Avevamo mangiato tranquillamente, nonostante tutto. Ci sentivamo al sicuro, Sirius ci aveva fatti sentire al
sicuro, suggerendo di trasferire a Peter il compito di essere il nostro custode
segreto. James era preoccupato per Sirius, il compito che si era preso era
terribilmente pericoloso, ma, come aveva scherzosamente concluso
lui stesso, in fondo “Sirius non
sarebbe se stesso se non si fosse preso la parte più eccitante, lasciando me a
languire qui”
Avevo finto di offendermi
(“Stare qui con me e nostro figlio per te è languire?”)
e lui mi aveva abbracciata,
attirandomi a sé e baciandomi, ridendo come solo lui sapeva ridere e dicendomi
quelle parole che tanto amavo sentirmi dire
(“Stare qui con te e nostro figlio è il paradiso”)
per poi subito dopo tradire la sua
anima di buffone, concludendo la frase con quel pizzico di umorismo che di
solito gli meritava una mestolata sulla nuca.
(“solo vorrei annoiarmi un po’ di meno …”)
Aveva aperto il suo bel viso in un sorriso e poi mi aveva baciata, rovesciandomi leggermente indietro. Nella nostra
calda, sicura, accogliente cucina. Sotto gli occhi di nostro figlio che sedeva
nel suo seggiolone e batteva il cucchiaio sul ripiano tutto felice nel vedere i
suoi genitori così affiatati.
Mi ero messa in viso quell’aria leggermente corrucciata
che assumevo sempre quando ancora ero una prefetta e
lui James “Prongs” Potter, il combinaguai della scuola. Poi, proprio come
allora, l’avevo bacchettato per la sua impudenza, cosa che entrambi adoravamo.
Io fare, lui ribattere.
(“Ah è così? Si annoia signor Potter? Allora suppongo che si annoierà di
meno *stanotte* se si leggerà un buon libro in soggiorno, sul *divano* mentre io dormirò con nostro figlio”)
Harry aveva riso, deliziato dall’occhiata falsamente
disperata che suo padre gli aveva lanciato mentre mi
lasciava andare e gli si avvicinava, rivolgendosi a lui e parlandogli a bassa
voce, mentre io sparecchiavo alla cara, vecchia maniera babbana.
(“L’hai sentita scricciolo? L’hai sentita tua madre? Vuole mandarmi in
bianco. Ma tu non glielo permetterai vero? Non vuoi
dormire con lei giusto? Lascerai che sia il tuo papà a trovare un rimedio alla
noia corteggiando la mamma, sì?”)
Ed Harry, a modo suo, gli aveva
risposto, ridendo e battendo le manine, facendo così partire gli ultimi schizzi
di zuppa dal suo cucchiaio e colpendo James vicino all’occhio. A quel punto il
mio amore aveva sollevato il piccolo dal seggiolone e se l’era messo davanti al
viso incupendosi, con aria fintamente severa. Ma era
bastato che Harry storcesse il visino per fargli morire le parole in gola. E quando la prima lacrima aveva fatto capolino al bordo dell’occhio
del nostro tesoro il grande James Potter, il Marauder, il Cercatore, il
Ragazzo-più-corteggiato-di-Hogwarts [a sentire lui] era miseramente crollato,
supplicando il bambino di non farlo.
(“Harry? Harry
scherzavo! Harry giuro mi dispiace, Harry ti prego,
dai non fare così, avantiiiiii! Non voglio farti niente, guarda che non mi sono arrabbiato. Sul serio non me la sono mica presa! Non mi
ha dato fastidio quello che hai fatto! Scherzavo! Harry non piangere, no no no non farlo. LILYYYYYYYY!”)
Ridendo avevo preso nostro figlio dalle braccia del padre
e l’avevo stretto a me baciandogli via le lacrime dal viso, lasciandogli
stringere il pugnetto attorno al mio indice mentre lo
cullavo. Harry aveva appoggiato il viso sul mio seno, calmandosi, e mi aveva
sorriso beatamente mentre suo padre alle mie spalle
bofonchiava non so quali proteste.
