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Autore: Serpedoro    24/07/2005    5 recensioni
“Esistono due tipi di verità: quella ufficiosa e quella ufficiale.
A volte coincidono perfettamente, altre non si sfiorano neanche.“
Il mito di un’amicizia raccontato dal più controverso dei Malandrini.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Remus Lupin. Un nome, due parole sull’Universo.
Ho amato il personaggio di Remus fin dalle prime righe del Prigioniero di Azkaban e credo che sia il personaggio più controverso della saga di HP, insieme a Piton.
Pur essendo parte integrante del gruppo dei Malandrini, Remus rimane in un certo senso sempre al margine, perfino più di Peter. Tuttavia, leggendo i libri, è indubbia la sua intelligenza e la sua influenza, altrimenti, se fosse stato un idiota, uno si chiederebbe perché James e Sirius sospettarono che potesse essere lui il doppiogiochista.
All’inizio la piega della storia avrebbe dovuto essere nettamente differente da questa, ma la trama ha cominciato a scriversi da sé e devo dire che per certi versi, il quadro che ne esce potrebbe essere inquietantemente veritiero.
Ciò che troverete in queste righe è quello che io ho voluto leggere fra le righe dei libri della Rowling.
In realtà io ho un’idea ancora diversa di Remus, ma le possibilità di interpretazione che offre questo personaggio penso siano quasi infinite.
Detto ciò, vi avverto che la storia che vi apprestate a leggere non è propriamente identificabile con un raggio di sole, vale a dire che è un po’ cupa, pessimistica e se questo genere non vi piace, beh, è un po’ un suicidio andare avanti… In caso contrario, invece, vi auguro una buona lettura!






Ricordo esattamente come iniziò.
Adesso, a distanza di anni, sono ancora esterrefatto dal come, ma so perfettamente il perché
Paura.
Terrore cieco, allo stato puro.
Insospettabile.
Anche per me… No… soprattutto per me.
E rammento con lucidità che quella notte, a un certo punto, sicuro che stessero dormendo e quindi di non essere visto, mi alzai ed andai in bagno.
Le fioche luci delle candele, lo specchio e la mia faccia riflessa su.
Allora non avevo idea di che cosa fosse un Molliccio, ma sono certo che quella notte, se ne avessi incontrato uno, avrebbe preso le mie sembianze.
Mentre mi guardavo riflesso ad occhi sgranati, strinsi convulsamente la porcellana del lavandino… Ero davvero io, quello?
Ricordo che la porcellana scricchiolò pericolosamente e che me ne allontanai terrificato, come se scottasse, come se io scottassi.
E ancora più angosciante si faceva largo dentro di me quel dubbio… Ero davvero io, quello?
Avevo passato il primo anno a tormentarmi in silenzio.
Perennemente in disparte, facendo caso anche a non respirare troppo forte per non attirare l’attenzione, sforzandomi di essere anonimo e sperando di riuscirvi.
Stringendo i pugni sotto al banco per non alzare la mano e rispondere, parlando a voce alta e distinta se interrogato perché non ci si soffermasse troppo su di me, mormorando scuse stupide ai miei compagni per le mie assenze mentre stavano facendo qualcosa che attirasse particolarmente la loro attenzione, perché ricordassero che avevo motivato, ma non come.
Ritrovarsi ad essere felici per essere identificato come “quello castano biondino”, “quello sempre zitto” o ancora “quello insignificante” avrebbe potuto sembrare a dir poco penoso e lo sarebbe stato… se già da allora non ci fossero state le leggi restrittive sui licantropi, se non fosse stata legittima la loro uccisione durante i pleniluni e se i cacciatori non avessero braccato le loro vittime fino alla luna piena, una volta resa pubblica la loro vera natura.
Vedendola così non mi sentivo affatto penoso, bensì al sicuro… o almeno mi ci sentii fino a quella sera.

