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Autore: Xion92    14/02/2010    6 recensioni
La storia di Kairi secondo il mio punto di vista. Mi sono sempre detta: se Kairi è una principessa, ed è di Radiant Garden, non potrebbe esserne la principessa legittima? E magari figlia di Ansem, che è capo e sovrano del Radiant Garden (come dice nei suoi diari)?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kairi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Che squillino le trombe, sono tornata dopo più di un mese di assenza!!! Ok, smetto di fare la scema. Il fatto è che mia sorella, tornata dall'università, ha usato la scusa che doveva studiare, mi ha fregato il pc per 2 settimane intere! Poi si è levata dalle scatole, ma intanto a me era passata l'ispirazione. Mi è ritornata solo negli ultimi giorni. E pubblico il capitolo nuovo! Dai che non manca molto! E rispondo ad alcuni commenti che avevo lasciato indietro.
 masterof dark: in effetti forse chiedere a uno di 5 anni di combattere forse è troppo. Ma mettiamola così: guarda Dragon Ball: se Gohan a 5 anni combatte contro Vegeta e va su Nameck a combattere contro Freezer, perchè Kazi non potrebbe combattere contro Xehanort?^^ E ... si, loro mangiano, ma non è che mi soffermo troppo su questa cosa (anche perchè nei videogiochi nessuno mangia, dorme, va in bagno, e tutti corrono e combattono sempre ... troppe canne, secondo me! E sul termine Keyblade Master: adesso noi, grazie a BbS sappiamo che ci sono i semplici dentetori del Keyblade (Sora, Riku, Terra, ecc.), e Keyblade Master (Eraqus, ecc.). Ma io questa fanfic l'ho inventata l'estate scorsa, quando ancora di Master Eraqus non si sospettava neppure l'esistenza, di Master Xehanort non si sapeva praticamente nulla e di Vanitas non si conosceva nemmeno la faccia (che a dirla tutta non è un bel vedere ...). Quindi in questa storia, "Keyblade Master" è un termine indistinto, è semplicemente una persona capace di usare il Keyblade, non uno che insegna a usarlo.^^ Ah, per Angel: metterò più avanti anche lei!
Ottoperotto: lo giuro, quando mi hai fatto notare l'incongruenza, avevo voglia di prendermi a schiaffoni! Ma dato che ho un minimo di autostima, non l'ho fatto! xD Come giustamente dice Mog, dettagli. Non facciamoci troppo caso (anche perchè un modo per correggere la storia non l'ho trovata). Grazie x il consiglio sulla tecnica di combattimento di Kazi. L'ho messa come hai detto tu. La metterò anche nei prossimi capitoli.

Il potere di Kazi

“Insomma, Vanitas, ti vuoi sbrigare?!”
“Scusa, mio signore, ma creare Unversed è molto stancante … è tutta la mattina che ne creo di nuovi …”
“Niente scuse! Quei maledetti Keyblade Master potrebbero arrivare da un momento all’altro, dobbiamo farci trovare pronti! Avanti, concentra tutti i sentimenti negativi che hai!”
Master Xehanort camminava con la sua solita postura curva, le mani incrociate dietro la schiena, guardando impaziente il suo apprendista; nonostante fossero passati più di vent’anni, era ancora il fortissimo guerriero di un tempo. Il suo apprendista, Vanitas, era sempre lo stesso: sempre con quel vestito nero, e con quella maschera che gli copriva il viso.
“Allora, hai finito?!”
“Un momento, maestro.”
Dopo pochi istanti, un gruppo di Unversed si materializzò davanti a loro.
“Oh bravo, Vanitas.” Commentò il maestro compiaciuto “Ben 15 in una volta! Ora dagli istruzioni. È un peccato che obbediscano solo a te …”
Vanitas annuì, poi comandò: “Unversed, tutti qui davanti a me, avanti!”
Quei mostri sanguinari, alle parole del ragazzo si acquietarono subito, e docili si schierarono obbedienti di fronte a lui.
“Ascoltatemi: dovete andare agli angoli di questo mondo, e stare sempre, costantemente di guardia. Se vedete qualcuno avvicinarsi, uccidetelo subito, ma se sono dei Keyblade Master, venite invece ad avvisarci. Nel caso, specificatemi se insieme a loro c’è un bambino col cuore forte e puro, perché è importante. Guai a voi se lo toccate! Non dovete fargli del male, ci serve vivo! Avete capito?!”
“Abbiamo capito, capo.” Risposero quelli, in una lingua che solo gli Unversed conoscevano.
Vanitas ghignò. “Bene. Allora andate pure.”
Tutti gli Unversed partirono insieme, seguendo gli ordini del loro padrone.
“Questi Keyblade Master!” commentò il maestro. “Erano tutti convinti che gli Unversed li creassi io. Non hanno mai capito che in realtà eri tu a crearli. Beh, meglio così, lasciamoglielo credere. Almeno in questo modo nemmeno gli verrà in mente di eliminare te per eliminare anche gli Unversed.”
“Maestro, come hai scoperto l’esistenza di quel bambino?”
“Pensi che non abbia fiuto per queste cose? Proprio io che voglio creare Kingdom Hearts, devo essere il primo a individuare cuori adatti per i mondi. Abbiamo fatto bene a mandare tutti quegli Unversed al Radiant Garden per farcelo portare, ma quegli stupidi mostri se lo sono fatto scappare! Comunque so già che verrà lui con altri Keyblade Master a cercarci. Hanno capito ormai dove siamo.”
“Speriamo che quei Keyblade Master non siano forti come quel Kazi …”
“Ma cosa ti salta in mente, Vanitas?! Nessun Keyblade Master sarà mai forte come quell’uomo. Comunque, lui ormai è morto da molto tempo, non dobbiamo più preoccuparci di niente. Chi mai potrebbe raggiungere una potenza pari alla sua?!”

