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Autore: Ignis    15/03/2010    2 recensioni
Siamo in un universo alternativo. Sulla Terra esistono due razze umane dominanti: una è quella dei Terrestri, gli abitanti della terraferma, mentre l'altra è quella dei Marini, gli abitanti dei mari. I Marini hanno soggiogato la razza umana diversi secoli fa e ora la dominano completamente, sfruttandola nelle maniere più disparate.
Louane è una ragazza Terrestre che, come tutti, spera di non essere scelta per essere deportata nel ventre oceanico... ma le sue speranze si rivelano presto vane. In un mondo ostile e sconosciuto come l'Oceano, sarà mai possibile per lei trovare il suo lieto fine?
Tratto dalla storia:
«Nash... mi dici perché hai scelto Wakko, all’asta?»
Lui però sembrava troppo impegnato a decidere cosa indossare ai piedi per prendere seriamente quella domanda. «Era l’unica decente. Un maschio non andava bene per Coco, e non si sarebbe divertita con una troppo grande per lei».
«E non ci sono altri motivi?»
«Dre».
«Nash».
Ci fu un lungo silenzio, durante il quale Nash fu impegnato a preparare il borsone per uscire. Poi il ragazzo scosse la testa. «Senti, non ci sono altri motivi. Se ci fossero, te li direi. Sei mio fratello».

[Fiction Interrotta]
Genere: Sentimentale, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Nel capitolo precedente: a soli sei anni la piccola Louane perde la madre. Può sembrare una cosa normale che capita a chiunque, e in effetti lo è... ma solo per il mondo della nostra protagonista. La bella Colette, infatti, è stata catturata dai Marini per essere sfruttata fino alla sua morte. Il mondo che ci si presenta è avvolto da una minacciosa ombra nera... Louane riuscirà a vivere in superficie o sarà costretta a entrare anche lei nell’Oceano come serva, o ancor peggio come cibo?

02. Dodici anni dopo

Quella mattina la cittadina portuale di Baia Nuova era immersa in un piacevole torpore mattutino. Il cielo era del tutto privo di nuvole, l’aria frizzante e si sentiva un piacevole odore di fiori: la primavera era nell’aria. Gli uccellini cinguettavano allegri sin da prima che il sole sorgesse, inoltre le vie iniziavano a riempirsi appena delle prime voci. In giornate simili ci si dice che nulla può mai andare storto... ma si sa: il buongiorno non dipende solo dal mattino, ma anche dal risveglio.
La sveglia iniziò a suonare i suoi bip frenetici con lentezza e poca intensità. Era già fastidiosa di per sé, perciò cercava sempre di iniziare a dare il buongiorno con più delicatezza per poi farsi più determinata per svegliare chiunque accanto a lei stesse ancora beatamente riposando tra le braccia di Morfeo. Si sapeva, però, che con quella persona in particolare non c’era molto da fare.
Il suo suono aumentò frequenza e volume, facendosi più insistente: ancora la mano che cercava non aveva intenzione di alzarsi. Continuò ancora con il suo crescendo, cercando di ottenere un risultato: nulla.
Finalmente una mano si avvicinò e premette l’interruttore, ma non era di chi la sveglia segretamente sperava.
Jean si grattò la nuca e sbadigliò sonoramente. «Andiamo, ogni mattina è la stessa storia...»
Louane dormiva beata tra le coperte: le palpebre immobili, le labbra schiuse appena, in posizione fetale... ogni volta che la guardava, il ragazzo si convinceva di più che sua sorella assomigliasse più a una bambina, o addirittura a una bambola, che a una diciottenne. Una cosa era certa: a lui non assomigliava per niente, perché se lei aveva preso tutto dal padre, lui era tale e quale a sua madre... almeno per quel che riusciva a ricordare.
A qualunque cosa o persona assomigliasse, era il momento di interrompere quella patetica sceneggiata. Pensò velocemente a un modo originale per svegliarla – lo faceva quasi ogni mattina, ormai – poi si avvicinò al lato più lungo del letto e sollevò il materasso.
Louane si svegliò giusto in tempo: rotolò giù con un gridolino e si ritrovò a terra in ginocchio, tutta ammaccata.
«Tu sei completamente pazzo, Jean! Mi volevi ammazzare?!» ringhiò irritata. «Non è nemmeno suonata la sveglia, stavolta!»
Jean rimise a posto il materasso e fece il giro della stanza per tirare una sberla sulla nuca alla sorella minore. «E’ appena suonata, genio. Vedi di prepararti alla svelta, che devo andare a lavoro... ah, giusto, dimenticavo che sei sorda».
«Non sono sorda, stupido idiota!» soffiò lei. «E comunque non svegliarmi più in questo modo. Lo sai che mi dà fastidio. Stavo facendo un sogno bellissimo e me l’hai fatto dimenticare!».
«Non essere così crudele. Almeno mi diverto».
«Ah, certo. Sarebbe terribile se tu non trovassi il primo svago alle sei del mattino».
«Sapevo che avresti capito» ghignò Jean. «Dai, che la colazione è pronta...»
Detto questo uscì dalla stanza. Louane gemette ancora: «Jean! Puoi fare l’adulto quanto ti pare, con il tuo bel lavoro da geometra e la macchina sportiva e la promessa sposa, tanto io lo so che resti solo un bambino!»
Qualcuno si affacciò alla porta. Louane per un attimo si allarmò nel credere che fosse sempre Jean, tornato per vendicarsi, ma tirò un sospiro di sollievo nel vedere spuntare invece il viso rotondo e gentile di Marion.
«Lou, per una volta ti sei svegliata subito, allora!» trillò. «Ma... che ci fai lì per terra?»
Louane fece un sorriso sardonico. «Sto contando le mattonelle, Marion».
«Beata te che hai anche il tempo di pensare alle mattonelle... adesso però alzati, ci pensiamo questo pomeriggio».

