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Autore: Red_Hot_Holly_Berries    03/03/2010    5 recensioni
È mentre Alfred è in vacanza in Irlanda che fa l'incontro più strano della sua vita: un personaggio molto singolare che dichiara di chiamarsi "Inghilterra". Spinto dalla curiosità, il giovane accetta l'invito di quest'ultimo ad esplorare i segreti dimenticati di quella magica terra, ma scoprirà sulla sua pelle quanto pericolosi possano essere quelle creature fatate in cui nemmeno credeva, e in particolare i sidhe come Arthur...
Genere: Sovrannaturale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Esochan: in effetti, è uno dei pairing più amati, testa a testa con Italia/Germania, credo…. E sì, io adoro i finali ad effetto (quando riesco ad inventarne uno). Questo è stato semplicemente un colpo di genio… il titolo della storia è nato da lì! Inganni, inganni e ancora inganni… MUAHAHAH!! (<- risata diabolica)
Ballerinaclassica: idem come sopra… viva usuk! Sono contenta di aver finalmente imparato a trasmettere con la mia scrittura sensazioni e presentimenti, oltre che semplici immagini! ^___^ io sono un’appassionata di mitologia celtica, e mi ha schokkato scoprire che nessuno ha mia accostato l’idea di “personificazione dell’’Inghilterra” a quella di “sidhe”. Ma ho provveduto… yuk yuk yuk
Alaska Ame Chan: non hai idea di quanto le tue lodi mi facciano felice! Anche se è solo una riga di commento, fai sempre felice un autore! Si scrive per proprio piacere, è vero, ma si va avanti per amore dei commenti! Mi raccomando, fatemi sapere se mai la storia diventa troppo piena di descrizioni e poco scorrevole mi capita spesso!
JunROFTL: …. Grazie, hai centrato in pieno quello che volevo sentirmi dire. Io vivo in una casetta minuscola al limitare di un bosco, e per me è come una seconda casa… volevo provare a trasmettere ai “cittadinotti” (XD) cosa si prova a trovarsi in un posto simile… oh? Un’altra appassionata di mitologia? Mettiti comoda, cara, ho in arrivo un bel milkshake di leggende e favole, servite condite con tanto ukus e tanto ammmorre….XD


-Faresti bene a non fidarti mai di ciò che non conosci. Non è tutto oro ciò che luccica.-
-Questo comprende te, Arthur?- chiese l’americano, sorridendo.
-Sì. Oh, sì.-


Capitolo 2:

Un lungo silenzio accolse le parole di Arthur, a metà tra scherno e avvertimento, mentre il nuovo arrivato lo osservava con curiosità per nulla celata.
Occhi verdi ne cercarono di azzurri, e in questi Arthur vide ciò che aveva visto tante volte: quel ragazzo sapeva che c’era qualcosa, qualcosa di strano, di diverso, in lui. Era come se…
-Tieni- disse improvvisamente Inghilterra, tendendogli la pietra dorata e luccicante, distraendolo per infantile ripicca dal suo tentativo di capire.
-Uh… grazie…- disse impacciato Alfred, accettandola e osservandola da vicino.
Arthur sorrise. Un ragazzino. Si divertiva di più, con i ragazzini.
-Ti porterà fortuna, sai? Quasi quanto quel ciondolo.- Lo vide stringere il trifoglio, e il suo era lo sguardo diffidente di chi ha la ferma convinzione di essere il soggetto di una battuta inespressa.
Cosa poi vera.
-Me l’ha dato mia nonna… Ha detto che è per protezione.- rispose sulla difensiva Alfred a quell’accusa di superstizione, e davanti a quella scusa infantile Arthur sorrise, un ghigno poco affidabile tra il beffardo e il saccente.
-Protezione da cosa?- lo punzecchiò, e gongolò nel vederlo arrossire d’imbarazzo. Per cosa, poi…
[1] -Creature Unseelie.- rispose sottovoce Alfred.
