Libri > Altro
Segui la storia  |       
Autore: lames76    15/02/2010    0 recensioni
Un racconto dell'investigatore Philip Marlowe, un omaggio a Raymond Chandler ed al genere Hard Boiled.
Marlowe viene incaricato da una bella donna di trovare un uomo scomparso ma niente è come sembra.
Genere: Malinconico, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La mattina dopo mi capito' il classico colpo di fortuna. Almeno cosi' lo interpretai io.
Arrivai in ufficio presto ed aprii le persiane facendo fluire all’interno la luce. Un grosso moscone continuava a sbattere il suo capo contro il vetro ed io lo aiutai ad uscire. Mentre ero intento in quell’opera francescana, la porta si apri' ed entro' un tipetto strano. Era basso, portava due baffoni alla Charlie Chan neri ed i suoi capelli unti erano appiccicati alla testa. Era brutto ma questo non mi spavento, mi spavento' molto di piu' la sua pistola che non mi guardava con affetto.
– Marlowe, lei non ha capito il messaggio – disse chiudendosi alle spalle la porta e sedendosi sulla poltrona dei clienti facendomi segno di accomodarmi a mia volta.
– Con chi ho l’onore di parlare? – chiesi appoggiando e mani sulle mie ginocchia.
L’altro sorrise, i suoi denti non incontravano un dentista da parecchio tempo, – Non e' importante, sono solo un ambasciatore. Lei ha intascato i nostri mille dollari ma ha fatto delle domande in giro. Non erano questi gli accordi.
Misi la mano in tasca e gli lanciai la busta, – Ecco i suoi soldi, non li ho toccati – gli dissi e con l’altra mano impugnai da sotto il tavolo la mia ’38, – Ed in piu' le voglio dire che il vostro accordo non mi interessa.
– Non e' nella situazione di poter rifiutare Marlowe – disse sorridendo ed intascandosi i soldi, – Potrei ucciderla e non verrei mai arrestato.
– Io potrei ucciderla e non verrei arrestato. Chi arresta l’uccisore di uno scarafaggio? – risposi sorridendo. Una goccia di sudore scese lungo la tempia dell’uomo.
– Sta bluffando, e' disarmato – disse, ma la sua voce non era piu' tanto ferma.
– La mia ’38 che impugno sotto la scrivania non la pensa cosi' – gli risposi sorridendo a mia volta – E’ un’arma piuttosto pesante una ’38, a questa distanza potrebbe farle un buco in pancia ed il proiettile finirebbe nella stanza accanto. Sicuramente verrebbe sbattuto contro il muro con violenza, ma non penso che se ne accorgerebbe.
– E va bene – disse lui cercando di rimanere calmo e posando la sua pistola sul piano della scrivania.
Io mi alzai lentamente ed impugnai la sua arma, e poi gli legai le mani con una corda.
Mi dovevano aver preso per un sempliciotto se mi mandavano un pesce piccolo a spaventarmi. Tra l’altro un pesce cosi' piccolo che mi era bastato parlargli per disarmarlo. Gli sfilai il portafogli dalla tasca dei pantaloni. Era un oggetto da poco, e puzzava di nuovo. All’interno c’era solo una banconota da cinque dollari spiegazzata.
– Devo pensare a cosa fare con te – gli dissi ripugnato, poi lo sbattei nel piccolo bagno annesso al mio ufficio e lo chiusi dentro. Uscii dallo stabile e mi infilai nel bar sottostante a far colazione. Mentre aspettavo di essere servito misi due gettoni nel telefono del locale e composi un numero. Pochi istanti dopo mi rispose una voce femminile che bene conoscevo.
– Anna sono io – dissi semplicemente.
Sentii come uno sbuffo dall’altra parte, – Scommetto che mi hai chiamato perche' hai bisogno di aiuto per un tuo caso – mi disse – Mi chiami solo per quello – lascio' cadere la frase ed io feci finta di niente, anche perche' aveva ragione.