(“Però così non vale … quando io mi
arrabbio o sono triste non mi tratta mica così … non è per niente giusto, ecco!”)
A volte veramente davo più maturità intellettiva a mio
figlio che non a mio marito. Ma
del resto Harry aveva passato molto meno tempo con Sirius di James, e questo
poteva spiegare il maggior rincretinimento del mio amore. Senza offesa a Sirius
ma messi vicini lui e James riuscivano ad essere più
imbecilli di quanto si potrebbe credere. Specie senza Remus a
monitorarli.
Intanto James si era pulito il viso e cercava di rientrare
nelle grazie del bambino, tentandolo con qualche innocuo giochetto di
trasfigurazione.
(“Vedi Harry? Era una tazza ma ora …
tac! … è un bel topolino! Ti piace? Vuoi vederne altri? Sì?”)
Li avevo lasciati in cucina ed avevo attraversato il
soggiorno per poi salire al piano di sopra ed andare a cambiarmi. Avevo passato
tutto il giorno con addosso dei vecchi jeans di James ed una sua t-shirt, perché
avevo avuto da fare nell’orto davanti a casa e non avevo voglia di sporcare i
miei vestiti. Ma ora la giornata era finita, la cena
anche ed Harry non aveva più modo di bersagliarmi con pappette, zuppe o simili.
Potevo anche mettermi qualcosa di mio, senza che rischiasse di venire irrimediabilmente rovinato da mio figlio o dal lavoro
nell’orticello, che peraltro stava venendo su molto bene da quando avevo
impedito a James di darmi una mano.
Il tempo d’infilarmi qualcosa di comodo e fresco, un
vecchio vestito chiaro che avevo da quando avevo
finito la scuola, ed ero tornata di sotto, fermandomi in soggiorno a porre un
qualche rimedio temporaneo al caos fatto nel pomeriggio dal duo di delinquenti
che viveva con me. Poco fa ho osservato che mettere vicini Sirius e James senza
supervisori li rende imbecilli al di là di ogni immaginazione, ma dovendo
essere sincera direi che il massimo dell’idiozia mio marito la raggiunge quando
sta con suo figlio. Come testimoniava il fatto che lo
stesse facendo galleggiare in aria mentre mi raggiungeva in salotto,
probabilmente con un Wingardium Leviosa. E sembrava
pure *soddisfatto*! Ma gli spiegai io, per l’ennesima
volta, come stavano le cose. Pacatamente, come del resto dovrebbe essere ovvio.
(“JAMES! RAZZA DI
DISGRAZIATO! COSA STAI FACENDO? VUOI CHE HARRY SI
SCHIANTI AL SUOLO? STAI GIOCANDO CON
E lui? Lui come aveva reagito? Nella sua tipica maniera, da manuale se mai fosse esistito un
manuale su James Potter. Facendo la faccina
dispiaciuta, acchiappando Harry per un piede, tirandoselo in braccio e
sfoderandomi due occhi da cucciolo innocente.
(“Ma me l’ha chiesto lui. Cioè, me l’ha fatto capire. Lo sai com’è comunicativo no? Lo
dici sempre tu”)
Come se avessi mai potuto
cascarci. L’avevo gratificato di un’occhiata tra il furioso ed il perdonato e
gli avevo preso il bimbo dalle braccia, che gorgogliava beatamente felice. Ovvio
che lui era felice. Gli piaceva tutto quello che faceva suo padre. Forse perché
avevano il cervello uguale, cosa che avevo anche ribadito
a James. Lui come aveva reagito? Altra reazione da manuale, e forse io avrei
potuto scriverne uno perché lo conoscevo come le mie
tasche. Si era azzerbinato un attimo e poi aveva assunto il tono da dignità
offesa.
(“Lily amore ma perché non mi credi?
