un mondo nell’assistere al tormento interiore del suo fidanzato: il suo viso passava a tratti da un’espressione gioiosa, ad una colpevole, ad una confusa.
Si era aspettata una reazione del genere: anche lei era una studentessa e, come dato di fatto, sapeva fin troppo bene quanto potessero essere devastanti i tempi che precedevano e seguivano un esame – in particolar modo nei riguardi di una materia per la quale lo studio non bastava mai.

Soddisfatta della piccola “punizione” psicologica che aveva inflitto al suo fidanzato – così la prossima volta ci avrebbe pensato due volte prima di ridursi all’ultimo minuto per studiare una materia così difficile! - , decretò che fosse giunto il momento di farlo rilassare.

-          “Grazie” non si scrive così! – disse portandosi le mani sui fianchi, imitando il tono autoritario che di solito usavano i loro professori a scuola.

Ranma si risvegliò improvvisamente dal suo flusso di pensieri pessimistici e la fissò tra le fessure delle dita che si era portato davanti al viso.

-          Eh? –

Akane gli sventolò sotto il naso il foglietto che aveva allegato alla freccia.

-          Credo che qui servano delle correzioni immediate – continuò lei.

Il ragazzo guardò prima il foglietto, poi Akane, poi di nuovo il foglietto.

-          Non… Non è scritto bene? – farfugliò, confuso.

-          Si pronuncia “Sank you”, ma si scrive “Thank you” – spiegò Akane con fare saccente. – Te l’ho detto ier… -

Non riuscì a concludere la frase che Ranma le era già piombato addosso e l’aveva presa per le spalle.

-          Dimmi… Ti prego, dimmi che sul compito non c’era NULLA che volesse la parola “Thank you” come parte della risposta!! Ti prego, DIMMELO! – rantolò lui scuotendola come un sacco di patate. Aveva gli occhi fuori dalle orbite e il volto paonazzo, sembrava uscito di senno.

-          Ehi, Ran- PIANTALA! – si dimenò Akane, spaventata. Si divincolò dalla sua presa ferrea e gli sferrò un altro colpo di martello per smorzare i suoi bollenti spiriti.

Ma Ranma non voleva saperne di calmarsi: si era alzato in piedi e stava già percorrendo tutto il perimetro del tetto a passi svelti e irregolari, mentre entrambe le mani erano state portate sotto il mento e si contorcevano a vicenda.

-          Lo sapevo, lo sapevo che avrei sbagliato qualcosa! – boccheggiava, spostando nervosamente il peso da un piede all’altro e sudando copiosamente. – Come diavolo ho fatto?! Avevo ripetuto tutto quanto fino a due minuti pri… -

-          Ooh, quindi il compito è andato bene? -  mormorò Akane in tono distratto, fingendosi disinteressata.

Aveva toccato il tasto giusto: il codinato interruppe bruscamente la sua scomposta danza dell’autocommiserazione e scoccò una timida occhiata alla ragazza, che sembrava assorta nella contemplazione delle unghie della sua mano sinistra.

-          Ehm… - balbettò lui, in imbarazzo. Gli aveva appena rivolto la domanda che si era sforzato di evitare fino a quel momento.

-          Sì? – lo incitò Akane, pur mantenendo un atteggiamento distaccato.

-          Ecco… -

-          Hmmm…? –

-          Uhm… -

Ranma inspirò profondamente e spinse appena il petto all’infuori nel tentativo di chiamare a raccolta un po’ della sua innata audacia.

-          N… Non l’ho consegnato in bianco se è questo che vuoi sapere, ecco! – esalò alla fine, strizzando gli occhi per il grande sforzo che era appena stato costretto a compiere.

Aveva espresso il suo parere personale senza nemmeno riprendere fiato e, conscio della fatica e dello stress accumulato, si lasciò cadere in ginocchio sulle tegole a braccia aperte, stremato.
Ancora in preda agli spasmi, non si accorse che Akane gli si era nuovamente avvicinata e gli aveva messo una mano sulla spalla.

-          Quindi… mi stai dicendo che ti è piaciuto studiare con me, non è così? – ridacchiò lei tirandogli il codino in modo scherzoso.

Il ragazzo poteva sentire il suo fiato sull’orecchio e rabbrividì involontariamente, ma non fu tanto per la vicinanza della ragazza. No… la causa di ciò che aveva risvegliato di colpo la sua agitazione risiedeva in qualcosa che era appena uscito dalle sue labbra.

Ti è piaciuto studiare con me?

D’un tratto nella sua mente si susseguirono, una dopo l’altra, tutte le situazioni imbarazzanti che era stato costretto a fronteggiare il giorno prima mentre si trovava in compagnia di Akane: tutti i suoi tentativi di salvare la faccia di fronte agli altri membri della famiglia, i momenti in cui aveva rischiato di sfiorare il corpo di Akane quanto più del necessario... Aveva fatto il possibile perché nessuno fraintendesse il tipo di rapporto che c’era fra lui e la ragazza, ma a quanto pare non aveva pensato proprio a tutto ciò che avrebbe potuto porre rimedio a quel contesto così peculiare.