Anna Riordan l’avevo conosciuta qualche tempo prima mentre mi occupavo di uno spinoso caso di ricatti e strani furti. Al nostro primo incontro, l’avevo considerata solo una stupida ficcanaso che scriveva articoli insulsi per giornali scandalistici, ma poi l’avevo conosciuta meglio. Era la figlia di un poliziotto che era stato costretto a dimettersi per essersi messo contro dei colleghi corrotti ed era estremamente in gamba. Ogni volta che pensavo ad una possibile signora Marlowe, cosa che accadeva assai di rado, vedevo lei. Forse proprio per questo evitavo accuratamente di frequentarla troppo spesso. Se l’avessi sposata, sarebbe stata la perfetta moglie di un poliziotto... ma a me non piacciono le mogli dei poliziotti.
– In quanto riesci ad arrivare da me? – chiesi.
Sbuffo' di nuovo – Se parto subito in quindici minuti, penso – rispose.
– Bene allora fallo – le dissi – Quando arrivi sotto il mio ufficio non salire ma telefonami. Poco dopo vedrai uscire dal mio stabile un tipo basso, baffi alla Charlie Chan, capelli neri unti, vestito con un completo grigio perla. Dovresti seguirlo e poi dirmi dove e' stato – mi fermai a fare mente locale cercando di capire se avevo dimenticato qualcosa, poi aggiunsi – Stai attenta, lui non e' tanto pericoloso ma i suoi compari si.
Lei rise, aveva come sempre una risata cristallina che ti faceva venire voglia di sentirla per sempre, – Ti ho gia' aiutata, non ti deludero'.
– Stai attenta, i suoi soci sono tipi che non scherzano e non ci penserebbero due volte ad ucciderti – le dissi, lei mi rassicuro' ancora e chiuse la comunicazione dicendo che sarebbe partita subito.
Io mi sedetti e mangiai la mia colazione con la netta impressione di aver fatto una cosa sbagliata.

Dieci minuti dopo lasciai i soldi sul mio tavolino del bar e tornai in ufficio. Da dietro la porta del bagno continuavano a giungere dei mugolii. Avevo fatto proprio bene ad imbavagliarlo, almeno non dovevo sentire le sue imprecazioni. Cinque minuti dopo il mio telefono squillo' e la calma voce di Anna Riordan mi avviso' che era pronta. Misi giu' la cornetta, e sbirciai dalla finestra. C’era parecchia gente in strada e non riuscii a notare Anna. Doveva essersi messa uno dei suoi insulsi cappellini, solo cosi' non sarei riuscito a scorgere i suoi capelli castano–rossicci.
Aspettai ancora qualche minuto e poi aprii la porta del bagno. Il mio amico era sempre nella stessa posizione e mi guardava con negli occhi un profondo odio. Non ci feci caso e lo feci alzare di peso, cosa che mi riusci' facile visto che era proprio piccolo.
Mentre lo slegavo gli dissi: – Ho deciso cosa fare di te – lui si massaggio' i polsi e mi guardo' con paura – Ti lascero' andare, voglio che tu riferisca al tuo capo che se vuole propormi un accordo o anche solo parlarmi, deve venire di persona – gli sorrisi e gli ridiedi la sua pistola. Ero tranquillo, l’avevo scaricata e lui avrebbe potuto usarla solo come arma contundente. Dimostro' intelligenza non facendo nulla ma andandosene, non si prese neanche la briga di insultarmi. Io mi sedetti alla mia scrivania ed accesi la pipa, poi aspettai.

Aspettai per piu' di un’ora ed inizia a preoccuparmi. Non era la prima volta che utilizzavo Anna come pedinatrice ma, in questo caso, sentivo di aver sbagliato. Non avevo che qualche tassello del mosaico, ma quello che sapevo mi faceva sentire a disagio. Il telefono squillo' in quel momento risvegliandomi da quei foschi pensieri. Sollevai la cornetta meccanicamente.
