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Autore: Oryenh    24/07/2005    28 recensioni
Quando una buona idea non è poi così buona, ma soprattutto quando la risoluzione è anche peggio. Idioti a metà.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Hermione arrivò con passi spediti di fronte a Harry. Guardò l’amico negli occhi e decisa disse “Baciami!”
Il ragazzo strabuzzò gli occhi e fece per ribattere, ma la ragazza lo precedette “Ho detto: baciami!”
Titubante, il moro avvicinò le labbra all’amica e le posò frettolosamente un bacio a stampo sulla fronte.
Hermione aggrottò le sopracciglia confusa, come se stesse cercando la soluzione ad un rebus “Tutto qui?”
Harry scrollò le spalle “Ne vuoi un altro?”
“No.” Si portò un dito alla bocca e picchiettandola chiese “Hai mai pensato di baciarmi veramente?”
“In che senso?”
“Nel senso di… un bacio vero.”
Il ragazzo si mosse a disagio “Io non credo che Ginny approverebbe…”
Hermione scosse la testa facendo ondeggiare i riccioli castani “Lascia stare Ginny. Non in quel senso. Come amico. Per stabilire un contatto più profondo.”
“No. Se ti baciassi per questo motivo, dovrei baciare anche Ron. E nonostante tu sia fantastica, non credo che arriverei a tanto…”
“Lo immaginavo…”
“Ha un senso questo discorso?”
“No Harry, non l’ha mai avuto. E ora, ne ho la conferma.”



Deeper Contact


3 giorni prima
Hermione allungò pigramente il braccio, cercando di attenuare l’indolenzimento dei muscoli che le aveva causato lo stare chinata sul tavolo della biblioteca per tutto il pomeriggio.
Aveva passato quasi quattro ore su quel tema d’incantesimi e ora ne era davvero soddisfatta.
Bé… quasi soddisfatta. Se fosse riuscita a trovare un’ultima informazione sull’incantesimo di memoria, avrebbe potuto considerato terminato il suo lavoro.
Si guardò attorno, notando solo in quel momento che la biblioteca si era quasi del tutto svuotata. Fatta eccezione per madama Pince e un paio di studenti.
Si alzò in piedi e, camminando verso gli scaffali della sezione storica, approfittò per stiracchiare anche i muscoli delle gambe e della schiena.
Stava leggendo velocemente i titoli dei tomi quando sentì un tonfo provenire da dietro la libreria. L’avrebbe ignorato se a quello non fosse seguita un’imprecazione piuttosto volgare emessa da una voce ben conosciuta.
Aggirò lentamente la scaffalatura per arrivare nella stretta corsia adiacente.
“Ron?” guardò il ragazzo che, seduto a terra, stava scribacchiando velocemente qualcosa copiata da un libro. “Che fai?”
Il ragazzo alzò lentamente la testa e molto meno lentamente spalancò gli occhi sorpreso “Hermione!”
La giovane strega incrociò le braccia al petto e indicò con un cenno del capo il libro “Non dovresti tenerlo così. Rischi di rovinarlo.”
Non utilizzò un tono di voce saccente o severo, ma il rosso sbuffò ugualmente irritato.
“Non cambia nulla Hermione. Ancora un paio di minuti e ho finito.”
La ragazza scrollò le spalle “Fai come vuoi. Io sono al tavolo dietro il reparto di erbologia, se cambi idea.”
Tornò nella propria corsia e, chiaramente seccata, afferrò il libro che le interessava. Sfogliò velocemente l’indice per assicurarsi che fosse il volume giusto e tornò al suo tavolo.
Le dava fastidio, immensamente fastidio tutto ciò.
Il suo rapporto con Ron, il dover camminare costantemente sulle uova. Ogni tanto credeva che tutto ciò non ne valesse la pena.
In realtà aveva una lista piuttosto consistente di motivi per cui non ne sarebbe valsa, una lista, che a parer suo, s’allungava di giorno in giorno e che riusciva a farle accettare quel tipo di decisione.
Durante molte notti aveva litigato con la parte meno razionale di sé stessa giungendo, in quegli attimi confusi del dormiveglia, all’unica soluzione percorribile.
Le sarebbe piaciuto poter dire che la dimostrazione della sua tesi si basava su dati sbagliati, invalidando così le soluzioni. Ma non poteva farlo, semplicemente perché non c’erano dati sbagliati. Era tutto chiaro e limpido. E ciò la irritava ancora di più.
La mattina si svegliava cosciente del fatto che quello sarebbe stato il giorno. Il giorno in cui avrebbe sradicato la sua irrazionale cotta per Ron. Per l’ultima volta.
Ma non era mai l’ultima volta.
Questo perché ogni sua singola convinzione veniva sbriciolata del tutto solo guardandolo.
Avete mai notato che quando decidete di disinnamorarvi di una persona e vi concentrate con tutte le vostre forze sui suoi difetti, anche i più piccoli, quando poi la rivedete vi sembra… perfetta. I capelli non sono mai stati così lucenti, gli occhi mai così brillanti, il sorriso mai così dolce e la voce mai così suadente.
A quel punto come potete pensare di disinnamorarvi davvero?
Rimandate ad un altro giorno. Vi convincete che alla fine il dolore è sopportabile.
Potete tutto, ma non rinunciare a quel calore attorno al cuore.
Così il giorno è giunto al termine. E voi siete ancora innamorate del vostro migliore amico.
E vi sembra pure una buona idea.

