CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO: VINCERE I RIMPIANTI.
Dopo un paio di tentativi
falliti, in cui si era lanciato con decisione contro la barriera protettiva, a Pegasus
fu chiaro che contro Orochi non avrebbe avuto vittoria facile. Alto e
possente, il Capitano dell’Ombra restava impassibile, con il volto in parte
celato dall’elmo a forma di testa di drago nero, riparato da quella protezione
di cosmo tanto sottile all’apparenza, quanto insuperabile in verità. Un
gioiello di tecnica che a Pegasus ricordò il Muro di Cristallo di Mur,
dotato anch’esso della capacità di rimandare indietro l’attacco ricevuto.
Ma a Orochi pareva che non
importasse neppure quello, convinto di poter vincere il nemico con l’ausilio
delle sue sole forze. Quelle stesse forze che avevano così tanto impressionato
Flegias al punto da nominarlo Comandante dell’Esercito di Ombre. Un titolo di
cui andava orgogliosamente fiero.
“Sei tenace, ragazzino!”
–Commentò, osservando Pegasus balzare indietro, grazie alle ali dell’Armatura
Divina, e atterrare a gambe unite al suolo, evitando il ritorno dei colpi da
lui scagliati.
“Non sei il primo che me lo
dice!” –Ironizzò Pegasus, respirando affannosamente.
“Beh, allora sarò l’ultimo!”
–Sogghignò Orochi, bruciando il proprio cosmo color ruggine e concentrandolo
sul pugno destro. –“Pugno del Drago!!!” –Gridò, portando avanti il
braccio e liberando un violento assalto energetico, che elettrificò l’aria
circostante, sollevando polvere e detriti.
Pegasus cercò di contrattaccare,
colpendo l’assalto nemico con migliaia e migliaia di pugni di luce, sperando di
frenare la sua avanzata distruttiva. Ma vi riuscì solo in minima parte, venendo
raggiunto allo sterno dal pugno di Orochi e scaraventato indietro, fino a
schiantarsi sulla scalinata che conduceva alla prima Casa di Ariete. Non troppo
distante da dove si era schiantato una mezz’ora prima.
Sono di casa, qui! Ironizzò Pegasus, rialzandosi a fatica e sputando sangue.
Gli doleva la cassa toracica e il pettorale incandescente dell’Armatura Divina
fumava ancora a causa dell’impatto. Meglio tenersi a distanza di sicurezza!
Commentò, osservando il possente nemico, con le braccia appoggiate ai fianchi,
quasi fosse nel bel mezzo di una conversazione e non di una battaglia.
Non era la prima volta che
Pegasus affrontava nemici di taglia a lui superiori. Gerki, Docrates, Toro e
Thor erano esempi illustri. E anche Bronte del Tuono e il Toro di Creta, benché
non fossero dei colossi come gli altri, si erano rivelati avversari insidiosi e
potenti. Aveva comunque saputo vincerli tutti, scovando i loro punti deboli e
sfruttando le loro debolezze. Ma, nel caso di Orochi, Pegasus non era certo che
esistessero. Sembrava davvero che un muro si ergesse di fronte a lui. Un muro
che non sapeva come sfondare.
Fiammate improvvise sferzarono
l’aria, ricordando al ragazzo che, poco distante, Sirio e Cristal stavano
affrontando il gigantesco drago e che egli avrebbe dovuto fare il suo dovere,
impedendo al Capitano dell’Ombra di correre in aiuto di tale creatura.
“Sei pronto alla lotta, Cavaliere?!”
–Esclamò infine Pegasus, espandendo il cosmo e disegnando nell’aria le tredici
stelle della sua costellazione.
“Io sono sempre pronto! Mi
chiedo solo se tu lo sia!” –Commentò Orochi, accennando un sorriso di scherno.
Ma Pegasus non colse la sua provocazione, continuando a bruciare il cosmo e
scattando infine avanti, dirigendo contro il colosso migliaia e migliaia di
pugni lucenti, simili ad una vera e propria pioggia di stelle.