“Allora, avete capito tutto?” chiese Topolino.
Tutti i guerrieri annuirono. Solo Kazi non sembrava così certo. Quella missione gli sembrava molto difficile, e non era sicuro di riuscire a portarla a termine con gli altri.
“Allora partiremo domani. Godetevi il pomeriggio, perché da domattina si riparte.”
Paperino e Pippo invitarono il re ad andarsi a riposare, poi decisero di allenarsi un po’. Riku decise di fargli compagnia, Kazi invece quell’ultimo pomeriggio voleva passarlo senza dover toccare arma. Era piccolo: per lui il combattimento non era tutto; era un bambino che aveva bisogno di amore, non di lotte.
“Se permettete, vorrei avere il pomeriggio libero.” Osò chiedere agli adulti.
Sora lo capì, e per non lasciarlo da solo, decise di riposarsi insieme a lui.
Dopo aver giocato insieme per tutto il pomeriggio, i due si sedettero all’ombra di un albero ad osservare il tramonto. Era tanto che Sora non lo faceva: fino all’irruzione di Kazi nelle loro vite, era abituato da tanti anni ad andare semplicemente a dormire alla fine di ogni giornata, senza osservare minimamente la bellezza della natura, del tramonto e dell’alba: era abituato a vedere solo il lato bellico della vita, e questo stava uccidendo la sua persona, perché gli uomini non possono vivere solo di guerra, ma questo Sora se lo era scordato. Kazi gli aveva fatto riscoprire tutto: osservarlo giocare con semplicità nel prato, vederlo avvicinarsi di soppiatto a un Moguri per poi saltargli addosso senza cattiveria, vedere il mondo non attraverso i suoi occhi di uomo, ma attraverso gli occhi di un bambino, gli aveva cambiato l’anima in poche settimane. Questo aveva cambiato profondamente anche Riku, Paperino e Pippo, che finalmente si erano addolciti e sapevano pensare ad altro che non fosse la loro missione. Ma Kazi aveva per Sora un trattamento che non aveva con gli altri: gli stava sempre dietro come un cagnolino, se aveva qualche problema chiamava lui, se era triste e voleva compagnia chiamava lui, e chiamava lui anche quando voleva giocare. Sora ormai non era più l’uomo triste e nostalgico di poco tempo prima, ma quel bambino l’aveva fatto rinascere, e aveva scoperto un lato di sé che prima non si era mai accorto di avere: non aveva mai pensato di aver potuto prendersi cura di qualcuno in modo così eccelso, di aver potuto curare e guarire Kazi da solo, e di dargli tutto quello che gli serviva per farlo stare bene; aveva scoperto con piacere che occuparsi di un bimbo può essere un esperienza, e nel suo caso una meravigliosa esperienza. A questo pensava quel pomeriggio, mentre osservava il sole calare, con Kazi seduto al suo fianco, sotto un albero solitario nel prato. Kazi, dopo alcuni minuti di silenzio, parlò:
“Sora, posso venirti in braccio?”
“Certo.” Rispose Sora senza pensarci nemmeno.
Kazi si arrampicò sulle sue ginocchia e gli si accoccolò in grembo. Si strinse forte a lui, premendo la testa sul petto del ragazzo, come faceva con la madre.
“Sora … mi manca la mia casa …”
Il ragazzo per consolarlo gli accarezzò i capelli. “Anche a me manca la mia. Tutti qui speriamo prima o poi di riuscire a tornare dalle nostre famiglie.”
“Ma a me piace stare con voi. Davvero.”
“Anche a noi piace stare con te. Sei un bambino così bravo …”
Kazi sorrise. “Sora, tu un papà ce l’hai?”
“Io? No, non l’ho mai avuto. È morto prima che nascessi.”
“Oh … mi dispiace. Quindi non sai dirmi com’è avere un papà …”
“No, non te lo so dire. Scusa.”
“Io non ho un padre, lo sai. Ma mi piacerebbe tanto averne uno …”
Rimasero in silenzio tutti e due, continuando a osservare il sole che continuava a calare.
“Sai una cosa?” riprese Kazi arrossendo un po’.
“Cosa?”
“Mi piacerebbe tanto che fossi tu mio padre.”
Sora quasi non riuscì a rispondere. “… io?”
“Si. Io ti voglio bene. Vorrei tanto essere tuo figlio … Tu mi vuoi bene?”
“Certo che ti voglio bene!” Gliene voleva anche troppo: era per merito suo se aveva riscoperto il bello della vita.
“E allora, quando la guerra sarà finita, perché non vieni a vivere al Radiant Garden? Così staremo sempre insieme.” chiese Kazi con il sottile egoismo tipico dei bambini.
“Non posso, sai, mi piacerebbe molto vivere con te, ma la mia casa è un’altra. La mia compagna mi sta aspettando, e voglio tornare da lei.”
“Ah, capisco … Ma allora non potremo mai più rivederci?”
“Ma io ti verrei a trovare.” Assicurò Sora non troppo convinto, sapendo che le Isole dove abitava erano parecchio distanti dal mondo di Kazi.
“Sai una cosa, Kazi? La notte che ti ho salvato, sai come mi hai chiamato?”
Il bambino si incuriosì. “Come ti ho chiamato?”
“Mi hai chiamato nonno!” rispose Sora ridendo.
“Io? Non me lo ricordo …”
“Te lo giuro! Eri svenuto, e quando ti ho preso in braccio mi hai guardato e mi hai chiamato nonno.”
“Ti sbagli. Io non l’ho detto.”
“Si invece. Hai un nonno a casa?”
“No, i miei nonni sono tutti morti … Però uno di loro ti assomigliava molto …”
“Allora è per questo. Mi hai scambiato per lui. Dilemma risolto. Ora andiamo a mangiare, che è buio.”

