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Autore: Ignis    06/03/2010    4 recensioni
Siamo in un universo alternativo. Sulla Terra esistono due razze umane dominanti: una è quella dei Terrestri, gli abitanti della terraferma, mentre l'altra è quella dei Marini, gli abitanti dei mari. I Marini hanno soggiogato la razza umana diversi secoli fa e ora la dominano completamente, sfruttandola nelle maniere più disparate.
Louane è una ragazza Terrestre che, come tutti, spera di non essere scelta per essere deportata nel ventre oceanico... ma le sue speranze si rivelano presto vane. In un mondo ostile e sconosciuto come l'Oceano, sarà mai possibile per lei trovare il suo lieto fine?
Tratto dalla storia:
«Nash... mi dici perché hai scelto Wakko, all’asta?»
Lui però sembrava troppo impegnato a decidere cosa indossare ai piedi per prendere seriamente quella domanda. «Era l’unica decente. Un maschio non andava bene per Coco, e non si sarebbe divertita con una troppo grande per lei».
«E non ci sono altri motivi?»
«Dre».
«Nash».
Ci fu un lungo silenzio, durante il quale Nash fu impegnato a preparare il borsone per uscire. Poi il ragazzo scosse la testa. «Senti, non ci sono altri motivi. Se ci fossero, te li direi. Sei mio fratello».

[Fiction Interrotta]
Genere: Sentimentale, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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01. Una notte di pioggia

La pioggia batteva incessantemente contro il vetro della finestra. L’acqua cadeva copiosa e scrosciante, sferzando violentemente tutto ciò che incontrava; la finestra era coperta da un velo d’acqua che deformava le scurissime figure all’aperto. Ogni tanto spuntava fuori un fulmine dal nulla, e allora tutto si illuminava per un solo istante di bianco; un attimo dopo era già tutto finito e restava solo l’eco di un tuono.
Era un normalissimo temporale estivo, ma Louane lo fissava come fosse uno spettacolo di fuochi artificiali. Le altre bambine della sua età probabilmente se ne stavano rintanate sotto le coperte ad aspettare che quell’inferno finisse.
«Avanti, Lou, dovresti essere già a letto» la rimproverò dolcemente la madre entrando nella sua cameretta.
La bambina si voltò verso la donna e sorrise raggiante. «Mamma!»
Corse ad abbracciarla, ma la donna non si lasciò incantare: ne approfittò per prenderla in braccio e portarla sul letto direttamente. La avvolse tra le coperte morbide e la baciò sulla guancia.
«Avanti, niente scherzi: mettiti a dormire».
Madre e figlia non si assomigliavano per niente: la donna aveva dei corti capelli corvini lucenti e perfettamente lisci e occhi marroni e caldi incastonati come gemme in una pelle fortemente abbronzata; la bambina invece aveva la pelle rosea, una folta chioma di capelli biondi e occhioni di un ambiguo verde acqua.
La madre prese ad accarezzarle la guancia e il collo con le mani, poste sotto la cascata bionda della piccola. Dapprima sorrideva dolcemente, persa nei suoi pensieri da adulta; lentamente però il suo sorriso svanì lasciando posto a un’espressione pensierosa.
«Mamma?» fece Louane, preoccupata.
La madre si riscosse e tornò a sorridere, poco convinta: «non è niente, piccola. Avanti, mettiti a dormire».
«Prima raccontami una storia».
«Non se ne parla. A nanna!»
«Io voglio sentire una storia!»
La donna sospirò. «Lou, sei sempre la solita».
Louane ridacchiò, sorridendo gongolante.
«Allora, cosa vuoi che ti racconti?» chiese la madre mettendosi seduta sul bordo del letto.
«Raccontami una storia di una principessa» implorò la figlia.
«Agli ordini. Dunque... c’era una volta una piccola principessa che viveva in un mondo di fiori e cieli azzurri».
La bambina restò a fissare la madre, già assorta.
«La principessa era molto felice nel suo mondo. Un giorno però, un orco s’incapricciò della sua bellezza e la rapì, portandola nel cuore della Terra: immersa nell’oscurità, la principessa non era più circondata da prati e sopra la sua testa non c’era il cielo».
«No, che brutto senza il cielo!» si lamentò Louane strizzando gli occhi. «Se non ho il cielo e i fiori io muoio» stabilì.
La donna le accarezzò la guancia delicatamente, poi continuò a raccontare.
«Trascorse moltissimo tempo, ma la principessa non fu liberata... fu invece costretta a fare da serva all’orco malvagio. Poi un giorno...»
Un fortissimo tuono fece tremare i vetri della finestra, facendo sobbalzare entrambe. Louane iniziò a frignare, nascondendosi sotto le coperte.
«Avanti, Lou, va tutto bene. Non piangere, piccola. Coraggio» intervenne la madre, accarezzando il rigonfiamento sotto le coperte mentre iniziava a scostare il bordo del lenzuolo.
«Ho paura» frignò la bambina, sprofondando ancor di più nel letto.
«Non dire sciocchezze, Lou. A te piacciono i temporali, giusto?» ribatté la madre, accennando a una risata.
«Non è un temporale!» replicò Louane con sicurezza. «E’ l’orco!»
«L’orco?» la donna rise di gusto. «E’ solo una storia, Louane. Non c’è nessun orco, là fuori. Sono i tuoni del temporale... non mi pare che tu ne abbia mai avuto paura».
Louane strisciò verso il cuscino, ma non fece spuntare la testa bionda da sotto le coperte. «E’ l’orco, vuole prendere la principessa!» insisté la bambina. «L’ho visto io!»
«Ma no, Lou, te lo sarai immaginato...»
«E’ vero!» protestò Louane sbucando fuori dalle coperte.
La madre sospirò. «Direi che è ora di smetterla con le storie di orchi, eh?»
«Ma...!»
«Ora basta, Lou. Dormi, avanti».
La piccola si accoccolò meglio sotto le coperte, sdraiandosi su un fianco. «Attenta all’orco, mamma» sussurrò triste, mentre le lacrime le invadevano gli occhi. «Vuole prendere la principessa».
La donna le baciò la guancia, poi la fronte, poi ancora la guancia. «Stai tranquilla, piccola Lou. Non accadrà nulla alla principessa».
Ci fu un altro tuono più morbido: sembrava che il temporale stesse passando.
«Adesso dormi, su!» ordinò la madre.
Louane chiuse gli occhi. «Buonanotte» mormorò a fior di labbra.
La donna si alzò in piedi e si diresse verso la porta. «Buonanotte, Louane. Sogni d’oro».
«Ti voglio bene».
«Anche io, tesoro».