***


Sfogliò lentamente le pagine sottili cercando con minuziosa attenzione l’ultima data necessaria per terminare il proprio compito.
Mentre leggeva picchiettava leggermente la punta della piuma su un pezzo di pergamena che utilizzava per le piccole annotazioni.
Sussultò vistosamente quando qualcosa di morbido le sfiorò la guancia.
Salì lentamente con lo sguardo la piuma che le sfiorava la pelle, passando per un braccio e giungendo infine al volto di Ron.
“Che c’è?”
Il rosso scrollò le spalle e si sedette di fronte a lei, costringendola a spostare le gambe, in modo che lui riuscisse a stendere le sue sotto il tavolo.
“Allora?”
Ron fece una smorfia “Ho bisogno di una mano. Non riesco ad sbrogliarmi da questo compito.” Le passò un foglio pieno zeppo di cancellature e macchie.
Hermione lesse velocemente quello che vi era scritto prima di espirare rumorosamente. Lanciò un’occhiataccia del tipo questa-è-l’ultima-volta-sappilo al ragazzo, che aveva già allungato le braccia sul tavolo e ora le stava sorridendo riconoscente.
Rilesse lentamente tutto quello che era scritto sulla pergamena, cancellò qualche termine per sostituirlo con qualcuno più appropriato, modificò delle frasi allungandole con dati più precisi e infine rilesse e sistemò minime imprecisioni così tante volte da poter dire di aver imparato l’elaborato a memoria.
Sorrise soddisfatta quando decise di aver finito. Alzò lo sguardo dal foglio per comunicare la cosa a Ron, ma si bloccò notando che il ragazzo la stava fissando intensamente.
“Che c’è?” chiese a disagio.
Ron sorrise grattandosi la guancia “Sei incredibilmente concentrata quando scrivi.”
La ragazza aggrottò le sopracciglia confusa “Immagino di sì. Ma non è una novità.”
Il rosso scrollò le spalle alzandosi dal tavolo. “Già.”
Lo guardò raggruppare i vari fogli di pergamena, non preoccupandosi di mischiare i propri con quelli di Hermione, e andare a rimettere al loro posto i libri della biblioteca.
Quando tornò la giovane strega era ancora immobile.
Ron le prese i fogli e la borsa e fece cenno di seguirlo.
La ragazza sì alzò dopo un paio di secondi di smarrimento e gli andò dietro. Gli si affiancò in silenzio e lo seguì lungo i corridoi che portavano chiaramente alla loro sala comune.
“Grazie.”
Hermione si voltò lentamente verso il ragazzo fissando il suo profilo “È l’ultima volta, ricordatelo.”
“D’accordo.”
“Non dire d’accordo con quel tono! Dico davvero!”
“Okay.”
Hermione sbuffò, irritata dal tono leggero con cui le stava rispondendo. Afferrò la manica della maglia del mago costringendolo a fermarsi e a voltarsi verso di lei.
“Non mi stai prendendo sul serio!”
Ron fece una smorfia “Sì, che lo sto facendo.”
“Non è vero! Fai sempre così! Fingi di essere d’accordo, ti mostri persino pentito qualche volta, ma poi, inevitabilmente, torni da me con le solite richieste!”
Hermione raddrizzò le spalle, sperando che in quel modo l’essere guardata dall’alto verso il basso smettesse di darle fastidio.
“Comincia a darmi sui nervi questo tuo comportamento. Non intendo più cadere in questo tipo di trappole.”
Il suo tono si stava avvicinando pericolosamente all’isterico ed era anche abbastanza sicura che il suo deliberato tentativo di litigare non avesse nulla a che fare con il compito.
“Anzi, sai cosa? Io…”
E Ron non seppe mai cosa, perché evidentemente decise che zittire Hermione con un bacio fosse molto più produttivo.
La strega ebbe il buongusto di smettere di blaterare quando sentì le labbra del ragazzo sulle sue.
Anzi, quando Ron le avvicinò maggiormente la testa con la mano, Hermione decise che era anche il caso di chiudere gli occhi e partecipare attivamente.
Si aggrappò alla maglia del ragazzo attirandolo maggiormente verso il suo corpo, come se non fossero già completamente premuti l’uno all’altra. Contemporaneamente dischiudeva le labbra, per permettere a Ron di aumentare l’intensità del bacio.
Si sorprese a protendersi verso la sua bocca quando il ragazzo sospese il contatto per riprendere fiato.
Si ritrovò schiacciata contro il muro, con la mano di Ron incastrata tra i capelli e le sue ancora avvinghiate alla maglia del rosso.
“Cos’era questo?” esalò contro le sue labbra.
Aspettò pazientemente la risposta senza fiatare, anche quando Ron si staccò da lei e divenne lentamente, ma inesorabilmente rosso. Continuò a rimanere nel silenzio anche quando il ragazzo evitò per tutto il tempo di guardarla negli occhi. E non disse una parola quando questo si voltò e corse velocemente vero la sala comune.