Dopo cena, quando entrambi erano nel letto, Sora guardò Kazi, che già dormiva, come sempre abbracciato stretto a lui, e pensò:
‘Certo che ti voglio bene. Mi hai ridato la vita, potrei non volertene?’

Il mattino dopo, alle sei, Sora scosse piano il corpo di Kazi.
“Kazi, svegliati, devo farti vedere una cosa.”
“Cosa?”
“Guarda: ti ho fatto potenziare l’armatura da Kupò. In cambio gli ho dovuto dare un sacco di Munny, ma il risultato è valso il prezzo!”
Kazi osservò l’armatura che sua madre gli aveva regalato per Natale: ora il metallo che la copriva era ancora più resistente, e copriva più punti del vestito.
“Sora, l’hai fatto per me? Grazie, grazie! Così mi proteggerà meglio!”
“Già. Il Moguri sembrava piuttosto spaventato quando l’ho chiamato. Forse hai esagerato con lui l’altro giorno. Non è abituato agli assalti come il tuo Mog.”

Dopo colazione, Topolino illustrò ai guerrieri il percorso che dovevano battere per arrivare al castello.
“Dobbiamo attraversare tutta la Foresta Proibita, passare le montagne e saremo arrivati. Ora partiamo!”

Attraversare la Foresta per Kazi fu un incubo. Non si era affatto scordato di aver rischiato la morte in quel postaccio, e per tutto il percorso si tenne incollato a qualcuno del gruppo.
Tutti gli altri invece, che erano abituati a situazioni e posti simili, quasi non facevano caso alle ombre minacciose dei giganteschi alberi, e chiacchieravano tra loro tranquillamente.
Paperino, osservando Kazi con molta attenzione, non era affatto convinto della sua somiglianza con Sora: per chiarire i suoi dubbi, provò a parlarne con Riku, ma quello lo zittì subito.
“Cosa c’entra? Un sacco di persone sono simili senza una ragione precisa. Non ti ricordi Sion, per esempio?”
“Chi?”
“Quel buttafuori che abbiamo incontrato tre anni fa, Sion Barzahd. Era praticamente uguale a Sora, eppure non aveva nulla a che fare con lui.”
“Si, ora mi ricordo. Avrei dovuto pensarci prima.”
Però aveva anche notato che Riku era molto restio a parlarne, e non riusciva a spiegarsi il perché: appena aveva accennato alla somiglianza di Kazi con Sora, subito lui si era spazientito, ma perché?

“Bene, siamo arrivati!” gridò Topolino. “Se ci sporgiamo un po’ da quella roccia riusciamo a vedere il castello.”
Paperino, con prudenza, si affacciò oltre lo scoglio. “Quaaack! È proprio laggiù, a pochi chilometri! È spaventoso!”
Kazi osservò quel castello a struttura gotica, buio, più oscuro della Fortezza Oscura, e si sentì rabbrividire. “Dobbiamo … entrare lì? …”
Era una domanda retorica, sapeva benissimo che non aveva alternative.
Topolino spiegò a tutti “non possiamo farci vedere! Dobbiamo entrare dai lati! Le mura sono vecchie e ci sono parecchi varchi. Però sono piuttosto piccoli, forse Sora e Riku non riusciranno a passarci …”
Kazi chiese al Re: “Ma perché dobbiamo per forza entrare?”
“Il re Cornelius vuole creare un esercito di morti sfruttando il potere di quel calderone, e vuole usarlo per conquistare il mondo. Non possiamo permetterglielo, dobbiamo fermarlo.”
Kazi abbassò la testa. “Si … cercherò di aiutarvi come posso.”