“Iaiii!!! Pegasus, la tua forza
è in meee!!!” –Gridò, lanciandosi contro Orochi, che, dal canto suo, si limitò
ad aprire le braccia avanti a sé, osservando le migliaia di sfere luminose
generate da Pegasus schiantarsi sulla barriera protettiva. Ma, quando mosse il
braccio per rimandarle indietro, notò che nessuna di esse raggiunse il
Cavaliere di Atena, che prontamente aveva spiccato un balzo verso l’alto, per
superare Orochi e atterrare dietro di lui. –“Dove la tua barriera non ha
effetto!!!” –Commentò Pegasus, ricadendo verso terra.
Ma Orochi, sorpreso ma
nient’affatto preoccupato, saltò in aria a sua volta, dimostrando un’agilità
che Pegasus non avrebbe mai creduto, e afferrò il ragazzo per le gambe,
roteando più volte su se stesso e gettandolo infine a terra, dove Pegasus
ruzzolò malamente. Fece per rimettersi in piedi, ma venne atterrato di nuovo,
raggiunto alla schiena da una ginocchiata possente di Orochi, che lo schiacciò
sul terreno, incrinando le ali della sua corazza e mozzandogli il respiro.
“Quale agilità!” –Sputò Pegasus,
arrancando per rimettersi in piedi.
“E agile in effetti sono!”
–Commentò Orochi, continuando a esercitare violenta pressione sul ginocchio,
avvolgendo Pegasus con il cosmo e bloccando i suoi movimenti. –“Ma ancor più…
potente!” –Aggiunse, sollevando la gamba di scatto e calpestando il corpo del
ragazzo, sprofondandolo vari metri sottoterra.
“Pegasus!!!” –Gridò Phoenix,
riparato tra le colonne del Tempio di Ariete, intento a prendersi cura di Andromeda,
la cui salute fisica era piuttosto precaria. Da quasi un’ora il ragazzo era
sbiancato, sudando copiosamente, in preda ad una febbre improvvisa. A fatica
riusciva a mantenersi in piedi, con la testa che gli doleva e confuse immagini
che si accavallavano davanti ai suoi occhi. Scene già viste, scene di morte,
scene che non aveva idea come potessero apparirgli. –“Andromeda…”
Ma il fratello era troppo debole
persino per rispondere. Aveva indicato a Phoenix la ferita sul collo, uno
squarcio di una decina di centimetri, e poi era crollato tra le sue braccia,
vittima di una stanchezza che lo stava sopraffacendo.
“Maledizione! Se Mur fosse
ancora qua…” –Strinse i pugni Phoenix, volgendo lo sguardo verso il cielo. –“Ma
ti salverò Andromeda! A costo di portarti in spalla sull’Olimpo!”
“Fratello… non…” –Ma Andromeda
non riuscì ad aggiungere altro che una nuova fitta al cervello lo fece
accasciare, obbligandolo a tenersi la testa tra le mani, come se stesse per
scoppiargli. Guerre, stragi, uomini armati, e una sinfonia di favole che
suonava in lontananza. Scogli, onde e mari in tempesta, e una risata sardonica
che pareva riempire tutto lo spazio.
Phoenix aveva disteso il
fratello sul pavimento della casa di Ariete, dopo avergli tolto l’Armatura
Divina, e stava logorandosi non sapendo cosa fare. Avrebbe voluto essere in
battaglia con Pegasus e i suoi compagni, ma non poteva in nessun modo lasciare
Andromeda da solo.
Orochi, sprofondato Pegasus nel
terreno, si mosse per raggiungere il drago della leggenda, ma non riuscì a fare
neppure qualche passo che sentì esplodere nuovamente il cosmo di Pegasus. Si
voltò verso il cratere aperto nel terreno, proprio mentre un cumulo di detriti
saliva verso il cielo, all’interno di un cilindro di luce azzurra dove presto
comparve la figura di Pegasus, con lo sguardo determinato a non arrendersi.
Il Cavaliere di Atena continuò a
salire verso l’alto, avvolto nel cilindro di luce, fino a roteare su se stesso,
grazie alle ali dell’Armatura Divina, e assumere la forma di una cometa di luce
azzurra.
“Orochi! Sto arrivando!!!”
–Gridò, aumentando la rotazione del suo corpo e l’intensità del cosmo.