Sirius mi si parò di fronte, arrogante e spavaldo come suo solito, solo che era la prima volta che teneva quell’atteggiamento con me.
Sollevò il mento con aria di sfida e mi chiese se mi ero sentito molto in gamba per tutto l’anno precedente e se mi ci sentivo ancora. In fede mia, al momento non capii sul serio a che si riferisse e scossi la testa strabuzzando gli occhi. Pessima mossa.
Sirius detestava essere ingannato, perché per lui non era semplicemente essere tenuto all’oscuro di qualcosa, ma essere preso in giro. Una cosa che lo faceva uscire fuori di testa.
Mi spintonò furibondo, con un’espressione di disprezzo pura quanto il suo sangue, se non di più, dandomi della stupida bestia… fu allora che capii.
La verità mi colpì come un potente ceffone, troppo pesante e troppo violenta per essere accolta con un sussulto o un cambio d’espressione qualsiasi.
Mi limitai a far scorrere il mio sguardo da lui a James, appena dietro alle sue spalle, tronfio della scoperta ma forse un po’ incerto sul modo di rivelarla, e a Peter, aggrappato saldamente alla sua bacchetta che teneva tesa davanti a sé, addossato sulla parete opposta.
Pensare qualcosa… una scusa, qualcosa… Nulla.
Ero in panico.
In una frazione di secondo mi vidi sbattuto fuori da Hogwarts, sbugiardato di fronte a tutti, vulnerabile, esposto. Vidi la mia famiglia, già provata dalla mia sfortuna, cedere definitivamente e arrendersi. La porta di casa chiusa, le spalle voltate, il buio e il riflesso di una lama d’argento a un passo da me…
La voce sprezzante di Sirius mi giunse confusa e distante mentre mi confermava che, sì, anche gli altri sapevano.
Ma mi giunse chiara e forte quando mi richiamò stupida bestia e, sfortuna sua, lo fece proprio nel momento in cui pensai di aver perduto tutto.
Lo guardai fisso negli occhi e pensai: se ho perduto tutto, non ho nient’altro da perdere, giusto?
In un batter di ciglia gli artigliai il collo con una mano e lo scaraventai sul letto, bloccandolo ulteriormente con un ginocchio sullo sterno, mentre intimavo a James, che stava accennando a reagire, di non farci neanche un pensiero e lanciavo una breve occhiata a Peter, che si era lasciato scivolare a terra mantenendo ancora la bacchetta tesa, intanto che piangeva rannicchiato con il viso affondato nell’altro braccio e le ginocchia al petto.
Occhi negli occhi, a pochi centimetri dal suo volto, con lo stesso identico sprezzo, dissi a Sirius « Ma che bravo, stupido idiota… Se volevi farmi cacciare da qui, forse ci sei riuscito, ma non me ne andrò da solo… Non ho più nulla da perdere e se sai cosa sono, dovresti anche sapere cosa sono in grado di fare… stupido idiota » e feci scattare i denti nell’imitazione di un morso.
Vidi gli occhi grigi di Sirius dilatarsi e nel campo visivo, marginalmente, James sussultare, sentii Peter distintamente piangere ripetendo no.
Mi sentii un dio.
Non era più la mia vita ad essere alla loro mercè, ma il contrario.
E alla soddisfazione, la giusta soddisfazione di quella disfatta, si univa la rabbia del come si fossero permessi di farmi una cosa del genere.
Mi era stato tolto già fin troppo e nessun altro mi avrebbe tolto più nulla, nessuno.
Più tardi, quella notte, assicurato da James con la sua stessa vita in pegno e le loro scuse che nulla sarebbe uscito dalle loro labbra e da quella stanza, non mi sentii più né sicuro come lo ero stato il giorno prima, né un dio come avevo creduto poche ore addietro.