Lei era Louane, giovane Terrestre all’ultimo anno dell’Ultima Scuola. La sua giornata si strutturava all’incirca così: veniva accompagnata dal fratello fino a scuola in auto, poi ne usciva circa a metà del pomeriggio e allora, solo allora, poteva passare del tempo libero prima di tornare in casa per la cena e andare a dormire. Ogni giornata seguiva questo semplicissimo schema, senza alcuna pausa: i giorni erano solo numerati e non divisi in settimane. Ci si poteva giusto accontentare della lontana promessa di quattro mesi liberi dalla scuola in estate e del mese di vacanze invernali, per chi era più giovane; non era il caso di chi lavorava, che invece poteva decidere da solo se non lavorare per un certo periodo di giorni.
Nessuno, a scuola, lavorava per ottenere un lavoro preciso. La stessa Louane non aveva aspirazioni particolari per il futuro: le sarebbe certamente piaciuto fare qualcosa di artistico come la pittrice, la scultrice o la cantante; anche fare l’architetto non le sembrava un lavoro da scartare, o ancora l’atleta, oppure una semplice commessa: le andava bene qualsiasi cosa, dato che non era la migliore né la peggiore in nessuna attività. Era però una di quelle persone che dalla vita si aspettavano ancora qualcosa, perciò aveva deciso che finiti gli studi avrebbe lavorato da qualche parte.
Poi c’erano gli altri. Gli altri, che non si poteva propriamente dire che vivessero. I Terrestri di quel genere passavano le giornate con la freddezza e la passività dei morti viventi: ogni loro lavoro era perfetto e impeccabile, ogni loro gesto era studiato, non stringevano legami con nessuno. Erano detti i Precoci: erano quelle persone che si preparavano psicologicamente e fisicamente al giorno in cui sarebbero stati tolti al Cielo per entrare nell’Oceano.
La realtà, da prima che Louane nascesse, era quella: i Marini ogni anno bisestile visitavano tutte le città del globo per caricare i loro colossali sottomarini di Terrestri e portarli nelle loro città subacquee, dove gli sarebbero serviti come schiavi, manodopera gratuita, animali domestici o anche semplice carne da macello. Per questo i Precoci si adoperavano per saper fare qualsiasi cosa al meglio e non avevano alcuna relazione umana: cercavano di assicurarsi una vita più lunga servendo i Marini e una separazione indolore dalla terraferma.
La madre di Louane, per quanto ne sapeva la ragazza, era l’opposto: aveva vissuto pienamente la sua vita in superficie, quasi isolandosi in un futuro tutto rosa dove non credeva affatto che i Marini potessero irrompere. Aveva creduto fino alla fine che la sua felicità sarebbe durata per sempre, arrivando talvolta a farsi beffe del pericolo che incombeva giusto dietro l’angolo. Louane non la ricordava molto, ma quando pensava a lei sentiva una pena profonda: essere catturati in quella maniera doveva essere davvero distruttivo.
E quello era un altro anno bisestile che affrontava. Il primo che aveva visto era troppo piccola per capire cosa succedesse, il secondo aveva perso la madre, il terzo per la prima volta aveva visto un Marino in carne e ossa. Il quarto, quello passato, la sua migliore amica Marion era andata a vivere a casa sua dopo aver perso anche sua madre, dopo aver perso suo padre giusto l’anno prima.
Era una vita tranquilla, ma l’equilibrio raggiunto poteva spezzarsi in un battito di ciglia con l’arrivo degli anni bisestili e con loro dei Marini. Fino a una ventina di anni prima i Marini erano largamente diffusi anche sulla terraferma per controllare meglio i Terrestri e i loro movimenti, ma con la tecnologia più sofisticata degli anni successivi erano diminuiti drasticamente: si vedevano in giro solo negli anni bisestili e al massimo un paio di volte l’anno, nel caso di Baia Nuova.
Il massimo che si poteva fare per tirare avanti vivendo era evitare di pensarci, un po’ come si fa con la morte.