“Ti aspetto, ragazzo!” –Esclamò
soltanto il Comandante oscuro, esaltato da quella nuova sfida. Proprio in quel
momento Pegasus sfrecciò verso di lui, deciso a sfondare la barriera di energia
come aveva distrutto quella di Eris quasi un paio d’anni prima. Ma ebbe una
brutta sorpresa, quando sentì che quella volta Orochi non aveva creato alcuna
barriera difensiva, permettendo a Pegasus di piombare su di lui, che lo
aspettava invece con il pugno destro carico di incandescente energia. Tutta
quella che era riuscito ad accumulare in quei pochi istanti.
Il contraccolpo fu tremendo, e
il boato fu udito in tutto il Grande Tempio, bloccando per un momento anche
Sirio e Cristal, intenti a difendersi dalle fiamme del drago.
Pegasus, colpito in corsa dal
pugno di Orochi, venne scaraventato indietro ad una velocità impressionante,
finendo per schiantarsi contro il timpano della Casa di Ariete, distruggendolo
sul colpo e rovinando all’interno, tra mucchi di pietre e marmo che crollavano
su di lui. Ma anche il Capitano dell’Ombra non uscì indenne dall’impatto,
osservando il guanto protettivo dell’armatura andare in frantumi, così come
parte dell’avambraccio. Per la prima volta inoltre, Orochi emise un lamento di
dolore, afferrandosi il braccio ferito con l’altro, per lenirlo con il cosmo.
“Pegasus!!!” –Gridò Sirio,
sconvolto da quanto accaduto. Ma Cristal lo pregò di non darsi pena per lui, e
di concentrarsi sul loro avversario, o avrebbero vanificato quanto fatto
finora.
L’ingombrante sagoma del drago a
otto teste incombeva su tutti loro, squassando il terreno ad ogni movimento,
abbattendo alberi e costruzioni e minacciando l’area del Grande Tempio ove
sorgevano l’infermeria e alcune abitazioni.
“Dobbiamo fermarlo adesso,
Sirio!” –Esclamò Cristal, espandendo il cosmo. Sbatté i pugni verso il cielo,
lasciando che una fitta ragnatela di ghiaccio cadesse sul drago, limitando per
un momento i suoi movimenti e spegnendo qualche fiamma sparsa. –“Vortice…
fulminante… dell’aurora!!!” –E liberò una corrente di gelo che avvolse
Yamata no Orochi, vorticando attorno al suo immenso corpo e salendo sempre più
verso il cielo, con il fine di bloccarlo tra pareti circolari di ghiaccio. –“A
te, Sirio!!!” –Incitò infine l’amico.
“Non ti deluderò!” –Disse Sirio,
balzando in alto e calando la sua lama energetica su una delle otto teste del
drago. –“Excalibur!!!” –E con essa la mozzò via, facendo strillare la
creatura dal dolore, che iniziò a dimenarsi con forza, decisa a distruggere
quella prigione con il suo immenso corpo. Fiammate violente si abbatterono
sulle mura di ghiaccio, liquefacendole dopo poco, ma Cristal fu lesto a
intervenire.
“Ancora! Risplendi Vortice…
fulminante… dell’aurora!!!” –Ma non ebbe tempo di portare a compimento il
suo rinnovato assalto che un getto di fiamme, diretto da un paio di teste del
drago, si abbatté su di lui, infiammando l’Armatura Divina del Cigno e
obbligando Sirio a gettarsi sull’amico, portandolo fuori dal getto nemico.
–“Grazie!” –Commentò Cristal, un po’ stordito, rimettendosi in piedi.
“Non funziona!” –Rifletté Sirio.
–“Colpire una testa per volta è una fatica immensa! E lui non è il genere di
paziente che si possa definire tranquillo, durante un’operazione del genere!”
Proprio in quel momento il drago
distrusse un lato della muraglia di ghiaccio con un colpo di coda, facendone
piovere pezzi sui due Cavalieri, che balzarono prontamente indietro, per
osservare la vasta massa della creatura sollevarsi di fronte a loro. Rapidi
getti di fiamma piombarono sui due amici, e Cristal fu svelto a creare una
protezione, simile alla struttura esterna di una bara di ghiaccio, che impedì
alle vampe di raggiungerli. Ma Orochi era determinato ad arderli vivi e ben
presto Sirio si accorse che a Cristal mantenere quella barriera costava troppo
in termini di dispendio energetico.