Dopo un altro paio di chilometri, arrivarono intorno alle mura. Riku tastò i mattoni.
“Sono molto irregolari, dovrebbe essere facile arrampicarsi. Forza, cominciate a salire!”
Topolino si arrampicò per primo, seguito da Paperino e Pippo.
Sora  guardò Kazi, i suoi muscoli non ancora sviluppati completamente, le sue manine piccole e delicate, e capì che non poteva farlo andare su da solo. “Ti porto io. Salimi sulla schiena. Riku, tu Sali dopo di me, e se Kazi dovesse cadere prendilo al volo.”
Riku inspiegabilmente fece un sorrisetto soddisfatto. “Si, Sora, come vuoi.”
Kazi si aggrappò forte alle spalle del guerriero, stringendogli i fianchi con le gambe per non cadere. Nonostante sapesse che quegli amici lo avrebbero aiutato in qualunque situazione, stava perdendo pian piano la sua baldanza, non era più così ottimista come poche ore prima. Cercò di non guardare in basso e premette il viso sulla schiena di Sora per sentirsi più al sicuro.
Dopo una trentina di metri di faticosa salita, Topolino gridò: “Ecco qui! Questi mattoni si possono spostare!” Estraé il Keyblade dorato, e con un colpo al muro rimosse alcuni mattoni. “Io ci passo! Paperino, prova a infilarti anche tu!” Il papero ci provò, ma il suo sederone non passava dal buco. “Non ci passo, maestà … Pippo, neanche a parlarne …”
Riku e Sora nemmeno provarono a forzarsi attraverso l’apertura: se avessero avuto ancora 14 anni, forse sarebbero riusciti a passare attraverso un buco così, ma adesso, a 23 e 22 anni rispettivamente, non avevano speranze. Sora si rivolse a Kazi: “Noi non possiamo passare da qui, ma tu …”
Kazi lo guardò interrogativo.
“Passa da quel buco e vai in avanscoperta insieme a Topolino.”
Kazi impallidì. “Eeeh?! No, Sora, non voglio andare da solo, voglio restare con voi!”
“Kazi, non c’è altro modo. Tu dovrai solo scoprire dov’è quel calderone nero, intanto noi cercheremo un’altra entrata.”
“Io voglio restare con voi …”
“Non sarai mica un fifone? Su, vai. Ci sarà Topolino con te, ti dirà lui quello che devi fare.”
Kazi annuì, vinto. “Va bene, andrò.”
Con cautela, Sora con una mano se lo tolse dalla schiena, sostenendosi al muro solo con l’altra, e lo passò a Pippo. Pippo lo passò a Paperino, che gli fece infilare la testa nel buco. “Si, ci passo! E anche bene!”
Topolino, che era già dentro, gli raccomandò di tacere. “Shh, parla piano, non devono scoprirci!”
Kazi gettò un’occhiata intorno: si trovava in un corridoio stretto, scarsamente illuminato da delle torce appese alle pareti; i muri erano molto rudimentali, mattoni grigi e irregolari, e senza nemmeno una passata di intonaco. In giro non c’era un’anima, solo un silenzio di tomba. Il bambino aveva una gran voglia di passare di nuovo da quell’apertura e riuscire fuori, ma ormai non poteva tirarsi indietro. ‘Io sono un principe, sono il figlio di Kairi, sono il nipote di Ansem, e i principi non hanno paura, nemmeno in un posto spaventoso come questo!’.
“Avanti, muoviti!” gli bisbigliò Topolino, spazientito.
“Si, ora … vado.” Cominciò a camminare lentamente, lungo quel corridoio che sembrava non finire mai. Camminarono per alcuni minuti, a passi molto lenti, per non fare rumore.
“Attento, arriva qualcuno!” sussurrò il Re dopo un po’. Per fortuna c’erano dei barili lì vicino, e loro due erano abbastanza piccoli da nascondercisi dietro. Dal nascondiglio, sentirono due uomini passare, che parlavano fra loro.
“Finalmente Cornelius ce l’ha fatta a trovare la Pentola Magica! L’ha messa nella sala principale! Certo gli sarà costata una bella faticaccia!”
Quando se ne furono andati, Topolino disse: “Allora è lì quel calderone … ma io non ho la minima idea di dove sia questa sala principale … dobbiamo continuare a cercare!”
“Si, signore …”