***


Oltrepassò la signora grassa almeno un paio d’ore dopo. Quando fu relativamente sicura di poter affrontare il ragazzo senza scoppiare in lacrime.
Si sistemò sulla poltrona davanti al fuoco e fissò le fiamme in silenzio.
La sala comune era quasi vuota, fatta eccezione per un paio di studenti che erano rimasti a finire i compiti.
Evidentemente era più tardi di quanto pensasse.

***


Sentiva la stanchezza di tutta la settimana pesarle addosso, per non parlare poi della frustrazione di quella sera.
Cosa avrebbe dovuto dire? O fare?
In realtà quello che avrebbe dovuto fare lo sapeva, oh se lo sapeva. Ciò che doveva dire non le era chiaro. Forse per la prima volta nella sua vita Hermione Granger si sentiva totalmente impreparata.
Si morse il labbro nervosamente, pentendosene nel momento in cui sentì un vago sapore di sangue coprire il ricordo di quello del bacio.
Espirò frustrata e si concentrò con ancor più accanimento sulla fiamme del caminetto.
Non aveva intenzione di muoversi, non quella notte.
Sarebbe rimasta lì. E a meno che Ron avesse deciso di non uscire dal suo dormitorio, non avrebbe potuto evitarla. E anche in quel caso non si sarebbe fermata. Figuriamoci.
Si chiamava Hermione Granger per qualcosa, dopotutto.

***


E poi le scale dei dormitori maschili non erano incantate.

***


Le palpebre minacciavano di chiudersi definitivamente ad intervalli irregolari, prendendola così alla sprovvista. Dopo svariati tentativi si accorse che le bastava ripensare a Ron e al corridoio contemporaneamente per avvertire un improvviso aumento dei battiti cardiaci e dell’adrenalina.
Piuttosto patetico come metodo per combattere il sonno.
Patetico, ma funzionale.

***


Si addormentò e non se ne accorse.
Cioè, se ne accorse nel momento in cui si svegliò.
Di soprassalto, con quella dose di panico che ti prende quando sai di esserti addormentata e che non avresti dovuto, perché probabilmente hai compromesso qualcosa. E quel qualcosa, in quel momento, per Hermione, era la sua proverbiale calma.
Proverbiale calma. Sì, come no.
Non sapeva esattamente quando... Mh…
È piuttosto divertente in realtà. Quando cambia qualcosa in te, quando non riesci più ad essere come un tempo, quando cambi proprio tu. Non te ne accorgi.
Non riuscirai mai a dire con esattezza quando hai cominciato ad essere diversa. Capita solo, che una sera, guardandoti allo specchio, ti rendi di colpo conto che non sei tu.
O forse lo sei, ma non sei più quella che eri fino ad un periodo imprecisato di tempo prima. E questo ti spaventa.
Come hai fatto ad non accorgertene fino a quel momento?
Non lo sapeva, poteva supporre. E l’aveva fatto, statene certi.
Ma per quanto si sforzasse, non sapeva ancora quando un quel qualcosa aveva smesso di funzionare in lei.
E onestamente non era così sicura di voler a tutti i costi riparare il danno.