“Potrei provare a girarla contro
di lui!” –Commentò il Cavaliere del Cigno. –“Fosse possibile fermarlo… in un
immenso sarcofago di ghiaccio!” –Aggiunse, sollevando il braccio destro al
cielo e lasciando che una cristallina luce scaturisse dalle dita, creando una
piramide attorno al corpo del drago, all’interno del quale il ghiaccio prese a
formarsi ad un ritmo molto elevato.
“Non ci riuscirai, Cristal! È
troppo persino per te!!! Guarda quant’è grosso!” –Esclamò Sirio con preoccupazione,
mentre vampe di fuoco si abbattevano su di loro.
Il Cavaliere del Drago fu svelto
a rotolare di lato, evitandole, ma Cristal rimase al suo posto, in piedi di
fronte a Orochi, subendo gli sbuffi infuocati e continuando al tempo stesso a
sollevare le pareti della bara di ghiaccio, espandendo sempre più il suo cosmo.
“Cristaaal!!!” –Gridò Sirio. –“È
una pazzia!!!”
“Forse!” –Commentò l’amico con
voce pacata, cercando di nascondere il dolore e la stanchezza. –“Ma se ti sarà
utile per abbatterlo, allora non lo sarà!” –Non aggiunse altro, richiamando a
sé tutta l’energia della sua costellazione.
“D’accordo!” –Disse Sirio,
chiudendo il pugno. Volse lo sguardo verso il drago, che si dimenava
all’interno di quelle pareti di ghiaccio sempre più alte, e bruciò il proprio
cosmo verde smeraldo. Verde speranza.
Per prima cosa liberò violenti
getti di energia acquatica, sotto forma di scintillanti dragoni, dirigendoli
verso le fauci spalancate di Orochi, spegnendo le sue fiamme. Un paio di teste
si tuffarono su di lui, per azzannarlo, ma Sirio fu svelto ad evitarle,
lasciando che i loro lunghi colli sinuosi si attorcigliassero tra loro. Quindi
le recise entrambe con un unico colpo, strappando alle altre un nuovo grido di
terrore.
In quel momento si accorse che
Cristal, indebolito per il prolungato sforzo di mantenere una temperatura
bassissima, era crollato sulle ginocchia, e che la bara di ghiaccio stava
iniziando a cedere, sottoposta a indescrivibile pressione da parte del drago.
Così balzò di lato, evitando nuove vampe del drago, fino a portarsi alle spalle
della creatura, incapace di girarsi a causa del ghiaccio che le aveva congelato
la parte inferiore del rozzo corpo. Aiutandosi con i cedri e le alte piante che
crescevano sul dorso del drago, Sirio si arrampicò verso l’alto, tagliando loro
il collo, proprio come aveva fatto con Gerione mesi prima.
Così facendo recise altre tre
teste, prima di essere scaraventato a terra da un brusco movimento del drago,
infuriato e esagitato come mai era stato prima. Il nero sangue imbrattava
l’enorme petto, ardendo in un rogo di fiamme che odorava di morte. Soltanto due
teste fissavano ancora i Cavalieri di Atena, prontamente riunitisi, e
sembravano sul punto di esplodere nuove vampe di fuoco da un momento all’altro.
“Sei con me?” –Esclamò Sirio.
“E lo chiedi?!” –Sorrise
Cristal, bruciando al massimo il suo cosmo gelido.
Sirio fece altrettanto ed
entrambi balzarono in alto, portandosi proprio davanti alle due teste di drago,
che spalancarono le fauci in quel momento, eruttando fiammate incandescenti.
Cristal diresse una tempesta di gelo contro una delle bocche aperte, subito
seguito dalle fresche acque della cascata di Cina evocate da Sirio. Quindi,
scambiandosi un’ultima occhiata, entrambi sollevarono il braccio destro al
cielo, concentrando su esso tutto il loro cosmo. Tutto il loro potere.
“In nomine tuo Capricorn!”