Continuarono a camminare, ma mentre Topolino era sempre più sicuro, Kazi era sempre più giù di morale. Inoltre stava cominciando a sentirsi male: gli sembrava di vedere le pareti sfuocate, sentiva l’aria intorno tremare, e a un certo punto cadde in ginocchio.
“Kazi, che cos’hai?” gli chiese Topolino, allarmato.
“Sto male … non mi reggo in piedi …”
Il Re scrollò la testa. “Su, avanti, cosa sono questi capricci? Non è il momento! Tirati su!”
“Non respiro … i muri si chiudono su di me … non ce la faccio … povero me …”
Topolino allora gli sollevò i capelli dalla fronte, e vide che era sudato, con gli occhi velati, e ansimava spaventato, con la bocca semiaperta e la lingua fuori. Allora gli venne un sospetto.
“Sei claustrofobico?”
“No … non credo …”
“Non ti era mai successo prima … se ti senti male quando sei al chiuso, vuol dire che lo sei.”
Kazi cadde sdraiato sul pavimento freddo, tremando dal malore. “mi è già successo una volta …”
“Alzati, Kazi! Se ti addormenti è finita!”
“Non ci riesco …”
“Invece tu ci riesci! Alzati, alzati!” Lo tirò per la collana da dietro, in modo da stringergli il collo per costringerlo ad alzarsi. “Non è il momento di sentirsi male! Fra poco usciamo, ma adesso devi tenere duro! Su, appoggiati a me!”
Così, in questo modo, andarono avanti un altro po’. “Dai che ce la facciamo! Lo sapevo, non dovevamo portarti con noi!”
A quel punto le sensibilissime orecchie del Re captarono un suono. “Queste sono voci! Sono lontane, ma le sento! Andiamo a vedere!”
“Si, ora sto un po’ meglio, ce la faccio a camminare da solo.”
“Bene, allora muoviamoci!”
Dopo alcuni minuti di camminata, il Re vide un’apertura a livello del pavimento. “Il rumore viene da lì. No, io non riesco a passarci, ho la testa troppo grossa … Provaci tu.”
Kazi riuscì a far passare la testa. “Bravo bambino: dove passa la testa passa tutto il corpo. Ora infilati, osserva cosa succede laggiù e poi vieni a riferirmelo. Dopo andremo a vedere se gli altri possono entrare da un’altra parte.”
Il principe si infilò dentro. Era proprio sotto il soffitto. Si sistemò sopra una grossa trave e osservò di sotto. Al muro stavano appese tre persone, un ragazzo, una ragazza e un vecchio. Sotto, sul pavimento, c’era il grosso calderone nero, con accanto un mostriciattolo verde guercio che sfotteva le tre persone.
“Allora, volete far funzionare la pentola? Allora entrate dentro, non vi costerà altro che la vita!”
Ma venne interrotto dall’entrata della creatura più spaventosa e disgustosa che Kazi avesse mai visto: uno scheletro umano verde avvolto in un vestito nero. ‘Ma quello lì è cornuto!’ pensò Kazi quando vide che quello scheletro aveva due corna ramificate sulla testa. ‘E quel mostro sarebbe un re?! Mio nonno era un re, altro che questo!’ Pensò, cercando di tenere ben alto il valore della sua famiglia. ‘Ora so dov’è questa Pentola Magica. Torno da Topolino.’ Ma mentre cercava di tornare indietro, venne colto da un altro malore improvviso e cadde sulla trave con un tonfo che lo tradì. Al re Cornelius lampeggiarono gli occhi di rosso.
“Chi c’è lassù?!” tuonò.
Il mostriciattolo guardò in alto. “Sembra un bambino, Sire.”
“Allora vallo a prendere subito, Rospus, e portamelo qui!”
Non si sa come, Rospus riuscì ad arrivare in cima alla trave; afferrò il principe semisvenuto per la collottola e lo portò giù. “Guardate Sire, questo moccioso ci stava spiando!”
“E come ci è arrivato qui un bambino, sai spiegarmelo?!” Cornelius afferrò Rospus per il collo.
“Non … non so dirvelo Sire, ma di sicuro ce lo dirà lui …” tossicchiò il mostriciattolo, mezzo strozzato. Cornelius lo mollò.
“Lo interrogheremo dopo. Adesso devo far risorgere il mio esercito. Mettilo lassù a tenere compagnia agli altri!”