Fisso con gli occhi al mio riflesso in quel bagno, mi sentii solo, debole e insicuro. Più di me stesso che del loro silenzio…
Già il giorno appresso, James cominciò a rendermi partecipe di tutto quello che pensava e aveva intenzione di fare. Dal più piccolo scherzo alle sue più grandi aspirazioni.
Lo guardavo sconcertato, chiedendomi quanto terrificante dovevo essere apparso per avere una simile reazione. Sirius mi studiava silenzioso e guardingo, sempre al fianco di James, pronto a fargli da scudo, Peter invece cercava di seguire quest’ultimo nel suo slancio, risultando immancabilmente troppo titubante o troppo enfatico e, quindi, mai convincente.
In quei giorni feci del cuscino il mio lacrimatoio e pian piano, inesorabilmente, gli donai ogni stilla, come mai era accaduto.

Col passare del tempo, James continuò imperterrito, Sirius cominciò ad elargire generosamente monosillabi e Peter sembrò acquisire più fiducia in se stesso. Già allora era un grande attore…
Lentamente iniziai a consigliare dei piccoli accorgimenti a James sulle sue bravate.
Era innegabile che avesse del genio e del talento e la sua fantasia era pressochè illimitata, ma a volte si lasciava sfuggire delle ingenuità assurde, che lo avrebbero sicuramente perduto.
Credo che fu questo ad entusiasmarlo. Il fatto che i miei consigli si rivelassero sempre preziosi e che le sue “missioni” andassero sempre a buon fine.
Ogni volta che mi ringraziava e che io gli rispondevo che non era niente, lui scuoteva energicamente il capo dicendo che non era vero, perché io, in fondo, non ero tenuto a farlo…
Fu sua l’idea che diventassero Animagi per farmi compagnia alla Stamberga Strillante.
Lo fece per amicizia e per gratitudine alla mia collaborazione nelle sue iniziative, una su tutte la mappa.
Ma gli altri non lo fecero per quello.
Sirius lo fece per restare al fianco di James come sempre e Peter probabilmente per timore. Entrambi in debito con James della vita, entrambi “indotti” a seguire le sue orme da quel dannato giorno in cui artigliai la testa di Sirius al letto.
Certo, al tempo, un’ipotesi del genere non mi sfiorò minimamente.
Sirius e Peter mi parlavano con naturalezza ormai, con tranquillità e per la prima volta in vita mia, divenni inconsapevolmente patetico.
Ero convinto di avere degli amici. Perché sennò rischiare così tanto per me?
Perché essere sbattuti fuori da Hogwarts e diventare mezzo topo o mezzo cane per poi essere salvati dalla Squadra Cancellazione della Magia Accidentale, era meno drammatico che essere infettati da un licantropo. Ecco perché.
In questo non fui davvero meno ingenuo di James…
Ma io ero così felice invece e così dannatamente cieco, che anche il fatto di poter passare per un fazioso o un loro succube non riusciva a toccarmi.
Sono sempre stato bravo con le parole, ma mai con i sentimenti e questo perché non ho mezze misure.
Non sono mai stato capace di nascondere solo una parte, quella parte, di me, ho sempre nascosto tutto, perfino con loro… Assurdo, eh?
Ad ogni modo, non trovando alcun modo per ringraziarli di quello che facevano per me tentando di diventare Animagi, quando al quinto anno ci riuscirono, arrivai a infischiarmene del fatto di essere un Prefetto, lasciandogliele passare tutte, nessuna esclusa. Anche quelle più gravi. Anche quelle più scorrette.
Non importava quanto mi sembrasse ingiusto o sbagliato quello che facevano, se loro potevano farsi violenza per me, allora io potevo farmene per loro.
… Ebbi modo di cambiare idea appena l’anno seguente...

Una delle caratteristiche di Sirius, è sempre stata quella di essere un tipo astioso.
Lo sapevo anche allora e fu terribilmente sciocco, da parte mia, escludermi dalle sue mire, perché ero in cima alla lista.
… insieme a Piton.