Colette chiuse piano la porta della cameretta della figlia, sospirando lieve.
«Finalmente» mormorò. «Ogni sera è una battaglia, con Louane».
Vincent le cinse le spalle in un abbraccio caldo. «Chissà da chi avrà preso. Tu che ne dici, Colette?»
La donna voltò la testa per dare un bacio appassionato sulle labbra di suo marito, per poi sorridere. «Mah, non saprei».
Risero entrambi a bassa voce, mentre lo scrosciare della pioggia riempiva la casa.
«Ho sentito un po’ di confusione, prima. Cos’è successo?» chiese lui, conducendola verso la cucina senza sciogliere l’abbraccio, passando al suo fianco e portando la mano sulla vita di Colette.
«Le stavo raccontando solo la storia sbagliata. Questa bambina viaggia troppo con la fantasia».
«Davvero? Che storia?»
«Una principessa che viene rapita da un orco e portata sottoterra» Colette ridacchiò. Perse immediatamente il sorriso, però, quando scorse lo sguardo serio di Vincent. «Cosa c’è?»
«Non dovresti scherzarci sopra, Colette. E’ una faccenda reale. Questo è un anno bisestile, ricordalo».
Lei stavolta rise forzatamente. «E’ solo una favola inventata su due piedi, Vince. Di cosa ti preoccupi?»
Vincent la abbracciò stretta, baciandola. Lei ne fu sorpresa, ma ricambiò il bacio. Assaggiandolo, si accorse che sapeva di paura e di affetto.
«Lo sai bene. Ogni anno bisestile potrebbe essere l’ultimo di tutta una vita. Finora ci è andata bene, ma...»
Colette si strinse a lui. «No. Non dirlo, Vincent. Non accadrà».
«Non puoi fuggire dalla realtà, Colette...»
«NON ACCADRÀ!»
Ora Colette tremava. Vincent la strinse ancora più forte, carezzandole le spalle. «Amore, ora calmati. Mi dispiace».
«Non accadrà...» ripeté lei debolmente, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. «Non a noi».
Vincent la coccolò per diversi minuti, tenendola stretta in quel modo, quasi temendo che le sarebbe scivolata dalle braccia una volta allentata la presa.
«Che succede?»
I due coniugi sciolsero l’abbraccio e si voltarono verso il loro unico figlio maschio, che si stropicciava gli occhi assonnati e li fissava con sguardo stanco.
«Nulla, tesoro» mormorò dolcemente Colette avvicinandosi e abbassandosi per trovarsi faccia a faccia con il bambino. «Ti abbiamo svegliato? Scusa, piccolo. Ora torna a dormire, su».
«Hai gli occhi rossi».
La madre si strofinò l’occhio sinistro con la mano. «Sono solo stanca. Tra poco anche mamma andrà a dormire. Adesso a letto, Jean».
Lui fece dietro-front e si allontanò con un grugnito, a passi lenti e strascicati.
Colette si rialzò e si diresse verso la camera da letto. «Basta così, per oggi. Andiamo a dormire».