Louane fece le ultime due bracciate e toccò finalmente il bordo della piscina, aggrappandosi al bordo per riprendere fiato.
«Un minuto e dieci secondi» lesse l’insegnante sul cronometro. «Non male, anche se il tuo record è di cinquantotto secondi».
Louane gemette, alzando gli occhi al cielo: il suo insegnante di nuoto pretendeva sempre che si registrasse un nuovo record ogni giorno. «Farò del mio meglio» borbottò.
«E’ una buona occasione, Louane» insisté lui. «Potresti gareggiare a livello agonistico, oppure...»
«Oppure insegnare nuoto, sì, lo so benissimo» tagliò corto lei. «Ma il nuoto non mi attira particolarmente... non penso di sceglierlo per il mio lavoro».
Quello si chinò e le poggiò una mano sulla spalla, guardandola serio. «Promettimi che ci penserai, Louane».
Non le restava molto da fare quando quell’uomo la guardava così. Sorrise: «Ci penserò».
«Brava ragazza» fece lui, ricambiando il sorriso. Poi si voltò verso il gruppo di studentesse lì vicino: «Carole, pensi di farcela prima del prossimo anno bisestile? In acqua!»
Louane raggiunse le scalette e si avvicinò al resto della sua classe.
«Davvero, Lou, tu diventi campionessa di nuoto» disse Brigitte. «La stoffa ce l’hai, no?»
«Mai quanto te e Fleur» ribatté la bionda scuotendo la testa. «Poi io cerco solo di impegnarmi in tutto quello che faccio... non è che nulla mi faccia impazzire in particolare».
«La solita neutrale, insomma» sospirò Marion. «Quand’è che cambierai?»
«Devo cambiare?»
Qualcuna rise, poi la voce dell’insegnante le zittì: «Voi andate a farvi la doccia e a cambiarvi!»
«Andiamo» disse Brigitte. «Se si arrabbia di più è peggio».

Si mise l’accappatoio, poi si massaggiò la testa. «Odio le cuffie» sibilò.
«E’ perché hai tanti capelli» disse Marion. «Se te li tagliassi non te li troveresti tutti schiaffati in testa da un pezzo di gomma verde, no?»
«La fai facile, tu, che ti tieni i capelli così corti» ribatté Louane. «Hai finito col phon?»
«Sì, è nella borsa».
Louane si ravviò i capelli e accese il phon per asciugarseli. Quando ebbe finito si asciugò meglio e iniziò a rivestirsi.
«Lou, mi presti una molletta?»
Louane frugò nello zaino e passò una molletta a Brigitte. Poi si ricordò: «Ah! Com’è andata con Alan?»
«Stendiamo un velo» rispose lei. «Voglio dire, ha un fisico da dio e il sorriso da rivista, ma non smette di parlare di scuola neanche a pagarlo settantasettemila ron!»
«Davvero? Che delusione...» commentò Louane. «Ecco perché è un secchione, allora».
«Perché?» fece Marion.
«Perché di solito chi va bene a scuola non ha il fisico da palestrato. Vuol dire che pensa solo al fisico e alla testa... scommetto che è uscito con te solo perché si è caricato il doppio del lavoro per il giorno prima e quello dopo, Bri».
«Che delusione davvero» concordò Brigitte. «La prossima volta che mi trovo un armadio a due ante davanti giuro che mi metto a urlare».
Le ragazze risero, poi ripresero a chiacchierare fra loro. Marion si vestì del tutto e chiuse la borsa, poi se la mise in spalla e fece per uscire. «Io aspetto fuori insieme a Olivia, ci vediamo dopo».
Ma non sarebbe uscita così presto. Non prima di aprire la porta e balzare letteralmente all’indietro gridando.