Già perché tu non mi credi. Non mi credi mai! Non su
ciò che faccio con Harry! Dici sempre che è tanto intelligente, ricettivo,
portato, furbo… e poi però quando succede qualcosa che non ti va la colpa è
solo mia”)
Inutile rispondergli, si sarebbe incaponito ancora di più
con quella storia. Così gli avevo dato un bacio, avevo sbattuto le ciglia e gli
avevo chiesto se per caso non poteva sistemare un po’ il
soggiorno visto che lui era tanto buono e bravo. Chiaro come il sole lui aveva
acconsentito, conscio che se avesse anche solo osato proferire una lettera la
minaccia sul divano ed il libro sarebbe diventata in
breve una tragica realtà. Sapevo come prenderlo. Era tutta questione di occhiate e toni di voce. Non servivano minacce esplicite.
Mentre giocavo con Harry lui si
era dato da fare, con la bacchetta naturalmente, ed aveva risistemato tutto il
soggiorno in un battibaleno guardandoci di sottecchi, convinto di non essere
visto, con quella sua aria mezza orgogliosa e mezza intenerita. Avevo amato con
tutto il mio cuore queste sue uscite un po’ furtive. Rendevano l’atmosfera in
casa più intima e compensavano le sue sfacciate dichiarazioni d’amore con cui
mi tempestava per tutto il giorno. Succedeva spesso che, alla
sera, James diventasse più sottile e malizioso, più tentatore. Come se ci fosse stato molto da tentare. Non l’avevo sposato
senza motivo!
Aveva finito in tempo record e mi si era avvicinato
pretendendo un anticipo su quello che avremmo condiviso nella notte, se Harry
avesse dormito tranquillo. Gli avevo dato il suo bacio, Harry stretto tra di noi che ci guardava rapito come se fossimo la cosa
più bella del mondo. Bastava che ci sorridessimo perché lui scoppiasse di
felicità. Anche se sapevo che i ricordi non si formano prima del terzo di anno di età nei bambini, in un certo senso ero sicura che
lui avrebbe conservato almeno una sensazione di tutto questo. Perché James in fondo aveva ragione. Harry era il bambino
più intelligente che io avessi mai visto. Inoltre era figlio mio e di James no? Ovviamente da James
aveva preso la bellezza, ma da me gli occhi e la dolcezza oltre all’intelligenza.
Un filo arrogante? Beh, James è molto intelligente, ma non
nel senso in cui speravo che lo diventasse mio figlio. Non completamente nel modo in cui lo speravo che diventasse mio
figlio. Mi auguro che Harry non diventi improvvisamente cretino quando Sirius
gli capita a tiro … e questo, purtroppo, è tipico di
suo padre. Ma lo amavo e lo amo anche per questo. Non era mai cresciuto, era sempre il ragazzino ribelle. Il mio
Peter Pan personale. Che anche a 90 anni, ne ero sicura, mi avrebbe fatto sentire giovane. Non sono
critiche le mie, piuttosto affettuosi commenti.
E lui mi aveva rabbuffata, richiamandomi
all’ordine. Io, la più posata dei due.
(“Lily? Amore? Mio
splendido giglio?”)
Gli avevo dato un altro bacetto e poi mi ero persa a
guardare Harry, battendogli appena un dito sul nasino, osservandolo
sbadigliare. M’ero informata se James aveva già fatto le cose fondamentali mentre io ero di sopra.
(“Cambiato? Pulito
per bene? Ruttino?”)
Ricordo ancora come aveva riso, per poi fare l’offeso e
chiedermi che razza di padre credevo che fosse.
(“Pensi forse che mi dimenticherei
delle cose fondamentali come queste? Quando poi Harry potrebbe svegliarsi di
notte e tirarci giù dal letto, mentre siamo impegnati a fare cose moooolto più
interessanti che non cullare un neonato a mezzanotte, o quasivoglia ora scelga
il nostro tesoro?”)
Mi ero limitata ad un mugugno non impegnativo,
lanciandogli un’occhiata di sottecchi ed arrossendo quando avevo scoperto che
se l’aspettava e che mi aveva beccata in pieno. Quasi stizzita, ma intimamente
compiaciuta, dal suo conoscermi così bene avevo provato a zittirlo usando Harry
come scudo.