Lo chiamarono scherzo, pensando che il fatto che avesse sedici anni facesse di lui solo un ragazzo avventato e non un lucido assassino a sangue freddo che aveva aspettato anni per vendicarsi. Mi mandò Piton consapevole che da quell’incontro, chi prima, chi poi, saremmo morti entrambi.
Fu James a salvarci, sottraendo Severus dalle mie zanne per un soffio, e per giorni lo odiai per averlo fatto.
Sirius mi aveva crudelmente sbattuto in faccia la verità un’altra volta, solo che a differenza della prima, la seconda non ebbi nessuna reazione.
Aveva avuto e aveva ragione lui. Non ero nient’altro che una stupida bestia.
Smisi di preoccuparmi di essere scoperto e finchè rimanemmo a Hogwarts, James tentò di salvare il salvabile, cercando di porre rimedio ai miei moti di leggerezza e tentando disperatamente di ricucire lo strappo fra me e Sirius. Non volendo capire che non c’era uno strappo, ma non c’era proprio nulla e basta.

Quando terminammo gli studi, io mi allontanai per quanto James mi concesse di fare.
Lily, che non sapeva nulla, lo appoggiò vivamente, Sirius e Peter probabilmente lo reputarono pazzo.
Eravamo fuori da scuola, il patto non valeva più e io ero fuori dai piedi, poteva essere solo il paradiso per loro e invece James perseguiva ostinato l’inferno…
Mi sono abbuonato molte cose nella mia vita. Reputo che visto che gli altri non lo sono a priori, almeno io devo essere indulgente con me stesso, al di là dei fatti, di tutto.
Qualcuno direbbe che è un modo pratico di vivere, io lo vedo come l’unico possibile per me.
Ma in tutto questo non mi perdonerò mai di aver perso fiducia in James.
Perché se mi guardo indietro, mi rendo conto che, per qualche assurdo motivo dato come iniziò, James si affezionò a me per davvero e mi considerò un amico sinceramente… Sempre.
Mi chiese di fargli da testimone alle nozze e di essere il padrino di suo figlio insieme a Sirius e io rifiutai entrambe le volte. Adducendo come motivazione la stessa che credevo lo “inducesse” a chiedermelo: la mia natura.
E ora so che in una condizione come quella, Peter ebbe la vita più facile di quanto avrebbe mai potuto sperare…

Passai dodici anni ad odiare Sirius con tutte le mie forze, per quello che credevo avesse fatto.
Come non l’avevo mai odiato neanche per ciò cha aveva messo in atto contro di me.
Perché James in vita sua non gli aveva fatto altro che del bene e lo aveva sempre considerato al pari di un fratello. Perché nonostante lo sapessi capace di qualsiasi cosa verso chiunque non gli andasse anche semplicemente a genio, allo stesso tempo lo reputavo leale a James fino alla morte e oltre.
E in quei dodici anni odiai me con la stessa foga, perché col mio comportamento non avevo fatto altro che spianargli la strada.
Col senno di poi, penso che avrei dovuto soffermarmi di più su quell’inverosimile slancio di coraggio da parte di Peter, ma allora per me fu così semplice e ovvio imputare ogni cosa a Sirius...
… Probabilmente almeno quanto lo fu per lui reputare Peter più sicuro e affidabile di me.

Esistono due tipi di verità: quella ufficiosa e quella ufficiale.
A volte coincidono perfettamente, altre non si sfiorano neanche.
La verità ufficiale vuole che dopo anni e anni di pleniluni, io mi sia dimenticato di prendere la pozione Antilupo.
Perché ero sconvolto dagli eventi, perché erano neanche dieci mesi che la prendevo e forse non mi ci ero abituato… Se qualcuno reputasse che è capitato perché sono stupido, non potrei dargli torto, ma mi va bene così. Non contesterò.
La verità ufficiosa è che non l’ho presa apposta.