[2] -Già, con i Seelie non funziona, soprattutto non con i Sidhe di alto livello come me. Perciò puoi anche smettere di stringerlo così; mica ti mangio, sai?-
Non fosse stato per la sua palese ignoranza, si sarebbe davvero offeso per essere stato scambiato per un Unseelie. Un Unseelie! Lui, un Sidhe Seelie in comunione con la terra stessa!
[3] -Sidhe?- ripeté Alfred confuso, inclinando il capo di lato come un cucciolo, ed Inghilterra sbuffò.
Quel ragazzo faceva bene a ringraziare che lui non fosse uno da ritenere l’ignoranza punibile, come molti Sidhe. Se così fosse stato, la popolazione mondiale sarebbe calata drasticamente.
-Non sei di queste parti.- fu il commento di Arthur.
A parte l’accento terribile, gli Irlandesi puri sembravano riconoscere i Sidhe a pelle, e questo tizio, chiaramente, non ne era capace.
-Da dove vieni? Da una delle vecchie colonie?- chiese, tornando a sdraiarsi nella culla formata dalle sporgenti radici dell’albero tagliato, le mani intrecciate dietro la testa, e il capo appoggiato contro il ceppo, in modo da poter guardare in faccia Alfred.
Questi fu un attimo interdetto dalla maniera in cui era stata posta la domanda, ma poi scosse le spalle ai suoi dubbi interiori e rispose eccitato: -Sì, vengo dalla grande America!- a cui seguì una posa eroica, ed Inghilterra sbuffò.
-Stati Uniti, eh? Piccoli ingrati- borbottò sottovoce.
-Ingrati? Noi siamo degli eroi!- replicò offeso l’altro biondo, e Arthur sospirò.
-Lascia perdere, è una storia vecchia. Piuttosto, la tua famiglia era originaria di queste parti, vero?-
-Sì. I tre quarti di Boston vengono dall’Irlanda.- rispose Alfred, decidendo che, in vista di una lunga discussione, poteva anche mettersi anche lui comodo, sdraiandosi sull’erba su un fianco, piegando una gamba verso di sé e sorreggendosi con il gomito.
-Perché sei tornato in madrepatria?- fu la successiva domanda di Arthur.
-Sono venuto a trovare dei miei parenti…- forse Alfred avrebbe anche aggiunto altro, ma il sorriso sorto all’improvviso sul volto dell’altro, cancellando l’espressione corrucciata, lo attirò nelle profondità di quegli occhi verdi, come la luce di una lanterna che attiri una lucciola.
-Adair aveva ragione… C’è ancora qualcuno che è tornato da noi…-
Arthur era felice.
Per quanto fosse nato in Inghilterra e fosse l’incarnazione di quella terra, lui apparteneva a tutte le isole britanniche, e sebbene considerasse tutti gli abitanti la sua “sua” gente, molti avevano smesso di credere in lui, abbandonandolo.
Sebbene fosse molto legato ai fratelli, li vedeva così di rado, ed era stanco, stanco, di commiserarsi per la sua solitudine.
Sì, avrebbe preso quel ragazzo – così istintivo, così vitale, quello che la sua stirpe non era più da molto tempo – sotto la sua protezione, come prova che lui, per qualcuno, esisteva ancora.
-Se vuoi, ti posso far vedere la zona. Posso insegnarti molte cose sul passato di questo posto, posso mostrarti cose che non avresti mai immaginato. Cose che i più hanno dimenticato.- offrì Arthur, ma lo scintillio dei suoi occhi colmi di speranza tradì la supplica nascosta in quelle parole.
-Perché no?- rispose allegro Alfred. -Tanto non è che abbia molto da fare-
Arthur fece per rispondere, ma all’improvviso si irrigidì: un’invisibile sensazione aveva percorso il mondo, attraversando erba, aria e acqua come un’onda. Alfred non se n’era accorto (come avrebbe potuto?) ma lui si sentì toccare nell’intimo da un tremito, un sospiro, un pizzicore, una carezza.
Inghilterra esalò un tremulo respiro che non si era accorto di trattenere: quella era la scossa – quasi elettrica – che indicava l’increspatura del limitare di Faerie. [4]
Adair, Adair era tornato, Adair lo stava chiamando.