Erano tre Marini, uno di loro era inoltre più alto dell’architrave della porta. Quello stava dietro gli altri due, appoggiato al muro, mentre i due più bassi entrarono nello spogliatoio.
Le ragazze strillarono. Non fu perché alcune di loro non si erano ancora rivestite del tutto: non potevano certo pensare a una cosa simile in quel momento. Si erano di nuovo dovute rendere conto che quello era un anno bisestile, e la presenza di Marini in una scuola durante uno di quegli anni poteva significare solo una cosa: cercavano giovani Terrestri da portare con loro.
Il primo Marino era alto, dai lineamenti sottili e dolci che lo facevano sembrare piuttosto bello e la carnagione pallida. Ruotava i sottili occhi neri a mandorla di qua e di là, osservando le ragazze con superiorità. «Quanto chiasso» sibilò con una voce profonda. «Vediamo di fare in fretta».
Il secondo Marino era ben piantato, ma non eccessivamente. Aveva i lineamenti duri e marcati di un adulto e lo sguardo di chi è abituato a farsi ubbidire. Osservava anche lui le ragazze, ma le fissava un po’ come si potrebbero guardare dei cuccioli in allevamento. «Con calma, con calma. Troveremo sicuramente quello che cerchiamo».
Nello spogliatoio era calato un silenzio glaciale. Louane prese la mano di Marion e la strinse forte, sentendo che la ragazza ricambiava la stretta. Voltò lo sguardo verso di lei: aveva riflesso negli occhi un misto di terrore e rabbia per il dejà vu che le si presentava davanti.
«Vediamo un po’... questa? Il nome» intimò. La ragazza interpellata sussurrò appena, terrorizzata, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime: «Yasmine...»
Il primo Marino la afferrò con violenza per la spalla e la mostrò all’uomo fuori dalla porta. Quello pescò una cartella dalla pila che reggeva tra le mani e lesse: «Yasmine. E’ portata per le materie scientifiche e anche per l’economia domestica... molto meno per le materie umanistiche e per la lingua, nonché per le attività motorie e la musica».
«Potrebbe essere un problema» asserì il secondo Marino. «Direi di no».
Il Marino che teneva la ragazza la spinse con malagrazia verso una delle panchine. Lei prese a massaggiarsi la spalla, singhiozzante e tremante come una foglia.
«E questa?» chiese ancora il Marino.
«Nicole, portata per la musica e per alcune materie scientifiche, più la lingua».
«Direi di no» disse il primo Marino, e gettò anche quella ragazza contro la panchina come uno straccio vecchio.
La stessa cosa si ripeté per altre ragazze. Louane tremava convulsamente, mentre Marion cercava di farle coraggio accarezzandole le spalle.
Ora che Louane si trovava davanti alla possibilità di finire nell’Oceano era terrorizzata. L’aveva vista come una cosa troppo remota, qualcosa che sapeva che sarebbe accaduto ma che credeva di affrontare solo una volta diventata almeno un’adulta fatta. E ora aveva una paura folle di affrontare il dolore che sarebbe arrivato dopo quella visita, qualunque fosse stato l’esito.
Sentiva la mano di Marion sulle spalle, calda e confortante. Se avesse perso lei non sapeva come avrebbe reagito: sarebbe stato un dolore fortissimo. Non era solo per la separazione, ma anche per quello che sapeva sarebbe successo in seguito: Marion odiava i Marini per quello che le avevano fatto, perciò difficilmente avrebbe accettato un padrone. Avrebbe opposto resistenza fino alla morte, e Louane lo sapeva bene. Cosa avrebbe fatto se...?
«Vediamo lei».
Sentì la mano di Marion scivolare via, poi la ragazza che veniva agguantata per l’avambraccio e strattonata in avanti.
No, l’avrebbero rifiutata. Dovevano rifiutarla. Non potevano prendere lei. Non potevano...
«Marion... oh, vedo che abbiamo un genio. Sembra essere portata per tutte le materie, fatta eccezione per le attività motorie, la musica e l’economia domestica».
Non potevano farlo. Non dovevano farlo. Marion doveva restare in superficie. Non potevano portarla via...
Louane guardò Marion, che teneva gli occhi chiusi con un’espressione fredda, sebbene le lacrime le rigassero il viso.
«Che ne dici?» disse il primo Marino. «A me sembra promettente».
«Mah... direi che...» cominciò il secondo.
«No!»
Il Marino non aveva fatto in tempo a finire la frase. Lui, insieme agli altri due, si voltarono a guardare la ragazza che aveva gridato, e così tutte le altre Terrestri presenti.
Louane aveva preso la mano di Marion scattando in avanti, e ora guardava i due Marini a occhi sgranati. «N-no...» mormorò ancora.
Marion la guardò come a dire: che diavolo stai facendo, scema? a occhi spalancati, e così le altre. Il primo Marino sembrava infastidito, l’altro invece la guardava solo con un certo stupore.
«...direi che voglio sapere chi è questa» completò il secondo Marino.
«No!» gridò Marion, ma il Marino la spinse via con violenza, per poi prendere Louane per i capelli. «Allora vediamo questa. Il nome?»
«Louane» sussurrò la ragazza.
Il Marino fuori dalla porta pescò la sua cartella quasi subito e lesse. «Louane... ecco qui. Non sembra avere pecche in nessun campo... nella lingua sembra essere particolarmente portata, ma come sapete non è un dettaglio che conta molto. Anche nelle attività motorie sembra avere qualche dote in più. Per il resto non spicca, ma non si può dire che vada male».
I due Marini nella stanza si guardarono.
«Che te ne pare?» fece il primo. «Non sarà un esemplare proprio fantastico».
«Vediamo la genealogia» disse il secondo.
«Ha avuto una madre per un quarto asiatica, ma il carattere è andato scemando con la discendenza. Come potete vedere ha l’aspetto di un’Europea in tutto e per tutto».
«Quindi?» incalzò il primo. «Questo buco sta iniziando a diventare rumoroso» sibilò, accennando alle ragazze scartate che piangevano.
Il secondo Marino fissò Louane per un lungo istante, poi rispose: «direi che va bene. Carichiamola».
«Oh, era ora...»
Louane sentì il Marino che le lasciava i capelli e le agguantava i polsi. Riuscì a sentire il sottile lembo di pelle tra dito e dito, dalla consistenza quasi gommosa, mentre veniva portata fuori.