–Gridò Sirio. –“Excalibur colpisci!!!”
“Che il potere di Asgard sia con
me! Spada di ghiaccio!!!” –Gli fece eco Cristal, generando un fendente
di energia congelante, che si unì a quello di Sirio, sventrando le teste del
drago, proprio mentre i due Cavalieri ricadevano a terra. Cristal spalancò le
ali dell’Armatura Divina, afferrando Sirio per un braccio e planando con lui
sul terreno.
La terrificante sagoma di Orochi
torreggiò ancora per qualche istante su di loro, prima di crollare senza vita,
giù lungo distesa, schiacciando altri edifici e squassando ulteriormente il
terreno. La sua rovinosa caduta fu accolta con rabbia dal Comandante dei
Capitani dell’Ombra, che si incamminò verso Sirio e Cristal, deciso a vendicare
la creatura di cui era custode, ma verso cui era anche debitore, essendo il
simbolo del suo potere e la fonte di parte dei suoi poteri.
“Se è la vendetta che brami,
allora è motivo che spinge anche Sirio il Dragone a combatterti!” –Esclamò il
Cavaliere, espandendo il proprio cosmo verde. –“Perché ho anch’io un amico per
cui desidero lottare!”
“Il debole che giace tra le
macerie della Prima Casa? È luogo adatto per i vinti da Orochi!” –Commentò il
Capitano dell’Ombra, facendo infervorare Sirio, che si lanciò verso di lui, con
il braccio destro teso e carico di energia cosmica.
“Colpo segreto del Drago
Nascente!” –Gridò Sirio. Ma anche il suo attacco, per potente che fosse, si
schiantò sull’invalicabile difesa del Comandante oscuro, presto seguito dalla Polvere
di Diamanti di Cristal.
“È il mio turno, adesso!
Apprestate le migliori difese che avete o invocate la clemenza divina,
altrimenti sarete spazzati via dal Pugno del Drago!!!” –Gridò Orochi,
scagliando un violento attacco di energia, che abbatté Sirio e Cristal,
schiantandoli contro una parete rocciosa, con le Armature Divine crepate in più
punti.
Ricaddero entrambi a terra,
perdendo i sensi, e Orochi, deciso a eliminare la loro minaccia, si avvicinò
per colpirli definitivamente. Era un perfezionista, lo era sempre stato, e
sapeva che i lavori andavano eseguiti scrupolosamente. Altrimenti è meglio
non farli! Sorridendo cinicamente, ripensò a Iemisch, il Capitano
dell’Ombra della Tigre Nera, che aveva ardito chiedere a Flegias il comando del
suo Esercito.
Avrebbe dovuto essere folle,
o desideroso di sconfitta, il Maestro di Ombre, per nominare quel fallimentare
soldato al comando delle sue armate!
Rifletté Orochi, ricordando la sconfitta subita da Iemisch ad Angkor. Una
sconfitta che aveva messo definitivamente fine alla disputa per il primo posto.
Meritatissimo, oserei dire! Si disse, concentrando il cosmo sul pugno
destro, pronto per calarlo sui due Cavalieri.
Ma fu obbligato a voltarsi
indietro e a parare una raffica di meteore energetiche che sfrecciarono sul
terreno dirette verso di lui. Le neutralizzò tutte, stringendo l’ultima nel
pugno della mano e spegnendola, in modo da disperderne l’energia. Pegasus non
ne fu troppo sorpreso, ma quanto meno era riuscito a impedirgli di fare del
male ai suoi amici.
“Hai dimenticato contro chi
stavi combattendo, bestione? O la materia grigia ti fa difetto?” –Esclamò il
Cavaliere, in piedi a una decina di metri da Orochi.
“L’ironia non ti manca, ragazzo,
ma da sola non basta a garantirti la vittoria!” –Precisò Orochi, iniziando a
incamminarsi verso Pegasus, espandendo il suo cosmo. –“Serve anche la forza e,
benché certo non ti manchi, non ne hai abbastanza per confrontarti con me! No!”