– Phil sono io – la voce di Anna non mi sarebbe parsa piu' bella – L’ho seguito fino al porto poi mi e' sfuggito... – fece una pausa come riprendendo fiato – Ma ho scoperto che ha preso un taxi che l’ha riportato in citta'. Ho l’indirizzo dello stabile in cui e' entrato!
Sospirai, come al solito aveva svolto il suo compito meglio di quanto potessi sperare, – Bravissima, ora torna qui cosi' possiamo andare a pranzo – le dissi sorridendo tra me e me.
– Questa volta me lo sono proprio meritato – aggiunse lei prima di chiudere la comunicazione.
Chiamai la mia committente ma sfortunatamente trovai solo il suo gorilla. Riferii che non avevo novita' salvo la visita che avevo avuto quella mattina. Tralasciai il fatto che l’avevo fatto seguire.
Poi chiusi la comunicazione e scesi per pranzare.

Fu un buon pranzo e passato in buona compagnia. Anna fu felice del fatto che mi era stata molto utile. Terminato il pasto riuscii, con un’impresa titanica, a convincerla a tornare a casa. Non volevo coinvolgerla piu' del necessario. Forse perche' non volevo abituarmi ad averla per troppo tempo attorno. Quando ci si abitua ad un sogno, si potrebbe anche decidere di non lasciarlo piu' andare. Lei entro' nella sua auto e poi si allontano' con la mia promessa che l’avrei chiamata per altri lavori eventuali...
Quando entrai dentro la mia sala d’aspetto trasalii.
Seduta in attesa c’era un angelo.
Beverly si alzo' e mi si avvicino'. Pareva agitata.
– Sta bene? – la sua voce era concitata – Sono venuta appena ho saputo.
Capii che aveva bisogno di qualcosa, cosi' aprii la porta del mio studio e la feci entrare e sedere sulla poltroncina.
Mentre armeggiavo con la bottiglia dello Scotch lei si alzo' ed inizio' a camminare avanti ed indietro nervosamente, facendo ticchettare i tacchi sul pavimento.
– Non pensavo potesse essere pericoloso – inizio' preoccupatamene a balbettare – Io... non volevo... credevo fosse facile... che non ci fossero altri coinvolti... che fosse fuggito per...
Era giunta al limite e c’e' solo una cosa da fare quando succede.
Mi spostai vicino a lei afferrandola per le braccia e la baciai. All’inizio si irrigidi' poi si lascio' andare.
Baciava bene.
Quando ci staccammo lei torno' a sedersi sulla poltroncina afferrando con due mani il bicchiere mezzo pieno di scotch che le avevo messo davanti. Poi fece una sciocca risatina imbarazzata.
Io tornai sulla mia poltrona e decisi di rompere il ghiaccio.
– Non deve preoccuparsi – afferrai la pipa per istinto e la soppesai accuratamente nella mia mano – Di cose del genere me ne sono capitata parecchie, quel tipo non mi ha colpito.
Lei bevve un lungo sorso con le mani che le tremavano e che causarono la tracimazione del liquido che bagno' i suoi guanti. Ma dopo il sorso riprese un po’ di colore.
– Se vuole abbandonare il caso...
– Non se ne parla, ho preso un incarico e lo portero' a termine.
Lei sorrise e si alzo' facendo frusciare la gonna.
Io la accompagnai fino all’uscio.
– E’ stato molto gentile – mi disse prima di salutarmi – E mi scusi, non sono solito lasciarmi andare cosi'.
– Non l’ho mai pensato – lei mi sorrise mostrando i suoi splendidi denti bianchi – E non si preoccupi per il caso. Oggi ho intenzione di andare a trovare il nostro gangster da strapazzo...
Nei suoi occhi comparve un lampo di paura.
– Stia tranquilla – le dissi con calma – Non e' riuscito a farmela una volta e non ci riuscira' certo ora.