Al tempo dissero che ero un buon insegnante, ma anch’io a mia volta avevo avuto dei buoni insegnanti e uno di questi, era proprio Sirius Black.
Avevo avuto dodici anni per distruggermi e rinascere al pari di Fanny, dodici anni per pensare a cosa avrei fatto a Sirius se fosse stato a piede libero e non ad Azkaban.
E per parziale esperienza personale, posso dire che peggio del bacio di un Dissennatore ci può essere solo il morso di un licantropo.
Avevo tutto il tempo di rispedire i ragazzi al castello e sentire la versione dei fatti da parte di Sirius e… cielo!, da quella di Peter.
Il solo fatto che fosse ancora vivo non lo metteva propriamente in buona luce, ma era difficile, se non altro per assuefazione, smettere di incolpare Sirius.
Avrei ascoltato, avrei valutato e avrei deciso.
Oh… se fossero stati tutti e due in combutta…
I miei denti sarebbero scattati e stavolta non a vuoto, ma quando arrivai lì…
Non era mai stato un buon Occlumante Sirius, era troppo istintivo e irrequieto per poterlo essere, ma dopo il primo momento di stupore alla mia vista, mi lasciò entrare nella sua mente liberamente. Anzi, quasi mi ci invitò.
Non dovetti rovistare molto, mi offrì all’istante ciò che volevo.
Rividi James ed era così diverso, in quella reminiscenza, dal ragazzo gioviale che ricordavo…
Seduto sul divano di casa sua, era teso e nervoso e stava discutendo con Sirius. Aveva paura per lui, non voleva che gli accadesse qualcosa di male per difenderlo, aveva cambiato idea. Sirius era davvero troppo ovvio come Custode, doveva essere qualcun altro, qualcuno di meno ovvio e altrettanto affidabile.
James fece il mio nome, Sirius ribattè facendo quello di Peter.
Che era insospettabile e abbastanza fidato, più di me comunque, e che con quello che stava accadendo, un licantropo non era una scelta oculata.
James assentì, era stanco e voleva solo che Lily e Harry potessero essere al sicuro. Diceva che non aveva più testa e che si rimetteva a lui, a Sirius…
In quei dieci anni che precedettero Azkaban, il massimo del contatto amichevole che avemmo io e Sirius fu una stretta di mano ai diplomi. Per far contento James, fra l’altro…
Ma nel momento in cui gli strinsi la mano per tirarlo su da terra, mi venne quasi spontaneo abbracciarlo come un fratello.
Il sollievo che non avesse pugnalato alle spalle James, che quella notte James non avesse visto Sirius al fianco di Voldemort, mi rese grato al mondo come null’altro.
Lo abbracciai per dirgli grazie.
Di non aver tradito James, di essergli rimasto fedele fino alla morte e oltre, perfino di essere lo stesso vendicativo di allora, perché adesso mi era chiaro il motivo della sua evasione… ma anche perché non potevo più stringere James e chiedergli scusa di tutto e penso che fu lo stesso motivo per cui Sirius ricambiò la mia stretta…

È buffo, ma nonostante avessi perso il lavoro e la vita non fosse per niente facile, il mondo mi sembrava decisamente più bello, da quando avevo avuto la riprova che certe cose non cambiano mai. E qualunque cosa accadesse, Mangiamorte alla Coppa del Mondo di Quidditch e altri licenziamenti compresi, continuavo ad avere questa bislacca visione.
Quando sulla Gazzetta del Profeta, invece che in prima pagina a caratteri cubitali, trovai un trafiletto in sordina in seconda pagina sulla vittoria di Harry al Torneo Tremaghi, ebbi la sgradevole sensazione che qualcosa stesse per dimostrarmi che il mondo non era poi questo granchè…
Mi stavo ancora domandando vagamente il perché di quell’articolo a pagina due, senza voler trovare realmente una risposta che sapevo mi sarebbe stata odiosa, quando sentii bussare, o meglio grattare alla porta.