Arthur saltò su con un’espressione sollevata, e con un aggraziato salto era già oltre il torrente.
-Dove vai?- chiese Alfred, evidentemente sconcertato dalla sua mossa improvvisa.
Arthur si girò verso di lui: -Devo andare dal mio Deartháir, da mio fratello. Ci vediamo!- [5]
-Ma non sai nemmeno dove abito!- esclamò Alfred saltando in piedi, guardandolo, di nuovo, con l’aria di un cucciolo; al che il Sidhe rimase a fissarlo, dibattuto tra due scelte.
Dopo un attimo sospirò, e si mosse per tornare dal ragazzo, sentendosi quasi in colpa a lasciarlo così. Un attimo prima era di là dell’acqua: un battito di ciglia, e uno stupito Alfred se lo ritrovò davanti, che gli afferrava il bavero e lo forzava ad abbassarsi.
-Ti giuro che mi rivedrai- sussurrò, baciandogli gentilmente i capelli, soffici e serici come quelli di un bambino.
Un altro battito di palpebre, e Inghilterra era tornato dall’altro lato della radura, come se non si fosse mai mosso. Arthur non sapeva cosa fosse rimasto all’altro di quel suo tocco, ma sulle sue labbra aleggiava un sapore di caramello e zucchero.
-Ti troverò ovunque tu possa essere!- queste parole a metà tra l’affettuoso e il minaccioso furono pronunciate senza voltarsi, alzando giusto una mano in segno di saluto, mentre s’incamminava verso gli alberi e, giuntovi, posò una mano sul tronco dietro il quale Alfred si era nascosto prima, un vecchio nocciolo che si biforcava alla base.
Sapendo che da dove si trovava il ragazzo non poteva vederlo, afferrò il lembo del mondo di Faerie lo scostò di lato come un drappo, scavalcando la “V” formata dai due tronchi, e lasciandolo poi ricadere dietro di sé.
Così vicino al limitare dei mondi poteva ancora vedere Alfred, e lo osservò girare intorno ai due alberi gemelli, cercando di capire dove diavolo fosse sparito.
Arthur rise e gli accarezzò una guancia a quel fantasma dai contorni confusi, prima di voltarsi e seguire il fiume quasi solido di luci che nell’altro mondo era solo un torrentello, chiamando il Sithen. Era sicuro che dovesse essere da quelle parti e… eccolo! Sentendo la sua impazienza per una volta gli aveva fatto il favore di evitargli la solita caccia al tesoro…
-Perché diamine il Sithen si diverte così tanto a giocare a nascondino con me, quando li fa sempre entrare subito quei bastardi dei miei fratelli?- mugugnò Arthur, tenendo il broncio.
Il Sithen era una sorta di piega nella struttura di Faerie, che veniva usato dai Sidhe come casa. Gli unici Sithen permanenti erano quelli delle due Corti che, in accordo con la natura dei Sidhe reali che accoglievano, seguivano il fluire di Faerie, cambiando perciò continuamente posto rispetto agli altri mondi. I Sidhe raminghi, invece, quando decidevano di fermarsi in un luogo, creavano un Sithen temporaneo nelle vicinanze dei varchi tra i mondi (come quello appena attraversato da Arthur), ancorandolo in parte al mondo al di là, in modo che non si spostasse troppo: tenerlo completamente fisso era impossibile, data la natura stessa di Faerie, in continuo mutamento.
Con un profondo sospiro di soddisfazione, Arthur entrò nel Sithen, non varcando una vera e propria porta, ma semplicemente entrandovi: un attimo prima era tra gli alberi di Faerie, e un attimo dopo era in una stanza dal soffitto fatto d’illusori tendaggi e pareti coperte da complicati arazzi di fitto muschio dai disegni intricati.
Come un profumo che aleggiasse intorno a lui, sentiva una presenza crepitante ed elettrica, e l’odore di ozono che precedeva un temporale. Athol era in casa.
Poi sentiva una presenza fluire pigra avvolgendo il suo corpo, quasi solida, e l’odore di umidità che aleggiava attorno a una cascata. E quello era Adylan.