–Si fermò per un momento, fissando Pegasus con i suoi occhi color oro. Da cui
guizzò una luce che stupì per un momento il Cavaliere. –“Non lo è affatto! E
ora vedrai! Alitar del drago!!!” –Esclamò Orochi, portando entrambe le
braccia avanti e volgendo i palmi al ragazzo, che subito venne investito da
vampe di fuoco, simili a quelle emesse dal drago a otto teste.
Pegasus incrociò le braccia
davanti al volto, per difendersi da quell’assalto, prima di balzare indietro,
spalancando le ali dell’Armatura Divina e sbattendole in modo da generare una
corrente d’aria che disperdesse le fiamme. Ma si accorse di essere un po’
stordito, e si toccò la testa con una mano, sentendola improvvisamente pesante.
Orochi approfittò di quel momento di distrazione del ragazzo per balzare su di
lui e colpirlo con un pugno in pieno petto, scaraventandolo a terra, ancora una
volta in un cratere che si aprì sotto di lui. Ancora una volta crepando
l’Armatura Divina, spaccando le ali in più punti.
“Co… cos’è successo?!” –Balbettò
Pegasus, cercando di rimettersi in piedi, mentre, a un cenno di Orochi, le
fiamme si chiusero a cerchio attorno al Cavaliere, che le osservò stranito,
come fossero qualcosa che non aveva mai visto. Ed in effetti, si disse,
tenendosi ancora la testa, erano diverse da ogni altro tipo di fuoco.
“Non hai imparato niente dagli
errori precedenti, Cavaliere di Pegasus!” –Commentò Orochi, avvicinandosi al
bordo del cratere. –“Già ti avevo avvertito di quanto fosse pericoloso l’alito
del drago! Non è semplice fiamma, che un getto d’acqua potrebbe spegnere!
Tutt’altro! È pestilenziale soltanto l’odore ed inalarlo in grande quantità può
rivelarsi dannoso! E mortale!”
“I… Inalarlo?!” –Mormorò
Pegasus, rialzandosi a fatica, privo dell’elmo della corazza, perso nello
scontro.
“Proprio così! Può rivelarsi gas
tossico per chi non vi è avvezzo! Dapprima accuserai mal di testa e
stordimento, che limiteranno i tuoi sensi in battaglia, rendendoti impreciso e
vulnerabile, poi nausea e conati di stomaco, che ti piegheranno a terra, finché
una febbre violenta, alternata a spasimi convulsivi, non ti porterà via,
liberando il mondo da un altro sconfitto!”
“Io non sono uno sconfitto!”
–Commentò Pegasus, bruciando il cosmo e concentrandolo sul pugno destro. Ma non
fece in tempo a caricare il suo colpo segreto che già Orochi gli aveva stretto
la mano sulla propria, chiudendogliela a morsa e stritolandola con violenza,
prima di sollevare il ragazzo e sbatterlo a terra dietro di lui. Scosso come
fosse un cencio.
“Hai iniziato ad ammalarti non
appena hai inalato il primo alito del drago, di fronte al Cancello Principale!
Da quel momento in poi, la vita è stata per te una progressiva perdita di te
stesso! Non puoi vincermi, Pegasus!”
“Io… saprò trovare la forza per
farlo!” –Commentò il ragazzo, cercando di rimettersi in piedi. Ma Orochi spezzò
il suo tentativo colpendolo alla schiena con il tacco della sua corazza e
schiacciandolo a terra, calpestando la sua corazza e scheggiando ancora le ali.
“Fallirai! Come hanno fallito
tutti coloro che hanno affrontato Orochi il grande! Poiché nessuno, neppure gli
Dei, può dire di non aver mai provato un rimpianto!”
“Un rimpianto?!” –Balbettò
Pegasus, mentre Orochi ancora continuava a schiacciarlo sotto il possente
tacco.
“Proprio ti è difficile
ascoltare i tuoi nemici, eh?” –Esclamò Orochi, ricordando la sua carica a
Pegasus. –“Sono il Capitano dell’Ombra che si nutre dei rimpianti degli uomini,
di tutto ciò che disperano per non aver detto o fatto! E, ti assicuro, sono più
di quanto loro stessi credano!”
“Dunque… è così!” –Commentò
Pegasus, capendo infine cosa lo aveva sconfitto. –“Percepisci i rimpianti degli
uomini, nutrendoti di essi e svuotando parte dell’energia vitale dei tuoi
nemici!”