Aprii perplesso, dopodichè inarcai un sopracciglio.
Tanto per cambiare, per svolgere l’ingrato compito di farmi aprire gli occhi brutalmente, fu scelto l’essere umano più rodato sull’orbe terracqueo in tal senso: Sirius Black.
Storsi la bocca e feci cenno col capo di entrare al grosso cane nero che sedeva nel mezzo del mio pianerottolo.
Quando chiusi la porta e mi voltai, era mutato in forma umana.
« Voldemort è tornato » … anche per me è sempre un piacere vederti, Sir…
« Harry si è fatto male? »
Domandai impensierito e per tutta risposta ricevetti un’occhiata sospettosa, preludio di un prossimo tentativo di Legilimanzia.
Feci una smorfia scuotendo il capo. Certe cose non cambiavano davvero mai, solo che non ci trovavo più la poesia di prima…
Lo superai e mi avviai in cucina con lui alle calcagna, giunto al tavolo presi il giornale e glielo porsi « La Gazzetta del Profeta continua ad essere una lettura illuminante » feci sarcastico. « Solo un trafiletto a pagina due sulla conclusione del Torneo Tremaghi, se uno non è scemo... Una tazza di tè? »
« Hai del caffè? » mi chiese sedendosi pesantemente su una sedia. Sembrava distrutto…
« No, mi rende nervoso » risposi piatto.
Rimanemmo paralizzati a fissarci per alcuni istanti. Io a pensare all’assurdità della mia risposta e di quanto potesse essere fraintesa, lui quasi certamente a cercare di capire se stessi scherzando o se stessi tentando di intimidirlo.
« Il tè andrà benissimo, grazie »
Soprassedè e ancora adesso, a ripensarci, mi suona strano.
Gli diedi le spalle e presi a preparare il tè.
« Come ci è riuscito? Certamente non tutto da solo… »
Non so perché feci quella domanda, dato che immaginavo perfettamente la risposta. Forse per trovare almeno uno straccio di cosa in comune…
« Peter » fu la sua laconica risposta.
« Avremmo dovuto farlo fuori » ribattei io tranquillamente.
« Harry non voleva… »
« Harry è solo un ragazzo, gli sfuggono un bel po’ di dettagli. Scommetto che adesso se n’è pentito… La colpa però è nostra, non volevamo screditarci ai suoi occhi » terminai poggiandogli un mug fumante davanti. Lui tenne gli occhi fissi sulla tazza e non rispose.
Avevo ragione e lo sapevo benissimo senza che lui dovesse confermarmelo. E lo sapeva benissimo anche lui senza doversi piegare a dirlo.
Scossi nuovamente la testa e mi voltai per riempire la mia tazza una seconda volta.
« Silente mi ha detto di avvisare il vecchio gruppo… »
Prevedibile, pensai, certamente non era venuto da me per una visita di cortesia.
« …mi ha detto di restare da te per un po’ di tempo… »
Ringraziai Merlino di essere di spalle.
Prima a tavola di fianco a Severus, poi rifugio per Sirius… O il nostro vecchio Preside era talmente tanto super partes da non notare ciò che aveva sotto al suo lungo naso adunco, oppure stava cercando qualcuno che ponesse fine ai suoi giorni. E se quest’ultimo era il suo scopo, prima o poi qualcuno lo avrebbe certamente accontentato.
Quando mi risedetti con la tazza in mano, Sirius era ancora assorto sulla sua.
Con la fronte corrugata « Comunque, potrei andare anche da Alastor, non penso che a Silente cambi qualcosa. Credo che l’abbia detto perché pensava… » che ci avrebbe fatto piacere, visto che in fondo siamo vecchi amici… terminai per lui mentalmente.