Lei mi regalo' un ultimo sorriso che avrebbe risvegliato un morto e poi se ne ando'.

Meno di un’ora dopo ero in strada pronto a prende la mia Olds. Fui fortunato, con il traffico ed in meno di quindici minuti giunsi nell’isolato del mio mancato “persuasore”. Parcheggiai la macchina in un vicolo e mi avviai a piedi verso lo stabile che Anna mi aveva indicato.
Stavo per attraversare la strada per raggiungerlo quando vidi il mio uomo. Camminava tranquillamente lungo il marciapiede di fronte al mio. Io mi misi a seguirlo. Lui continuo' per la sua strada e poi fece per attraversare. Stava venendo diritto verso di me.
Improvvisamente un’auto nera sbuco' da un vicolo facendo stridere le gomme ed accelero' verso di lui.
L’impatto fu secco e la macchina, dopo aver sbandato, accelero' e si dileguo' svoltando in una strada laterale.
Io corsi al capezzale dell’uomo solo per scoprire che era gia' passato dall’altra sponda. Velocemente lo perquisii e intascai il suo portafoglio. Alcune persone si erano avvicinate per guardare.
Io mi voltai verso di loro: – Vado a chiamare un’ambulanza! – dissi e mi allontanai.
Raggiunsi un telefono pubblico e controllai il portafogli.
Non c’era fretta di chiamare i medici, quell’uomo non sarebbe andato da nessuna parte.
Controllai con calma ed alla fine, quando ebbi soddisfatto la mia curiosita', chiamai gli aiuti.
All’interno trovai indicato il suo nome, Kurt Steiner, e l’indirizzo di residenza indicava lo stabile che conoscevo. Trovai anche dieci dollari che lasciai nel cappello di un barbone.
Mentre io mi infilavo nello stabile, sentii le sirene dei soccorsi.

Quando giunsi sul pianerottolo indicato dal suo indirizzo, dopo aver abilmente schivato il custode dello stabile, rimasi per un attimo allibito.
Sulla porta era stampigliata in lettere chiare la frase: “Kurt Steiner – Investigatore Privato”. Devo dire che reagii alla notizia come un pesce impagliato reagisce ad un’esca.
Forzai la serratura ed entrai. Lo studio era molto piu' accogliente del mio ed anche molto piu' pulito.
Controllai in fretta gli schedari ed i cassetti della scrivania.
Trovai solo alcuni appunti nella sua agenda:
19 febbraio: ricevuto incarico da B.M. – 500$ Anticipo + 2000$ di esca.
21 febbraio: visita a Marlowe.
23 febbraio: riscuotere il compenso – 500$.
Evidentemente non sarebbe riuscito a riscuotere il resto del suo compenso.
Non pensavo fosse prudente fermarmi oltre, probabilmente la polizia stava iniziando a fare domande e non ci avrebbero messo molto ad arrivare in questo ufficio.
Cosi' uscii, chiamai un taxi e me la filai.

Giunsi in ufficio piu' confuso che mai.
Poteva essere una coincidenza che la visita che Steiner mi aveva fatto, fosse tra un anticipo ed il suo saldo completo. Pero' io non credo alle coincidenze.
Qualcuno l’aveva pagato per fingersi un gangster e per spaventarmi, inducendomi a non indagare sul caso Edward Milles. Il punto era, chi lo aveva fatto?
Sicuramente la stessa persona che l’aveva eliminato... ma l’aveva eliminato solo per eliminare un testimone scomodo oppure per impedirgli di essere scoperto da me? Ed in questo secondo caso, come poteva il mandante sapere che avevo scoperto il suo recapito?
L’unica risposta era che avessero visto e seguito Anna quando aveva, a sua volta, seguito Steiner.
Si' era l’unica spiegazione.
A dire il vero ce n’era un’altra... ma non mi piaceva per niente!
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Altro / Vai alla pagina dell'autore: lames76