«No! Louane! Fermi!» gridò Marion da dentro lo spogliatoio, ma c’era poco da fare: venne del tutto ignorata.
Louane intanto si sentiva quasi come già in acqua. I suoni le arrivavano ovattati e confusi, non sentiva i polsi che le dolevano sotto la stretta del Marino, non sentiva le lacrime sul viso. Era tutta persa nei suoi pensieri.
Aveva salvato Marion. Era riuscita a salvare la sua migliore amica da una fine terribile, e di questo non poteva che andare fiera. Ce l’aveva fatta... ma ora cosa ne sarebbe stato, di lei?
Non avrebbe più rivisto Marion. Non avrebbe saputo se secondo lei era stata un’azione nobile, stupida, da amica, da folle suicida. Non avrebbero più studiato insieme in camera sua e non avrebbe più potuto sentirla mentre faceva uno dei suoi ragionamenti senza grinze per i teoremi matematici. Non avrebbero più mangiato insieme, non sarebbero andate a scuola insieme, non sarebbero più andate a dormire insieme quando l’una o l’altra era spaventata per un compito in classe o per un incubo. Mai più...
Suo padre, che dopo la morte di sua madre l’aveva seguita passo dopo passo con premura quasi ossessiva, consigliandole, aiutandola quando ne aveva bisogno o anche quando poteva farcela da sola. Suo padre, che le aveva raccontato tantissime storie di lui esploratore, lui aviatore, lui astronauta. Chi l’avrebbe potuto sostituire?
E Jean. Il suo fratellone tuttofare, quello che trovava sempre la soluzione giusta e non aveva paura di nulla. Era come un cavaliere: era sempre stato pronto a salvarla nei momenti difficili. E anche se si punzecchiavano un po’, gli voleva sempre un bene dell’anima. E quella mattina era stata l’ultima volta che l’aveva svegliata con uno dei suoi metodi pazzi.
«Inizia ad essere rumorosa, sbrighiamoci» borbottò il Marino davanti a lei.
Stava piangendo. Tremava violentemente, non riusciva quasi a respirare dai tanti singhiozzi, aveva gli occhi inondati di lacrime e il naso che le colava. Non voleva farsi vedere in quello stato, ma non riusciva a smettere di piangere.
Non sentì nemmeno quando si fermarono, e il secondo Marino le mise un paio di anelli metallici attorno ai polsi per ammanettarla. Sentì soltanto che la sollevarono e la chiusero in una cella di metallo, all’interno di una di quelle vetture simili a enormi pillole di metallo che chiamavano innocentemente “capsule antipressione”. Sentì solo il freddo dell’interno, in netto contrasto con il calore del suo corpo e delle sue lacrime, poi il portellone che veniva chiuso e la faceva piombare nell’oscurità.
Erano stati i suoi ultimi attimi in superficie, e non aveva nemmeno avuto il buonsenso di alzare lo sguardo per osservare il cielo un’ultima volta.