Già. Lo pensavano tutti… Brutto deludere le persone dopo anni di ferree convinzioni. E poi non mi meritavo una grandinata di domande sul perché non avessi ospitato Sirius-Martire-Black, così prima che il silenzio lasciato dalla sua frase in sospeso ci soffocasse, scrollai le spalle e risposi « Abbiamo diviso la stessa stanza per sette anni e non credo che la Guerra ne durerà di nuovo undici, per cui… »
« Lo dovrei prendere come un sì? »
Avesse potuto, sarebbe stato infinitamente più scontroso, ma non poteva. Era in difetto. Sotto un sacco di punti di vista tra l’altro. E peggio del peggio, ne era consapevole anche lui.
« Sì » risposi semplicemente.
Così come per anni lo era stato James, anche se in modo diverso, Peter divenne il nostro punto d’incontro. Quando le cose precipitavano o erano lì lì per farlo, lo tiravamo in ballo e ci sfogavamo.

È stato un anno strano questo…
In un anno abbiamo imparato a conoscerci realmente e a rispettarci, cosa che non siamo mai stati disposti a fare nei precedenti ventidue… beh diciamo dieci, visto che dodici li ha passati ad Azkaban.
Mi sono chiesto più volte se bisognava proprio che James morisse e Peter ci tradisse, perché una cosa del genere potesse accadere…
La prima volta che mi ha dato retta sono rimasto spiazzato, anche se non l’ho dato a vedere.
Non era per timore. Peter mi dava retta per paura, Sirius lo faceva solo per non dover discutere poi con James.
Arrivai addirittura a pensare che l’avesse fatto per un riflesso condizionato, dato che c’era Harry, ma visto che poi si ripetè anche in sua assenza, lentamente compresi che il suo era… rispetto.
Per questo, per le nostre sfuriate su Peter, le discussioni su Harry e la sua somiglianza con James, o anche le infantili partite a Sparaschiocco, la gente non ha cambiato l’idea che aveva di noi.
Amici
Perché non sa dei silenzi carichi di tensione, delle frecciate sputate fra i denti, fatte cadere come leggiadri fazzoletti di seta, pesanti come macigni, affilate come coltelli.
Della sfiducia che tornava regolare come le ricadute di un’influenza cronica. Dello scaricabarile di una colpa che c’è e non c’è ed è di entrambi e di nessuno dei due.
Per caso la gente non sa tutto questo, per destino.
Tutti sono sempre arrivati in momenti di calma e non hanno mai pensato che potesse esserci altro. Perché avrebbero dovuto poi?
Amici, fratelli, Malandrini…
Il mito di una mappa e di pochi nostalgici fra cui nessuno di noi due si è mai annoverato.
Spero che Silente cambi la sede dell’Ordine, ma so che non lo farà. Eppure lo vorrei tanto…
Ogni volta che ci riuniamo lì, tutti mi guardano come se dovessi crollare da un momento all’altro e mi chiedono sottovoce come sto.
Sto bene, davvero. Sto bene.
Sirius mi manca, certo… ma non come credono loro.
Mi manca perché questa farsa era più semplice da mandare avanti in due. Addirittura, qualche volta siamo riusciti perfino a riderci su.
Mi manca quello che avrebbe potuto essere e, forse, un giorno sarebbe diventato. Perché adesso so che Sirius poteva essere davvero un buon amico, uno di quelli rari, preziosi…
Mi manca per questo, ma niente di più.
E continuerò a vivere.
Perché la sua fine non è la mia.
Perché devo vegliare su Harry, porre fine ai giorni di Peter e tenere viva per quello che vale, e pare tanto, e per quello che si può, abbiamo già degli eredi, la nostra leggenda.
La leggenda dei Malandrini … Amici, fratelli.
Nemmeno Peter, nonostante abbia venduto James, ha mai spifferato qualcosa, quindi nessuno sa.
Nessuno sa niente di noi, di Hogwarts e di quella stanza, dove tutto ebbe inizio. Ciò che è uscito fuori, è quello che noi soli abbiamo voluto si sapesse e il resto, rimarrà sempre racchiuso là.






  
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