Intanto Topolino stava perdendo la pazienza. “Ma perché quel bambino ci mette tanto? Che fa?!”
Kazi, con le mani appese a una corda di fianco alle altre tre persone, osservò impotente al macabro spettacolo di risurrezione dei morti. Vide un’enorme schiera di scheletri alzarsi e cominciare a muoversi per uscire dal castello; nemmeno nei suoi incubi peggiori aveva mai visto una cosa simile.
“Venite, Sire, andiamo a osservarli dalla torre!” gridò Rospus eccitato. Quando i due se ne furono andati, uno dei ragazzi si voltò verso il principe.
“Come ti chiami?”
“Kazi.”
“Io sono Taron. Lei è Heilin e lui Sospirello. Come sei finito qui?”
“è lungo da spiegare. Ora come facciamo a liberarci?”
Taron sospirò e non rispose.

“Padrone! Padrone!” tutti si voltarono verso la voce che aveva urlato. Kazi rise quando vide un animaletto grigio simile a un cagnolino, affacciato a un’altra apertura nel muro.
“Gurghi! Ci hai trovati! Vieni a slegarci, presto!”
Quando tutti furono liberi, Kazi disse: “Io vado a chiamare i miei amici, poi torno e vediamo di risolvere la cosa.”
“Si, intanto noi cercheremo un modo di fermare quella pentola.”
Kazi si infilò nel buco nel muro per tornare dal Re. “Topolino! Sono tornato!”
“Ma dove diaggine sei stato?!” gridò il topo arrabbiato.
“La Pentola Magica è entrata in funzione, il re … insomma, quello che è, è riuscito a far tornare in vita il suo esercito. Dei ragazzi stanno cercando di fermare la pentola.”
“Dici davvero?! Dobbiamo andare ad avvisare gli altri, presto!”
“Aspetta, vai tu da solo, io cercherò di fermarli in qualche modo per guadagnare un po’ di tempo.”
“Che cosa? Ah, no, Kazi, non se ne parla!”
“Lo sai anche tu che non c’è altro modo!”
“Ma Kazi, tu stai male, non lo vedi che stai male?!”
“Non importa, è mio dovere farlo.” Poi pensò ‘è il dovere di tutti i principi!’
Senza aggiungere nient’altro, si rinfilò nell’apertura. Topolino, spiazzato, corse a cercare Sora e gli altri. Ma quando arrivò a una torre, guardò giù e vide l’esercito di morti accasciato su un ponte. “Sono … morti di nuovo? Ma come mai? …”