***


Rimase immobile, con gli occhi aperti e il respiro fermo, cristallizzato nei polmoni.
Per diversi secondi.
Non lo stava facendo per sfizio, ne per qualche strano motivo oscuro.
Lo stava facendo perché Ron stava facendo la stessa cosa a pochi centimetri da lei.
Immobile con le mani strette sui lembi di una coperta di lana, fermo nell’atto di poggiargliela sul corpo.
Una cosa davvero carina in un qualsiasi altro giorno. Ma non il giorno dopo “la cosa”.
Non il giorno dopo il bacio. Non il giorno dopo la fuga e, soprattutto, non il giorno dopo la sua crisi.
Non quel giorno.
Punto.

***


Perché, sebbene ripensandoci non potesse fare a meno di sorridere all’immagine di loro due completamente pietrificati dalla reciproca consapevolezza, in quel momento sentiva solo il suo cuore batterle violentemente nelle orecchie.
E, ad essere del tutto onesti, sentiva anche il suo decisamente troppo intenso profumo.
E forse era proprio quello a farle battere il cuore in quella maniera.
Quello e i suoi occhi a pochi centimetri dai propri, naturalmente.

***


Forse sarebbe servito il leggendario aiuto del pubblico per smuovere la situazione o forse sarebbe bastato un semplice rumore.
Forse.
Ma in quella scena c’era Hermione Granger. E sebbene il suo cervello avesse fino a quel momento dato strani segnali d’interferenza, bisognava tener conto che Hermione Granger non si sarebbe di certo fatta fregare da un impedimento del genere.
Quindi, Hermione Granger fece la cosa più ovvia.
Riprese a respirare, in primis, e poi si mise dritta.
Facendo cozzare la sua fronte con quella del ragazzo.
E passando così il phon sulla scenetta di ghiaccio.
Perché un po’ va bene, ma poi la cosa diventa noiosa.

***


“Ma porca..!” borbottò il ragazzo, premendosi una mano sulla fronte e rialzandosi di scatto.
“Ron…” biascicò Hermione facendo lo stesso.
Non male come primo dialogo dopo “la cosa”. Decisamente non male.
Hermione fece scivolare a lato la coperta, sfregandosi il punto dolorante e non perdendo di vista l’amico per nessun motivo.
Lo vide avvicinarsi preoccupatamene verso l’uscita della sala comune.
Assolutamente no. No, che non lo stava facendo. No, che non glielo avrebbe permesso.
Non prima di aver avuto almeno una straccio di conversazione che andasse oltre a “porca” e “Ron”.
“Aspetta! Dove stai andando?” chiede mettendosi frettolosamente in piedi, nel caso una semplice domanda non fosse bastata a indurre il rosso a fermarsi.
E infatti non lo fu.
Ron si fermò semplicemente perché si rese conto che, se anche avesse tentato la fuga verso quella che sembrava l’unica via di salvezza, Hermione lo avrebbe senza possibilità di dubbio seguito.
Il che era frustrante.

***


Come frustrante?
Sì, frustrante.
E ora scusate se mi permetto di interrompere la narrazione da parte di un unico punto di vista e mi permetto di dire la mia.
La mia, di Ron.
La verità è che, ammettiamolo, tutti facciamo delle cazzate.
Tutti, ma proprio tutti.
Inutile anche solo provare a negare questa verità.
Perché, se anche in un primo momento -e per primo momento intendo quel secondo prima di abbassare il capo- il tutto può sembrare un’ottima idea –ma proprio un’ottima idea-, in un secondo momento –e per secondo momento intendo quell’attimo dopo aver riaperto gli occhi, quando lei tiene i suoi ancora socchiusi- il tutto si palesa per quello che è.
Una grande cazzata.
Ed è inutile che scuotiate la testa.
Sei anni di amicizia buttati nel cesso per un momentaneo rincoglionimento dei neuroni?
Quindi, scusate se ripeto che è frustrante.
Cosa?
Il fatto che lei sia Hermione Granger.
Ed Hermione Granger non te ne fa passare una.
Ed ero mi riacquieto e vedo di uscirne più o meno indenne da questa situazione.
Narratore, a lei.