Ed eccoci qua con il primo/secondo capitolo (a voi la decisione: il capitolo precedente era un prologo o un capitolo? Chi lo sa...). Ringrazio subitissimissimo chi ha inserito la fiction tra le seguite, le ricordate o anche tra le preferite... e ovviamente chi ha recensito. Grazie mille! *si prostra*
Per chi mi conosce: spero che la scomparsa di Wakko! dal sito non ti abbia sconvolto troppo ^^” Eccomi qui con il secondo capitolo. E questa volta, come già detto nella descrizione – credo – si vedrà persino una fine. Non mi ricordo bene, ma mi sembra che la storia non superi i trenta capitoli... boh x°D
Per chi non mi conosce: complimenti per aver trovato I celati dall’Oceano. La storia si basa solo lontanamente sulla trama che avevo scritto – o meglio, iniziato a scrivere – in precedenza per Wakko!, perciò non preoccuparti per quella storia: non ti perdi niullaH u__u
In ogni caso, per chi sentisse un attacco di nostalgia o curiosità, sappiate che se volete sono disposta (sigh...) a postare i vecchi capitoli, così potrete fuggire orripilati urlando *__*
Ora risponderò alle recensioni. Come faccio sempre, ricordatevi che rispondo alle recensioni solo se sono almeno tre, e le risposte sono riferite alle recensioni del capitolo precedente... oh, basta, rispondiamo +_+

roxell18: sono contenta che il primo capitolo ti sia piaciuto! ^__^ E’ ancora un po’ presto per chiamarla storia, però xDD Grazie per il complimento. Adesso hai scoperto che è successo... ma era prevedibile. Senza problemi non ci sarebbe storia, no? U__U Spero che recensirai anche questo capitolo, e... beh, non posso pretendere che tu mi dica cosa ti piace della storia: siamo solo al secondo capitolo e abbiamo visto solo uno dei personaggi che seguiremo =P Per ora mi basterà che tu mi dica cosa ne pensi dell’ambientazione e dei personaggi che abbiamo visto. Magari anche del mio modo di scrivere. Lo so, sono mooooolto pretenziosa. Sarà per questo che non mi recensiscono mai? Forse. Al prossimo capitolo!

SyamTwins: eddai, mi fai arrossire! °////° Grazie davvero. Sono contenta che il mio modo di scrivere ti piaccia *__* E che anche l’ambientazione ti piaccia *___* Non mi resta che chiederti di recensire anche questo capitolo e di dirmi che ne pensi dei personaggi visti, in particolare Louane. Spero che tu continui a seguire *_____* Ciao!

beainlove: mi ricordo di te °__° vuol dire che i miei poteri psichici riescono ancora a conservare qualche brandello di memoria... x°D Grazie per essere tornata. Spero che tu continui a leggere. Dimmi man mano cosa ti piace della storia e avrai un compenso in denaro mi farai felice come una Pasqua *^* Ci si legge! ^w^

Ecco fatto. Spero che questo capitolo di I celati dall’Oceano vi piaccia. E che recensiate in tanti. E che preferiate la fiction. E che la seguiate. Insomma, che mi facciate capire che apprezzo quello che scrivo *___* Mi renderebbe davvero contenta. Ciao ciao!

   
 
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