Era notte fonda, ma la pioggia ancora infuriava contro le imposte, testarda nel voler entrare in casa facendosi beffe dei muri.
Vincent, Colette e i loro figli dormivano profondamente, beatamente inconsapevoli di ciò che stava per accadere.
Sbam, sbam, sbam!
«Chi è?» borbottò Colette con la voce impastata dal sonno.
Vincent impallidì nell’oscurità. «Colette, vai da Jean e Louane. Dì loro di nascondersi e di non muoversi di lì, poi vatti a nascondere anche tu. Presto!»
La donna fece mente locale e si precipitò verso la porta insieme al marito, tanto in fretta che arrivarono insieme alla soglia, troppo stretta per farli passare insieme. Colette baciò dolcemente il marito, mentre una lacrima le rigava il viso.
Sbam, sbam!
«Presto!» la esortò Vincent, una nota disperata nella voce.
Lei lo guardò tristemente un’ultima volta, poi corse via, i piedi nudi che zampettavano rapidi sul pavimento.
Vincent non era pronto. Non lo era mai stato, pur sapendo che prima o poi sarebbero arrivati anche da loro. Era un anno bisestile, e all’avidità dei Marini non c’era scampo.
Andò ad aprire il più lentamente possibile, mentre sentiva Colette che usciva dalla camera di Louane per raggiungere Jean.
Sarebbe bastato fingere che in quella casa non c’erano altre persone oltre lui. Bastava quello...
Aprì la porta, e subito svariate gocce di pioggia investirono lui e l’entrata della casa.
Davanti a lui, la sagoma massiccia e imponente di un Marino. Come tutti loro era alto almeno due metri e molto muscoloso: alla luce dorata della lampadina la sua pelle riluceva di uno strano colore verde acqua che gli ricordò subito Louane, con i suoi occhi color letto di fiume.
Non ebbe bisogno di fingere spavento per la sua messinscena. «Cosa? Perché...?»
Il Marino sibilò tra i denti triangolari. «Non oserai aprire bocca finché non te lo dirò io, sporco Terrestre». Chinò la testa e si fece più stretto per entrare in casa, fissando Vincent con il suo minaccioso sguardo oscuro: i suoi occhi, come quelli di tutti i Marini, erano due profondi e imperscrutabili pozzi neri come la pece che sembravano capaci di esternare solo odio, rabbia e disprezzo.
«Sei solo in casa, Terrestre?» chiese il Marino con voce bassa e roca, tanto da sembrare un vero e proprio squalo ringhiante.
«Sì, qui abito solo io...» mormorò l’uomo, mostrandosi sempre più spaventato.
Sapeva che sarebbe stato preso. Si sarebbe sacrificato per salvare la donna che amava e i due unici frutti del loro amore. Sarebbe bastato questo per salvarli tutti e tre per gli anni successivi.
«Bene, Terrestre. Dì pure addio alla tua gabbia polverosa, perché non la vedrai mai più». Lo prese per le braccia e prese a trascinarlo via.
Doveva recitare la sua parte fino in fondo, altrimenti il Marino si sarebbe insospettito. «No, la prego! Non lo faccia! No!»
Quello mostrò le zanne, irritato. «Taci, Terrestre. Non ti serve strillare, ormai è deciso». Non sembrò comunque che questo ammonimento gli fosse sufficiente, perciò il Marino decise di farlo tacere con le cattive: una lieve botta contro il muro con la testa e l’uomo si afflosciò nelle sue mani. Non gli restava che portarlo via.
«No, si fermi!»
Il Marino si voltò in direzione della voce, stupito.
Era una donna. Non aveva i soliti caratteri somatici dei Terrestri bretoni, anzi: sembrava più un’asiatica che un’europea.
«Ormai è deciso, lui viene con me» tagliò corto il Marino, prendendo l’uomo in spalla come un sacco di patate.
«No! Non lo faccia! Non lo porti via! No!»
Lui ringhiò, sempre più irritato. «Non sono qui per ascoltare le tue grida strazianti, donna!»
Ma lei aveva deciso. «Prenda me al suo posto!»
Il Marino si fermò. Si voltò lentamente verso la donna, stupito. «Prendere te al posto suo?»
Le catture organizzate ogni quattro anni erano fatte per motivi diversi. Erano per rifornimento delle macellerie specialistiche, per commercio, per il lavoro... ma anche per evitare che la popolazione Terrestre aumentasse troppo: prendendo le femmine si decimavano le possibilità di aumento della specie. Quell’anno era stata scelta la regione europea ancora una volta, la preferita per il commercio per via della popolazione varia. Gli sarebbe convenuto?
Il Marino ghignò, ridendo con voce cupa.
«Sia come vuoi, donna».
Vincent scivolò dalla spalla del Marino a terra senza un lamento, mentre l’essere agguantava i polsi di Colette e la trascinava via.
«Non farò resistenza» mormorò Colette.
«Puoi scommetterci» sibilò quello mentre usciva e veniva nuovamente investito dalla pioggia.
Colette si voltò verso la casa e sospirò, affranta. «Addio, Jean. Addio, Louane. Vincent, ti amo» sussurrò.
La porta sbatté violentemente, spinta da una forte folata di vento di quella notte di pioggia.
   
 
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