***


Lo guardò fermarsi, impacciato, vicino alla porta.
Espirò piano cercando di calmarsi e trovare il modo di iniziare razionalmente il discorso. E per lei questo sarebbe dovuto essere una cavolata.
Sarebbe dovuto essere.
Infatti.
Strinse un paio di volte le labbra cercando le parole che sembravano essersi incastrate in un qualche punto del suo cervello. E non perché le mancassero. Ma semplicemente perché, avendo davvero tanto da dire a riguardo, avevano spinto tutte quante contemporaneamente verso l’uscita, provocando un ingorgo di dimensioni colossali.
Fortunatamente, o sfortunatamente, a seconda da che parte la narrazione abbia deciso di schierarsi, Ron decise di interrompere il momento di contemplazione della ragazza.
“So cosa vuoi dire.” Esordì piano.
Hermione alzò lo sguardo, deglutendo.
“Davvero?” chiese preoccupata del fatto che non fosse affatto un bene che volesse esporsi per primo.
Perché era quello che stavano facendo, no?
Ammettere quello che stava passando nelle loro teste da Merlino sa quanto.
Ammetterlo e aspettare, o in realtà sperare, che l’altro non calpestasse quelle parole che di lì a poco sarebbero rimaste sospese, in maniera piuttosto imbarazzante, sopra le loro teste.
Ron annuì mestamente, prima di proseguire. “Scusa. Probabilmente non è stata una grande idea. È che ci pensavo da un po’.”
“A… sì, insomma… a…”
Il ragazzo annuì. “Ma non per quello che pensi tu.” Si affrettò ad aggiungere. “Cioè, non so a cosa tu abbia pensato, ma so cosa si potrebbe pensare in questi casi. Ed è abbastanza imbarazzante. Lo capisco bene. Per questo forse stavo cercando di scappare. Per trovare le parole e spiegarti quello che ho fatto prima di parlarti.” Disse di getto.
Hermione si mosse a disagio, spostando il peso da un piede all’altro. Non era del tutto sicura di essere riuscita a seguire il discorso dell’amico. Non lo era affatto.
Quindi rimase zitta, aspettando che proseguisse.
“Noi ci conosciamo da tanto. Abbiamo passato un sacco di cose assieme. Io, te e Harry. Siamo amici.” Disse in una maniera che sembrò più una domanda che un’affermazione
Hermione si ritrovò ad annuire suo malgrado.
“A volte credo di conoscere voi meglio di me. E ogni tanto mi ritrovo a pensare che per essere tanto amici, i nostri contatti siano limitati.”
“Co-contatti?” balbettò Hermione perplessa.
“Sì. I nostri contatti fisici.”
La strega rimase abbastanza spiazzata da quell’uscita. Insomma, poteva anche riuscire a seguire la logica del discorso, ma non riusciva assolutamente a capire dove volesse andare a parare.
Ma il difetto principale delle domande e che presto o tardi avranno la loro risposta.
In questo caso, presto. Molto presto.
“Ero curioso di sapere come sarebbe stato un contatto più profondo.”

***


Si poteva avere un collasso a sedici anni?
Medicalmente parlando, intendo.
Era possibile?