Kazi, ritornato nella stanza, trovò Taron che piangeva. “Cosa succede?”
“Gurghi si è buttato nella pentola per fermare l’esercito del re.”
“Che cosa?!” in effetti, l’animaletto non era più nella stanza.
Si voltò a guardare la pentola, che era diventata molto strana, e ora stava cercando di risucchiare  tutto quello che c’era lì intorno. Dopo poco, il re Cornelius fece ritorno. “Cosa succede ai miei morti?! Alzatevi!!”
Poi vide i ragazzi liberi. “è colpa vostra, vero? Guardiano di porci, la pagherai!”.
Kazi, quando vide i suoi nuovi amici presi di mira da quel pazzo, si parò davanti al re, in posa da battaglia, digrignando i denti da latte.
“Lasciali stare!”
“E tu che vuoi?! Vuoi essere incluso nella lista? Levati di mezzo!”
Ma Kazi, sordo a quell’avvertimento, sguainò il Keyblade e si gettò su di lui. Purtroppo la claustrofobia si stava facendo sempre più forte, impedendogli di liberare tutti i suoi poteri. Quindi il re riuscì a pararlo facilmente.
“I mocciosi come te non mi sono mai piaciuti! Bene, allora sarai il primo a morire!”
Creò una sfera nera e la scagliò su Kazi. Lui cercò di pararla, ma la sua luce non era abbastanza forte in quel luogo chiuso e con quelle sensazioni di malore che sentiva. La sfera riuscì a eludere le sue difese e lo centrò. Kazi cadde battendo la testa.

“Dove mi trovo? … è un posto strano, coi contorni così irregolari, così bianco … dove sono?”
Era sdraiato per terra, ma intorno non c’era nessuno, solo bianco, all’infinito. Provò ad alzarsi, ma non ci riuscì.
Vide un’ombra avvicinarsi. Era un ragazzo alto, coi capelli castani, tirati all’indietro. “Se la tua Luce non è abbastanza forte, in questo posto non riuscirai a stare in piedi.”
Avvicinò la mano per toccarlo, ma Kazi scattò indietro, con lo sguardo cattivo: nessuno lo doveva toccare!
“Lascia stare, Terra, così lo spaventi.” Disse una voce femminile. Comparve di fianco a lui una ragazza coi capelli blu, che osservava Kazi curiosa.
“Aqua … sei proprio tu? …” chiese Kazi.
“Si. Sono con tuo nonno. È venuto anche lui.” In effetti di fianco a Terra e Aqua c’era un uomo un po’ più grande, della stessa età di Sora, coi capelli dritti e di un marrone quasi nero.
“Nonno …” mormorò il bambino alzando lo sguardo.
“Salve, nipote. Finalmente ti conosco. Abbiamo fatto venire qui la tua anima per aiutarti …”
“Come …  mi potete aiutare?”
“Kazi, tu hai una Luce nel cuore che nemmeno puoi immaginare, molto più forte della nostra. Devi solo imparare a usarla.”
“Come posso … usarla?”
“Devi riuscirci. Libera il tuo cuore e la tua Luce, sfruttala al meglio, e vedrai che nessuno potrà batterti.”
Kazi si avvicinò al nipote e gli premette una mano sulla fronte. “Concentrati … concentrati!”
“No, nonno, che mi fai? Lasciami!”
“Taci, e sfrutta la tua Luce, impara a domarla.”
Il bambino sentì una forza spandersi dal cuore in tutto il corpo. “La Luce … la sento!”
“Riesci a controllarla?”
“Si.”
“Bravo. Allora alzati.”
Kazi si sforzò e riuscì a sollevarsi in ginocchio, poi, lentamente, si mise in piedi.