E infine… sì, c’era una presenza secca, che ora si espandeva e ora si ritraeva, tendendosi prepotente verso di lui, e l’odore inebriante dell’ossigeno puro. Era Adair!
[6] -Foghlaidh!- chiamò una voce, e quando Arthur si voltò, si trovò davanti al maggiore dei suoi fratelli, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro sul viso cosparso di lentiggini, e gli occhi del suo stesso verde assoluto che brillavano di gioia.
In un attimo Arthur si era già gettato tra le sue braccia aperte, abbracciandolo più forte che poteva, e aveva nascosto il viso nei suoi lunghi e riccioluti capelli rosso fiammante, scoprendo che Adair aveva lo stesso rassicurante odore di cenere di sempre.
[7] - Éire, Éire! Mi sei mancato così tanto!- Ed eccolo lì, il Sidhe che era la personificazione di uno dei più potenti imperi del suo tempo, che in un attimo era ritornato a essere solo un bambino.
-Anche tu, piccolo mio.- rispose Adair, scostando con un gesto affettuoso la frangia ribelle dell’altro, per poi posare un bacio leggero come il tocco di una farfalla sulle sue labbra, prima di premere su quello inferiore per chiedere di più.
-Ben arrivato, fratello. Era pure ora che arrivassi.- intervenne una voce, più profonda e roca.
Arthur alzò lo sguardo e vide Athol che li guardava appoggiato con fare arrogante alla soglia della stanza, le braccia incrociate sul petto.
-Hai un bel coraggio ad arrivare per ultimo a un incontro organizzato nel tuo stesso paese e di attaccarti subito ad Arthur!- lo punzecchiò, arruffandosi con una mano i corti e ribelli capelli di una tonalità molto scura di rosso.
In contrasto con l’aperta allegria di Adair, tutto del secondo fratello più vecchio comunicava una sensazione di durezza e superiorità, dalla corporatura muscolosa (sebbene più giovane dell’irlandese, era più alto), alla sottile cicatrice sulla guancia destra, alle rade lentiggini, agli occhi verde scuro come le profondità della foresta, tentatori nella loro palese minaccia.
-Ma sta’ zitto- sbuffò Adair, tornando a coprire la bocca di Arthur con la sua, assaggiandone la lingua morbida e umida, e trovando sollievo per il suo calore bruciante.
Fu solo un attimo, e prima che l’altro potesse protestare, Adair strinse a sé il più giovane, immergendo il viso nei suoi capelli come prima l’altro aveva fatto.
[8] Tutti i Fey, Sidhe compresi, erano creature della carne e dei sensi: quando erano turbati, cercavano istintivamente sicurezza nel reciproco contatto fisico, senza vergogna né pudore.
Gli umani avrebbero potuto trovarci qualcosa di sessuale, ma non era per forza così: il sesso poteva essere mezzo per confortarsi a vicenda, era vero, ma non era affatto l’unica cosa che avevano in mente, strusciandosi tra di loro come una a cucciolata di gattini.
L’Irlandese perciò venne lasciato fare, crogiolandosi nell’odore di polvere vecchia, di legno scaldato dal sole, di muschio nascosto sotto una roccia, di felci bagnate di rugiada.
Adair rialzò lo sguardo verso l’altro fratello: mentre un umano avrebbe distolto lo sguardo per dar loro un po’ di privacy, tra i Sidhe non vi erano tabù sull’intimità, e Athol non aveva distolto gli occhi da loro neanche un attimo, fissandoli con espressione illeggibile – o forse un po’ gelosa?
-Come se tu non gli fossi stato addosso fino adesso- ironizzò il maggiore, cogliendo una traccia dell’odore dell’altro sulla pelle di Arthur. Athol si avvicinò a grandi passi, facendo per rispondere, ma il suddetto biondo bloccò in anticipo il battibecco, pestando con forza un piede di Adair e lanciando un’occhiataccia all’altro.
-Smettetela di parlare di me come se non fossi presente!- li sgridò Arthur, cercando di tenere il suo solito broncio, ma la felicità nata dall’incontro con quel ragazzo umano ancora aleggiava dentro di lui, impedendoglielo, e i due fratelli lo notarono, stupiti che non gli avesse ancora imprecato dietro.