***


“Un contatto più profondo?” chiese piano la ragazza, come se si aspettasse che lui la guardasse storto e le dicesse che non aveva capito niente.
“Sì.”
Hermione strinse i pugni irrigidendo tutto il corpo.
Quello sarebbe stato il giorno perfetto.
Non credeva di aver mai provato tanta voglia di urlare in vita sua. Ma non urlare così, su una montagna, al vuoto. Voleva urlare nelle orecchie di quell’ameba fino a stordirlo. Voleva vederlo a terra privo di sensi.
E voleva sentire la soddisfazione di esserne responsabile.
Rilasciò piano i pugni, muovendo le dita per rimettere in moto la circolazione del sangue.
Si avvicinò adagio al ragazzo mugugnando un “capisco”.
Gli arrivò di fronte e con estrema tranquillità alzò il capo per guardarlo negli occhi.
Era calma. Lo sentiva.
Il cuore batteva abbastanza regolarmente e stava respirando normalmente.
C’era solo quello strano fischio ad altezza orecchie a disturbarla, ma in quel momento non era importante.
Sorrise lievemente e lo colpì sullo zigomo con il pugno chiuso.
Lo guardò barcollare e portare entrambi lei mani sulla parte offesa.
Rimase ferma anche quando questo la fissò allucinato balbettando qualcosa di incomprensibile.
Solo quando Ron la smise di cercare di parlare, si decise.
“Era abbastanza profondo?” chiese prima di superarlo ed uscire dalla sala comune senza attendere risposta.
Camminò decisa, guardando fissa davanti a sé, senza sapere dove stesse andando.
Si fermò solo quando si ritrovò sulla sponda del lago.
Si sedette a terra e si massaggiò le nocche che dolevano, mentre le labbra si piegavano in una smorfia che somigliava tanto ad una lacrima.

***


Fu solo tre giorni dopo una forsennata attività mentale che si decise ad andare da Harry a fargli la fatidica domanda.
Perché lei poteva pensare, supporre e decretare quanto le pareva, ma lei non era un maschio.
E a quel punto cominciava a dubitare dell’effettivo funzionamento del cervello maschile.
In quei tre giorni aveva smesso di parlare con Ron.
Non che lui avesse fatto tutto questo sforzo per provarci, sia chiaro, ma un paio di volte aveva tentato. Durante i pasti perlopiù.
Quando erano costretti a sedersi uno di fronte all’altra.
E quando Harry tentava di stabilire una connessione verbale. Fallendo miseramente.
Perché se lei era offesa per le parole di Ron, Ron era offeso per il livido violaceo che gli spuntò. E se lei non capiva le ragioni del giovane mago, lui non capiva le ragioni della giovane strega.
E tante grazie.
Punto morto.

***


Harry non voleva baciarla.
Harry non aveva mai pensato a baciarla.
Harry era un ragazzo.
Ron era un idiota.