Cornelius sollevò il bambino per la collottola, ancora svenuto.
“è un Keyblade Master, eppure batterlo è stato uno scherzo! Peggio per lui, forse la Pentola Magica ha bisogno di un altro corpo per funzionare.”
Ma in quel momento Kazi aprì gli occhi, infiammati da una luce nuova, e sentì il corpo illuminarsi di luce bianca.
Il re mollò il bambino e si coprì gli occhi. “Ma che cos’è …? Cosa succede?!”
Kazi, gridando per sprigionare il suo potere, rimase sospeso a mezz’aria, allungò la mano sinistra, e il Keyblade riapparve, ma stavolta più grande, emanando una luce più forte, e il bambino, completamente bianco dalla luce, mosse la mano verso il re. Il Keyblade si staccò dalla sua mano, e dirigendosi a gran velocità verso Cornelius, diede un colpo tremendo che annullò le sue difese. Con un semplice movimento del braccio, Kazi, in stato di trance e con gli occhi fiammeggianti, scagliò di nuovo il Keyblade verso di lui, provocando un urto tremendo e facendolo sbattere contro la Pentola Magica. Il re cercò di aggrapparsi ai bordi del calderone, ma appena lo toccò, venne avvolto dalle fiamme e si dissolse in un attimo.
Sora, Riku e gli altri, che nel frattempo erano stati trovati da Topolino ed erano riusciti a entrare, avevano osservato la scena, ed erano rimasti senza fiato.
Kazi, dopo l’ultimo attacco, cadde a terra svenuto. La trasformazione e il potentissimo attacco non erano durati che pochi secondi, ma questi erano bastati a sfinirlo.
La Pentola Magica, fuori controllo, cominciò a causare terremoti e fuoriuscite di lava dalla terra. Taron e i suoi amici gridarono di fuggire, se non volevano essere uccisi dal crollo. Sora scattò avanti, prese in braccio Kazi, e insieme agli altri corse verso le cantine per prendere una barca e fuggire.
Riuscirono a salvarsi appena in tempo: presero due barche, e riuscirono a starci tutti. Percorrendo il fiume sotterraneo a tutta velocità, uscirono dal castello e arrivarono al lago che lo circondava.
Tutti osservarono Kazi, che ancora era svenuto.
“Sta bene.” Disse Topolino. “Fra poco si sveglierà.”

Taron e i suoi due amici intanto erano molto tristi per la morte di Gurghi: come se non bastasse, comparvero nel cielo tre streghe che si misero a ironizzare sulla faccenda. Ma Sospirello riuscì a convincerle a restituirgli Gurghi in cambio della Pentola Magica. Le streghe accettarono l’offerta, e così Gurghi ricomparve di fronte a Taron, vivo.
Tutto era finito per il meglio. Infine dalla Pentola Magica, prima che sparisse, uscì un sottile fascio di luce, che si materializzò in una grossa serratura. Sora sapeva quello che doveva fare: con Kazi ancora in braccio, puntò il Keyblade contro essa e la sigillò.
“Ora dobbiamo proprio andare. È stato un piacere conoscervi.” Disse Riku a Taron, stringendogli la mano.
“Anche noi dobbiamo andare. Speriamo di incontrarvi ancora. Forza, torniamocene a casa!”
Così i due gruppi si allontanarono, ognuno per la propria strada.

Kazi si risvegliò nel letto di Sora, dopo qualche ora.
“Kazi, come stai?” gli chiese subito Sora, che era di fianco a lui.
“Sora … ho visto mio nonno.”
“Tuo nonno?”
“Si … mi ha detto che devo usare la mia Luce se voglio vincere. Io ho imparato a usarla, e poi … non mi ricordo più niente.”
“Tu non puoi immaginare che attacco hai usato contro il re Cornelius! È stato incredibile, ti sei illuminato e poi … l’hai sconfitto da solo.”
“Davvero?”
“Si. Noi non abbiamo fatto niente. Davvero non ti ricordi?”
“No, non mi ricordo …”
“Non importa. Almeno stai bene. Anche noi siamo tutti interi. Gurghi è tornato in vita, e Taron e i suoi due amici sono in salvo ormai. Adesso dormi. Domani dobbiamo andare ai Sunset Horizons.”

Quando fu solo, Kazi guardò fuori dal finestrino della Gummi Ship.
“Ai Sunset Horizons? Dove vive Master Xehanort. Allora preparati, maestro, perché presto arriverà anche il tuo turno! Vendicherò mio nonno, mia zia, e tutti gli altri!”

Note mie: Questo capitolo è luuuungo! Riuscirete a leggerlo tutto? XD Beh, nulla da dire, a parte una cosa che come al solito non c'entra niente: oggi ho finito Chain of Memories, per la prima volta! Evviva, evviva! Questo è Riku: "io camminerò nella strada di mezzo ... quella dell'alba ..." xDxDxD. Ora finalmente posso dire: ho giocato e finito tutti i KH esistenti finora in Italia! (povero il mio Game Boy Micro, ormai gli si incalcavano i tasti a furia di pigiare i tasti x usare le carte di qua e di là!). Ma quando cacchio esce Birth by Sleep?!
   
 
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