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Autore: Angorian    11/03/2010    2 recensioni
Un breve scorcio della fine del manga, per una coppia che ha dovuto separarsi..
""Non mi riconoscete?". Non riuscii ad arginare il risentimento nella mia voce.
Non rispose subito. Avvicinò la sua mano al mio viso, sfiorandomi con gli artigli, ma senza ferirmi.
"Non dire sciocchezze, Rin".La sua voce.
Improvvisamente, sentii di respirare di nuovo.
"
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rin, Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando Jaken me l’aveva detto, non ci avevo creduto.
Da bambina, la mia visione del mondo era molto semplice: c’erano i buoni, che mi proteggevano, e i cattivi, che volevano farmi del male. Che questa mia visione per molti fosse sbagliata, non mi importava.
Buono, era il mio signore Sesshomaru, il bianco cavaliere le cui braccia mi accoglievano sempre nel momento del pericolo.
Cattivi, erano quelli della mia razza, spietati e violenti.
E’ così strano che una bambina sia cresciuta e abbia passato i migliori anni della sua infanzia con un demone? Io non capivo perché lo fosse.
Quando quei monaci avevano provato a separarmi dal signor Sesshomaru, avevo avuto davvero paura. Paura che non mi venisse a prendere, paura che per qualche motivo decidesse di lasciarmi a loro.
Eppure non l’aveva fatto.
Mi aveva chiesto di decidere; avrebbe accettato le mie decisioni, non mi avrebbe mai forzata.
Perché quel giorno cambiò idea?
Me lo sono chiesta tante volte, in seguito.
Dopo la battaglia con Naraku, aveva deciso di lasciarmi tra le braccia di una donna, in un villaggio umano.
Avevo pianto, strillato, scalciato, graffiato. Lui non si era voltato.
E Jaken, che mi aveva predetto quanto stava per succedere, mi guardava con pietà mentre si affrettava a seguirlo.
Perché a lui era permesso seguire la sua scia? Cosa avevo fatto per meritare l’abbandono?

Kaede era stata gentile, paziente.


Si era presa cura di me con tenerezza, lanciandomi qualche sguardo compassionevole per la mia magrezza.
Forse pensava che non fossi stata felice con Sesshomaru. Sbagliava.
Mi adattai lentamente ai ritmi pacifici del villaggio. Era una vita cui non ero abituata, di contemplazione e duri lavori quotidiani. Il villaggio invece, stranamente mi prese a cuore.
Istintivamente avevo provato diffidenza per gli abitanti, eppure si erano sempre dimostrati benevoli nei miei confronti.
Per questo motivo, ben presto mi rassegnai.
Le stagioni passavano lente, portando cambiamenti intorno e dentro di me.
Osservavo il riflesso della ragazza che ormai aveva preso il posto della bambina, e mi chiedevo se Sesshomaru mi avrebbe riconosciuta, se mai fosse tornato.
I lineamenti infantili avevano lasciato il posto a tratti più adulti, nuove e più morbide forme si intravedevano dalle vesti.
Fu nella più quieta malinconia, che raggiunsi i diciassette anni.
Gli uomini del villaggio cominciarono a guardarmi con occhi diversi, e questo mi imbarazzava. Non ero più Rin che insegue farfalle, non ero più Rin che ride mentre corre. Ero Rin, la possibile moglie.
Quanto odiavo quel pensiero!
Mi resi conto, che la mancanza che provavo per la mia infanzia, era la sensazione di libertà.
Accanto ai miei demoni, ero parte della natura come loro. Dormire nel fitto del bosco, il profumo della terra, erano cose che mi mancavano.
Il calore della capanna di Kaede non mi era di conforto.

Era estate.


Dopo avere sbrigato le consuete faccende per Kaede, mi ero avvicinata al lago, per un bagno.
La frescura dell’acqua mi fece sentire bene, viva. Cominciai a ridere.
Senza un motivo apparente, cominciai a ridere, beandomi del cielo azzurro sopra di me e dei pesci che mi circondavano.
Fu un attimo, ma fu più che sufficiente: un guizzo di capelli argentei che si ritirava tra le ombre del bosco. Il cuore cominciò a battere forte.
Uscii dall’acqua di fretta, avvolgendomi veloce nei miei vestiti. La speranza era una crudele bruciatura, ma non potevo fare a meno di inoltrarmi nel bosco.
Non lo chiamai, però.
Urlare il suo nome era la sola cosa che volevo, ma temevo che sarebbe fuggito da me.
Era stato lui ad abbandonarmi. Cosa mi faceva pensare che avesse cambiato idea?
Eppure, dovevo vederlo.
Corsi tra gli alberi, sperando di vedere la sua veste bianca, pregando di poter incrociare di nuovo il suo gelido sguardo.
E ai limiti di uno strapiombo, eccolo.
Altero e impenetrabile, spaventoso e attraente. Sesshomaru.
Mi avvicinai lentamente, esitante.
Repressi l’istinto di corrergli incontro, ordinai alle mie gambe di procedere composte. Era stato lui ad uccidere la piccola Rin, lui a farmi crescere improvvisamente.
Lo odiavo?
Non lo credevo possibile. Eppure, mentre il suo sguardo mi trafiggeva, quello che provai fu simile all’odio.

"Signor Sesshomaru".

Non riuscivo a trovare un saluto migliore.
Continuava a studiarmi, impassibile. Si avvicinò, con quel suo passo lento, felino.
Non c’erano ombre nel suo volto, la sua apatica calma era straziante.
E la rabbia, fu fuoco nelle mie vene.
"Non mi riconoscete?". Non riuscii ad arginare il risentimento nella mia voce.
Non rispose subito. Avvicinò la sua mano al mio viso, sfiorandomi con gli artigli, ma senza ferirmi.
"Non dire sciocchezze, Rin".La sua voce.
Improvvisamente, sentii di respirare di nuovo.
   
 
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