***


Salì le scale che conducevano alla Signora Grassa lentamente, consapevole che nella sala comune non avrebbe trovato nessuno all’infuori di Ron. E non perché avesse doti divinatorie, ma solo perché era stata lei a dirgli di aspettarla dopo la ronda della sera (ronda che da tre giorni effettuavano separati).
Entrò nella stanza silenziosamente, guardando il ragazzo seduto su una poltrona accanto al caminetto, intento a scribacchiare su una pergamena.
Il tema di trasfigurazione per il giorno dopo, senza dubbio.
Lo raggiunse in pochi passi. Afferrò con entrambe le mani una delle poltrone e la trascinò, abbastanza rumorosamente, davanti a quella del rosso.
Tutto questo senza che lui alzasse lo sguardo nemmeno una volta.
Si sedette, incrociando le gambe sotto di sé. Appoggiò mollemente la schiena allo schienale morbido e rimase a guardarlo.
Osservò il modo in cui alcuni ciuffi di capelli scivolavano pigramente in avanti quando sporgeva il braccio per intingere la piuma nell’inchiostro, come mordeva l’angolo del labbro inferiore quando si fermava a rileggere qualche frase e come una piccola ruga d’espressione si formava al centro delle sue sopracciglia quando non sapeva più cosa inventarsi.
Se avesse allungato leggermente la gamba, il suo ginocchio avrebbe sfiorato quello del ragazzo, tanto le poltrone erano vicine. Ma non avvenne.
Questo perché entrambi stavano attenti che non accadesse.
Passarono i secondi, i minuti, ma non le ore. Era tardi e il sonno cominciava ad insinuarsi nelle gesta.
Fra poco il tema sarebbe finito e Ron avrebbe dovuto inevitabilmente alzare il capo.
Lo fece solo quando l’inchiostro si era ormai completamente asciutto, anche sull’ultimo puntino dell’ultima “i”.
E quando lo fece rimase in silenzio a guardare negli occhi Hermione.
Non era una di quelle sfide, per cui chi cede abbasso lo sguardo per primo; era più che altro una sorta di risarcimento.
Stavano recuperando tutti gli attimi in cui avevano evitato il reciproco sguardo in quei tre giorni.
Solo dopo un tempo che sarebbe potuto essere interminabile quando inesistente, Hermione allungò il braccio e con la punta delle dita sfiorò piano lo zigomo contuso del ragazzo.
“Fa male?” chiese sussurrando.
Ron scrollò le spalle “C’è di peggio.”
La ragazza abbassò la mano, riportandola in grembo, accanto all’altra.
“Scusa…” mormorò abbassando lo sguardo e rilasciando piano il fiato.
“No. Scusa tu.” Iniziò lui a bassa voce “Credo di aver capito. Cioè… il bacio deve averti fatto lo stesso piacere che ha fatto a me il pugno. E… sì, insomma. Non dovevo farlo. Alla faccia di qualsiasi teoria possa aver tirato in ballo il mio cervello, io avrei…”
“No!” lo interruppe di colpo lei, maledicendosi mentalmente.
Maledicendosi per un sacco di cose, ma in particolare per quelle due parti di se stessa che stavano combattendo furiosamente al suo interno. Una per convincerla a tacere, a smettere di fare la cretina rischiando di mettere in discussione anni e anni di amicizia, solo per una cotta che avrebbe dovuta essere archiviata già da tempo. L’altra per convincerla a parlare, a smettere di rimandare rischiando di perdere qualcosa che avrebbe potuto renderla completa per anni e anni a venire, solo perché non aveva abbastanza fegato per rischiare.
Strinse gli occhi e abbassò di nuovo il capo sentendo la sua voce parlare piano, ma le parole dette rimbombarle furiosamente nella testa.
“A me ha fatto piacere quel bacio. Quello che non mi ha fatto piacere è stato scoprire che me l’avevi dato solo per curiosità.” S’interruppe un attimo, solo per deglutire “Io lo volevo. Da tanto. Ma vederti scappare e poi giustificarti in quel modo assurdo, perché era davvero assurdo Ron, mi ha fatto arrabbiare.”
Il ragazzo rimase immobile a metabolizzare le informazioni appena ricevute, non del tutto sicuro che il suo udito stesse funzionando a dovere.
“Ci ho pensato. Un sacco. E ancora non riesco a capire se sei davvero l’insensibile che dimostri di essere o se sei solo… confuso.”
Hermione alzò lo sguardo, si fissò negli occhi azzurro intenso di Ron e rimase in silenzio.
Appoggiò le mani sui braccioli della poltrona del rosso e si alzò sui ginocchi per sporgersi verso di lui.
Si fermò a pochi centimetri dal suo viso, continuando a mantenere il contatto visivo.
“Harry non mi vuole baciare.” Disse guardando le sue iridi ingrandirsi leggermente.
“C-cosa?”
“Gliel’ho chiesto. Oggi. E non ha voluto. E mi ha detto di non averci mai neanche pensato.”
“E voglio anche vedere!” sbottò il ragazzo, prima di riscuotersi e balbettare “Cioè… nel senso che… sta con mia sorella, non deve neanche provare a…”
“Ron…”
“Eh..?”
“Baciami.”

***


E ora posso tranquillamente ri-interrompere la narrazione e permettermi di dire nuovamente la mia.
Okay, okay, okay. Sono un idiota.
Ma non del tutto! Cioè… pensateci. Non mi fossi fatto prendere da strani raptus e non mi fossi fatto prendere dal panico subito dopo non ci sarebbe stato nulla.
Nel senso che io starei ancora continuando a far finta di non essere geloso di Viktor e simili (anche se qualcuno insinua che io continui ad esserlo) e lei starebbe ancora continuando a far finta di non morirmi dietro (anche se qualcuno insinua che non mi stesse affatto morendo dietro).
Quindi… sono un genio. Incompreso, ma un genio.
E ora ssssh… eravamo al bacio.

***


No, okay… ma non è necessario che ci siate pure voi.


Fine




Le particelle d’ispirazione sono arrivate e hanno fruttato (ovviamente dopo aver germogliato e fiorito... ho i processi piuttosto lenti.)
Questa è per Eli e Sere, Ewan e Kira, Ron e Hermione, sperando che si spiccino…


Risorta sì, ma con una One-shot.
Non prendetevela, ma per me è già un miracolo questo.
L’ho cominciata questo inverno e ora ho provata a terminarla.
Prima cosa che scrivo da tanto.
Vi assicuro che non ho dimenticato niente. So cosa vi devo e cosa ho promesso.
Arriverà.
Con calma, ma arriverà.

Un bacio a tutti.

Oryenh
   
 
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