Deglutì rumorosamente, lucidissimo e finalmente consapevole del pensiero che gli si era appena rivelato in tutta la sua maestosità.

E se fosse stata proprio Akane ad aver frainteso il suo comportamento?

In quale altro modo si sarebbe potuta spiegare quella domanda così ambigua?
Oh no, oh no! Non poteva essere vero!
Non poteva assolutamente lasciare le cose così come stavano, doveva rimediare in qualche modo!

Senza neanche ripensare a quanto la testa di Akane si trovasse vicino alla sua, Ranma puntò le braccia a terra, fece perno sulle mani e si tirò su di scatto, rischiando una collisione tra la sua nuca e quella della fidanzata.

-          Ehi! – sobbalzò lei allontanandosi di colpo. – Ma che fai? –

-          Sta-Stammi bene a sentire!! – rantolò lui puntandole un dito contro con tono accusatorio, senza darle il tempo di aggiungere altro. – Non pensare minimamente che io sia venuto a chiederti aiuto in inglese solo per stare in tua compagnia!! Capito?! –

Akane lo fissò con lo sguardo di chi aveva scoperto che la Terra era rotonda. Le ci volle qualche secondo per realizzare ciò che il suo fidanzato le aveva appena detto – o meglio, gridato contro.

Lei era una ragazza. E il comportamento di Ranma non lasciava alcun margine di dubbio alle riflessioni che la sua mente articolata le offriva.
Allora era questo che lo preoccupava così tanto?

Che scemo.

Ancora ansimante, Ranma cozzò contro l’espressione sinceramente confusa della giovane Tendo e piombò nell’imbarazzo più totale.
Sono forse stato troppo frettoloso?
Si maledì per l’ennesima volta nel giro di poche ore.

Le sue gote si tinsero di un’accesa tonalità di porpora quando la sua fidanzata lo guardò con tenerezza e stirò le labbra in un sorriso luminoso.

-          Ma io…non ho mai pensato nulla del genere! – mormorò tranquilla, portandosi una mano alla bocca per soffocare uno sbuffo divertito.

Il suo viso dolce aveva irrimediabilmente sciolto le briglie che tenevano ancorato il cuore di Ranma, lasciandolo libero di galoppare spensierato all’interno del suo spirito.
Avvertì un piacevole calore dilatarsi sempre di più attorno a collo ed orecchie, mentre la lingua gli si impastava e gli rendeva impossibile articolare alcunché.

Con un’ultima occhiata divertita, Akane si avviò a passi lenti e tranquilli verso la scala a pioli e, prima di sparire definitivamente al di là del manto di tegole, proruppe in una risata argentina la cui eco la accompagnò fino a quando non ebbe di nuovo appoggiato i piedi sulla terra fresca del cortile di casa Tendo.

Ranma rimase immobile, lì nel punto in cui si era alzato di colpo e aveva ammonito la ragazza di non lasciarsi andare a fantasie senza fondamento. Il suono cristallino della sua voce aveva dolcemente accarezzato i suoi padiglioni auricolari e aveva calato su di sé un velo di pacatezza e serenità.

Non aveva mai negato a se stesso quanto Akane fosse carina quando sorrideva.
O quando credeva in lui.
O quando lo incoraggiava con tutte le sue forze, indipendentemente dal tipo di obiettivo che si prefiggeva.

E chissà… forse un altro pomeriggio di studio in sua compagnia, una volta o l’altra, non gli avrebbe fatto poi così male.

 

 

 

THE END


 

 

 

 

Meglio tardi che mai, ma finalmente ecco qui l’ultimo capitolo della mia storia!

Gli impegni che mi porta l’università sono molti e ogni giorno ci sono un sacco di cose da fare, ma non me la sentivo di rimandare ancora a lungo la fine di questa fic! Il mio è proprio un brutto vizio: comincio una long-fic e poi la porto avanti per giorni, mesi, ANNI! Speriamo che l’ispirazione si rifaccia viva al più presto anche per quanto riguarda tutte le mie altre storie lasciate in sospeso… xD

 Dunque, torniamo a noi! Spero che il finale non abbia deluso nessuno (ce l’ho messa tutta per non eccedere nel romanticismo! – ricordate che questa fic è principalmente una commedia con punte di umorismo) e sono disposta ad ascoltare ogni tipo di parere… quindi se avete delle critiche (costruttive) procedete pure!

Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno letto, commentato o aggiunto la storia ai preferiti – quest’ultimo, in particolare, mi riempie d’orgoglio! *__*

Grazie ancora, e… speriamo alla prossima!
Un bacione,
Alessandra

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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