-Perché così sorridente, Arthur? Ti sei trovato un amante umano?- ridacchiò Adair, ma tanto al sua risata quanto il ghigno di Athol caddero quando l’altro rispose cinguettando: -Proprio così!-
-COSA!?- esclamarono in coro, fissandolo stupefatti.
[9] -Dov’è Adylan, Alba? Voglio dirlo anche a lui!- domandò Arthur, seguito dall’irlandese:
[10] -Già, dov’è Cymru? Non è ancora venuto a salutarmi, quella lucertola!-
-Si sta facendo il bagno, credo…- rispose frettolosamente Athol, ma il suo desiderio di tempestare il minore di domande fu frustrato da un grido proveniente dall’altra stanza: -Arrivo, arrivo!-
E infatti dopo un attimo comparve l’ultimo fratello, il più giovane dopo Arthur, nudo a parte un asciugamano di quello che sembrava a tutti gli effetti muschio legato intorno alla vita, strofinandosi i corti e lisci capelli castano chiaro con un altro.
Un giovane molto bello, nella media dei Sidhe, ma la sua particolarità era un’altra: il tatuaggio di un drago rosso sulla spalla destra, dalla testa e il collo serpentino disegnati a lato della sua gola, un’alata aggrappata alla clavicola e l’altra semi-spiegata sulla scapola, il corpo affusolato accoccolato sull’avambraccio e la lunga coda avvolta intorno al braccio.
Nel suo complesso era incredibilmente realistico, dettagliato fino all’ultima scaglia dai colori vividi: sembrava pronto a spigare le ali e staccarsi dalla pelle di Adylan da un momento all’altro.
-Mi stavo asciugando. In ogni caso, bentornato, fratellone - si scusò questi, prima di abbracciare Adair e sfregarsi affettuosamente sotto il mento dell’altro, con l’aria di un animale selvatico che accolga un membro del branco.
-Avevo ragione: sei sempre il solito maniaco di lucertole- dichiarò allegramente Adair, dandogli un pizzicotto neanche tanto leggero sul braccio destro, e strappandogli un urletto molto poco virile.
-Ti vanti tanto, ma non lo liberi mai! Siamo forse meno dotati di quanto si dica in giro, fratellino?- Athol sghignazzò alla battuta, mentre tutto ciò che Adylan rispose fu uno sbuffo altezzoso, nascondendo però il tatuaggio avvolgendosi le spalle con il secondo asciugamano.
-Piuttosto- disse il terzogenito, cambiando discorso –Cos’è questa storia del tuo nuovo amante, Arthur? Pensavo avessi deciso di non farlo più, non dopo l’ultima volta…-
Il biondo sembrò illuminarsi, sorridendo ai suoi fratelli maggiori.
-Si chiama Alfred, e credo valga la pena di rischiare...-



Alcune note , per coloro che sono poco pratici di conoscenze sulla mitologia celtica&co:
[1] e [2] Gli Unseelie e i Seelie sono le due Corti maggiori in cui si dividono le creature fatate, rispettivamente Corte della Luce e dell’Oscurità.
[3] I Sidhe sono le creature fatate dall’aspetto più umano, chiamati anche “elfi”. Sono una sorta di elite rispetto alle altre creature, anche se hanno una loro aristocrazia interna.
[4] Faerie è un mondo parallelo al nostro, il reame in cui vivono le creature fatate, in cui le leggi dello spazio e del tempo agiscono in maniere diversa.
[5] Deartháir: in gaelico, vuol dire “fratello”.
[6] Foghlaidh: sempre in gaelico, vuol dire “pirata”. Il perché Adair lo chiami così si scoprirà più tardi…
[7] Éire: il nome dell’Irlanda nella sua lingua.
[8] “Fey” è il nome con cui le creature fatate chiamano sé stesse.
[9] Alba: il nome della Scozia nella sua lingua.
[10] Cymru: il nome del Galles nella sua lingua.
  
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