“È l’Alito del Drago la
fiamma capace di scavare a fondo nell’animo di ognuno!” –Spiegò Orochi. –“Una
fiamma che nessuno è in grado di spegnere, poiché sarebbe come spegnere se
stessi!”
“Io ci riuscirò!” –Esclamò
Pegasus infine, espandendo il proprio cosmo azzurro.
“Tu, Pegasus?! Tu che rimpiangi
ogni giorno la tua esistenza per non poterla trascorrere assieme alla donna che
ami? Tu che ti colpevolizzi in ogni momento per aver violentato la sacralità
del tuo ruolo di Cavaliere, scambiando la riconoscenza di una Dea per i suoi
combattenti con un vago sentimento di amore?” –Tuonò Orochi, prima di scoppiare
a ridere, calando nuovamente il tacco su Pegasus.
Ma quella volta il ragazzo fu
svelto a voltarsi e ad afferrare il piede del Capitano con entrambe le braccia,
venendo spinto in profondità dalla pressione, ma riuscendo comunque a
contrastarla. Mise tutto se stesso, tutta l’energia che aveva dentro,
nonostante le fiamme di Orochi circondassero la fossa in cui giaceva,
continuando a esercitare la loro silenziosa minaccia, quasi a voler ricordare
continuamente a Pegasus di essere un uomo. E come tale suscettibile di errori e
rimpianti.
“Io… saprò vincerti!” –Mormorò
il ragazzo, concentrando il cosmo sulle braccia. –“Perché vincendo te, vincerò
anche i sentimenti che mi attanagliano!” –E spinse sul piede con forza, fino a sollevarlo
di qualche centimetro, allontanandolo dal suo corpo, riuscendo infine a
scaraventare Orochi in alto, facendovi leva con tutto se stesso.
Il Capitano dell’Ombra fu abile
a roteare su se stesso e ad atterrare compostamente a terra, a qualche metro di
distanza, sorpreso per le capacità di ripresa di Pegasus, ma ancora consapevole
della propria superiorità. Un uomo in balia dei sentimenti, un uomo dominato
dai rimpianti, anche fosse soltanto uno, è debole, e in battaglia non potrà mai
vincere! Sentenziò, espandendo il suo cosmo color ruggine, mentre Pegasus
usciva dalla fossa e si posizionava di fronte a lui.
“Alitar del Drago!!!”
–Gridò, generando nuove vampe di fuoco che si abbatterono sul Cavaliere di
Atena, che nient’altro poté fare per difendersi che incrociare le braccia
davanti al volto, per non bruciarsi.
Orochi osservò Pegasus ergersi
in mezzo a quel piccolo inferno, ove le fiamme da lui generate si allungavano
sul corpo del ragazzo, non tanto per bruciarlo vivo, ma per cibarsi dei segreti
del suo cuore. Quegli stessi che Orochi stava ormai leggendo da un paio d’ore.
Rimase stupito tuttavia quando vide che, quella volta, Pegasus non accennava a
cadere, non sembrava neanche stordito, né avere qualche mancamento, come invece
era accaduto prima.
“Cosa?!” –Gridò, rivelando per
la prima volta un tono di voce insicura.
“Adesso sei tu che non ascolti
me! Non ti ho forse detto che ti avrei battuto?” –Ironizzò Pegasus, avvolto in
un’aura di luce azzurra. –“Ebbene lo farò, e nel farlo saprò domare i
sentimenti che non mi danno pace da tempo! Sì, ho passato giorni, anzi mesi, a
chiedermi se l’amore per Isabel fosse giusto, se si può definire tale un
sentimento. Essendo qualcosa che si prova, non credo però che sia il termine
adatto. Potrei definirlo pazzo, o forse sacrilego, o semplicemente umano!”
–Aggiunse con un sorriso, prima di spalancare le braccia e lasciar esplodere il
cosmo. –“Se un giorno dovrò essere punito, da Zeus o dagli Dei tutti, per aver
osato amare la Dea al cui culto sono devoto, allora accetterò qualsiasi
punizione, ma mai rinnegherò quest’amore! Mai rinnegherò i miei sentimenti!!!