(“Basta così James Potter! C’è un bambino qui, te ne ricordi?”)
Ma, ovviamente, per lui questo non
era un problema. Aveva praticamente rapito Harry dalle
braccia per poi portarlo sopra di corsa, suppongo a sistemarlo nel suo lettino,
per poi tornare da me e coinvolgermi in un appassionatissimo bacio, che mi
aveva fatto girare la testa e crollare le gambe. Forse non avevo mai detto che amavo ed amo quest’uomo più di me stessa. No? Beh,
ora sì.
Mi aveva baciata a lungo, come
solo lui sapeva fare, con quel misto di amore e tenerezza che culminava nella
passione, sempre la stessa sin dai tempi di Hogwarts ed al tempo stesso ormai
condita dalla calma che veniva dal nostro conoscerci così bene fin dentro l’anima.
Ci eravamo sorrisi, guardandoci negli occhi, mentre
intrecciavo la mia mano alla sua e lui le sollevava entrambe per baciarmi le
dita. Quella piccola reverenza nel suo sguardo che si rifletteva nella mia mi
dava sempre un brivido.
Stavamo per approfondire i nostri baci con altro quando lui
bussò. In realtà non sapevo che fosse lui, pensavo che fosse Peter o forse la
nostra vicina, una babbana un po’ svampita ma simpatica. Ricordo
che James mi guardò con gli occhioni da cucciolo, il loro effetto completamente
rovinato da quel luccichio che conoscevo troppo bene. Fui io a dirgli di
aprire
( “Potrebbe essere per un motivo
importante, dai … io resto qui” )
Un altro fugace bacio, un sorriso condiviso. Lo guardai
uscire ed il mio irriverente pensiero fu che in fondo era vero … James aveva il
sedere più bello di tutta Hogwarts. Per me anche più bello di quello di Sirius.
Sulla porta si fermò, voltò la testa e mi strizzò l’occhio con un piccolo
ghigno. Poi sparì in cucina, per andare ad aprire. Avevamo fatto della cucina
il nostro atrio. Ci piaceva, la disposizione irregolare delle stanze. Più a lui
che a me. Ma era divertente.
Pochi attimi dopo quell’ultimo
sorriso malizioso di James la mia vita andò in frantumi, e sapete come. Io non
ve lo dirò. Preferisco indulgere ai ricordi più belli, ricordarmi com’era la
vera vita. Quella che avrei voluto vivere finchè morte naturale non mi avesse colta, assieme a James. Siamo vissuti assieme,
morti quasi nello stesso momento. Non vi dirò come, ma se vorrete vi parlerò
ancora di come eravamo.
Nei frammenti dello specchio infranto
Leggo i ricordi di una vita vissuta
Vissuta con il sorriso sulle labbra
Labbra d’incoscienti che giocavano
Ma non è il gioco
Felicità?
- Fine -
Ero ispirata per una storia su James, Lily ed Harry. Ho
voluto scrivere una storia che parlasse di loro prima
che morissero. Ho voluto lasciare a Lily il diritto di raccontarci come vedeva
la sua vita prima che le venisse strappata via. Questa
storia è una one shot, ma in realtà sto preparando una
specie di seguito che parlerà della stessa sera, anche se vista da James. Ho in
mente un piccolo ciclo, ma non so se riuscirò a scriverle tutte entro oggi,
perciò non vi dirò su chi le voglio scrivere perché non voglio
illudervi. Se scriverò quelle storie le vedrete
pubblicate. Prima o poi. Possibilmente prima. Magari
oggi. Vorrei che la commentaste e che mi diceste sinceramente cosa ne pensante. Io sono un’appassionata di slash, lo sono
davvero molto … ma spero che le altre lettrici di
slash non snobbino questa storia solo perché è su James e Lily. Diamo loro la chance che meritano. Permettiamo loro di dirci come sono
stati felici. Questo io chiedo. E vi ringrazio anticipatamente.