Perché viene dal cuore, e dalle stelle che in me albergano! Sappilo, Orochi! E
non ti permetterò più di usarlo contro di me! Fulmine di Pegasus!!!”
–Gridò, scattando avanti, tra le fiamme che ormai non riuscivano più a frenarne
la corsa.
Orochi portò le braccia avanti,
volgendo i palmi verso Pegasus, in tempo per ricreare la barriera su cui la
pioggia di stelle cadenti si schiantò, senza riuscire a superarla. Con rabbia,
Pegasus balzò di fronte a essa, concentrando il cosmo in un unico pugno e
colpendola con forza, venendo subito scaraventato indietro.
“Questa non dipende certamente
dai rimpianti…” –Esclamò Orochi, prima di chinarsi e toccare il fianco sinistro,
dove la corazza sembrava essere stata incrinata da un pugno di luce.
–“Possibile?!” –E sollevò lo sguardo verso Pegasus, che si era nuovamente
rialzato, ansimando per lo sforzo ma deciso a non arrendersi.
Vedendo il Capitano che si
teneva un fianco, il ragazzo sorrise, rinnovando la promessa fatta poco prima.
Senz’altro aggiungere, concentrò ancora il cosmo sul pugno destro, dirigendo un
unico attacco contro Orochi. Una scintillante cometa di luce che scivolò nella
tetra aria del santuario insanguinato.
“Cometa lucenteee!!!”
–Gridò Pegasus, mentre Orochi portava in fretta le mani avanti, per generare la
barriera protettiva. Ma l’azione tardiva, e la maggior potenza d’attacco del
Cavaliere, fecero vacillare la sua difesa e lo spinsero indietro di una decina
di metri, scavando solchi nel terreno con i suoi grossi piedi.
Quando l’energia scemò, Orochi
si accorse di avere ancora le braccia tese, con gli ultimi barlumi del cosmo di
Pegasus che si spegnevano tra le sue mani. E il ragazzo, che respirava a fatica
per lo sforzo, ancora in piedi di fronte a lui.
“Incredibile! Se non fosse stato
per la barriera difensiva, contro cui la cometa di luce è esplosa, sarei stato
scaraventato indietro! E non soltanto…” –Rifletté il Capitano, iniziando a
vedere Pegasus sotto una nuova luce. Intrigante, certo, per la sfida che si
apriva di fronte a sé, ma anche pericoloso, poiché non aveva affatto previsto
di perdere così tanto tempo con lui.
C’erano cinque Cavalieri Divini
e quattro Cavalieri d’Oro al Grande Tempio, oltre a qualche Cavaliere di grado
inferiore, di nulla importanza. Due erano stati messi fuori gioco per il
momento, ma Orochi era certo che, se avevano anche solo un quarto dello spirito
combattivo e tenace di Pegasus, sarebbero certamente stati un problema. Per
questo doveva affrettare i tempi, e favorire l’avanzata dell’Esercito delle
Ombre, sbarazzandosi di quel ragazzetto al più presto. Non aggiunse altro e
sollevò il pugno destro al cielo, avvolgendolo nel suo cosmo color ruggine,
mentre numerose saette guizzarono attorno a lui, seguendo i rapidi movimenti
del braccio.
“Pugno del Drago!!!”
–Gridò, liberando un poderoso assalto che sfrecciò verso Pegasus alla velocità
della luce. Ma quando sollevò lo sguardo, per seguire l’attacco da lui
lanciato, si accorse di un sorriso di sfida dipinto sul volto del ragazzo. Un
sorriso sospetto.
Pegasus infatti, aspettando che
Orochi avrebbe tentato quel colpo, visto il fallimento dell’Alito del Drago,
aveva raccolto il proprio cosmo, liberandolo soltanto quando il pugno del
Comandante oscuro era giunto di fronte a lui. Con decisione, spalancò le
braccia, generando un quadrilatero di energia su cui si schiantò l’attacco di
Orochi.
“Quadrato di Pegasus!!!”
–Esclamò, cercando il suo avversario con lo sguardo. –“Le sorprese non sono
ancora finite!”